Dic 30, 2013 | Chiara Lubich, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«Mi chiamo Num, nato in Thailandia e sono un gen buddhista. Faccio il musicista e pittore di professione. Attualmente impartisco lezioni di computer a dei disabili. Come vedete i miei capelli sono molto corti perché ho appena terminato un’esperienza come monaco buddhista. Secondo la nostra tradizione, infatti, un giovane spende un periodo di tempo come monaco presso un monastero. Sfortunatamente questa pratica non è più così sentita al giorno d’oggi. Come gen, io voglio conoscere di più la mia religione e vivere meglio la mia vita spirituale. Così ho deciso di essere ordinato monaco. La cerimonia di ordinazione è stata molto significativa per me. I focolarini ed i gen erano presenti per quest’importante occasione. Ho sentito molto la loro vicinanza in quest’esperienza.
Avevo più tempo per pregare, iniziando molto presto, alle 4.30 del mattino. Andavo fuori, con gli altri monaci, per la questua, per cercare cibo, subito dopo le preghiere del mattino. Ho scoperto che le persone hanno fiducia nei monaci e che li rispettano tanto. Ho capito com’è importante questa fiducia e noi monaci dovremmo essere fedeli agli insegnamenti del Buddha, in modo da conservare questa fiducia che la gente ha in noi. Ho imparato tanto attraverso gli insegnamenti del buddhismo, soprattutto dai monaci più anziani . E anche se ero nel monastero, sentivo che gli altri gen erano uniti con me. Ho incontrato i gen attraverso uno dei miei amici buddhisti . Lui ha conosciuto l’ideale dei gen attraverso un monaco buddista del suo stesso villaggio. Quando li ho incontrati per la prima volta ho notato subito che si rapportavano in un modo molto amichevole, come fratelli e sorelle, anche se erano e siamo tutti molto diversi; anche di religioni diverse.
Che cosa significa essere un gen buddhista? Abbiamo molte cose in comune con i cristiani, come cercare di essere persone impegnate e buone, per esempio, ed anche nella scelta di fare del bene agli altri. Posso vivere come un gen dovunque, in ogni momento e, soprattutto, amare tutte le persone che incontro aiutando a costruire rapporti di fratellanza con tutti. Noi gen buddhisti cerchiamo di vivere l’ideale dell’unità ogni giorno, di amare e di costruire l’unità dove siamo. Insieme ai gen cristiani facciamo tante attività in favore del bene della società. Per esempio, delle iniziative per raccogliere fondi per aiutare le vittime delle catastrofi naturali. Ora stiamo lavorando per aiutare quelle del tifone nelle Filippine. Andiamo avanti insieme!». (altro…)
Dic 26, 2013 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
«Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso: che la sofferenza sia dimenticata, che la felicità e la pace regnino nei 4 angoli del mondo, che i cuori di tutti gli uomini siano legati, che l’amore arda nei loro cuori e che l’unità li raduni in un solo solco di luce. Dio, fa che i fuochi di guerra siano un vago ricordo. Dio, nella tua infinita clemenza e misericordia, permettici di essere più pazienti, e fai di noi degli strumenti d’amore e di pace. Lode a Dio, non c’è potenza né forza che in Lui». Così Naim, un giovane musulmano dell’Algeria. Era esattamente un anno fa quando, proprio durante un loro raduno, riemergeva la necessità di rinforzare la preghiera, di fronte all’incalzare del conflitto in Siria, e si lanciava il Time Out per la pace. E anche oggi ripetono il loro sì, a farsi strumenti di pace nei loro ambienti, dal Centro Africa al Libano e Algeria, dal Salvador all’Argentina, tra le nazioni di provenienza.
Si scambiano le esperienze, nei 4 giorni romani dal 19 al 22 dicembre, come quelle del giovane buddista che, dopo l’incontro con i gen sente la spinta ad andare a fondo nella conoscenza della sua religione. Decide di trascorrere un anno in un monastero, facendo l’esperienza con i monaci. O come quelle di chi si interroga sulle scelte per il futuro, il coraggio di costruire una famiglia, l’affacciarsi al mondo del lavoro. Ma la testimonianza più forte arriva dal Medio Oriente – con rappresentanti di Libano e Algeria – che sottolineano la speranza che non muore, anche quando all’orizzonte il cielo non si apre. E per tutti, fra cui tanti da varie nazioni europee, da Maria Voce arriva l’invito auscire fuori. Si rivolge con forza ai giovani presenti: «I gen ci sono lì nelle università? Ci sono lì dove sono gli altri giovani? O stanno sempre fra di loro? Fanno qualcosa per gli altri? Il Papa continua a dire uscire, uscire dalle sacrestie, uscire dal recinto, non appoggiarsi sulle sicurezze, non dire “abbiamo fatto sempre così, andiamo avanti così”».
Come fare? Maria Voce incalza: «Rischiare qualcosa, avere il coraggio di aprirsi al nuovo, avere il coraggio di qualche iniziativa anche ardita, anche estrema, per tentare nuove strade, per costruire nuove relazioni con l’umanità». E, aprendosi, portare quello che può essere il dono caratteristico, la gioia dei seguaci di Gesù, frutto della sua presenza, dove due o più sono riuniti nel suo nome. Motto del congresso dei giovani è, infatti, “Da questo vi riconosceranno…”, citazione del Vangelo che continua: Se avrete amore gli uni per gli altri. [Gv. 13.35]. «Vogliamo dare tutte le nostre forze per costruire la fraternità insieme a tutti» – l’impressione a caldo dei giovani. Un piccolo fatto. «Una macchina mi ha tamponato esattamente in un punto dove qualche tempo prima avevo già preso una botta – racconta Francesco –. Avrei potuto fare la ‘furbata’ di non dire niente e farmi risarcire, ma invece, sceso dalla macchina, ho tranquillizzato il vecchietto imbranato che mi era venuto addosso, e gli ho detto la verità. Sono stato stupido ad aver agito così? Forse, ma invece sentivo la gioia di aver agito rettamente e con misericordia». «Mi ha tanto colpito la sincerità con la quale Maria Voce ci ha parlato, proprio a cuore aperto – spiega Tomaso, italiano –. Siamo partiti che “il sangue ci ribolliva dentro” – conclude –, come diceva Chiara in un video ai gen degli anni ’70. Siamo più decisi che mai a portare a tutti il fuoco del Vangelo vissuto, “la più grande rivoluzione”, quella che non passa». (altro…)
Dic 20, 2013 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Natale a Betlemme: «Un’occasione unica per coronare l’anno incontrandoci con i Giovani per un Mondo Unito della Terra Santa, per un Natale di accoglienza e di pace», raccontano Maria Guaita, Andrew Camilleri e Claudia Barrero, della segreteria internazionale dei GMU. Cosa significa per voi trascorrere il Natale in Terra Santa? «Abbiamo colto questo invito come una proposta da estendere a tutti i Giovani per un Mondo Unito sparsi nel mondo – racconta Maria Guaita –. Il Vangelo ci dice che Maria e Giuseppe non trovarono posto nell’albergo, che il Verbo venne tra la sua gente ma i suoi non lo hanno accolto. Vogliamo accoglierlo, specialmente nei soli, negli emarginati, nei poveri e senza tetto. Perciò vorremmo impegnarci perché ogni nostra città diventi una piccola Betlemme che ospita il Presepe, che offre una culla a Gesù». Come vi siete organizzati? «Proponiamo a tutti i Giovani per un Mondo Unito un Natale di accoglienza e di pace – spiega Andrew –. I media ci propongono ogni giorno immagini di violenza, di sofferenza e di esclusione. Vogliamo rispondere a tutto ciò, a partire dal periodo natalizio, con svariate iniziative di amore concreto verso i fratelli». «Vorremmo coinvolgere più persone possibile – conclude Maria –, anche parrocchie, istituzioni, altre associazioni e movimenti, secondo la fantasia e le possibilità di ciascuno, con la convinzione che – come diceva Chiara Lubich – “niente è piccolo di ciò che è fatto per amore”». Foto e brevi riprese delle iniziative si potranno trovare sulla pagina Facebook dei GMU della Terra Santa: Youth for a United World – Holy Land. «Saranno frammenti di fraternità – aggiunge Claudia –, che parlano da sé e documentano una tappa importante nella realizzazione del “United World Project”, nel cammino verso l’unità del mondo». Per informazioni: Giovani per un Mondo Unito
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Dic 18, 2013 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Clip integrale della canzone – http://www.youtube.com/watch?v=ymXHLfOal4U
Belamy Paluku è originario di Goma, ma si trova in Belgio per tre mesi. Nel suo Paese, il Congo, fa parte del gruppo Gen Fuoco, una band il cui messaggio si ispira alla spiritualità dell’unità, ed è responsabile del “Foyer culturel”, un centro culturale della sua città. Grazie alle sue doti musicali, il Centro Wallonie-Bruxelles gli ha offerto una borsa di studio per approfondire il canto a Verviers, in Belgio. Belamy è autore di canzoni, in cui mette in luce la ricerca della pace, del dialogo, il valore della sofferenza. La canzone più conosciuta si chiama “Nos couleurs et nos saveurs”, ed è un invito a apprezzare i colori diversi e i gusti diversi dei diversi popoli, perché “un mondo con un solo colore e con un unico cibo sarebbe molto povero”. Nel video che proponiamo, un’intervista al giovane musicista congolese e ad una giovane belga. Belamy, tu vieni da Goma, in Congo. In questo momento ti trovi in Belgio, nell’ambito di uno scambio interculturale, per specializzarti come musicista. Come ti senti in un mondo così diverso? «Scopro tante persone di origini diverse e mi accorgo che ognuno ha sempre qualcosa da dare e da ricevere dagli altri. La diversità della cultura e della lingua non possono impedirci di vivere insieme e comunicare». E per te Elisabeth, che sei nata in Belgio, cosa rappresenta per te questa accoglienza di persone venute da tutto il mondo? 
Intervista a Belamy Paluku
«È vero che in Europa, e in particolare qui a Bruxelles, c’è una ricchezza immensa di nazionalità e culture diverse. Personalmente ho conosciuto ragazzi del Movimento dei Focolari della Siria, della Slovacchia, dell’Italia, ecc. E quello che mi ha sempre aiutato è stata anche l’arte di amare che concretamente ti fa fare il passo verso l’altro. Però penso che vivere gli uni accanto agli altri non basta, che possiamo fare un passo in più. La sfida per noi europei, che forse siamo piuttosto riservati, è proprio andare incontro all’altro e costruire dei ponti finché saremo tutti una famiglia sola, finché ci riconosceremo veramente tutti fratelli». Belamy, è a partire da questo scambio di ricchezze che hai scritto una canzone? «Vengo da una regione dove c’è sempre il pericolo che la guerra tra le etnie si scateni. Questo scambio di ricchezze umane e culturali mi sembra una strada da seguire verso la realizzazione di un mondo di condivisione e tolleranza. Sono partito dalle nostre differenze per gridare al mondo che rimanendo insieme, uniti, potremo svelare il “puzzle” dell’umanità». Belamy Paluku è su facebook come Belamusik (il centro culturale di Goma) (altro…)
Dic 13, 2013 | Chiara Lubich, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
«Finora siamo riusciti ad aiutare circa 500 famiglie, che a loro volta ne sostengono altre, grazie agli aiuti arrivati dai Focolari nel mondo e anche da tanti altri. Stiamo ora raccogliendo i fondi per ricostruire le case distrutte. Perciò, contiamo ancora sull’aiuto di tutti!». È l’invito fatto durante una diretta internet mondiale con i 6.343 punti collegati nei 5 continenti, dai responsabili dei Focolari a Cebu, Carlo Gentile e Ding Dalisay, direttamente coinvolti nelle operazioni di soccorso nelle zone duramente colpite.
Il loro racconto continua con alcuni fatti che dicono la solidarietà messa in moto, pur in una situazione che rimane precaria. «All’indomani del tifone, alcuni di noi sono partiti verso le zone più colpite per portare dei soccorsi. Ci sono quelli che hanno scelto di lasciare la città, altri, invece, sono rimasti. “Non possiamo andare via e fuggire dalle nostre responsabilità. Dobbiamo pagare gli stipendi, aiutare la città a risollevarsi…”, spiega Bimboy, preside dell’università locale e membro dei Focolari. Bimboy fa 10 km al giorno a piedi, per recarsi all’università e così assicurare un minimo di normalità. Pepe e Marina sono i responsabili della comunità locale dei Focolari a Tacloban. Cercano di essere al servizio di tutti: un vicino ha bisogno di benzina, gli danno la poca rimasta nella loro macchina. “Come faremo ora?”, si domandano. Il giorno dopo arriva, inaspettato, un cugino che ha deciso di lasciare la città e affida loro il proprio furgoncino fino al suo ritorno». Intanto a Cebu arrivano aiuti dai Focolari di tutto il mondo. Su New City Philippines si legge che «Il sostegno della comunità internazionale è semplicemente travolgente. La profezia del Vangelo “quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me”, sembrava che si fosse realizzata proprio qui a Tacloban. Anche i bambini piccoli stanno mandando, dalle differenti parti del globo, i risparmi dei loro salvadanai». Si innesca una reazione a catena, in positivo. Una coppia italo-filippina residente in Italia racconta che i membri del Movimento hanno inviato 23 pacchi per Abuyog (villaggio dove risiede la loro famiglia ndr). «Non soltanto aiuti alimentari – dicono –, ma anche tende, zanzariere, materassini e altro. I pacchi hanno avuto un percorso travagliato, e si sono bloccati a qualche ora di distanza dalla città… ma poi sono riusciti a recuperarli». Da lì si è attivata una rete di solidarietà per aiutare i meno fortunati: «Perlustrano le zone più colpite, distribuiscono i pacchi ricevuti e il riso che sono riusciti a comprare; lasciano dei bigliettini alle famiglie in difficoltà, invitandole a raggiungere la loro casa per ritirare eventuali altri aiuti». E continuano ad arrivare sostegni, sia attraverso AFN Onlus che AMU (Onlus dei Focolari), da anni presenti nella zona e molto vicini alla popolazione. Angel, una giovane dei Focolari delle Filippine, ha incoraggiato i suoi insegnanti e compagni di classe a rinunciare a qualcosa per le vittime del tifone, dicendo: «Quando una parte di noi muore, un’altra vive». Con la sua iniziativa ha raccolto molti beni e 20.000 pesos (€ 400) solo in un giorno. Michael, un altro giovane dei Focolari, ha raccolto 7 sacchi di vestiti buoni e utilizzabili dal suo povero villaggio. Si stanno riversando aiuti e soccorsi da nazioni ricche e da nazioni povere. Infine, Amiel racconta: «Ci vorrà molto tempo per tornare alla vita normale. Ma avendo fatto un’esperienza simile a quella di Chiara Lubich durante la guerra, andremo avanti. Questo è il nostro modo di testimoniare che Dio è Amore!».
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MOVIMENTO DEI FOCOLARI A CEBU Payable to : Emergency Typhoon Haiyan Philippines METROPOLITAN BANK & TRUST COMPANY Cebu – Guadalupe Branch 6000 Cebu City – Cebu, Philippines Tel: 0063-32-2533728
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Dic 11, 2013 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
Córdoba, una città con 1,2 milioni di abitanti, nel cuore dell’Argentina. La polizia provinciale protesta chiedendo un aumento di salario, fino al punto di scioperare, ritirandosi nelle proprie caserme e lasciando le strade senza vigilanza. Due persone sono morte e oltre mille locali commerciali, case private e perfino il deposito della Caritas sono stati presi d’assalto tra il 3 e il 4 dicembre, da parte di gruppi di delinquenti organizzati. Coprifuoco forzato per gli abitanti, rimasti chiusi nelle proprie abitazioni, negli uffici pubblici, nelle scuole e nelle università, con i mezzi pubblici fermi. Per ristabilire la calma è stata importante l’azione di mediazione svolta dal Comipaz (comitato interreligioso), attraverso gli interventi del vescovo ausiliare Pedro Javier Torres, del Rabbino Marcelo Polakoff e di autorità e rappresentanti di diverse confessioni religiose.
A mezzogiorno del 4 si è arrivati ad un accordo tra le parti, in seguito al quale la polizia, poco a poco, ha ripreso il controllo della città. Appena è stato reso pubblico questo accordo, ha preso il via l’azione dei Giovani per un mondo unito, così come ci racconta Ana María Martínez: «Stavamo assistendo con timore ai saccheggi, chiusi nelle nostre case. Ma non potevamo restare passivi di fronte a quello che stava succedendo nella nostra Córdoba. Avevamo un grande desiderio di dimostrare alla società che qualcosa di buono può uscire anche da tanta rabbia, pazzia e corruzione strutturale». «Attraverso le reti sociali ci siamo dati appuntamento in una piazza della città. Alle 16,00 sono arrivati i primi giovani ed in breve eravamo già in 30. Era presente anche un canale televisivo ed alcuni giornalisti. Con il passare delle ore, si sono aggiunti altri gruppi di giovani avvisati con tutti i mezzi possibili. Alla fine eravamo più di 100, più le numerose persone che hanno preso con noi l’iniziativa di pulire nei propri palazzi o nelle
strade vicine». La notte precedente era stata terribile: spari, sirene degli allarmi nelle case vicine, saccheggi, tanti rimasti a difendere il proprio negozio. Il lavoro era molto: pulire dalle ceneri degli incendi, ritirare i resti delle barricate… «Ma al di là del lavoro concreto, l’idea fondamentale era parlare con la gente, offrire loro un momento di dialogo e di ascolto. La risposta è stata immediata: chi portava prodotti alimentari per il deposito della Caritas, chi acqua per quelli che lavoravano, guanti, scope, pale. Molti si sono uniti al nostro lavoro, commossi alla vista di chi, pur non vivendo nella zona, era andato a pulire nel loro quartiere». Veramente inattesa la ripercussione sui giornali, radio, notiziari che hanno dato notizia dell’azione dei giovani: «Crediamo che qualcosa siamo riusciti a fare – continua Ana – al di là della pulizia delle strade, abbiamo capito che dipende da ciascuno cominciare a fare qualcosa di diverso e che, anche se il giorno prima si era generato un contagio di delinquenza e opportunismo, oggi siamo stati testimoni di un contagio di buona volontà, di sforzo e di lavoro comune per iniziare un cambiamento».
La situazione in Argentina non è, al momento, ancora risolta; anzi, si assiste ad un dilagare di scontri e proteste anche nelle altre provincie, ma resta alto il desiderio di non farsi vincere dalla violenza e trovare nuove vie di pace. Vedere Video (altro…)