Mag 19, 2017 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«Nel Comune di Savignano sul Rubicone abbiamo proposto al sindaco di dare un messaggio di fraternità colorando un luogo pubblico – raccontano Matteo e Giosuè, giovani per un mondo unito italiani –. Ci ha affidato un sottopasso che collega la via principale con la stazione dei treni. Abbiamo realizzato un murales in cui, accanto al ponte, simbolo della città, abbiamo scritto “Let’s bridge” e “Cittadini del mondo”, in più lingue, con l’aiuto di ragazzi stranieri di passaggio». Il risultato è stato un lavoro collettivo, un segno visibile di pace. Il progetto del murales è l’occasione per un primo contatto con l’imam della moschea di Ravenna, Mustapha Soufi (Presidente del Congresso Islamico Europeo degli Imam). Dopo tre mesi di lavoro il sottopasso viene inaugurato, presenti due sindaci e un europarlamentare, che a tre giorni dal terribile attentato di Bruxelles – era marzo 2016 – aveva chiesto di partecipare perché una simile iniziativa, oltretutto promossa da ragazzi, gli infondeva speranza in un futuro di pace. Il sottopasso è diventato un luogo simbolo. Matteo e Giosuè sono due giovani Ambasciatori di Pace. Una onorificenza rilasciata dal Circolo Universale degli Ambasciatori di Pace, con sede a Ginevra, che ha l’obiettivo di mettere in rilievo quanti lavorano per la pace, anche tra giovani e giovanissimi (nella categoria dai 6 ai 18 anni). Da diversi anni organizzano, nella loro regione e insieme ad altri giovani, la Fiera Primavera, una delle iniziative dei Ragazzi per l’Unità che, in collaborazione con scuole, associazioni e amministrazioni comunali, vogliono costruire azioni di pace e fraternità. «Nel luglio dello scorso anno – riprende Matteo – insieme a 50 Ragazzi per l’Unità abbiamo partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù. Papa Francesco ha concluso il suo discorso così:“Il Signore benedica i vostri sogni”. Sono tantissimi i sogni che vorremmo realizzare, prima di tutto quello di essere costruttori di un mondo di pace e di fraternità». Dopo il terremoto che ha colpito il centro Italia, si sentono nuovamente interpellati. Fra le tante idee, quella di realizzare due cene, a Modena e a Cesena, per raccogliere fondi. «Abbiamo coinvolto circa cento ragazzi, servito a tavola 350 persone e raccolto più di 4 mila euro». A Cesena è presente anche l’imam Mustafa, che propone loro di conoscere i giovani musulmani e iniziare insieme un percorso per la pace nella moschea di Ravenna, una delle quattro ufficiali in Italia. Il 22 gennaio vengono accolti calorosamente. Entrano scalzi, le ragazze con il capo coperto. Si dispongono in cerchio, le ragazze da una parte, i ragazzi dall’altra. «Inizia un gioco di domande e risposte sulla Bibbia e sul Corano: quanti elementi in comune! Non siamo poi così diversi, e tutti desiderosi di vivere e costruire un mondo più unito. Alle 12 ci siamo alzati in piedi e stringendoci la mano abbiamo fatto un minuto di silenzio per chiedere a Dio il dono della pace». Dopo un pranzo a base di cous cous, preparato dalle mamme musulmane, visita guidata della moschea e un momento di dialogo. «La pace la fanno i giovani – dice l’Imam – dobbiamo unirci e cambiare il modo di pensare per abbattere i muri dei pregiudizi». Gli amici musulmani chiedono a loro volta di visitare una chiesa cattolica. «Ci sembra fantastico – conclude Giosuè –: per costruire la pace bisogna rispettarsi e non aver paura delle differenze. Come non pensare a quei ragazzi musulmani che incontriamo a scuola o magari incrociamo per strada? Anche loro sono nostri fratelli, costruttori di pace insieme a noi. Non terroristi, come i media vogliono farci credere». (altro…)
Mag 17, 2017 | Famiglie, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
«Ci sono domande davvero difficili: perché esiste la morte, perché le guerre, la violenza, le separazioni, il divario tra ricchi e poveri… Spesso ne parlo con gli amici di università – studio lingue e letteratura all’Università di Porto, nel nord del Portogallo – ma nessuno riesce a togliermi queste inquietudini. Un giorno qualcuno mi parla del Vangelo e mi propone di viverlo. Non posso crederci, obietto, conosco tanta gente che si professa cristiana, ed io con loro, ma dopo duemila anni le cose sono sempre le stesse. Dato che finalmente qualcuno mi sta davvero ad ascoltare, il mio sfogo di dubbi e pregiudizi continua per un bel po’. Quando viene l’ora di lasciarci, a quella persona rimane solo lo spazio per una sola parola: “Prova!” A Porto vivo in un appartamento con altre ragazze. Quel giorno sono l’unica ad essere rimasta a casa perché dovevo preparare un esame. Una donna povera bussa alla porta. Il primo impulso è di liquidarla in fretta, ma sono trattenuta da quel “prova” che di tanto in tanto affiora e mi interpella. In casa non c’è un granché ma trovo qualcosa da dare a quella donna. Dopo un po’ di tempo telefona mia madre che, essendo in città per un check-up medico, vuole accertarsi che ci sia: ha una sporta di frutta e di carne per noi. Il mio cuore è pieno di gioia, non tanto per quel ben di Dio che ci avrebbe sfamate per l’intera settimana, ma perché è la conferma che il Vangelo è vero. Quel poco che avevo appena dato a quella donna, mi viene restituito centuplicato, secondo la promessa “Date e vi sarà dato”. Inizia così un nuovo rapporto con Gesù, che si consolida ogni volta che provo a riconoscere il suo volto in ogni persona che mi passa accanto. Per il mio compleanno avevo ricevuto un paio di guanti di pelliccia. Me li aspettavo da tempo perché a volte qui si gela. In autobus vedo una donna tremare per il freddo. E se le dessi i miei guanti? Come lo penso lo faccio. Questa volta infatti voglio giocare d’anticipo perché con quel regalo di compleanno, Gesù il centuplo me l’aveva già dato, così posso dare e do i miei guanti a lei che ne ha più bisogno di me. Sto andando a lezione quando mi ferma una signora con un bambino tra le braccia che piange. Non voglio fare tardi, mi giustifico con me stessa tentando di andarmene. Ma dentro un pensiero: “come posso dire di amare Dio che non vedo se non amo il fratello che vedo?”(cf Gv 1,20). Guardo l’orologio e faccio fatica a resistere al pensiero di andarmene, ma poi mi fermo e mi interesso alla sua situazione. Mi racconta di aver appena lasciato un figlio molto debole in ospedale. Col marito e gli 8 bambini vive in due misere stanze. Lì per lì, da sola, non posso fare molto, ma prometto che sarei andata a trovarla. Il giorno stesso ne parlo con altri giovani e famiglie della comunità dei Focolari che avevo iniziato a conoscere, e ognuno di essi si offre di aiutare in quello che può. Insieme provvediamo alle prime necessità (cibo, vestiti, cose per la casa) e predisponiamo dei turni per aiutare i bambini nei compiti e farli giocare finché la mamma sta con l’altro bimbo in ospedale. Nello stesso tempo cerchiamo di capire come far presente la situazione al Comune, chiedendo un’abitazione degna. Trascorrono alcune settimane e, finalmente, arriva l’attesissimo camion del Municipio per il trasloco in un alloggio sociale. A me tocca il privilegio di portare il bambino più piccolo nella nuova casa. Non potrò mai dimenticare quel viaggio in autobus col piccino fra le braccia che dorme sereno, ignaro del cambiamento che avverto da quando mi sono messa a vivere il Vangelo. Ora i grandi interrogativi, che pur ci sono, non rimangono più senza risposta: so che facendo il primo passo non solo si coinvolgono altre persone ad amare, ma si può davvero influire sulla società». (altro…)
Mag 12, 2017 | Nuove Generazioni
https://youtu.be/FZLJ_xLw9dk (altro…)
Mag 12, 2017 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
Ragazzi del Giappone corrono collegandosi in contemporanea a quelli di Seul, Corea del Sud, immaginando un futuro di pace. Nessuno di loro oggi ricorda le antiche fratture che dividono le due sponde del Mar del Giappone.
A Vienna 300 atleti da Austria, Slovacchia, Ungheria, Germania e Svizzera si incontrano per vivere insieme momenti di sport e fraternità. Tra i giocatori, ci sono anche giovani profughi appartenenti ad una chiesa siro-ortodossa.
Un salto di 10 fusi orari, e da Mexicali (Messico) e Calexico (California, USA) un centinaio di adolescenti convergono verso il muro che li divide. Odio e razzismo, oggi, non hanno paese.
Procede, anzi corre da Oriente verso ovest, attraversa idealmente la superficie della terra e i suoi 24 “spicchi” orari, per passare il testimone della fraternità a ogni latitudine. È Run4Unity, la corsa a staffetta mondiale organizzata, come tutti gli anni ai primi di maggio, dai ragazzi del Movimento dei Focolari.
La corsa ha chiuso la Settimana Mondo Unito, un periodo denso di iniziative e progetti in nome della pace e dell’unità tra i popoli: dall’Ecuador, alle prese con l’emergenza umanitaria del terremoto, a Medan (Indonesia), con un concerto per la pace, fino a Goma, nella Repubblica democratica del Congo, sulle note del festival Amani, una “tre giorni” di musica e danza per la pace.
Run4Unity è un percorso a tappe che attraversa le frontiere più calde del pianeta, a ogni latitudine, dalle 11 alle 12, ora locale. A piedi, in bicicletta, sui roller, in barca o fermi in silenzio, con una preghiera per la pace, anche quest’anno è stata la corsa più contro corrente che ci sia, presaga e anticipatrice di unità. Non conta la velocità dei piedi, ma la prontezza del cuore. Ogni tappa si è arricchita di eventi sportivi, azioni di solidarietà, esperienze di cittadinanza attiva (specie nei luoghi nei quali prevalgono solitudine, povertà, emarginazione), giochi e tutto quanto può servire a testimoniare che il mondo unito è ancora possibile, nonostante le tensioni preoccupanti e i segnali di deriva
A Penang, Stato della Malesia occidentale, Run4Unity è stata una UnityWalk, una camminata di 8 km, che ha consentito la partecipazione a 1200 persone di tutte le età, appartenenti a diversi gruppi etnici, culture e religioni, tra cui hindù, musulmani, sikhs, cristiani, buddisti. In India la corsa esprime il desiderio di pace attraversando il centro di Nuova Delhi, dal Gandhi Smriti, dove il Mahatma Gandhi venne ucciso nel 1948, oggi luogo sacro, fino all’India Gate, monumento nazionale dedicato a tutti i soldati non più tornati dalla guerra. A Dresda (Germania) Run4Unity si è svolta all’interno della manifestazione di iniziativa popolare “Pulse of Europe” sorta per incoraggiare i cittadini ad ascoltare il “battito” d’Europa perché, come dicono gli organizzatori dell’evento, “l’Unione Europea era ed è prima di tutto un’unione per garantire la pace”. A Columbus, capitale dell’Ohio (USA) si è realizzata in un centro per ragazzi di un quartiere a rischio, con giochi, messaggi di pace e la condivisione della “regola d’oro”. Poi, la pulizia delle strade e la condivisione dei panini insieme ai senza tetto. A Santa Lucia Utatlàn (Guatemala) la corsa è stata l’occasione di un programma multiculturale che ha coinvolto un migliaio di persone di diverse etnie, tra cui anche i giovani della comunità maya di Quiché. A Iglesias, in Sardegna (Italia), Run4Unity ha assunto una forma molto particolare, quella della sensibilizzazione al disarmo: Domusnovas e Iglesias, nella zona, ospitano infatti una fabbrica di bombe e di armi. Da qui partono i carichi destinati ad alimentare i bombardamenti nelle zone di guerra. Ragazzi e giovani del mondo immaginano un mondo diverso, senza guerre, muri, odio. Il loro messaggio corre virale anche sul web. Radioimmaginaria, la prima radio in Europa interamente progettata e curata da adolescenti, ha dedicato una diretta agli eventi di Run4Unity nel mondo. Perché, dicono, «a quindici anni si può già immaginare il mondo che verrà».
Ascolta la trasmissione di Radioimmaginaria
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Mag 8, 2017 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«Da quando i nostri genitori si sono separati, mia sorella ed io viviamo con nostro padre. È una situazione molto difficile per me, anche per via della salute: soffro d’asma e per due anni ho avuto anche problemi di cuore. Grazie alla vicinanza di tanti giovani che come me cercano di vivere la spiritualità dell’unità, questi limiti fisici non mi hanno impedito di vivere con entusiasmo il mio impegno cristiano. Come studente, invece, le cose non andavano molto bene. Nella struttura pubblica che frequentavo non c’era molta attenzione per studenti nella mia situazione e quando ho saputo di dover ripetere la prima classe superiore ho cambiato scuola. Qui ho capito meglio l’importanza dell’istruzione e il vantaggio di poter raggiungere la laurea. All’inizio dell’anno i voti erano buoni: evidentemente la nuova motivazione stava funzionando. Una sera mi ha preso un terribile mal di testa. Speravo che durante la notte passasse perché nei giorni a venire mi aspettava una serie di interrogazioni. Effettivamente al mattino il mal di testa non c’era più, ma quando ho preso in mano i libri è ritornato più forte che mai. La stessa cosa si è verificata ogni volta che provavo a concentrarmi in un lavoro intellettuale. Ho fatto il giro di tanti ospedali ma nessuno riusciva a scoprire che malattia avessi. Intanto la media dei voti precipitava, mentre il mal di testa era diventato permanente. Mio padre non aveva più soldi per pagare i medici; così ho provato a consultare dei guaritori tradizionali, ma senza risultato. Sopraffatto da questa situazione sono stato assalito da forti dubbi di fede. Mi domandavo: perché su sette miliardi di persone questa situazione capitava proprio a me, ora che avevo deciso di impegnarmi a fondo con la scuola? Nonostante la mia ribellione ho voluto partecipare con i Gen ad un week-end formativo. Ci sono andato soltanto per vedere i miei amici, non perché ci credessi molto. L’incontro è iniziato con un video-discorso di Chiara Lubich, ma ero così arrabbiato con Dio che non l’ho neppure ascoltato, né ho voluto dare il mio contributo alla comunione che ne è seguita e tanto meno mi sono interessato a ciò che dicevano gli altri. La mia mente vagava altrove. Pensavo che Dio mi aveva dimenticato, che nessuno poteva capirmi, che questi incontri non servono a nulla. Ad un certo punto però sono stato colpito da un ragazzo che diceva che nei momenti difficili possiamo dare speranza agli altri valorizzando la nostra sofferenza personale. Anzi, che è proprio nell’immedesimarsi in Gesù crocifisso e abbandonato che si trova la forza per amare gli altri. Queste parole sono state per me come una sfida. Mi sono detto: se Gesù sulla croce si fosse tirato indietro, cosa faremmo noi adesso? Da quel momento ho trovato la forza di accettare la mia situazione e la certezza che Dio è amore anche quando permette la sofferenza. E anche se continuavo ad avere mal di testa, ho ritrovato la gioia di vivere. Per amore di mia sorella e di tutti cercavo di donare gioia intorno a me. Grazie alle preghiere di tanti, oggi mi sento molto meglio e se non ci saranno nuove sorprese, sembra che la salute sia ritornata». (altro…)
Mag 4, 2017 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Un’immagine per tutte, la parola PEACE composta dagli stessi partecipanti, a caratteri cubitali, sul fianco della collina. Un suono per tutti, quel battito di mani, ritmico e inesorabile, simbolo di uno e mille cuori dentro la nave della vita in cui siamo tutti viaggiatori, o migranti. Una canzone per tutte, “la speranza è la voce dell’infinito che ci guida verso la salvezza”. Sotto un’esplosione di cannoni caricati a colore – dal verde al fucsia – si è chiuso, simbolicamente, l’appuntamento tradizionale del 1° maggio a Loppiano, il meeting internazionale dei giovani per un mondo unito, inserito nella Settimana Mondo unito 2017, che quest’anno si è intitolato Pulse: Change your heart, change the world. Dal 1973, anno della prima edizione, nella piccola città del centro Italia si riversa per l’occasione una folla variopinta di migliaia di giovani provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa, ma con rappresentanze da tutto il mondo. Un appuntamento di festa, modello esportabile di convivenza pacifica a partire dai più giovani, generazione interconnessa, per indole e cultura incline più a costruire ponti che ad alzare muri. Una giornata di confronti, testimonianze, musica, danza, coreografie, all’insegna della pace e della costruzione di un mondo unito, che ha visto impegnati i giovani del Movimento dei Focolari in collaborazione con altre associazioni e movimenti, tra cui Nuovi Orizzonti, Comunità di Sant’Egidio, Centro Internazionale La Pira, Living Peace, Rondine, Barbiana, Economia disarmata, Il varco, Non dalla guerra. Significativa la presenza di varie Comunità islamiche d’Italia, con il sostegno degli Imam di Massa Carrara, Teramo, Trieste e del Veneto. Assicurata la qualità artistica grazie ai gruppi musicali Gen Rosso e Gen Verde, all’associazione culturale DanceLab armonia, ai cantautori Amara e Paolo Vallesi (di ritorno dal Festival di Sanremo), a numerose altre band provenienti da diverse città d’Italia. Tutti accomunati da una forte volontà di pace e dal sogno di un mondo inclusivo, equo, fraterno. Con un entusiasmo che nemmeno la pioggia è riuscita a spegnere. Mentre i grandi della terra minacciano nuove e rovinose azioni di guerra, che suscitano sconcerto ai più, sul palco dell’anfiteatro naturale di Loppiano si alternano storie “dal basso”, autentiche, di quelle che se fossero replicate all’infinito cambierebbero il corso della storia. Come quella di Mohamed, raccontata da Luca, arrivato in Italia su un barcone dopo una pericolosa traversata. O come quella di un gruppo di giovani cristiani della Siria, che in un videomessaggio registrato esprimono l’amore per la propria terra martoriata. Non è certo pacifismo di facciata, ma coraggioso sguardo in avanti quello dei ballerini dell’Associazione Dancelab Armonia, che dal 2014 organizzano a Betlemme laboratori artistici per i bambini dei territori palestinesi, grazie alla collaborazione di padre Ibrahim Faltas, della Custodia di Terrasanta.

Presente Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa
Incuranti della pioggia, nel primo pomeriggio, i giovani cominciano a comporre la sagoma di un barcone. O forse la pioggia era il dettaglio mancante, perché di certo il viaggio di tutti i migranti di oggi, che si affidano alle onde, alla ricerca di un futuro, di pace e dignità, non è esente da pericoli e insidie. Quelle che Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa (Italia) e Premio Unesco 2017 per la pace, conosce bene. La sua testimonianza di accoglienza e lotta all’omertà, al timone di un’isola che rappresenta il primo approdo in Europa dopo la traversata, è un incoraggiamento a rimboccarsi le maniche in ogni angolo del mondo. Piove anche sulla collina mentre si forma il messaggio di pace, tema del brano di Amara e Paolo Vallesi, diventato il leitmotiv della giornata. Ma i colori brillanti, esplosi da cannoni non bellicosi, prevalgono infine sulle nubi grigie. Gli stessi colori cui attingono a piene mani, da grandi secchi, i giovani partecipanti, prima della partenza, in un tripudio di festa. È la promessa e l’impegno a “sporcarsi le mani” per progettare, costruire e realizzare ovunque un mondo di pace. (altro…)