Ago 28, 2019 | Nuove Generazioni
Un campus a Bologna (Italia) sulla legalità, promosso dai Giovani per un Mondo Unito dei Focolari. Uno spazio di formazione, partecipazione e azioni sociali per attivare processi di cambiamento e ricostituzione del tessuto sociale. Dal 20 al 28 luglio, una quarantina di giovani provenienti da quasi tutte le regioni d’Italia, si sono dati appuntamento a Bologna (Italia) per dare vita ad un Campus durante il quale impegnarsi concretamente per gli altri. Hanno conosciuto e lavorato con associazioni e gruppi che si impegnano in ambito civile, come l’integrazione degli immigrati e la lotta al gioco d’azzardo. Hanno collaborato con centri estivi e giovanili, mense, trovando insieme modi diversi e originali di fare le cose.
“Il Campus – ci spiega Francesco Palmieri, uno degli organizzatori – nasce da una prima esperienza a Siracusa, qualche anno fa, che ha avuto successo e poi si è ripetuta a Roma e a Torino. Quest’anno, a Bologna, i giovani hanno individuato il quartiere della Cirenaica, un quartiere multietnico nel quale la situazione sociale è molto complessa. Il Campus è un’esperienza di impegno civile che parte da giovani per altri giovani come noi, per rispondere a una domanda: possiamo fare qualcosa?”. Si parla di impegno personale, quindi, anche durante i momenti di formazione con vari esperti, da magistrati a professori universitari, da volontari a sacerdoti e laici impegnati in prima linea in ambito civile. Il tema della legalità viene a galla, declinato sotto più aspetti, come l’accoglienza dei migranti, la lotta alle mafie e al gioco d’azzardo. “Questa esperienza del Campus – dice ancora Francesco – ci arricchisce e ci fa tornare a casa con tante risposte a domande che magari non ci eravamo mai poste”. Tra gli esperti presenti c’era la prof. Adriana Cosseddu, responsabile della rete internazionale Comunione e diritto. Le abbiamo fatto qualche domanda: I giovani dei Focolari, hanno lanciato nel 2018 “Pathways for a united world”, sei percorsi per un mondo unito con azioni e approfondimenti su sei grandi tematiche. Dopo il primo dedicato ad economia, comunione e lavoro, con il secondo quest’anno si vogliono approfondire diritti umani, giustizia, legalità, pace. Quali gli obiettivi? “Si tratta di percorsi che, insieme alle Comunità dei Focolari nel mondo, i giovani e i ragazzi si impegnano a vivere da protagonisti, per concorrere a fare dell’umanità una famiglia. Le vie sono tante e quest’anno ne abbiamo scelte quattro: aprire le porte al dialogo e all’accoglienza perché i diritti umani vengano riconosciuti e attuati. Operare con tutte le forze per la pace, perché si arrivi a superare la logica dello-scontro con l’in-contro, e la pace sia perseguita universalmente come diritto dell’umanità. Ma per una pace autentica occorre praticare la giustizia, custode delle relazioni, che fondano la nostra convivenza. Ed ecco l’importanza della legalità, che chiede anche attraverso norme e comportamenti di attivare processi capaci di spezzare la logica del profitto e del privilegio, della corruzione diffusa, per promuovere imparzialità ed equità”.
Qual è il “di più” che il carisma dell’unità porta al diritto? “Il carisma dell’unità genera sull’altro un nuovo sguardo: non l’estraneo o un nemico, da cui difendermi, ma un dono per me, nella ricchezza della sua diversità. La reciprocità, che nel diritto si traduce in diritti – doveri, diventa nel “di più” dell’amore reciproco richiamo alla responsabilità verso l’altro, di cui devo aver cura. Così, se oggi il diritto tende a tutelare i diritti degli individui, l’orizzonte che Chiara Lubich ci ha aperto è quello di un diritto “strumento” di comunione. E la comunione indica un obiettivo: operare perché le concrete relazioni umane, anche quelle che si svolgono sotto il segno del diritto, aiutino le parti coinvolte a guardare oltre sé e riconoscersi reciprocamente, nella rispettiva dignità e secondo una libertà responsabile, per aprirsi alla collaborazione. Così si generano frammenti di fraternità”. Prossima tappa:
- Seminario internazionale “Dai Diritti Umani al Diritto alla Pace: in cammino con l’umanità”, promosso dalla rete internazionale “Comunione e Diritto”, a Loppiano (Italia), dal 19 al 21 settembre 2019
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Ago 25, 2019 | Cultura
Con la giornata mondiale di preghiera per la custodia del creato, il 1° settembre inizierà un mese ricco di iniziative per la cura dell’ambiente e non solo. Intervista a Cecilia Dall’Oglio del Global Catholic Climate Movement. Cos’hanno in comune la questione ambientale e l’Ecumenismo? Molto, anzi moltissimo se si considera che nel 1989 fu il patriarca della Chiesa Ortodossa di Costantinopoli, Dimitrios a dare la spinta decisiva alle diverse Chiese cristiane per dichiarare congiuntamente il 1° settembre Giornata mondiale di preghiera per la custodia del Creato. Quest’anno la ricorrenza s’inserisce in un anno carico di azioni globali per il clima, grazie anche all’accelerazione impressa dai milioni di giovani che, con Greta Thunberg, si sono mobilitati e hanno scosso coscienze e bussato ai Parlamenti. “Non solo i singoli ma anche le nostre comunità dovrebbero interrogarsi sulla sostenibilità ambientale delle loro attività”, sostiene Luca Fiorani, fisico e coordinatore internazionale di EcoOne, movimento culturale che s’ispira alla spiritualità dei Focolari in campo ambientale. “E per iniziare a cambiare mentalità e adottare uno stile di vita ecologico occorre innanzi tutto informarsi. Mi faccio pubblicità: ho appena pubblicato un piccolo libro di meno di 80 pagine: “Il sogno (folle) di Francesco. Piccolo manuale (scientifico) di ecologia integrale”. Conduco il lettore per mano tra i concetti chiave dell’Enciclica Laudato Si’, i recenti risultati della negoziazione internazionale sui cambiamenti climatici e i dati scientifici più aggiornati sullo stato di salute del nostro pianeta”. Luca Fiorani ci spiega anche che da una decina d’anni EcoOne collabora con il Global Catholic Climate Movement. Cecilia Dall’Oglio è responsabile dei programmi dell’organizzazione e le abbiamo rivoto alcune domande.
- Quali sono le tue motivazioni personali d’impegno per l’ambiente?
Il desiderio di non abbandonare i miei fratelli e sorelle nel mondo che soffrono per le stesse cause per cui soffre la nostra Madre Terra. Il desiderio di dare il mio contributo affinché altri possano fare l’esperienza diretta di incontro, che ho potuto fare io, con testimoni di speranza, di Chiesa viva impegnata per la giustizia sociale. Nella Laudato si’ Papa Francesco ci ricorda infatti che “Non ci sono due crisi diverse, ambientale e sociale, ma un’unica crisi socio-ambientale da affrontare con “un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura” (LS 139). Mi sono impegnata per più di venti anni con la FOCSIV nel coordinare campagne per la giustizia sociale insieme agli uffici della CEI ed alle aggregazioni laicali cattoliche e vorrei qui ricordare in modo speciale il caro Marco Aquini del Movimento dei Focolari. Questo annuncio, questa resistenza attiva, deve essere davvero efficace e liberare il povero che grida e per questo sono felice ora di cogliere la sfida attuale al servizio del Global Catholic Climate Movement di cui il Movimento dei Focolari è membro attivo.
- Qual è il “di più” che la fede può portare al movimento ambientale?
La fede è fondamentale per portare nel campo ambientalista l’approccio dell’ecologia integrale. La conversione ecologica e l’adozione di nuovi stili di vita sono proposte per la gioia piena, quella “sobrietà felice” di cui parla anche l’Instrumentum laboris del Sinodo speciale dell’Amazzonia, la pienezza della vita, la vera libertà. Tutti i cristiani sono chiamati ad essere custodi del Creato di Dio perché “Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana.”(LS 217). Il Global Catholic Climate Movement è nato nel 2015 per sostenere le comunità cattoliche in tutto il mondo nel rispondere all’appello urgente di Papa Francesco nella Laudato Si’ attraverso una conversione ecologica a livello spirituale che conduca a rinnovati stili di vita e a una partecipazione congiunta dei cattolici alle mobilitazioni per la giustizia climatica.
- Che cos’è il “Tempo del Creato” e cosa può fare ciascuno di noi per aderirvi?
Il Tempo del Creato è un “tempo favorevole”, un Kairos, durante il quale pregare ed agire per la cura della nostra casa comune. Ricorre ogni anno dal 1 settembre, Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, al 4 ottobre, festa di San Francesco, ed è celebrato da migliaia di cristiani in tutto il mondo. Il tema di quest’anno “La rete della vita: biodiversità come dono di Dio. è strettamente collegato al Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica che si terrà il prossimo ottobre. Migliaia di cristiani in tutto il mondo celebrano il tempo del creato realizzando eventi. Sul sito del Tempo del Creato sono disponibili la guida per le celebrazioni e altri strumenti in varie lingue. Grazie al tema scelto per le celebrazioni, gli eventi realizzati faranno sentire la nostra vicinanza ai fratelli e sorelle in Amazzonia e a tutti quelli che soffrono per la “mentalità estrattivista” che sta distruggendo non solo l’Amazzonia ma tutto il Creato, sono pertanto un chiaro segno della comunione ecclesiale e del sostegno nel cammino della Chiesa verso il Sinodo.
Stefania Tanesini
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Ago 20, 2019 | Focolari nel Mondo
In gergo internazionale si chiamano “expats”: sono i giovani espatriati che hanno trovato lavoro e si sono rifatti una vita all’estero. Ciascuno ha le proprie ragioni, ciascuno la sua storia. Mitty, italiana, fa ricerca su biosensori di glucosio in un’università giapponese e vive nella comunità del Focolare di Tokyo. “Oggi la tecnologia ha un enorme potere in tutti i campi e anche in quello sanitario. Mi sento chiamata a lavorare in questo campo per contribuire a dirigere la ricerca tecnica secondo scelte etiche e non di business. A volte siamo proprio noi ingegneri biomedici ad inventare cose che fanno diventare l’uomo un robot, ma non servono alla sua salute”. Non c’è dubbio: Maria Antonietta Casulli, per tutti Mitty, ha le idee chiare. Ha studiato Ingegneria biomedica in Italia, ma per la tesi si è trasferita in Svizzera, presso la prestigiosa Ecole polytechnique fédérale de Lausanne (EPFL – Scuola Politecnica federale di Losanna) dove successivamente ha vinto un dottorato di ricerca. Dunque, i presupposti per una carriera tutta in ascesa c’erano tutti: uno stipendio consistente, una bella casa con vista sul lago di Ginevra, degli ottimi amici. Cosa poteva voler di più?. “Eppure – racconta Mitty – qualcosa non funzionava: era il 2013; eravamo in piena crisi economica e io avevo una vita perfetta. Ma al di là delle Alpi, in Italia, tanti miei amici rischiavano la depressione perché non trovavano lavoro e io non volevo chiudermi in una vita fatta di carriera e soldi. Ma il colpo di grazia me l’ha dato un viaggio nelle Filippine dove mi sono trovata nel bel mezzo di uno dei tifoni più potenti e devastanti al mondo: il tifone Yolanda. Il contrasto che ho sperimentato era enorme: questo popolo non aveva nulla di quello che io e i miei amici avevamo, ma viveva con la “v” maiuscola; la loro era una vita piena, ricca di relazioni e grande dignità. Paradossalmente questo mi sembrava la medicina per la crisi che il mio continente, l’Europa, stava attraversando: non si trattava solo di una crisi economica; era molto di più: un vuoto dei valori fondamentali della vita”. Dopo quel viaggio Mitty non torna più in Svizzera perché sente di dover ridonare a Dio quella vita piena che Lui le ha dato. E così, dopo un periodo presso la scuola di formazione dei focolarini, da due anni si trova in Giappone, dove vive nella comunità del Focolare di Tokyo. Lo studio della lingua l’ha assorbita e quindi è fuori dal mondo del lavoro da ben cinque anni. Sarebbe potuta tornare a fare ricerca, soprattutto in una società come quella giapponese?. “Proprio mentre mi facevo queste domande un amico di passaggio mi racconta di un professore giapponese, cattolico, di un’università di Tokyo che fa ricerca nientemeno che sui biosensori di glucosio: il mio argomento di laurea!”. Poiché le probabilità di trovare qualcuno in Giappone che si occupi dei suoi stessi studi sono pressoché nulle, Mitty comprende che Dio è all’opera nella sua vita e in seguito gliene darà continua prova. Il professore le offre la possibilità di fare il dottorato, ma resta comunque un problema: “In Giappone non avrei avuto uno stipendio come in Svizzera, anzi, avrei addirittura dovuto pagare io”.
Anche in questo caso la risposta di Dio è sorprendente. Quasi per caso, Mitty si ritrova a fare una intervista di fronte a sei manager di varie aziende giapponesi: una situazione abbastanza difficile per una giovane donna straniera. “Ho sentito che Dio era con me e che, alla fine, tutti loro non erano altro che persone da amare. Questo ha cambiato il mio modo di esporre il progetto o di ascoltarli nei vari interventi. Per un’ora ho raccontato del mio progetto, ma per quella successiva ho risposto alle loro domande sulla mia scelta di vita come focolarina e del perché mi trovavo in Giappone. Ho ricevuto il 100% dei finanziamenti per il progetto e devo dire che ho visto la potenza di Dio farsi strada in questa cultura e in questi ambienti in un mondo che non avrei mai immaginato. Neanche 2 mesi dopo l’inizio del mio dottorato poi, il mio ex professore svizzero è venuto a Tokyo e abbiamo potuto organizzare un seminario nella mia nuova università. A cena, osservando i due professori parlare insieme, mi è sembrato di capire ciò che Dio vuole ora da me. Non solo fare ricerca, ma costruire ponti: tra università e aziende, tra Oriente e Occidente. A me sta solo continuare ad essere tutta di Dio”.
Stefania Tanesini
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Ago 10, 2019 | Centro internazionale
A conclusione della Mariapoli Europea, Maria Voce rilancia il valore e l’attualità di quel patto mondiale per la fratellanza stretto sessant’anni fa. L’intervento integrale della Presidente dei Focolari.
“Se un giorno gli uomini, ma non come singoli bensì come popoli, se un giorno i popoli sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della loro patria, i loro regni, e offrirli come incenso al Signore, (…) e questo lo faranno per quell’amore reciproco fra gli Stati, che Dio domanda, come domanda l’amore reciproco tra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era, perché quel giorno, così come è viva la presenza di Gesù fra due che si amano in Cristo, sarà vivo e presente Gesù fra i popoli (…)”*. È il 30 agosto 1959 e con queste parole Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, tratteggia il sogno dell’unità fra tutte le genti, che si delineerà come il compito affidato da Dio per l’umanità al Movimento nascente. Mentre gli echi della seconda guerra mondiale, con i suoi veleni e le sue ferite, risuonano ancora, migliaia di uomini e donne di 27 Paesi diversi, in rappresentanza di tutti i continenti stringono un patto di unità fra loro. È il 22 agosto, giorno in cui la Chiesa cattolica festeggia Maria Regina e siamo al termine della Mariapoli nella valle di Primiero. A distanza di 60 anni, il 10 agosto scorso la Mariapoli europea da poco conclusa a Tonadico, ha voluto celebrare l’anniversario e rilanciare il valore e l’attualità di quel patto per la fratellanza dei popoli. Riportiamo di seguito l’intervento di Maria Voce, Presidente dei Focolari. “Sessant’anni fa, in questi luoghi, parlamentari di diverse nazioni si unirono in una preghiera per consacrare il loro popolo, e tutti i popoli della Terra, a Maria. Ciascuno portava con sé le ragioni e le speranze della propria gente e ad esse doveva rispondere, responsabilmente, con scelte politiche adeguate. Di fronte avevano sfide importanti, in un’epoca segnata da conflitti ideologici che stavano polarizzando il mondo in blocchi contrapposti e costituivano una minaccia per la pace. C’erano città da ricostruire, dopo la guerra, e comunità da far ripartire, promuovendo lo sviluppo economico, garantendo la legalità, e assicurando servizi alla cittadinanza. Erano problemi urgenti ai quali corrispondere con competenza politica e passione civile. Eppure quei politici non si riunirono in una tavola rotonda, non organizzarono un summit internazionale, ma pregarono per l’unità dei popoli. Fu una scelta inusuale, certamente, ma gravida di futuro. Ciò che si chiede alla politica è di agire con competenza e responsabilità, di essere onesta e coerente, di avere passione e coraggio. Ma il valore che più qualifica l’agire politico è la lungimiranza, cioè la capacità di guardare oltre, più lontano, per pianificare gli assetti futuri della società e favorirne la crescita. Sì, nei momenti di crisi e di ricostruzione decifrare il cambiamento può essere importante, intuire l’avvenire può fare la differenza. E più lontano si sa guardare e più incisiva e trasformante è l’azione nel presente. Quei politici che, sessant’anni fa, chiesero a Dio il dono dell’unità, e decisero di impegnarsi per la sua realizzazione, seppero guardare molto lontano. Dalla loro adesione al carisma di Chiara Lubich trassero un grande insegnamento: il destino del cosmo è l’unità. Non ne ricevettero un chiarimento solo intellettuale, perché l’unità era lo stile di vita e la norma della Mariapoli: di essa si faceva esperienza nei piccoli e grandi gesti e nelle scelte quotidiane. L’unità vissuta nel Movimento nascente irradiava una luce particolare sulle relazioni sociali che tutti erano chiamati a vivere, in qualsiasi circostanza si trovassero. L’unità si presenta sempre, in qualsiasi epoca, come un modo nuovo e rivoluzionario di concepire la vita e il mondo. Non è semplicemente un ideale come tanti altri, perché scaturisce dalla preghiera stessa che Gesù rivolse al Padre quando, alzati gli occhi al cielo, pregò perché tutti fossero una cosa sola. Da questa invocazione prende forma e senso la storia umana. Non a caso uno fra i primi politici a seguire Chiara Lubich fu il parlamentare Igino Giordani, che accolse l’ideale dell’unità interpretandolo con la seguente efficace espressione: «la storia è un quinto evangelo», perché mostra la costante, progressiva, realizzazione della preghiera di Gesù, e dunque del disegno di Dio sul Creato. Tutto è in marcia verso l’unità: questo significa che i cambiamenti sociali che possono trasformare positivamente il presente sono quelli che accompagnano i cittadini, le associazioni, gli Stati, verso un mondo più coeso e solidale. Ciò che sostiene la cooperazione, la pace, l’avvicinamento delle comunità e dei gruppi, è in linea con l’autentico progresso e fonda lo sviluppo. In altre parole, se si vuole fare il bene del proprio popolo bisogna occuparsi del bene degli altri. Per questo, sulle ali di un messaggio profetico sempre attuale, Chiara Lubich continuò a diffondere il messaggio dell’unità rivolgendosi ai politici e a tutti i cittadini impegnati nel sociale con l’esortazione di «amare il partito altrui come il proprio», di «amare la patria altrui come la propria». Le sfide attuali non sono meno urgenti di quelle di sessant’anni fa. Anzi, oggi è ancora più evidente la necessità di operare per l’unità dei popoli. I processi globali in corso mostrano l’interdipendenza planetaria di Stati, nazioni, comunità. È sempre più evidente che c’è un comune destino per tutti i popoli della Terra, e che i grandi temi dell’attualità riguardano questioni vitali per tutti: la cura dell’ambiente, le vecchie e nuove povertà, i conflitti invisibili e le guerre conclamate, le migrazioni su scala globale (spesso frutto proprio della povertà, delle guerre e dei cambiamenti climatici), la redistribuzione delle ricchezze, l’accesso alle risorse naturali, il riconoscimento dei diritti umani. Sono questioni trasversali alle differenze culturali, civili e politiche. Dunque immettono i popoli in un circuito di costante confronto, al fine di maturare processi di integrazione politica e di convergenza decisionale. Sì, oggi il divenire dell’umanità domanda, a gran voce, l’unità. A questa invocazione il Movimento dei Focolari sta rispondendo favorendo il dialogo fra le diverse parti politiche (per esempio con il Movimento Politico per l’Unità), promuovendo la comunione dei beni e la cultura del dare (con l’Economia di Comunione), approfondendo la dottrina dell’unità (per esempio con l’Istituto Universitario Sophia), dando impulso all’unità nei luoghi di impegno professionale e sociale e con tante altre opere e iniziative specifiche (attraverso Umanità Nuova). Anche oggi, proprio come sessant’anni fa, possiamo pregare Dio per l’unità fra i popoli della Terra. Il mio augurio è che questa preghiera sia accompagnata da un rinnovato impegno, assunto sia al livello personale che comunitario, di vivere per il mondo unito. Diffonderemo quei germi del cambiamento utili a trasformare il presente e a scrivere pagine sempre nuove della storia della famiglia umana in marcia verso l’unità”.
Maria Voce
(*) http://www.centrochiaralubich.org/it/documenti/scritti/4-scritto-it/183-maria-regina-del-mondo.html (altro…)
Ago 2, 2019 | Sociale
Nel giugno scorso la Duma, il Parlamento russo, ha invitato membri dei Parlamenti ed esperti per un confronto sullo sviluppo dei sistemi parlamentari. Letizia De Torre, presidente del MPPU, ha partecipato. “È importante camminare insieme a chi nel mondo, in qualsiasi modo, cerca un cambiamento. Tutti noi, come singoli e come popoli, siamo chiamati all’unità e dobbiamo far venire alla luce ogni passo positivo”. È questa la prima impressione a caldo di Letizia De Torre, già deputato al Parlamento italiano e Presidente del Centro internazionale del Movimento politico per l’unità (MPPU) che dal 30 giugno al 3 luglio scorso ha partecipato al Forum: Development Of Parliamentarism, sullo sviluppo dei sistemi parlamentari. Ha proposto una co-governance, cioè l’idea di una corresponsabilità tra le istituzioni e la società civile nel governo delle città e nelle relazioni internazionali. Un’idea che era al centro del convegno tenutosi nel gennaio scorso a Castelgandolfo (Roma, Italia), riproposta a diversi livelli e in diversi Paesi e che e avrà un secondo confronto ad alto livello in Brasile nel 2021.
Come è arrivata a Mosca CO-Governance? Il Segretario Generale e l’Advisor della IAO (Interparliamentary Assembly on Orthodoxy), – rete di parlamentari ortodossi, anche russi, con cui collaboriamo – sono intervenuti a Roma, all’evento “CO-Governance 2019“. Hanno trovato interessante l’idea e hanno fatto in modo che il Mppu venisse invitato al Forum. Devo dire che solo quando sono arrivata a Mosca ho capito veramente il perché. Infatti ci si può sorprendere: il sistema istituzionale russo viene definito con espressioni quali: “democrazia controllata”, “centralismo”, “ ambivalenza tra modernizzazione e tradizionalismo”, mentre per la co-governancecomporta corresponsabilità, partecipazione diffusa, relazioni innovative tra politici e cittadini… Infatti, ed è sintomatico del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo. Alla politica è richiesto un cambiamento. I cittadini non hanno più fiducia e Internet ci ha catapultati in un mondo diverso dalla rigidità dei palazzi della politica. Molti parlamentari cercano strade nuove e CO-Governance esprime l’idea di una relazione intensa tra i politici e i cittadini, di una corresponsabilità di governo a tutti i livelli, senza paura per questo tempo così complesso. Come è stata accolta la vostra proposta?
L’idea della collaborazione sta maturando in tutte le società e anche la dichiarazione finale del Forum va in questa direzione. Ma ciò che è stato accolto con sorpresa è la logica politica che sta sotto: “Agisci verso l’altro Stato, verso ogni ‘altro da te’, come vorresti che fosse fatto a te.” Questo atteggiamento rivoluziona la politica, le conferisce il nuovo ruolo necessario oggi: quello di facilitatore e catalizzatore della collaborazione tra tutti. Cosa si porta via il Mppu da questa presenza ufficiale in Russia? Ho avvertito prima di tutto un cambiamento a livello personale. Il popolo russo è meraviglioso, l’accoglienza attenta; Mosca è bellissima, ricca di storia, efficiente, non te la puoi togliere dal cuore. In questo senso è facile sentirsi popoli fratelli. Ma avvicinare il sistema politico di un altro Paese è altra cosa. Sono “atterrata” in una cultura politica diversissima e avevo paura di non capirla. Alle prime difficoltà mi sono trovata a un bivio: distinguermi oppure mettere in atto “il metodo” che un giorno mi ha affascinato: ho fatto consapevolmente la scelta di amare la Russia nella stessa misura in cui amo il mio Paese. Non ami il tuo Paese perché è perfetto: lo ami e basta; godi e soffri con lui e per lui nella buona e nella cattiva sorte. È così che ho cominciato a comprendere la Russia di oggi, a guardare il mondo dal suo punto di vista, anche a dispiacermi dei giudizi negativi che riceve, spesso strumentali nella corsa alla supremazia geopolitica. Ho apprezzato l’intento di “soft power” di questo Forum, con cui mi pare che la Russia cerchi di conquistare la fiducia di altri Stati, avvicinandoli con più dignità e rispetto. Mi sono ritrovata più aperta ad accogliere, ad esempio, la volontà di unità tra le due Coree della deputata Nordcoreana; l’impegno a cercare “partnership” e non dipendenza di un parlamentare del Ghana; la speranza della delegazione siriana; la domanda del parlamentare libanese “Ma perché ci ammazziamo?”, che concludeva con la forza che veniva dalla sua fede ortodossa: “Dio non vuole questo!”.
Stefania Tanesini
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