Movimento dei Focolari
Pasquale Foresi: puntare lo sguardo su Maria

Pasquale Foresi: puntare lo sguardo su Maria


the-annunciation-1125149_1280-detailCustodiva tutte queste parole meditandole in cuor suo” (Lc 2,19). Questa frase è Luca che ce la riferisce inserendola nella meravigliosa descrizione dei pastori a Betlemme, alla grotta ove è nato Gesù. Era stato un angelo ad indicare ai pastori il grande avvenimento: “Non temete: ecco, vi porto una lieta novella, che sarà di grande gioia per tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore” (Lc 2, 10-11). Appena arrivati “fecero conoscere quanto era stato loro detto del bambino; sicché tutti quelli che li udivano, si meravigliavano di quanto veniva loro raccontato dai pastori. Ma Maria custodiva tutte queste parole, meditandole in cuor suo”. San Luca contrappone delicatamente lo stupore esteriore degli altri presenti nella grotta, pastori, forse abitanti della cittadina palestinese, al silenzio denso di fede e d’amore di Maria. Le parole di quei semplici pellegrini al primo santuario cristiano del mondo penetrano, nella sua anima, si compongono con le altre rivelazioni che aveva avuto e le fanno comprendere sempre meglio il mistero che si svolge sotto il suo sguardo, e del quale ella partecipa quale Madre di Dio. Prontezza dell’anima di Maria alla parola di Dio ed amorosa custodia dei doni sacri ricevuti, che per tanti anni non rivelerà ad alcuno. Forse solo a san Luca Maria comunica di persona questo atteggiamento della sua anima nei giorni della nascita del Salvatore: solo lei infatti ne era a conoscenza. Soavità delle cose di Dio, e della quale tutti abbiamo particolare bisogno. Con il ritmo angoscioso ed esteriorizzante della vita moderna, c’è pericolo a volte di voler materializzare tutto, anche la vita dello spirito. Il silenzio, l’umiltà, la riservatezza, la mansuetudine, la pazienza nelle tribolazioni, ci possono sembrare virtù non più attuali, non più capaci di far sentire la presenza del cristianesimo in questo secolo. Innanzi all’aggressività dei cattivi, alla potenza dei loro mezzi, si è tentati di far leva sull’aggressività dei buoni, sui loro capitali, sulla loro esteriore potenza. Si crede più agli altoparlanti che all’efficacia di una frase del Vangelo, si crede più ai discorsi degli oratori che al silenzio meditativo delle anime a Dio consacrate. È il materialismo che cerca di svilire i valori dello spirito, rendendoli pure espressioni esterne che poi non avranno più peso nel frastuono assordante dei rumori più alti che sono d’attorno. Solo ciò che è frutto dello spirito ha vero valore innanzi al mondo appiattito dalla materia; solo ciò che parte dal nostro amore profondo e personale verso Dio. Per questo anche oggi l’umanità deve puntare il suo sguardo a Maria.» Pasquale Foresi,Parole di vita”, Ed. Città Nuova, Roma 1963 – pp.15,16,17 (altro…)

Vangelo vissuto: prendere la propria croce e seguirlo

Vangelo vissuto: prendere la propria croce e seguirlo

20170916-01L’imprevisto Aspettavamo il nostro primo bambino. Subito dopo questa scoperta un imprevisto: un piccolo nodulo al seno. Gli esami evidenziavano che si trattava di un cancro. Per me e per mio marito, che è medico, è stato un duro colpo. Tre giorni dopo il colloquio con uno specialista sono stata operata. Secondo lui tenere il bambino costituiva un fattore aggravante: bisognava procedere subito a un aborto terapeutico per cominciare la chemioterapia. Non volevamo rassegnarci. Confidando in Dio abbiamo consultato altri medici, cercando soluzioni alternative. Infine abbiamo deciso per un parto cesareo al settimo mese di gravidanza, quando il bambino sarebbe stato perfettamente in grado di sopravvivere. Solo dopo avrei iniziato la chemioterapia e la radioterapia. Da allora sono passati 8 anni e siamo in attesa del terzo figlio. M.D. – Francia Lo sconosciuto Un giorno ero in macchina con un uomo che mi aveva chiesto un passaggio. Era mezzogiorno. Gli chiesi dove avrebbe pranzato, e rispose: «Non ho un soldo in tasca e non so proprio come farò a mangiare». Ero attraversato da sospetti e diffidenza. Ma cacciai quei pensieri, dicendo a Gesù: «Non mi importa chi è, quello che faccio a lui lo faccio per te». Frugai in tasca e gli diedi quello che avevo, aggiungendo, per non umiliarlo: «A suo tempo provvederai a restituirmelo». Qualche giorno dopo mi fu recapitata da un cliente una busta con dentro la somma esatta che avevo dato a quello sconosciuto. Mi è sembrato di ravvisare in questo fatto la conferma che il Vangelo è vero. A.G. – Italia Festa in famiglia A diverse famiglie amiche era venuto in mente di organizzare una grande festa per i senegalesi presenti nella nostra città. Da parte di tutti noi c’è stato l’impegno per far sentire a quei giovani emigrati il calore della famiglia. Uno di loro a un certo punto ha osservato: «Tutto è andato al di là delle nostre aspettative. Nessuno di voi ci ha fatto sentire diversi e per questo eravamo come a casa nostra. Abbiamo lo stesso Dio che ci rende fratelli». La festa è finita, l’amicizia no. G.L.- Italia Abbiamo un Padre Per caso ci eravamo rincontrate dopo tanti anni. Non la vedevo dagli anni del liceo. Per varie vicende tristi, lei, laureata in matematica, si trovava nella mia città senza un soldo, a fare una vita da barbona. Era disperata e l’ho ascoltata. Sul momento non avevo nulla da darle, ma le ho promesso di aiutarla: doveva esserne sicura, perché – le ho detto – «abbiamo un Padre in Cielo». Ci siamo date appuntamento per il giorno dopo. Nel frattempo, con l’aiuto di altri, ho trovato una sistemazione temporanea e messo insieme una sommetta: almeno per poter vivere, mangiare e lavarsi. Dopo due giorni lei si è rifatta viva e, restituendomi i soldi, mi ha spiegato che le avevano proposto un lavoro in un posto dove avrebbe trovato anche vitto e alloggio. Ed ha aggiunto: «Devo dirti grazie, più che per i soldi, perché quel giorno mi hai ridato quello che più mi serviva: la speranza e la certezza che ho un Padre che mi segue». Franca – Italia (altro…)

La Desolata: la Santa per eccellenza

La Desolata: la Santa per eccellenza

20170915-01«Maria ai piedi della croce, nello straziante «stabat» che fa di lei un mare amaro di angoscia, è l’espressione più alta, in umana creatura, dell’eroicità di ogni virtù. Ella è la mansueta per eccellenza, la mite, la povera fino alla perdita del suo Figlio che è Dio, la giusta che non si lamenta d’esser privata di ciò che le appartiene per pura elezione, la pura nel distacco affettivo a tutta prova dal suo Figlio Dio… In Maria Desolata è il trionfo delle virtù della fede e della speranza per la carità che l’accese durante tutta la vita e qui l’infiammò nella partecipazione così viva alla Redenzione. Maria ci insegna nella sua desolazione, che l’ammanta di ogni virtù, a coprirci di umiltà e di pazienza, di prudenza e di perseveranza, di semplicità e di silenzio perché nella notte di noi, dell’umano che è in noi, brilli per il mondo la luce di Dio che abita in noi. Maria addolorata è la Santa per eccellenza, un monumento di santità cui tutti gli uomini che sono e saranno possono guardare per imparare a rivestirsi di quella mortificazione che la Chiesa da secoli insegna e che i santi, con note diverse, hanno in tutti i tempi riecheggiato. Noi pensiamo troppo poco alla «passione» di Maria, alle spade che hanno trapassato il suo Cuore, al terribile abbandono provato sul Golgota quando Gesù l’ha consegnata ad altri… E forse tutto questo dipende dal fatto che Maria ha saputo troppo bene coprire di dolcezza e di luce e di silenzio la sua viva angosciosa agonia. Eppure: non c’è dolore simile al suo… Se un giorno le sofferenze raggiungessero certi culmini, in cui tutto in noi sembra ribellarsi perché il frutto della nostra «passione» pare tolto dalle nostre mani e più dal nostro cuore, ricordiamoci di lei. Sarà con questo gelo che ci renderemo un po’ simili a lei, che si staglierà meglio la figura di Maria nelle nostre anime, la tutta bella, la Madre di tutti, perché da tutti, massime dal Figlio suo divino, staccata, per divina volontà. La Desolata è la Santa per eccellenza. Vorrei riviverla nella sua mortificazione. Vorrei saper star sola con Dio come lei, nel senso che, pur tra fratelli, mi senta spinta a fare di tutta la vita un intimo dialogo fra l’anima e Dio. Devo mortificare parole, pensieri, atti, fuori del momento di Dio, per incastonarli nell’attimo ad essi riservato. La Desolata è certezza di santità, perenne fonte di unione con Dio, vaso traboccante di gaudio».   Chiara Lubich, La Dottrina Spirituale, Città Nuova Editrice 2006 (Roma), pp.183 – 184 (altro…)

Maria, il nome femminile dell’Amore

Maria, il nome femminile dell’Amore

20170909-01Maria. I filologi lo interpretano in tanti modi, tutti belli; ma il significato suo più denso di bellezza è quel suo indicare particolarmente, inconfondibilmente, lei: l’unica tra le donne: Maria. Un nome che non si finisce mai di pronunziare; e che ogni volta dona gioia. Nella salutazione angelica, che solca la vicenda umana come una fontana di letizia, milioni di creature ogni giorno più volte così la chiamano. E così la chiamavano i genitori e i parenti e i vicini di casa a Nazareth. E così ad ogni ave torniamo tutti a chiamarla familiarmente, allo scopo di chiedere la sua intercessione in questo esperimento della vita che culmina nella morte, varco alla perenne vita. «Maria»: al pronunziare quel nome il cuore balza in petto come il bambino nel seno di Elisabetta, «ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo». «Maria», dicevano pastori e artigiani quando si affacciavano sul vano di quella sorta di spelonca che era l’abitazione della sacra famiglia nella collina di Nazareth, per chiederle un favore: ella era così servizievole con tutti, così ricca di risorse per ciascuno. E se non avevano nulla da domandarle, s’affacciavano per la gioia di salutarla: la gioia di dire quel nome che aduna tante cose belle, poiché riassume i misteri dell’amore. Il nome femminile dell’Amore. A distanza di secoli, noi, a mo’ dell’arcangelo e di Giuseppe, a mo’ di tutti i santi e di tanti peccatori, seguitiamo a chiamarla così: Maria; cinquanta, cento e più volte al giorno, senza scortare mai quel nome con titoli di nobiltà, epiteti di boria, patenti di primato. A noi piace — come piace a lei — di avvicinarla, non di distaccarla, per avvicinare lo Sposo, che con lei fa unità. La ressa delle strade, il turbine delle passioni, la traccia dello spirito sono venati, solcati da quel nome, su cui transita l’amore da terra a cielo. L’umiltà avvicina e l’amore unifica; ed è il più grande tributo. Noi ci sentiamo di casa nella Chiesa di Cristo, noi ci sentiamo di casa nella comunione dei santi, nello stesso ambito della SS. Trinità, anche perché c’è Maria; c’è la madre e dunque c’entrano i figli. Dov’è Maria è l’amore: e dove è l’amore è Dio. E dunque dire quel nome in ogni circostanza e ambiente è penetrare di colpo in un’atmosfera di divino, è accendere una stella nella notte; aprire una sorgiva di poesia in una plaga tecnologica; far fiorire di gigli una palude. È un restituire il calore della famiglia in un campo di lavori forzati. Maria ama: e nell’amore si nasconde. Il vero amore è contemplazione della persona amata. Anche in questo, imitando la giovinetta nazarena, si può essere contemplativi, stando nel mondo, in una stamberga di contadini o in un appartamento di città. L’amore in lei è stato così grande che ci ha dato Dio: Dio che è amore. Lei lo ha quasi strappato dal cielo per darlo alla terra; dal solo divino per farlo anche uomo, a servizio degli uomini. E veramente amare è farsi uno con l’Amato: e Maria si fece talmente uno con Dio che Dio si donò a lei, per donarsi, mediante lei, a tutti gli uomini. In definitiva si sta nel mondo, in posizioni diverse, con vestiti d’ogni sorta; ma, standoci come Maria, si prepara sempre e dappertutto la stanza per Gesù. (Igino Giordani, Maria modello perfetto, Città Nuova, Roma 2012, pp. 17-20) (altro…)

Vangelo vissuto: seguire Gesù

Vangelo vissuto: seguire Gesù

20170904-01L’ubriaco Per caso avevo assistito ad una rissa tra un ubriaco e un gruppo di ragazzi che, disturbati da lui, gli si erano rivoltati contro pestandolo. Tutto era avvenuto in brevissimo tempo. Rialzatosi a fatica e sputando sangue (aveva perso due denti), l’ubriaco ha cominciato a inveire e a minacciare vendetta contro gli assalitori, che nel frattempo s’erano dileguati. Eravamo rimasti solo io e quell’uomo scartato, odiato e ridotto male, nel quale Gesù mi chiedeva di essere amato. Vincendo un certo timore (e se, infuriato com’era, se la fosse presa anche con me?), l’ho provveduto di fazzoletto per asciugarsi il sangue. Poi, interessandomi a lui, che mi enumerava i suoi problemi di salute ed altri guai, gli ho procurato la sigaretta di cui aveva bisogno; soprattutto ho cercato di distoglierlo dall’idea di vendicarsi. Non è stato facile calmarlo. Temevo, fra l’altro, il ritorno di quei ragazzi e il riaccendersi della violenza. Sono rimasto con lui ad ascoltarlo fin quando s’è deciso ad andarsene a casa. O. – Italia La pace Mio padre lavorava in un cantiere navale. Durante uno sciopero, negli anni Ottanta, è stato bastonato a morte. Da allora la nostra vita è cambiata, anche se ero troppo piccolo per rendermene conto. Ne riparliamo con la mamma soltanto quando arriva qualche riconoscimento o in occasione di qualche manifestazione storica. Lei ci ha insegnato il valore della pace e a non cercare mai la vendetta. Oggi, da adulto, so che il valore da trasmettere alle nuove generazioni è proprio questo bene che viene da Dio ma che comincia in me, da me. S. K. – Polonia Ammalata A volte provo dei momenti di ribellione, ma poi prevale il desiderio di credere all’amore di Dio e dei fratelli. Cerco di non lasciarmi abbattere dalla sofferenza, di non fermarmi mai su me stessa e di non pesare sugli altri. Quando a causa della chemio ho perso i capelli, la mia amica Bruna mi ha detto: «I tuoi capelli sono contati. Donali a Gesù come fiori in segno del tuo amore». Anche la mia malattia ha un senso, e per questo ringrazio Dio. Brigitte – Germania Serenità sorprendente Mi ero dimenticata di avvertire la reception della scuola che uscivo con i bambini e quando sarei tornata. Per questo, al ritorno, mi attendeva tutta una serie di rimproveri. È stato umiliante dover ammettere il mio errore davanti a colleghi e direzione, anche perché tutti mi guardavano con ostilità, perfino chi era stato sempre cordiale verso di me. Ma traendo forza dal Vangelo ho accettato la sconfitta cercando di trasformarla in amore verso tutti: immaginavo come si sarebbero sentiti nella mia condizione e comprendevo la loro disapprovazione. Perfino la bidella, che aveva cambiato modo di rivolgersi a me, è diventata oggetto di nuova stima. A una collega che mi ha chiesto come facevo a mantenermi serena dopo tutto quello che mi era capitato, ho spiegato che come cristiana trovo nella verità una forza e una fonte di pace che mi dà il coraggio di ricominciare. I giorni successivi ero sorpresa io stessa dall’atmosfera distesa che regnava fra tutti. J.L. – Ungheria (altro…)