27 Apr 2023 | Focolari nel Mondo
Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente del Movimento dei Focolari, hanno appena concluso la tappa coreana del loro primo viaggio ufficiale in Asia e Oceania, che, a seguire, li condurrà in visita in Giappone, Isole Fiji, Australia e Indonesia, fino al 25 maggio prossimo. Ecco un breve aggiornamento su quanto accaduto in Corea.
“Insegnaci, Signore, a camminare insieme, con lo sguardo nella stessa direzione, uniti dalla stessa mèta, alla ricerca degli stessi valori verso Colui che ci ama e ci attende: è il fondamento di ogni nuova amicizia”.
Questa preghiera, che il 22 aprile scorso ha aperto l’incontro dei 160 focolarini e focolarine della zona dell’Est Asia (con diversi collegati online), esprime bene il senso del primo viaggio ufficiale di Margaret Karram e Jesús Morán in Asia e Oceania. La prima tappa è in Corea, poi visiteranno il Giappone, le Isole Fiji, l’Australia ed infine l’Indonesia. Li accompagnano Rita Moussallem e Antonio Salimbeni, consiglieri della zona e corresponsabili per il dialogo interreligioso dei Focolari. In Est Asia (la zona comprende la Corea, il Giappone e l’area geografica di lingua cinese), il Movimento è presente dalla fine degli anni ’60 – in Corea padre Francesco Shim ha portato la spiritualità dell’unità nel 1967 e ad Hong Kong si è aperto il primo focolare nel 1970. Tra membri interni e aderenti sono circa 10.000 le persone che in questo pezzo d’Asia vivono la spiritualità dell’unità.
Margaret Karram: ripartire dal dialogo
“Perché ha scelto proprio l’Asia per il suo primo viaggio?”, domanda a Margaret il reporter del “Catholic Chinmoon”, il principale settimanale cattolico coreano. “Sono qui per ascoltare, conoscere, imparare ma soprattutto per amare il ‘continente della speranza’” – risponde. La ricchezza spirituale di questi popoli sarà un dono per tutti. Sento che è importantissimo ravvivare nel Movimento la via del dialogo, lo strumento per eccellenza per costruire la pace, il bene di cui il mondo oggi ha più bisogno”.
Corea: tra contraddizioni e speranza di pace
Con i suoi quasi 10 milioni di abitanti, la capitale Seoul mostra il volto di una nazione che da 50 anni corre veloce e si è trasformata in uno degli stati più avanzati e tecnologici del pianeta. “Velocità, efficienza e competitività sono i caratteri distintivi della moderna società coreana – spiega Matteo Choi, giornalista e focolarino coreano – sia dal punto di vista economico che culturale, ma questo porta con sé molte contraddizioni”. “Qui si pone grande enfasi sul risultato – aggiunge Kil Jeong Woo, delegato del Movimento politico per l’Unita in Corea – con un sistema accademico altamente competitivo e una forte etica del lavoro. Abbiamo problemi di disuguaglianza sociale, ma è in atto uno sforzo per affrontare tutto questo attraverso riforme sociali e politiche, ma i progressi sono lenti a venire.”
La Chiesa coreana, ponte in una società divisa
L’Arcivescovo di Seul, Mons. Pietro Chung Soon-taek, evidenzia tra le sfide sociali anche conflitti intergenerazionali e l’invecchiamento della popolazione. “Nella Chiesa – spiega – il rischio è quello di chiuderci nelle nostre comunità. C’è bisogno di aprirsi ed è questo il contributo che i Focolari possono portare”. Margaret Karram e Jesús Morán hanno incontrato poi Mons. Taddeo Cho, Arcivescovo di Daegu, Mons. Augustino Kim, Vescovo di Daejeon e Mons. Simon Kim, Vescovo di Cheng-ju. Nel clima sociale e politico di forte polarizzazione tra progressisti e conservatori, la Chiesa cerca di essere un ponte e di agire come antidoto alla secolarizzazione che in particolare colpisce i giovani.
Dialoghi e ‘inondazioni’: il cammino è avviato
Il Movimento dei Focolari in Corea porta il suo contributo al dialogo ecumenico ed interreligioso, e nei vari ambiti culturali. Un esempio è stato l’evento del 14 aprile a Seoul, dal titolo: “Il dialogo diventa la cultura della famiglia umana”. Sono intervenuti rappresentanti di diverse Chiese cristiane, di varie Religioni, esponenti degli ambiti sociali, animati da uno spirito costruttivo di collaborazione per la riconciliazione sociale e la pace. “E’ molto importante che ognuno possa generare ambienti che aprono le porte al ‘dialogo della vita’ – ha detto Margaret Karram nel suo intervento – mettendo in pratica gli insegnamenti della propria fede religiosa”. Jesús Morán ha incoraggiato a proseguire su questo cammino comune: “Non importa la grandezza o piccolezza delle cose che si fanno. L’importante è che portino il germe del nuovo. Le testimonianze che avete presentato hanno questa impronta”. Sa Young-in, Direttrice dell’Ufficio ONU per il Buddismo Won, ha detto che da giovane sognava un “villaggio religioso” dove i credenti di varie religioni potessero condividere amore, grazia e misericordia. “Quello che io immaginavo – ha detto – mi sembra di vederlo realizzato qui, oggi”.
Gen 2: “Coraggio e avanti!”
Il 15 aprile erano in 80 giovani al Centro Mariapoli: 70 gen dalla Corea, 9 da Hong Kong e altri collegati dal Giappone e dalle aree di lingua cinese. Hanno portato a Margaret e Jesús il frutto del lavoro fatto in quattro workshop su come incarnare la spiritualità dell’unità nella vita di tutti i giorni; i rapporti dentro e fuori dal Movimento; le difficoltà nel trovare la propria identità umana e spirituale e su come “sognano” il Movimento. “La nostra identità è una – ha detto loro Margaret. Non siamo prima gen, poi diventiamo altro quando andiamo, ad esempio, all’università. Il dono della spiritualità che abbiamo ricevuto ci rende persone libere; ci dona il coraggio e la forza di annunciare ciò che siamo e quello in cui crediamo e vorrei dire anche a voi quello che il Papa ha detto a me, quando sono stata eletta presidente: ‘coraggio e avanti’”. “Dopo la partenza di Chiara Lubich – dice un gen – ci sono stati momenti in cui ho sentito nostalgia e buio. Oggi la vicinanza, la fiducia e l’ascolto di Margaret e Jesús mi incoraggiano molto. Mi fanno capire ancora una volta che l’eredità di Chiara è un dono di Dio adatto ad ogni epoca”.
Cittadella Armonia
Il 16 aprile scorso Margaret Karram e Jesús Morán sono andati sul terreno che il Movimento ha ricevuto in dono a una settantina di chilometri a Sud di Seoul, per realizzare un sogno già espresso da Chiara nella sua visita in Corea nel 1982: la nascita di una cittadella di formazione e testimonianza della vita evangelica e della spiritualità dell’unità per questo pezzo d’Asia. Alla presenza di circa 200 persone – membri dei Focolari, benefattori e amici che hanno contribuito nei modi più vari – il terreno è stato benedetto e a suggello, è stata interrata una medaglia della Madonna. “Affidiamo a Lei questa Opera – ha concluso Margaret – e chiediamole di aiutarci ad aderire ai piani di Dio che magari non conosciamo, ma Lui è più grande di noi e se Gli diamo la nostra disponibilità e generosità, potrà operare.”
In visita a Sungsimdang
Tutto è iniziato nel 1956, con due sacchi di farina per fare il pane al vapore da vendere davanti alla stazione di Daejeon. Oggi Sungsimdang è diventata l’impresa di ristorazione più famosa della città e, con i suoi 848 dipendenti, dal 1999 vive in tutto e per tutto lo spirito di Economia di Comunione (EdC). Margaret e Jesús l’hanno visitata, incontrando con gioia Fedes Im e la moglie Amata Kim, proprietari e volontari del Movimento. “Non ho studiato amministrazione o management – racconta Fedes – ma ho seguito Chiara”. “Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini”, è il motto che lei ha dato all’azienda che serve 10.000 clienti al giorno e da sempre vive la condivisione, portando quotidianamente il pane ad oltre 80 centri di assistenza sociale. Ma ciò che colpisce è lo stile delle relazioni e del lavoro: “Per noi – racconta la figlia Sole, a capo del settore ristorazione – tutte le persone hanno lo stesso valore: uomini e donne, ricchi e poveri, manager e dipendenti, fornitori e clienti. Cerchiamo di mettere la persona al centro di ogni nostra decisione”. Jesús Morán ha sottolineato l’importanza dell’impatto dell’azienda sul territorio, prerogativa delle imprese che operano secondo lo stile di EdC, e Margaret Karram ha paragonato la testimonianza di questa azienda a quella di una cittadella di cui si può dire “venite e vedete”. “E questa – ha detto – è la medicina più grande che il mondo attende”.
Ascoltare, conoscere, condividere
Le giornate coreane di Margaret e Jesús sono intense e varie: c’è tempo anche per una tappa turistica all’antico sito di Bulguksa, per conoscere le radici della cultura buddhista nazionale. Con i suoi templi millenari, immersi in una natura fresca è una giornata davvero rigenerante! Poi ci sono i numerosi incontri con i membri del Movimento di questa vasta zona, come il gioioso pomeriggio con i focolarini e alcuni membri dell’area di lingua cinese. Il momento con gli 80 sacerdoti, religiose e i religiosi è stato un’esperienza di ‘cenacolo’, con testimonianze di fedeltà e di vita evangelica autentica, in un colloquio intimo con Margaret e Jesús. Il 23 aprile, poi, è stata la volta dell’attesissimo incontro con tutti i membri del Movimento; erano presenti in 1.200, con circa 200 collegati online da vari Paesi. È una festa straordinaria, che raccoglie popoli e culture che difficilmente vedremmo danzare e cantare sullo stesso palco e gioire gli uni della bellezza e ricchezza degli altri. Forse è per questo che qualcuno definisce l’evento “un miracolo” e il seme di una società rinnovata dall’unità.
Nel dialogo, Margaret Karram e Jesús Morán rispondono su vari argomenti, insieme ai consiglieri Rita e Antonio: il “disegno” del continente asiatico, l’attualità del dialogo tra le religioni. Alla domanda su come avere un rapporto più profondo con Gesù Eucaristia, Jesús spiega che non si tratta di ‘sentire’ il rapporto con Lui, ma di viverlo, perché l’Eucaristia alimenta tutta la nostra persona e ci fa vivere a corpo, nell’amore agli altri”. A proposito del calo delle vocazioni nel Movimento, Margaret dice che per i giovani sono importanti i rapporti personali e la testimonianza autentica degli adulti. “Se la nostra vita è frutto dell’unione con Dio ed è coerente col Vangelo, loro saranno attirati, perché prendono ispirazione da chi ‘osa’ vivere per Dio e così comprenderanno dove Lui li chiama”. All’ultima domanda su come devono essere i nostri rapporti per poter dialogare con tutti, Margaret Karram risponde con un’esperienza: “Questo anno abbiamo approfondito la nostra vita di preghiera e l’amore verso Dio, un amore ‘verticale’ potremmo dire, come quei pini i cui rami vanno verso l’alto. L’altro giorno, passeggiando, ho visto un albero che mi è piaciuto moltissimo: i suoi rami erano aperti, si estendevano verso fuori; si intrecciavano con altri alberi. Così dovrebbero essere i nostri rapporti: le nostre braccia dovrebbero essere sempre aperte, andare verso gli altri; dovremmo avere il cuore spalancato sulle gioie, i dolori e la vita di tutte le persone che ci passano accanto”. “È l’ora dell’Asia”, aveva scritto Chiara Lubich già nel 1986, durante il suo primo viaggio in queste terre; sono parole che oggi manifestano tutta la loro attualità e il valore profetico.
Stefania Tanesini
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29 Mar 2023 | Famiglie, Focolari nel Mondo, Sociale, Vite vissute
Domus nasce dal desiderio di alcune famiglie argentine di vedere realizzato, come molti, il diritto a possedere una casa propria; sogno reso possibile grazie al progetto di autocostruzione partecipata di alloggi, avviato nel comune di Lincoln (Argentina) nel 2019. Persone di tutte le età, con l’aiuto di professionisti, hanno unito le forze e si sono formate nell’arte della costruzione, generando reciprocità, cittadinanza e comunità fraterna. https://www.youtube.com/watch?v=Fk4RJGw0L6c Copyright 2023 © CSC Audiovisivi – All rights reserved. (altro…)
4 Mar 2023 | Chiesa, Focolari nel Mondo
Si è recentemente conclusa a Bangkok (Thailandia) l’Assemblea continentale asiatica per il Sinodo che ha definito il prezioso contributo del continente più vasto e popolato al mondo. Abbiamo intervistato Vanessa Siu-Wai Cheng, focolarina cinese presente all’evento. “Baan Phu Waan è il luogo dove si situa il grande centro di formazione pastorale dell’Arcidiocesi di Bangkok (Thailandia). Un posto bellissimo. Eravamo una ottantina presenti all’Assemblea continentale asiatica del Sinodo che si è svolta dal 24 al 26 febbraio 2023”.
Vanessa Siu-Wai Cheng, focolarina di Hong Kong, ci introduce in questa nuova fase continentale del Percorso Sinodale che riguarda l’Asia, un percorso che, come lo ha definito l’Arcivescovo metropolita di Tokyo (Giappone) Tarcisius Isao Kikuchi nella sua omelia di apertura: “Non è solo un evento passeggero da celebrare, ma piuttosto un cambiamento di atteggiamento dell’intero popolo di Dio per rendere la sinodalità la natura fondante della Chiesa.” Vanessa, quanti erano i partecipanti? Diciassette Conferenze episcopali e due Sinodi di Chiese di rito orientale in rappresentanza dei 29 Paesi della FABC (Federation of Asian Bishops’ Conferences) hanno inviato i propri rappresentanti a questo evento, che ha lo scopo di dare alle Chiese asiatiche l’opportunità di discutere sul percorso che porta al Sinodo tracciato da Papa Francesco. Abbiamo potuto condividere le nostre esperienze concentrandosi su vari temi e alcune problematiche che affliggono il continente. Si è parlato di sinodalità, processo decisionale, vocazioni sacerdotali, ruolo dei giovani, povertà, conflitti religiosi e clericalismo, con l’auspicio di poter procedere insieme in un vero cammino di crescista comunitaria. Con grande gioia era presente anche qualcuno della delegazione dalla segreteria del Sinodo, la commissione e la task force. Una testimonianza della disponibilità della Chiesa universale a camminare sul processo sinodale.
Quale è stata la metodologia di lavoro? Sono stati tre giorni intensi di comunione e lavori di gruppo. La metodologia è sempre quella della Conversazione spirituale. I vari input che abbiamo ricevuto sono stati molto importanti e stimolanti. In primo luogo, il Card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, ci ha portato il caloroso saluto del Papa e ci ha assicurato che non siamo stati dimenticati. Ha sottolineato che una Chiesa sinodale è una Chiesa di ascolto e di discernimento. Il successo del processo sinodale dipende dalla partecipazione del popolo di Dio e dei pastori. Dobbiamo essere molto attenti alle voci, soprattutto a quelle che agitano la Chiesa. Cosa ti ha colpito nello specifico? Un’impressione molto forte è stata fin dal primo giorno vedere che, ad ogni tavolo dove un gruppo lavorava, c’era una sedia vuota, in rappresentanza di coloro che non possono dare la loro voce e che non vogliono darla. Al centro del tavolo, una candela circondata da una corona di bellissimi fiori che veniva accesa a inizio giornata simbolo della luce dello Spirito Santo, necessaria per poter fare discernimento. Abbiamo fatto esperienza di conversione nell’ascoltare l’altro svuotandoci di noi stessi, tutti insieme: cardinali, vescovi, sacerdoti, religiose e laici. Un momento per poter andare in profondità, uscire dalla particolarità per poter arrivare, con uno guardo ampio, a
livello continentale. Li è avvenuta la trasformazione da l’”io” al “noi.” Inoltre, c’è da dire che l’Asia ospita molte religioni e anche le più antiche, quindi una delle caratteristiche degli asiatici è quella della spiritualità e della preghiera. Il programma era introdotto da 10 minuti di silenzio durante la discussione di un argomento e mezz’ora di preghiera nella cappella tra due sessioni di discernimento. Questi momenti di silenzio e di preghiera hanno davvero aiutato tutti i partecipanti a stare con Dio e in Dio per ascoltare la Sua voce sia individualmente che collettivamente. Quale secondo te la sfida maggiore? È stato meraviglioso stare insieme come Chiesa continentale contemplando la complessità e la varietà delle caratteristiche e sfide diverse e comuni. Il primo giorno mi sembrava un po’ ambizioso presumere di arrivare in tre giorni a una bozza che sarebbe servita per la formulazione dell‘instrumentum laboris per il Sinodo con precise priorità per il continente asiatico, ma si sente che lo Spirito soffia forte. Grazie al lavoro di un gruppo di redazione che ha preparato per noi la “draft framework”, una bozza di progetto in modo da risparmiarci il tempo di leggere tutte le relazioni ex novo, abbiamo potuto lavorare con calma e con un testo ben ordinato. L’ultima stesura del documento esprime un’unica sinfonia con molte voci che riecheggiano il sogno, le speranze, le aspirazioni e i dolori del continente asiatico.
A cura di Maria Grazia Berretta Foto: © Synodbangkok2023
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9 Feb 2023 | Focolari nel Mondo, Sociale, Testimonianze di Vita
Il 6 febbraio 2023, potenti scosse di terremoto hanno colpito la Turchia meridionale e centrale e la Siria. Una catastrofe che ha causato la distruzione di intere città, la morte di migliaia di persone e tantissimi dispersi. Ecco alcune testimonianze di chi si trova su quei territori. “Già domenica sera, il 5 febbraio, era arrivata dalle autorità la comunicazione che il lunedì 6 le scuole sarebbero rimaste chiuse, perché si temeva una violenta tempesta. Le temperature sfiorano lo 0 ed è previsto per tutta la Turchia il periodo più freddo dell’anno”. Sono le parole di Umberta Fabris, del Focolare di Istanbul (Turchia), che con voce commossa racconta in che condizioni il Paese si ritrova a vivere una catastrofe che non ha eguali e che con una violenza inaudita, nella notte tra il 5 e il 6 febbraio, si è abbattuta sulla Turchia e sulla Siria. L’entità di questo terremoto è inimmaginabile. Sono infatti 10 le province della Turchia colpite, 13 milioni di persone coinvolte e numerosissime scosse che continuano ancora. Ad oggi si contano oltre 14.000 vittime, ma i numeri, man mano che si scava continuano ad aumentare. “Istanbul si trova a circa 1000 km dalle zone colpite – continua Umberta Fabris – ma qui siamo circondati da persone che lì hanno parenti, amici e le notizie arrivano col contagocce. I cellulari si sono scaricati, manca l’elettricità, i danni alle infrastrutture delle comunicazioni sono enormi come a tutto il resto. Arriva solo qualche sms o poche parole scambiate con una linea molto disturbata. Ed è tutto un cercare di avere notizie, di sapere se tutti rispondono all’appello, anche tra i nostri amici della piccola comunità cristiana ad Antiochia, Mersin, Adana e Iskenderun”.
Nella tragedia tra le macerie e il gelo, il dolore avvicina i cuori degli uomini che unendo le forze, combattono, ci racconta ancora Umberta Fabris, che proprio da Iskenderun ha saputo del crollo della Basilica dell’Annunciazione e di come all’interno del Vescovado, lì dove le abitazioni sono state dichiarate inagibili, si sono ritrovati alcuni cattolici, ortodossi, musulmani che condividono quello che hanno e offrono un luogo in cui passare la notte. “Colpiscono le migliaia di giovani che si sono stipati all’aeroporto – dice-, pronti per partire e andare a prestare soccorso, la fila interminabile di persone alla raccolta di sangue o i ragazzi liceali che si sono rimboccati le maniche in varie attività. Continuiamo a confidare in Dio e nella sua Santa Provvidenza e portiamo nel cuore anche l’amata Siria.” Ed è proprio dalla Siria che giunge la voce di Bassel, giovane dei Focolari: “Sono giorni devastanti anche nella mia città, Aleppo. Il 6 febbraio ci siamo svegliati terrorizzati e siamo corsi verso le scale non vedendo nulla, a causa dell’interruzione di corrente. Ci siamo fermati alla porta di casa, dove c’è un’immagine dell’angelo custode e abbiamo pregato, poi abbiamo trovato un cellulare e acceso una torcia. Non riconoscevo la stanza: tutto sul pavimento era rotto, le pareti e le ceramiche crepate, i vicini scendevano urlando. Abbiamo preso solo quello che potevamo portare nella tasca del pigiama, indossato le giacche e siamo scesi sotto la pioggia in un freddo fortissimo”.
Bassel ha trascorso quella notte interminabile in strada osservando il crollo delle chiese e delle moschee. La luce della luna mostrava la distruzione. Man mano che le scosse di assestamento diventavano più leggere arrivavano notizie di amici rimasti sotto le macerie e di edifici crollati interamente. “Siamo un Paese che non è attrezzato per simili disastri – continua. Tra gli edifici crollati anche i 7 piani del Vescovado della Chiesa greco-cattolica melchita. Mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo emerito di Aleppo, si è salvato, mentre Padre Imad, mio amico personale e nostro insegnante a scuola fin da quando ero piccolo, è rimasto sotto le macerie”. Le persone parlano delle loro case diventate parte del passato, mentre il freddo rende tutto più difficile. La Mezzaluna Rossa e la Croce Rossa hanno effettuato operazioni di censimento dei presenti. “Io – dice Bassel- ho partecipato con i volontari e i giovani scout nel preparare e distribuire cibo e distribuire coperte per bambini e ragazzi ma non sono riuscito ad addormentarmi per le forti scene che avevo visto”. Mentre le scosse di assestamento continuano a far crollare edifici, Bassel riflette: “Quando sentiamo le notizie, vediamo i principali Paesi che inviano specialisti, aiuti e squadre di soccorso nei Paesi colpiti, proviamo dolore nel vedere che non possono inviare nulla in Siria per via dell’embargo, come se non fossimo umani. Adesso siamo rientrati a casa, dove Internet è migliore e stiamo aspettando la prossima scossa. Pregate per noi affinché restiamo vivi, pregate per chi è morto, pregate per i dispersi”.
Anna Lisa Innocenti e Maria Grazia Berretta
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3 Feb 2023 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Testimonianze di Vita
Essere comunità è più del semplice stare insieme. Vuol dire rispondere ad una chiamata e costruire: dar vita ad una famiglia sostenuta dalla Parola e ritrovarsi. É quanto raccontano in questo video alcune persone che nel luglio scorso hanno partecipato alla Mariapoli di Terra Santa. È una brezza leggera quella che accarezza le antiche rovine della Chiesa di San Giorgio, a Taybeh, l’unico villaggio interamente cristiano della Terra Santa, il luogo, narrano le scritture, dove Gesù venne a riposare con i suoi prima della Passione. E proprio qui, tra l’8 e il 9 luglio 2022, adulti, giovani e bambini del Movimento dei Focolari, si sono ritrovati insieme per vivere una Mariapoli davvero speciale, un momento di fraternità e di vera comunione. “La Mariapoli è un momento per trovarsi in famiglia – racconta Mayra, da Betlemme. In genere si organizza ogni anno ma per via della pandemia non abbiamo potuto. Quest’anno, dopo tre anni ci siamo riusciti e per me è come prendere una pausa della mia vita e ricaricarmi spiritualmente”. “Essere testimoni dell’amore” è stato il titolo di questa due giorni che ha visto la partecipazione di persone provenienti da varie zone del Paese, da Haifa, Nazareth, fino a Gerusalemme, Ramallah, Betlemme e Gaza. Nonostante le difficoltà sociopolitiche e culturali, che caratterizzano la Terra Santa, il desiderio di godere della bellezza e di vivere in comunità diventa una scelta capace di superare barriere fisiche e spesso anche interiori. È la comunità, infatti, il luogo in cui raccogliere valori che diventano nutrimento, edificare un presente e un futuro rispettoso della dignità di tutti; il luogo dove l’ascolto e la testimonianza dell’altro alla luce del Vangelo ci invita a comprendere meglio l’opera di Dio nella nostra vita e, più di ogni altra cosa, dove nessuno è solo. Lo raccontano Marcell e Boulos, da Nazareth, che nel loro cammino hanno potuto fare esperienza di incontro e famiglia proprio nel momento più doloroso della loro vita, dinanzi alla morte del loro ultimo figlio, Jack. E ancora Khader, da Gaza, che nonostante le fatiche quotidiane da affrontare nel contesto in cui vive, ripone la sua speranza in Dio, riconoscendo con gioia la bellezza della vocazione a cui è chiamato: quella alla felicità.
Maria Grazia Berretta
Attivare i sottotitoli in italiano https://youtu.be/cCMZ1jlYzhA (altro…)