Nov 12, 2022 | Cultura
Nell’Inaugurazione dell’Anno accademico 2022/2023, parole di incoraggiamento e sprone, per un’università che si vuole nel futuro. Le parole del Gran Cancelliere card. Betori, del vice-Gran Cancelliere Margaret Karram, del rettore Declan O’Byrne e del prof. Mauro Magatti, docente di Sociologia all’Università cattolica del Sacro Cuore.
Come ogni anno, il principale appuntamento di una comunità accademica è l’inizio ufficiale delle attività. Di questi tempi, di fronte alle complesse sfide della cultura e della socialità che esce dalla prova della pandemia e che si trova a confrontarsi col ritorno della guerra sul territorio europeo, non è cosa di poco conto. Anche quest’anno si è aperto a Loppiano (Figline-Incisa Valdarno-Italia) l’Anno Accademico 2022/2023 dell’Istituto Universitario Sophia, alla presenza di 350 persone. Il titolo dato all’appuntamento, il 15° della serie, è stato: “Cambio di paradigma: l’università del futuro”. Al solito, Sophia ha voluto cogliere l’occasione per cercare di aprire percorsi inediti, presentare qualcosa di quella “poliedricità” che è parte costitutiva del suo patrimonio. Il Gran Cancelliere, sua eminenza il card. Giuseppe Betori, che sin dall’inizio ha accompagnato e sostenuto il percorso di Sophia, ha detto nel suo saluto che Sophia “comincia ad entrare nel tempo della maturità”. Ed ha raccomandato “di attingere sempre alle radici carismatiche alla base dell’Istituto, radici da cui emerge la vita”, anche quella accademica.
La Vice Gran Cancelliere, Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari ha posto l’accento sul rinnovamento che, dopo la fase iniziale, caratterizza l’attuale momento dell’Istituto. “Constatiamo che una nuova generazione di docenti, che si sono formati accademicamente in questo Istituto – ha detto −, sta raccogliendo il testimone da chi ha iniziato. Mi riferisco ai professori ‘della prima ora’ a cui va tutta la mia stima e gratitudine. Sono coloro che, con coraggio, hanno lasciato i prestigiosi incarichi che ricoprivano in altri atenei per dare vita al sogno di Chiara Lubich: far nascere, cioè, un’istituzione universitaria al servizio della Chiesa e dell’umanità, che desse consistenza culturale e accademica al carisma dell’unità, per concorrere alla realizzazione del ‘che tutti siano uno’ (Gv 17,21)”. La missione dello IUS appare di non secondaria importanza in questo momento storico di “frammentazione dei saperi e delle opinioni” che richiede attenzione e dedizione: “Solo mettendoci in ascolto della Sapienza di Dio – ha continuato Margaret Karram −, solo lasciandoci plasmare da essa e adoperandoci, a partire da noi stessi, a far sì che si trasformi in cultura, si traccerà la via per rispondere alle tante domande del pensiero contemporaneo e si potrà contribuire a sanare le ferite e gli immensi dolori che affliggono l’umanità”. Ben sei sono le parole che i rappresentanti degli studenti, Merveille Kouatouka e Valentina Alarcón, hanno voluto proporre nella loro breve presentazione: accogliere, ascoltare, scoprire, contemplare, osare, desiderare, cioè i sei verbi che gli studenti hanno volute scegliere nell’approfondimento di una materia che solitamente non si trova nelle università, la “condivisione” (materia che a Sophia dà crediti universitari, perché espressione dello stile di vita che l’istituto vuol favorire): “Un invito ad aprire un cammino – hanno detto −, a creare ed essere ‘luogo’ in cui condividere la Sapienza e nutrirsi reciprocamente. Ci piace ricordare l’invito di Benedetto XVI nella Caritas in veritate: ‘La verità, infatti, è lógos che crea diá-logos e quindi comunicazione e comunione’”.
Il rettore f.f., il prof. Declan O’Byrne − da poco nominato in successione coi predecessori, il prof. Piero Coda, preside fino al 2020, e il prof. Giuseppe Argiolas, rettore dal 2020 − ha voluto nel suo intervento concentrare l’attenzione su un’espressione presente nel Piano strategico del 2014, che quest’anno verrà rinnovato, che parlava di Sophia come «università del futuro». Si è chiesto il rettore: “In che senso si può fare un’affermazione del genere?”. Non vuol dir che “Sophia pensi di essere una specie di modello di come possano essere altre università”. Può significare piuttosto “pensare Sophia come un luogo universitario a servizio al futuro. Spostare l’attenzione cioè dal già al non-ancora”. E, ancora e soprattutto, “Sophia, in continuità con la missione della
Chiesa, deve sapere orientare il suo lavoro verso il futuro e deve saper superare le rigide distinzioni tra le discipline, ma anche collegare lo sforzo transdisciplinare ad una visione informata al destino di tutte le cose di diventare uno in Cristo”. Nella sua prolusione, il prof. Mauro Magatti, ordinario di Sociologia generale all’Università cattolica del Sacro Cuore e amico della prima ora di Sophia, ha spaziato con le sue riflessioni sull’idea di università. Ha detto: “Non si può comprendere la vita sociale senza tenere conto di questa capacità di operare uno scarto di piano, un salto quantico rispetto a vincoli che sembrerebbero configurare una impasse, o un determinismo inscalfibile. In questo senso, lo spirito può essere pensato come ciò che è capace di “infinire nel finito”, di “infinitizzare” mediante proiezioni che aprono linee di fuga e spazi di libertà al di là del dato di fatto”. E ancora: “Abbiamo bisogno di una nuova conoscenza e perciò di una nuova università”. In che modo? “Per abitare il tempo della complessità, occorre riconoscere, valorizzare, coltivare una ragione aperta, multidimensionale, diffusa, incarnata, in costante dialogo e interrogazione con ciò che è non razionale, a-razionale, sovrarazionale”. “Abitare il tempo della complessità” è l’invito del prof. Magatti. La comunità accademica di Sophia, e la vasta schiera dei suoi amici raccoglie la sfida.
Michele Zanzucchi Foto: Cittadella di Loppiano
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Set 27, 2022 | Chiesa, Cultura, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Sociale, Testimonianze di Vita
Il 24 settembre 2022 papa Francesco si è recato ad Assisi per incontrare i giovani economisti, imprenditori e changemakers di Economy of Francesco giunti da oltre 100 Paesi del mondo per la terza edizione dell’evento, la prima in presenza. Pace, cura, servizio, tutela, amicizia, alleanza, riconoscimento, dignità, condivisione, felicità. Sono queste le dieci parole dell’economia della vita che i giovani economisti, imprenditori, changemakers hanno deciso di incarnare nella realtà, su invito di papa Francesco. Non un’utopia, “perché la stiamo già costruendo”, conclude il “Patto” firmato il 24 settembre scorso nel teatro Lirick di Assisi dalla quattordicenne Lilly Ralyn Satidtanasarn, a nome di tutti i partecipanti di The Economy of Francesco (EoF), e dallo stesso papa Francesco. Un’adolescente thailandese e il vescovo di Roma sono i custodi di questa “giara del futuro”. Un’anfora di carta e inchiostro in cui i ragazzi e le ragazze hanno raccolto i loro impegni personali, nati e maturati in tre anni di sessioni di lavoro online. “Insieme al testo del Patto, li affideremo alla terra come radici dell’economia di domani, nel roseto della Porziuncola, da dove i figli di Francesco partirono per il mondo”, ha detto Lourdes, uno dei tre conduttori che si sono alternati sul palco, su cui c’era una trentina di coetanei, tra cui gli otto testimoni. Sognatori con i piedi, però, ben piantati per terra, capaci di rivoluzionare il mondo con “l’amore, con l’ingegno e con le mani”. Come Facundo Pascutto, argentino di Lomas de Zamora, enorme città-satellite di Buenos Aires che, insieme alla facoltà di Scienze sociali, trasforma associazioni di quartiere, sindacati, università, cooperative, mense comunitarie, unità penitenziarie e imprese in “piccole Assisi”, cioè spazi di incontro tra i differenti attori sociali. O Henry Totin, del Benin, che, con l’associazione Javev, ha reso una pianta infestante – il giacinto d’acqua o togblé – una risorsa economica per i contadini della valle di Ouémé. O ancora Maryam, attivista per i diritti delle donne, fuggita all’Afghanistan dei taleban proprio grazie alla rete di contatti attivata da The Economy of Francesco. È impossibile sintetizzare il caleidoscopio di storie e storia su cui si fondano i dodici punti del Patto. Alcune nuovissime, come “la Fattoria di Francesco”, inventata da Mateusz Ciasnocha, contadino della Polonia del Nord, che proprio nel corso del processo innescato dal Papa ha trovato il modo di coniugare agricoltura e giustizia. “Come? Rispettando i campi e quanti li lavorano. Ora abbiamo creato una nuova impresa in Nigeria per sostenere la produzione famigliare di cinque villaggi della zona di Ibadan”, ha raccontato. Altre, invece, sono antiche. La Comunità di pace di San José de Apartadó ha venticinque anni. “È stata fondata il 23 marzo 1997 quando nessuno parlava di economia circolare e coltivazioni sostenibili. Non ne sapevamo molto nemmeno noi. È avvenuto tutto per ‘chiripa’”. Ha ripetuto questa parola più volte José Roviro. “Vuol dire ‘fortuna’ o ‘provvidenza’”, spiega. Costituito da un gruppo di contadini sfollati del conflitto colombiano, la Comunità ha scelto di dire no alla violenza. “Poiché l’avevamo sperimentata sulla nostra pelle – ha aggiunto Sayda Arteaga -, abbiamo deciso di non infliggerla ad altri”. Ora l’iniziativa – sostenuta da Operazione colomba – produce alimenti sostenibili grazie a un sistema di lavoro comune. Dal modello pioniere, poi, si irradiano altri percorsi. “La neo-nata Fondazione Rut partirà proprio dalla Comunità il processo di ascolto per elaborare una grande piattaforma digitale (Inter Zona) sulle violazioni dei diritti umani e le forme di resistenza nonviolenta”, hanno sottolineato Annamaria De Paola e Giovanna Martelli. Esempi piccoli e grandi di un’altra economia possibile in cui credono i giovani di Eof e, alcuni di loro, “in mattine particolarmente luminose, hanno già intravisto l’inizio della terra promessa”. Quanto ci vuole per raggiungerla? Troppo, sostengono gli scettici, spesso non proprio disinteressati. Il popolo di Eof non se ne preoccupa e ora prosegue il cammino con l’apertura di The Economy of Francesco 2.0. In questo sono profetici: abitano la notte, come la sentinella del brano di Isaia. Non hanno risposte per i passanti angosciati che domandano quanto manca allo spuntare del sole, eppure li ascoltano. Sono donne e uomini del dialogo notturno. Perché – è risuonato ieri con forza dal palco di Assisi – “non c’è alba più bella di quella che ci sorprende in compagnia dei profeti”.
Di Lucia Capuzzi
Fonte: Papa Francesco firma il “patto” con giovani: «Una nuova economia non è utopia» (edc-online.org) Discorso papa Franscesco: Visita del Santo Padre Francesco ad Assisi in occasione dell’evento “Economy of Francesco” (24 settembre 2022) (vatican.va) Video: – IT – Papa Francesco e la comunità EoF – YouTube
Ago 22, 2022 | Centro internazionale, Cultura
Il Prof. Giuseppe Argiolas ha rassegnato le sue dimissioni da Rettore dell’Istituto Universitario Sophia “per motivi personali”. Il Vicerettore in carica, Prof. Declan O’Byrne, è stato nominato Rettore facente funzione (f.f.) e svolgerà il suo servizio fino al naturale termine del mandato, ossia gennaio 2024. La Vice Gran Cancelliere Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, scrive alla comunità accademica dell’Istituto: “Chiedo a tutti voi la massima collaborazione con il Prof. Declan O’Byrne, che ha accettato l’incarico assegnatoli dalla Congregazione dell’Educazione Cattolica, in maniera che l’Istituto Universitario Sophia possa continuare a prestare il suo servizio di insegnamento, ricerca ed impegno culturale con la dovuta professionalità e diligenza. Ringrazio il Prof. Argiolas per il suo impegno e per il lavoro che si è assunto per portare avanti Sophia, in particolare in tempi difficili come sono stati quelli della pandemia 2020-2022, e affido alla responsabilità di tutta la comunità accademica il buon esito del nuovo anno accademico che inizia”. Docenti e personale dello IUS si uniscono alla Vice Gran Cancelliere nel ringraziare il Prof. Argiolas per l’impegno profuso al servizio dell’Istituto. (altro…)
Ago 12, 2022 | Cultura, Ecumenismo
Il V Summit di Halki si è svolto in Turchia dal 8 al 12 giugno 2022. Sostenere il futuro del pianeta insieme, è il titolo di questa edizione promossa dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli insieme all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI-Italia). https://www.youtube.com/watch?v=IVDXDzIX5mM&list=PL9YsVtizqrYtRzIRPgjiIk5yzCtFx5lrU&index=1&t=45s (altro…)
Lug 19, 2022 | Cultura, Sociale
L’Apprendistato e Servizio Solidale è l’apprendimento e l’utilizzo delle conoscenze acquisite in classe per trasformare la realtà; e imparare nella realtà ciò che non sempre si può imparare in classe. Clayss, con sede in Argentina ha costruito reti e alleanze con istituzioni educative di tutto il mondo. Vent’anni di un percorso nell’ambito educativo non sono pochi. Nato come “un sogno folle” a Buenos Aires nel 2002, in piena crisi economica e sociale, CLAYSS, il Centro Latino-americano per l’Apprendimento e il Servizio Solidale, ha esteso la sua azione non solo nella zona a Latino-americana ma anche in tanti paesi di Europa, Asia e Africa. Un’ampia rete costruita insieme ad istituzioni educative che coinvolgono tutte le fasce d’età, dalla scuola materna all’università. Per festeggiare questi primi 20 anni di vita, sono state organizzate 20 conferenze in 20 città. In occasione della tappa a Roma, all’università LUMSA, incontriamo Nieves Tapia, fondatrice e direttrice di CLAYSS. “L’apprendimento del servizio solidale – spiega la professoressa Tapia -, unisce la teoria alla pratica, permettendo sia ai bambini sia ai giovani universitari di imparare, mettendo in pratica ciò che sanno al servizio degli altri”. A fine agosto si svolgerà a Buenos Aires il XXV Seminario Internazionale di Apprendistato e Servizio Solidale mentre già si sta lavorando alla preparazione di un convegno che si terrà a Roma ad ottobre, che prevede la partecipazione di circa cento università cattoliche. Infatti, “Uniservitate è un programma globale per promuovere l’apprendimento e il servizio solidale nelle istituzioni cattoliche di istruzione superiore”, dice Nieves Tapia. E aggiunge: “L’obiettivo è quello di generare un cambiamento sistemico attraverso l’istituzionalizzazione dell’Apprendistato e Servizio Solidale in modo che diventino strumento che consenta alle istituzioni educative superiori di adempiere alla loro missione, di offrire un’educazione integrale alle nuove generazioni e coinvolgerle in un impegno attivo per i problemi del nostro tempo”. La rete globale di Uniservitate è presente in 26 paesi in 5 continenti attraverso partnership con oltre 30 università e istituzioni educative.
Carlos Mana
La nostra intervista. Attivare i sottotitoli in italiano. https://www.youtube.com/watch?v=mzFTDiOJhJQ (altro…)
Lug 5, 2022 | Cultura, Nuove Generazioni
Dal 2017 XFARM Agricoltura Prossima ospita nelle terre confiscate alla mafia a San Vito dei Normanni (Puglia- Italia) i campi di impegno e formazione promossi da Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Tra i partecipanti di quest’anno alcuni giovani del Movimento dei Focolari.
Li vedi maneggiare la terra rossa di Puglia, nel sud dell’Italia, li osservi mentre la impastano con la paglia, li guardi mentre plasmano questa materia per creare qualcosa di ecologicamente sostenibile. E pensi che quanto stanno facendo abbia anche la forza della metafora. Hanno tra i 13 e 17 anni, si sono dati appuntamento a San Vito dei Normanni, nel brindisino, per dare il loro contributo alla rinascita di un bene confiscato ai clan. Per lo più sono figli di questa terra baciata dal sole e, in questo periodo, invasa dai turisti. Ma sono arrivati anche dal Piemonte e dalla Lombardia dove magari c’è ancora chi pensa che le mafie siano affare di quelli del sud dell’Italia. Loro no, sono scesi fin qui nell’alto Salento per spendere in maniera diversa alcuni giorni della loro vacanza e per dare un contributo al cambiamento. Sono una ventina in tutto, con l’energia la leggerezza e la voglia di divertirsi tipici della loro età, vivono da protagonisti quattro giorni pensati per loro da Libera e dal Movimento dei Focolari.
Per qualche ora al giorno lavorano nei campi delle cooperative sociali che hanno avuto in gestione 50 ettari di uliveti e altre strutture sottratte ai boss. E nel loro impegno genuino leggi in controluce la voglia di sporcarsi le mani, di rimboccarsi le maniche, di essere attivi portatori di novità anche in una terra segnata dall’arroganza delle mafie. “Questa è terra nostra, restituita alla collettività”, sembrano dire mentre lavorano argille, sabbia e limi per costruire strutture in legno pensate per una società in cui tutto può essere circolare. A far loro da guida, i giovani del laboratorio urbano Ex Fadda e del progetto XFarm, un manipolo di appassionati di economia civile, di cittadinanza attiva, e di buone pratiche in agricoltura che dopo varie esperienze in giro per il mondo si sono ritrovati qui, nella terra in cui un tempo spadroneggiava la Sacra Corona Unita, per sperimentare un nuovo modello di convivenza, per provare a realizzare il sogno di comunità coinvolte attivamente nei processi rigenerativi.
Una utopia realizzata qui, a due passi dalla bellezza selvaggia di Torre Guaceto (Brindisi- Italia), grazie anche alla “forza del Noi”. Realtà e associazioni diverse, laiche e cattoliche, forze sindacali come la Spi Cgil, contribuiscono per dare insieme a questi ragazzi un terreno comune dove cimentarsi con la costruzione di una società più solidale, più attenta a preservare l’ambiente e la giustizia sociale. “La memoria è speranza, impegno, è qualcosa che ci segna e ci spinge a non ripetere gli errori del passato” dicono i ragazzi, quando i responsabili del progetto “E!State Liberi” li spingono a riflettere su quel concetto così centrale nella storia della rete di associazioni creata da don Luigi Ciotti. Memoria che diventa viva con la testimonianza toccante dei coniugi Fazio che raccontano di loro figlio Michele, coetaneo di chi ascolta, ucciso a sedici anni nei vicoli di Bari Vecchia perché è finito al centro di un regolamento di conti fra clan con i quali lui non aveva nulla a che fare. “Io stoc do”, io sto qua, dice oggi Lella come orgogliosamente disse ieri alle mogli dei boss della mafia che pensavano che dopo l’omicidio avrebbero lasciato il quartiere e la città. Loro sono rimasti, per ottenere giustizia, per dare un nome e poi concedere il perdono a chi uccise Michele, ma anche per provare a dare un futuro diverso a quel pezzo di Italia macchiato dal sangue innocente del loro ragazzo per bene. “Siamo qua” ripetono quei volti puliti che oggi lavorano nei campi mettendosi in gioco, ci ricordano che un mondo migliore è ancora possibile. Basta cominciare prendendo un po’ di terra e provare a farne qualcosa di bello. “Nei suoi occhi ho visto una luce, una luminosità che non avevo mai visto in lui”, ha raccontato una mamma vedendo rientrare il figlio a casa dopo il campo. “Mi ha detto che non aveva mai vissuto giorni così”.
Gianni Bianco
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