Mag 25, 2016 | Centro internazionale, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Che cosa è l’inculturazione oggi? «È l’incarnazione della luce del Vangelo nelle culture africane», dichiara Maria Voce rivolgendosi ai 305 partecipanti alla Scuola per l’inculturazione tenutasi la scorsa settimana alla cittadella dei Focolari “Mariapoli Piero” che sorge nei pressi di Nairobi (Kenya). La gioia, la sorpresa, l’entusiasmo sono gli stessi di quando, nel 1992, Chiara Lubich aveva posto la prima pietra della Mariapoli e, quindi, anche della scuola di inculturazione che vi sarebbe sorta. La fondatrice dei Focolari aveva infatti immaginato nella cittadella una scuola per un dialogo a tutto campo tra il Vangelo e le culture africane, una scuola che avrebbe dato un nuovo impulso all’evangelizzazione. E il copresidente Jesús Morán precisa: «Farsi uno è il modo più profondo di inculturazione. Si tratta di un’esperienza che Chiara fece qui in Africa e che poi propose come metodo anche a tutti noi nel mondo. Il “farsi uno” prende a modello Gesù nel suo abbandono in croce, quando cioè per amore dell’umanità Egli ha voluto farsi nulla, un nulla d’amore. Anche noi come Lui, di fronte alle diverse culture dobbiamo imparare a farci nulla, per poi sperimentare che non si tratta di un nulla che annulla, ma di un nulla che arricchisce». Per molti partecipanti questa affermazione contiene la risposta alle tante sfide del continente africano, compresa quella dell’inculturazione. Ma anche una risposta al fenomeno della globalizzazione. «L’inculturazione è necessaria – rilancia Morán –. Col nostro vivere la spiritualità dell’unità possiamo avvicinare la cultura dell’altro nel rispetto della sua verità e scoprire, nel dialogo, la bellezza delle diversità, non solo in Africa ma in tutto il mondo». «Un mondo – sottolinea Maria Voce – che sta portando sulle spalle tante sofferenze per la mancanza di armonia e di pace. Col profondo “farsi uno” si favorisce l’inculturazione, la quale può rappresentare un possibile percorso di riconciliazione». A 24 anni dalla sua fondazione, «la scuola – rileva ancora Maria Voce – ha messo a punto quegli strumenti individuati fin dall’inizio, giungendo alla sua seconda generazione». E guardando al futuro aggiunge: «stiamo entrando in una nuova fase della scuola, che vedrà forse un suo ulteriore moltiplicarsi». Parole, queste della presidente, che risuonano come «una chiamata ad una nuova consapevolezza e responsabilità», come molti osservano, per proseguire sulla strada di quell’inculturazione che Chiara aveva intuito dopo essere stata, a partire dagli anni ’60, a contatto con i popoli africani. In particolare la presidente dei Focolari si sofferma sulla comprensione che nel ‘92 Chiara aveva avuto riguardo la luce del Vangelo, una “luce bianca” capace di penetrare ed illuminare le diverse culture facendole così diventare dono reciproco e dono per il mondo. «Maria Voce – dice Peter del Camerun – ha riorientato il nostro cuore alla nostra specifica vocazione che è incarnare la spiritualità dell’unità che non impone ma che, come diceva Chiara, è una “luce bianca” che illumina. La globalizzazione sta seguendo un processo inarrestabile nel quale il dono specifico nostro è la vita del Vangelo». «Tornando a casa – si chiede Nicodème del Burundi –, mi pare di capire che devo cominciare da me stesso, vivendo il Vangelo nella realtà sociale e politica, nei conflitti, per essere una risposta d’amore alle attese di molti paesi dell’Africa. Non si può aspettare». (altro…)
Mag 27, 2016 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Durante la Scuola per l’Inculturazione sono emerse alcune preoccupazioni per quegli aspetti della modernità che possono mettere in ombra i valori fondamentali delle culture africane. Eppure lo sviluppo non si può fermare. Quale, secondo lei, la via per salvare i valori contenuti nelle tradizioni? «Penso, effettivamente, che lo sviluppo non possa essere impedito. Anche la cultura della tradizione nelle culture africane è sempre in evoluzione. La modernità, però, fa penetrare nelle tradizioni africane il materialismo, l’individualismo, il primato del denaro ed il capitalismo. Non dico che i soldi siano un male, ma l’utilizzo sbagliato ci fa dimenticare la nostra umanità, ciò che in Africa chiamiamo “ubuntu”. Ma la modernità contiene anche degli aspetti positivi: come la democrazia, i diritti dell’uomo, il pluralismo che ci fa accogliere l’altro, le differenze. In alcuni paesi africani ci si ammazza perché manca il pluralismo; esiste un “io collettivo” che è molto pericoloso. In questo senso l’individualismo – un valore dell’Occidente – non sembra del tutto negativo, perché se voglio scappare dall’“io collettivo”, ci vuole una buona dose di individualismo. Insomma, penso che ci voglia un equilibrio tra individualismo e pluralismo. È importante prenderne coscienza e rifletterci, anche se non è sufficiente. Penso che dobbiamo illuminare la cultura africana contaminata dai valori negativi della modernità. Credo che a questo punto deve intervenire il cristianesimo, che fa vedere l’altro come la mia strada verso la santificazione. Il Vangelo ci invita a mettere i soldi in secondo piano. Gesù mette al primo posto l’uomo, il prossimo. Per me questo è importante, mi sembra la via per salvare i valori universali contenuti nelle tradizioni». Quale impressione si porta via di questi giorni? Quali sfide da affrontare nella vita quotidiana dei popoli africani? «Attraverso una semplice situazione che mi è capitata, ho sentito che in questi giorni potevo rinascere, come Nicodemo. È stato il mio inizio della Scuola per l’Inculturazione. La seconda impressione forte è stata vedere le persone che sono qui. Scoprire che l’Africa è plurale, che c’è “la pluralità delle Afriche”. Avevo voglia di conoscere ciascuno, di capire come vive; parlare con un camerunese, che è molto diverso da un burundese, un ruandese o un etiope. Qui ho sperimentato la pluralità dell’Africa. Ma, come africani, ci incontriamo in certi valori comuni: la solidarietà, la famiglia e le relazioni familiari, la comunione, la centralità dell’educazione dei nostri figli; questo è importante per noi africani, anche se siamo molto diversi. Per me, la sfida per sconfiggere le guerre interne, passa dall’incarnare nel quotidiano, nella vita socio politica, le parole del Vangelo. È la sfida che parte da questi giorni: tornati a casa, come ci comporteremo verso quelli che sono diversi da noi? Come ci comporteremo verso i nostri nemici? Verso le persone che non sono del mio partito politico, che non mi apprezzano? Sarò capace di amarli? Sarò questa “luce bianca” del Vangelo, nelle realtà sociali, politiche, nelle incomprensioni tra i vari gruppi della stessa nazione? Questo impegno mi porto via: la sfida di questo tempo per sconfiggere i grandi problemi dell’Africa». A cura di Irena Sargankova (altro…)
Mag 17, 2016 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Foto: © Verônica Farias – CSC Audiovisivi
4 giorni dedicati alla esemplificazione e studio delle tradizioni, sia scritte che orali, secondo l’argomento scelto, così come è compreso e vissuto nei vari gruppi etnici del continente. Un confronto con la Sacra Scrittura, col Magistero della Chiesa e con le esperienze e le riflessioni frutto della spiritualità dell’unità. Questa, in sintesi, la metodologia della Scuola per l’Inculturazione, che ha alla base una dinamica relazionale imprescindibile: «Non si può entrare nell’animo di un fratello per comprenderlo, per capirlo… se il nostro è ricco di un’apprensione, di un giudizio...», scriveva Chiara Lubich . «”Farsi uno” significa mettersi di fronte a tutti in posizione di imparare, perché si ha da imparare realmente». Ma da dove ha origine questa esperienza? «Senz’altro è stata un’idea geniale di Chiara Lubich», spiega Maria Magnolfi, 20 anni in Africa, tra Kenya e Sud Africa, dottorato in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico, e che ha accompagnato fin dagli inizi il percorso della Scuola. «Risale a quando Chiara andò a Nairobi, nel maggio 1992, e incontrò il Nunzio e ascoltò le preoccupazioni della Chiesa che si preparava al primo sinodo africano, e quindi ad affrontare anche questo interrogativo sull’inculturazione che tanto fremeva. Fu allora che fondò la Scuola per l’Inculturazione, ispirata alla spiritualità dell’unità, in cui dar spazio allo studio di qualità e pregi delle culture africane, e al frutto dell’incontro tra questi e la vita pura del Vangelo. Non sempre nei contesti ecclesiali è stato facile trovare vie di successo per l’inculturazione. La lettera ricevuta di recente dal card. Arinze ci è sembrata molto significativa. In essa il cardinale esprime la sua gioia per il lavoro fatto in questi anni e dà pieno incoraggiamento a proseguire questo percorso». Proprietà e lavoro e senso del sacro, la sofferenza e la morte, fino ai processi sociali di riconciliazione, ai percorsi dell’educazione e della comunicazione: sono tra gli argomenti toccati in questi anni, ciascuno con i relativi Atti pubblicati in più lingue. Nel 2013, nell’edizione precedente a quella odierna, si è poi voluto dare spazio a scoprire chi è la persona in Africa. Adesso si intende passare dalla dimensione della persona all’intreccio delle relazioni familiari, consci che in Africa non si può mai prescindere dalla famiglia. Quali le caratteristiche dell’11ª edizione? «Su questo vasto argomento della famiglia – investigando su che cos’è il matrimonio nella cultura Tswana, Zulu, Kikuyo, e ancora in quelle del Burkina Faso, Costa d’Avorio, Congo, Angola, Nigeria, Uganda, Burundi, Camerun, Madagascar… – si sono individuate due direttrici prioritarie di approfondimento» – spiega ancora Maria Magnolfi – «il ruolo uomo-donna e l’istituzione del matrimonio come alleanza e poi la trasmissione dei valori nella famiglia, una tematica che a conclusione della scuola sulla persona era già venuta in grande rilievo. Quali valori? La condivisione, l’accoglienza, la partecipazione, il rispetto per gli anziani quali “depositari di sapienza”, la prontezza a condividere subito secondo le necessità, anche rischiando». Quale il significato della scuola per l’inculturazione? La sua importanza per l’incontro tra le culture africane, e tra queste e le culture extra-africane? Raphael Takougang, focolarino camerunense, avvocato, così lo spiega: «Chiara Lubich nel fondare la Scuola per l’Inculturazione durante il suo viaggio in Kenya nel maggio 1992 ha toccato l’anima del popolo africano. Ha dimostrato di capire l’Africa più di quello che si può pensare. Il suo non è stato solo un atto formale, ma frutto di un amore profondo per un popolo e le sue culture che la storia non sempre ha valorizzato. Da più di vent’anni ormai, “periti” africani, esperti di Sacra Scrittura e del Carisma dell’Unità lavorano per mettere in luce quei Semi del Verbo contenuti nelle varie culture del continente, prima per metterli in luce agli stessi africani, che imparano così a conoscersi ed apprezzarsi di più. In effetti, la diversità e la ricchezza di quelle culture vengono più in rilievo. Poi è un contributo per rendere meglio noto il popolo africano finora poco conosciuto oltre le guerre e le carestie. Il patrimonio culturale che si è via via costituito narra della presenza di Dio nel vissuto quotidiano di quei popoli e può essere un contributo notevole nel dialogo tra i popoli in questo mondo che sempre più sta diventando un “villaggio planetario”». (altro…)
Mag 18, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Foto © Ernst Ulz – CSC Audiovisivi
«Il 15 maggio Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente dei Focolari, nel primo giorno della loro visita in “Africa”, hanno ricevuto il benvenuto degli abitanti della Mariapoli Piero, in Kenya, tra suono di tamburo e grida di gioia», racconta Liliane Mugombozi, direttrice di New City Africa. «Ringraziando i giovani per il loro caloroso benvenuto, Maria Voce confida di aver ricevuto molti messaggi da varie parti del mondo. Colpisce che anche le comunità dei Focolari in Siria abbiano mandato i loro saluti agli africani e assicurato le loro preghiere. “Ringraziamo Dio che ci sia la pace in Kenya – ha detto Maria Voce – e ricordiamoci di quei Paesi dove la pace non c’è. Viviamo questi giorni affinché il nostro vivere in pace possa in qualche modo essere un contributo alla pace in tutto il mondo”». “Prima una fiamma, adesso un incendio, ha invaso tutta l’Africa, un incendio d’amore tra noi!” Quando penso alla Mariapoli Piero oggi, – scrive Liliane – mi tornano in mente le parole di questa canzone composta dai giovani del Focolare nell’anno 2000, durante la visita di Chiara Lubich a Fontem (Camerun)». Situata a circa 27 km dalla città di Nairobi, la Mariapoli Piero si estende su 18 ettari di terra verde. «Nel 1992, anno della sua fondazione, questa cittadella era proprio una piccola fiamma, un seme, che dopo 24 anni è cresciuto fino a diventare un grande incendio, un albero». «Nel suo discorso inaugurale in quel 19 maggio, Chiara Lubich aveva augurato che questo seme potesse diventare un grande albero “con i rami che potrà ospitare tanti uccelli proprio come il regno di Dio narrato da Gesù e cioè tante persone provenienti d’ogni dove che vengono a vedere come s’impara l’unità; come si pratica l’unità; come la si può irradiare attorno; come sarà il mondo là dove l’unità invocata da Gesù e voluta dallo Spirito nei nostri tempi è realizzata”. Foto © Ernst Ulz – CSC Audiovisivi
«Negli anni questa “profezia” è diventata un’esperienza in corso – spiega Liliane Mugombozi – Con le varie realizzazioni la Mariapoli ospita molte persone da tutta l’Africa e oltre, di tutte le estrazioni, di diverse religioni e fedi, bambini, giovani e adulti, uomini e donne, sacerdoti, vescovi e laici per vivere e testimoniare che l’unità è possibile. È un luogo di formazione alla spiritualità dell’unità e alle sue concrete realizzazioni nella società. Come ha detto un giovane 21enne, Michael: “è come un laboratorio dove facciamo le nostre più significative esperienze di vita, dove questo modo di vivere porta numerosi semi di fraternità”». «L’esperienza fatta dagli abitanti– sia stabili che temporanei – della Cittadella è proprio quella della famiglia, una famiglia legata da quell’amore reciproco basato sul Vangelo. È un processo di formazione in corso, nella vita quotidiana, con lo scopo di costruire “comunità cristiane mature” (Christifideles laici, 34)». «La caratteristica di questa cittadella, tracciata ancora da Chiara Lubich, è l’Inculturazione: “La nota specifica poi della cittadella, che è la vocazione del Movimento in Africa, sarà un accento particolare su un nostro preciso dovere e cioè: l’evangelizzazione. Per realizzare ciò questo centro si specializzerà nell’inculturazione”. Nasce così la Scuola per l’Inculturazione: il suo scopo è quello di approfondire la vita del Vangelo cercando di dialogare – dalla prospettiva della spiritualità dell’unità – con le varie culture e prassi dei popoli africani». https://vimeo.com/146788855 (altro…)
Mar 8, 2009 | Non categorizzato
Il Movimento dei focolari è diffuso in quasi tutti i Paesi africani. 61 sono i centri a vita, comune, i focolari, nei seguenti Paesi: Algeria, Angola, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Congo (Repubblica Democratica), Costa d’Avorio, Egitto, Kenya, Madagascar, Marocco, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Sudafrica, Tanzania, Tunisia e Uganda. Lo spirito del movimento anima circa 200.000 persone. L’esperienza evangelica che il movimento fa è quella di una famiglia legata dall’amore scambievole e aperta a tutti, dove ciascuno, piccoli e grandi, giovani e anziani, sacerdoti e famiglie, hanno il loro posto. Intenso è il dialogo ecumenico così come quello interreligioso, specie coi musulmani. 3 le cittadelle, ciascuna con una particolare fisionomia. L’inculturazione del Vangelo nelle società africane, secondo la spiritualità dell’unità, è visibile prima di tutto a Fontem, nel cuore della foresta camerunense. Qui la testimonianza dell’amore concreto profuso dai focolarini medici e infermieri chiamati a prendersi cura del popolo Bangwa, affetto da molte malattie e da una grave mortalità infantile, ha fatto sì che questo popolo – e diversi altri popoli confinanti – si siano incamminati sulla via dell’evangelizzazione, dello sviluppo e della fraternità. Testimonianza visibile anche nelle altre due cittadelle che sorgono in Costa d’Avorio e in Kenya. Nella Cittadella “Piero”, vicino Nairobi, ha sede una scuola per l’inculturazione a servizio di tutto il continente. Essa fu fondata da Chiara Lubich durante il suo viaggio del maggio 1992. E’ anche lì che ha la sua sede la redazione del giornale bilingue “New City Africa/ Nouvelle Cité Afrique” per tutta l’Africa.
Un po’ di storia
E’ al tempo del Concilio Vaticano II che ha il via l’avventura africana del Movimento. Come molti altri vescovi del continente, mons. Julius Peeters, vescovo di Buea nel Camerun occidentale, aveva sentito parlare di Chiara e dei Focolari da missionari europei. A Roma per la grande assise, chiede a Chiara di inviare focolarini e focolarine che arriveranno nella sua diocesi nel 1963. Tre anni dopo, sempre su richiesta del vescovo, quei medici e infermiere cambieranno destinazione: partiranno per soccorrere una tribù nel cuore della foresta equatoriale, i bangwa, a rischio di estinzione a causa delle malattie. Fontem a poco a poco si trasformerà in una piccola “città sul monte”, non solo per il sorprendente sviluppo, ma perché diverrà centro di irradiazione dello spirito di unità che qui è testimoniato tra bangwa e persone degli altri continenti. Ora non c’è Paese africano dove non vi siano comunità vive che generano semi di riconciliazione, sviluppo e fratellanza. Via privilegiata è l’amore concreto per le molte necessità. Infatti sono numerose le opere di servizio sorte dovunque: Ospedali e strutture sanitarie in Uganda, Costa d’Avorio, Camerun e Congo. Scuole e dopo-scuole in Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Burkina Faso, Uganda, Tanzania, Angola e Madagascar. Formazione professionale in Costa d’Avorio, Kenya, Sudafrica e Camerun. Un interessante progetto agricolo è portato avanti in Nigeria.