Movimento dei Focolari
La crisi post-pensionamento? Io non so cosa sia

La crisi post-pensionamento? Io non so cosa sia

20150915-02Non avverto stanchezza, forse solo un po’ di sonno, per aver dormito meno di 5 ore a notte per cinque giorni di seguito. Sono appena tornato da un campo-scuola per adolescenti, o per meglio dire da un ‘cantiere’, come lo hanno chiamato gli animatori di Ragazzi per l’unità dei Focolari. Un’avventura fantastica, che messa in fila alle tante che da un anno a questa parte ho occasione di vivere, mi colorano la vita. E mi fanno dimenticare di essere entrato in quella fase potenzialmente critica che è il post-pensionamento. La proposta di dare una mano per quei ragazzi mi aveva lusingato. Sarò anche in pensione, mi ero detto, ma di energie e voglia di fare ancora ne ho. L’appuntamento è alle ore 9 a Borgo Don Bosco, un complesso messo a disposizione dai Salesiani. Via via cominciano ad arrivare i ragazzi, 25 fra maschi e femmine, tutti con meno di 18 anni. Dopo il primo momento di impaccio, si crea subito un’aria di amicizia, anche se la maggioranza di essi non ha assolutamente idea dove siano capitati e che cosa li aspetti. Il programma è ricco di sorprese, come si conviene ad un’iniziativa per giovanissimi. Ma anche di duro (si fa per dire!) lavoro, sudando insieme sotto il sole, o zuppi dalla pioggia, per migliorare le condizioni dell’area che ci ospita. Per tre mattine mi viene affidata la bonifica di un angolo remoto del giardino, abbandonato da oltre 20 anni. L’erba è cresciuta su della terra portata da vento e pioggia, nascondendo tutta una pavimentazione in asfalto, con spogliatoi e docce ancora lì presenti, diventati ricovero per ragni ed insetti che, per le proporzioni raggiunte, sembrano di razza aliena. Senza contare le varie cose abbandonate tra l’erba che inizialmente neppure si vedevano: in pratica una giungla da radere al suolo. Mentre si lavora, a circa metà mattina, mi viene l’idea di dire ai ragazzi come cerco di vivere io il lavoro, in particolare quel lavoro. Credo di non aver detto più di venti-trenta parole in tutto. Parole che ho concluso confidando la vera motivazione che mi spinge a farlo: pensare che “in quel complesso sarebbe venuto a giocare Gesù Bambino”. Dal silenzio che è sceso, percepisco che i ragazzi ne comprendono il senso e lo interiorizzano. E quella luce che vedo brillare nei loro giovani occhi si trasforma subito in azione concreta, mettendovi nuova lena, aiutandosi gli uni gli altri. Questa immediatezza è una lezione per me che, a differenza di quello che vedo in questi ragazzi, sono piuttosto lento nel lasciarmi convincere dalle cose che mi vengono dette. La domenica, a Messa, mi trovo vicino ad un ragazzo col quale avevo lavorato fianco a fianco. Al momento della pace spontaneamente sia lui che io ci avviciniamo e ci dichiariamo di essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro. Iniziativa questa che a me, adulto, non sarebbe certo venuta spontanea verso un altro adulto; ma verso lui sì. Stare con questi ragazzi mi ha dato una nuova dimensione del futuro come umanità. E di speranza. Ho visto infatti che la voglia e la capacità di dare ce l’hanno tutta. Sta a noi credere in loro. L’adolescenza è un’età difficile, ma è anche l’età in cui si può costruire in grande. Non servono le tante parole, basta mettersi a ‘fare’ con loro cose positive. Forse è stato per questo che, lasciandoci, qualcuno di loro già mi ha chiesto di venire con me sabato prossimo al mercato rionale, a raccogliere quanto è rimasto invenduto di frutta e verdura per la mensa dei poveri. (altro…)

Focolari: voci dai 5 continenti

Focolari: voci dai 5 continenti

20150914-02«Questo è il grido di tutto il Medio Oriente: fermate i conflitti». Esordisce così la libanese Arlette Samman, di fronte all’esodo senza precedenti di intere popolazioni in Siria, Irak e altri paesi:«Chi parte lo fa con un dolore immenso. Va verso l’ignoto, perché sente che la morte è vicina o si trova senza risorse e sicurezze per il futuro della famiglia… Altrimenti nessuno vorrebbe lasciare la propria terra». «È confortante vedere la reazione umanitaria di tanti Paesi in Europa – continua Philippe, da 14 anni in Egitto – ma vorremmo anche far sentire la voce del Medio Oriente che aspetta con ansia la pace e il diritto di “vivere e non di morire”». Entrambi sottolineano l’importanza di trovare insieme sempre nuove vie per la fraternità e soprattutto di alzare la voce dell’opinione pubblica. Va in questa linea la mobilitazione per la pace che il Movimento dei Focolari rilancia in questi giorni insieme a quanti nel mondo operano in questa direzione. In Europa, sollecitati dalle parole di papa Francesco, e anche dal risveglio delle autorità politiche – come di recente espresso dal presidente della Commissione UE, Jean-Claude Juncker – si moltiplicano le iniziative già da tempo in atto per l’accoglienza: case private aperte, coordinamento degli aiuti, raccolte fondi… 20150914-05Ma è tutto il mondo ad essere presente in questi giorni a Roma, con gli 80 delegati da 36 nazioni, rappresentanti delle rispettive macroaree geografiche: «Venire qua è un’occasione di ritrovare fratelli e sorelle che operano anche per la pace, che continuano a sostenerci nei momenti difficili», è il sentire comune da chi proviene da aeree disagiate. Dall’America Latina, Maria Augusta De La Torre, porta con sé altri panorami: «A Cuba c’è una grande attesa carica di speranza. Da un lato la “nuova amicizia” tra Cuba e gli USA; dall’altro la Chiesa cattolica cubana, che si dimostra viva più che mai. La mediazione del Papa e la sua prossima visita all’Isola ci aiutano in questo risveglio». Riguardo alla crisi diplomatica in corso tra Colombia e Venezuela per il contrabbando transfrontaliero dichiara: «È una situazione molto dolorosa. La gente ha dovuto abbandonare le proprie abitazioni e c’è incertezza per il futuro, dolore e ribellione davanti ai fatti accaduti. Il contrabbando c’è sempre stato, ma ora non si sa cosa ci sia veramente sotto queste decisioni. Le persone del Movimento sono sostenute dalla forza che viene dal vivere il Vangelo e vogliono continuare a testimoniare la fraternità tra questi due popoli». Dalla Nigeria, Ruth Wambui Mburu, kenyota, confida che la sfida più grande che si trovano ad affrontare come Focolari è la radicalizzazione della divisione tra nord e sud, tra musulmani e cristiani, tra etnie. Il loro sforzo e il loro impegno è quello di testimoniare la fraternità vissuta proprio tra queste differenze. Georges Sserunkma, anche lui in Nigeria, arrivando a Roma proprio in questo momento storico avverte che «il mondo è davvero un’unica casa in cui viviamo tutti; vedere come la Chiesa e il Movimento prendono sul serio questa situazione mi allarga il cuore e mi dà speranza». RIMG4886«Ciascuno di noi arriva con un un carico di difficoltà – afferma dal Vietnam Marcella Sartarelli – ma anche con un carico di speranze credendo che “il mondo tende all’unità”». Uno di questi segnali è per lei anche «l’apertura che si registra in Vietnam, ad esempio nei contatti con la Chiesa. È tutto un fermento, che aumenta la speranza. Del Vietnam si conosce la guerra che c’è stata 30 anni fa, ma poco del Vietnam di oggi, un Paese che vive uno sviluppo velocissimo. Alcuni passaggi della Laudato Si’ sembrano proprio un ritratto di questo Paese: una tecnologia e un’economia che avanzano velocemente, con città modernissime e contemporaneamente campagne abbandonate nell’inquinamento. Proprio su questo con un piccolo gruppo di giovani, in un villaggio vicino Hanoi, dove la situazione è critica abbiamo cominciato a documentare questo problema nascosto, e al tempo stesso rimboccarci le maniche per ripulire». 20150914-02Anche in Oceania la problematica ambientale è molto sentita: «In Nuova Zelanda i giovani hanno promosso l’azione “Give one hour of your power”, staccare la corrente elettrica per un’ora, nella giornata della cura del Creato», racconta Augustine Doronila, «mentre da anni è in corso un’azione in favore della popolazione di Kiribati, arcipelago a rischio di scomparsa a causa dell’innalzamento del livello dell’acqua». Riflessioni e scambio di esperienze per due settimane, dal 14 al 27 settembre 2015, all’insegna della parola «unità»: non solo uno dei punti della spiritualità focolarina, ma la chiave dell’azione spirituale e sociale del Movimento, la parola riassuntiva del suo messaggio, nonostante tutto. (altro…)

Fontem: L’addio a Pia Fatica

Fontem: L’addio a Pia Fatica

PiaFatica_01È lunedì 31 agosto. In questo periodo non è facile raggiungere Fontem, il villaggio Bangwa che si trova nella foresta camerunese. Siamo infatti in piena stagione delle piogge e la strada è melmosa e in vari punti, quasi impraticabile. Ciononostante, negli ultimi 8 giorni, un’ininterrotta processione ha reso omaggio alla salma di Pia Fatica. Oggi ci sono addirittura più di mille persone, venute da ogni dove per l’ultimo saluto a questa straordinaria donna che 48 anni or sono, dall’Italia ha deciso di stabilirsi qui. Ad officiare il funerale è Mons. Andrew Nkea che esordisce: «Come vescovo e come bangwa posso dire che Pia ha vissuto tutte le beatitudini. Ciò significa che per lei oggi è il giorno della sua nascita al Cielo». Parole autorevoli, queste, che confermano quanto nel 2000 aveva disposto il Capo tradizionale locale insignendo Pia del titolo Mafua Nkong (Regina dell’Amore). Ma chi è questa donna che a 38 anni sceglie di trascorrere il resto della vita in Africa, chiedendo di restarvi anche in sepoltura? Pia nasce a Campobasso (Italia) nel 1929. È ostetrica, professione di prestigio e pure vantaggiosa a quei tempi. Sull’Osservatore Romano legge che sta iniziando una missione in Camerun, che prevede anche la costruzione di un ospedale. Lei si sente provocata in prima persona e, senza neppur conoscere quale sia il Movimento che implementa il progetto, decide di lasciare tutto per correre là a dare una mano. Giunta a Fontem viene a sapere che per una diffusa mortalità infantile, l’ostetricia è la priorità assoluta. Vi si dedica con tutte le sue energie, calandosi pienamente nella tradizione di questo popolo, animista, il quale, angosciato di veder morire i suoi neonati, si era rivolto al vescovo cattolico per chiedere aiuto.

PiaFatica

Pia Fatica

Dotata di concretezza, di apertura, e di una grande capacità di dialogo con la cultura locale, Pia sa stringere rapporti significativi con singoli e famiglie, con le autorità, cui parla con rispetto e amore ma, quando occorre, anche con estrema verità e libertà interiore. Da ostetrica infaticabile fa nascere più di 11.000 bambini, accompagnandoli poi nel loro cammino anche spirituale. Un episodio fra i tanti: una ragazza, diventata cristiana convinta, le confida di non volersi sposare in chiesa per non voltare le spalle ai valori tradizionali della sua gente. Pia l’ascolta con grande apertura: sa che non sono scelte facili. Lì per lì non le dà consigli. In un momento successivo, però, riprende l’argomento. Le ripete che è lei a dover decidere liberamente, ma le ricorda anche che col Battesimo che aveva chiesto di ricevere, aveva accolto una nuova tradizione, quella di Gesù, che non si contrappone alla cultura del suo popolo. Dopo un mese la ragazza chiede a Pia di accompagnarla dal sacerdote per un colloquio a tre. Risultato: matrimonio felice, splendida famiglia testimone della fede. Pia continua a dare il suo contributo in diversi settori dell’Ospedale, fino all’ultimo servizio creato apposta per lei, denominato “Ufficio per tutti i problemi”, un titolo che da solo dice l’ampiezza e l’apertura del suo cuore. Lei conosce profondamente la realtà del popolo Bangwa ed ha una sensibilità particolare per gli ultimi: i malati, i carcerati, le persone in difficoltà economiche, e trova sempre il modo di aiutare anche con denaro che, per la sua grande fede, ottiene dalla Provvidenza. La concretezza che l’ha sempre caratterizzata l’accompagna anche nelle ultime settimane, quando decide di scrivere alla presidente dei Focolari, Maria Voce, per annunciarle che presto lascerà questo mondo: «Sono contenta di andare da Gesù – scrive fra l’altro – e di consegnare nelle sue braccia il mondo per il quale ho vissuto». Al cimitero, sotto una pioggia torrenziale, si avvicendano le danze della celebrazione in segno di profonda gratitudine per questa grande donna, nella convinzione di tutti che Pia, da Gesù, ci è proprio andata.
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