Movimento dei Focolari
Focolari: con i 43 studenti messicani

Focolari: con i 43 studenti messicani

20141108-02

Foto: Jorge Mejia Peralta / Flickr

«Viviamo su un cimitero, esigiamo giustizia», così recita uno degli slogan della protesta che ha portato in strada migliaia di studenti. Dal 5 novembre, infatti, in Messico, è iniziato uno sciopero trasversale a tutte le scuole. Una sollevazione studentesca di tre giorni che chiede al governo un maggior impegno nelle ricerche dei 43 coetanei scomparsi nello stato di Guerrero lo scorso 26 settembre. Il sindaco di Iguala (il comune dove è avvenuta la scomparsa) José Luis Abarca e sua moglie María de los Ángeles Pineda sono stati arrestati, accusati di essere i mandanti del rapimento degli studenti scomparsi. Mentre vengono interrogati per avere informazioni che portino a fare luce sulla misteriosa scomparsa, anche il Movimento dei Focolari in Messico chiede che si faccia chiarezza sui fatti. «La violenza e l’ingiustizia commesse a danno dei 43 giovani scomparsi e contro migliaia di scomparsi negli ultimi anni nel nostro Paese, sono fatti davanti ai quali affermiamo il nostro forte ripudio e indignazione, mentre esigiamo che mai più accadano fatti simili; essi ci commuovono profondamente e ci interpellano come persone e come società», scrivono in un comunicato. Inoltre, invitano ad un impegno ancora più deciso per la costruzione di un Paese pacificato: «Non si costruisce la pace attraverso la violenza. Rigenerarci come società più umana significa rispondere con la carità ed il perdono. Non come gesti di indifferenza e tolleranza, ma come impegno a lavorare concretamente per il bene comune». Il richiamo punta, dunque, a trasformare prima di tutto il cuore, anche e soprattutto di chi governa: «Non basta lo stato di diritto, occorre trasformare il cuore di chi fa le istituzioni». L’appello è rivolto «a tutte le persone che professano una fede, non importa quale essa sia e a tutte le persone di buona volontà, affinché tutti uniti, possiamo mantenere vivo e rinnovato l’impegno ad essere costruttori di pace dove ci troviamo a vivere e lavorare». Infine, propongono al popolo messicano il “Time-Out per la pace”, per richiamare l’attenzione alla tragica situazione che si vive in Messico e in tutti i Paesi dove si soffre violenza: «…Un minuto di silenzio e di preghiera per la pace, ogni giorno alle ore 12, come un segno visibile e concreto di fraternità e solidarietà verso ogni persona che soffre». Il Movimento dei Focolari sparso nel mondo aderisce al “minuto per la pace”, in sostegno del popolo messicano con l’auspicio che il rispetto per la vita, la ricerca della verità e della giustizia, abbiano il sopravvento su ogni forma di sopruso. Leggi anche: Messico. Crisi politica dopo la strage (altro…)

Focolari: con i 43 studenti messicani

La prigione dell’ebola, e la speranza

20141107-02«Come in prigione», ostaggi in casa, senza possibilità di incontrarsi. Questa è una delle sensazioni più diffuse nei Paesi colpiti dall’ebola, e condivisa anche da Antonette, una dei giovani membri dei Focolari della Sierra Leone. «Questo virus sembra renderci più egoisti e sfiduciati gli uni verso gli altri; non ci permette di andare liberamente verso i nostri amici». È per questo che Antonette si è fatta forza e ha deciso di preparare i pasti per alcune famiglie vicine rimaste senza nulla da mangiare, durante la quarantena di tre giorni che impediva loro di uscire. È in atto un dramma umano molto pesante: «La gente vede i propri cari morire o essere trasportati nei centri specializzati per l’ebola. Sono centri lontani da qui – a scrivere è padre Carlo Di Sopra della diocesi di Makeni – e molti, una volta partiti, non ritornano più. Le famiglie non sanno più nulla di loro, né loro delle proprie famiglie. Si capisce allora perché alcuni si nascondano e che altri preferiscano morire nei propri villaggi. Ma così il virus si propaga e miete ancora nuove vittime». Sì, perché a dover essere sconfitto non è solo il virus, ma anche l’ignoranza: la gente si chiede: c’è veramente l’ebola o è propaganda? Chi ha provocato questa malattia? Non vorranno solo venderci i vaccini per guadagnare? – scrive Carlo Montaguti, medico focolarino in Costa d’Avorio che ha curato un approfondimento sull’epidemia di Ebola nell’ultimo numero di Nouvelle Cité Afrique. A questo aggiungiamo i sedicenti guaritori, come la donna liberiana che avrebbe attirato malati dalla vicina Guinea, contribuendo alla diffusione dell’epidemia in Liberia. E l’insufficienza dei sistemi sanitari nazionali, la loro incapacità di rispondere vigorosamente a una simile urgenza e soprattutto la mancanza di mezzi. «In città come Monrovia (la capitale della Liberia), con 2 milioni di abitanti, la maggior parte degli ospedali e dei centri sanitari sono chiusi per paura del contagio. Così è difficile curare non solo l’ebola, ma tutte le altre malattie». Una situazione che deve essere assunta dalla comunità internazionale, come ha invitato a fare anche papa Francesco nel suo recente appello. 20141107-01«Stiamo costituendo un ‘fondo ebola’ per aiutare i più colpiti – scrive ancora padre Carlo -. Dai Focolari in Costa d’Avorio sono arrivati degli aiuti concreti che adesso stiamo distribuendo. Ci sono molti orfani: a volte alcune famiglie vengono decimate dal virus. Un altro religioso, padre Natale, sta cercando disperatamente di trovare un team dall’estero che abbia un laboratorio per i test del virus e che possano venire qui al nord». E continua: « In questi giorni anche due nostri religiosi hanno avuto febbre alta. Era probabilmente malaria, perché la febbre è andata via, ma all’inizio c’è sempre apprensione e ci si trova disarmati, proprio nelle mani di Dio. Ci sono sempre più casi e non lontani da casa nostra. Anche la zona di Kabala che non aveva ancora registrato dei casi, adesso ce li ha. Arrivano notizie che il virus è fuori controllo, soprattutto perché ha attecchito nelle città. Una gran sospensione». Inoltre non si può viaggiare come prima, perché il distretto è in quarantena. E col passare delle settimane padre Carlo confida di capire che «questo non è un ‘angolo di mondo’, come lo avevo definito prima, ma è ‘il cuore di Colui che Chiara Lubich chiama il Super-Amore’», Gesù Abbandonato, che sulla Croce non trova risposte, ma continua ad amare. È l’unica arma rimasta, potente, perché aiuta a non perdere la speranza, a restare uniti, pregare per i malati: «possono toglierci la possibilità di ritrovarci, ma la presenza di Gesù tra noi si può stabilire anche attraverso le porte chiuse delle case», scrive un giovane. E un altro: «Sì, è la nostra impressione. Quella di essere come in prigione, ma anche lì possiamo amare». (altro…)

Focolari: con i 43 studenti messicani

Burkina Faso, pregare per la pace

BurkinaFaso_2«Avendo saputo dei gravi disordini che si sono verificati in Burkina Faso, ho telefonato ai focolarini di Bobo-Dioulasso per chiedere notizie e per assicurare l’unità e le preghiere. Ho parlato con Dominique che mi ha rassicurato che la situazione, pur se tesa, è calma», scrive Augusto Parody Reyes, medico spagnolo, 24 anni vissuti in Africa, adesso al Centro internazionale dei Focolari. Ecco in breve la situazione secondo l’Agenzia Misna, in continua evoluzione: nei giorni scorsi a Ouagadougou e nelle principali città del paese si sono tenuti cortei di protesta senza precedenti per bloccare la strada alla candidatura del presidente Blaise Compaoré, al potere dal 1987, alle elezioni del 2015. Ma queste proteste sono degenerate il 30 ottobre nella capitale, ma anche a Bobo Dioulasso, la seconda città del Burkina Faso, proseguendo nel pomeriggio dopo l’assalto e l’incendio del parlamento. Fonti di stampa locali hanno riferito di almeno una persona uccisa negli scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Segnalati anche saccheggi di negozi e di banche. Nel pomeriggio i dimostranti hanno circondato anche la sede della presidenza. Proclamazione dello stato di emergenza, dissoluzione del governo e appello per un negoziato con i dimostranti: sono gli elementi chiave di un messaggio trasmesso alla radio dal capo di Stato, dopo ore di disordini e violenze nel cuore di Ouagadougou. Poi, si è saputo che il presidente Blaise Compaoré non ha rassegnato le dimissioni e ha cancellato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale, decretato poche ore prima. Gli ultimi provvedimenti sono stati annunciati direttamente da lui con un’allocuzione televisiva. Le dichiarazioni del presidente hanno aggiunto ulteriore confusione ad una situazione già intricata ed incerta. Di fatto, a Ouagadougou la capitale, non è chiaro chi sia attualmente al potere. Infatti, poche ore prima il capo di stato maggiore delle forze armate aveva fatto sapere che “i poteri esecutivi e legislativi verranno affidati ad un organismo di transizione che sarà costituito tramite consultazioni tra tutte le forze vive della nazione”. Inoltre l’obiettivo della transizione sarebbe “il ritorno all’ordine costituzionale entro 12 mesi”. L’esercito ha anche decretato un cessate il fuoco su tutto il territorio nazionale dalle ore 19 alle 6. Questa la situazione al 30 ottobre, che è in continuo sviluppo. Infatti, nel frattempo il presidente  si è dimesso e non si sa dove sia. I militari si sono divisi in due gruppi: l’esercito e la guardia presidenziale, ognuno con un leader a capo. “Stiamo pregando per la pace. Chiediamo a tutte le parti di dare prova di ritegno e di limitare i danni in questo momento particolarmente critico per la nostra nazione”: è l’appello rivolto dal vescovo di Bobo Dioulasso e presidente della Caritas Burkina Faso, monsignor Paul Ouédraogo, “nel quale tutti – dicono i Focolari del Burkina Faso – ci sentiamo espressi”. Aggiornato al 3 novembre 2014 (altro…)