Movimento dei Focolari

L’Eucaristia: il sacramento dell’unità

“L’Eucaristia è il sacramento dell’unità. Nell’Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E’ una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé. Ci fa uscire da noi stessi per fare di noi una cosa sola con lui. In questo modo ci inserisce nella comunità dei fratelli”. E’ questo un passaggio della densa omelia di Papa Benedetto XVI a conclusione del Congresso Eucaristico italiano dal titolo: “Senza la domenica non possiamo vivere”. “Una intesa settimana di preghiera, di riflessione e di adorazione, uno straordinario evento ecclesiale”. Così è stato definito dal Papa il Congresso Eucaristico che ha dato spazio a interventi di cardinali, vescovi, esponenti delle Chiese ortodossa, anglicana ed evangelica-valdese, del mondo della comunicazione, economia, ecologia, solidarietà e ai rappresentanti del laicato. Rinnovamento nello Spirito, Comunità di Sant’Egidio, Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Neocatecumenali, Agesci e Focolari sono intervenuti venerdì 27 maggio, in una tavola rotonda moderata da Dino Boffo, direttore del quotidiano italiano Avvenire. Introducendo gli interventi ha affermato che quella di Bari “è una convocazione, un’amicizia nuova, un disvelamento sorprendente, una comunicazione più profonda”. Movimenti e associazioni hanno dato la loro testimonianza sul mistero dell’Eucaristia, alla luce del proprio tipico carisma. Antonietta Giorleo – Movimento dei Focolari: Intervenuta a nome di Chiara Lubich, ha attinto ad alcuni dei suoi numerosi scritti dedicati all’Eucarestia: « Veramente l’Eucaristia è il sacramento dell’unità. E lo è anzitutto perché essa opera in ciascuno di noi qualcosa di straordinario: la nostra personale trasformazione in Gesù. E’ Gesù stesso che viene in noi e ci trasforma in sé. Ci fa altro Cristo, Corpo Suo. Ci spinge, singolarmente ed insieme, a comportarci come Cristo stesso, a fare nostri i suoi modi di pensare, di agire, come pure tutti i suoi insegnamenti. In una parola, a vivere amando: amando Dio e il prossimo». Don Julian Carron – Comunione e Liberazione: «Il Mistero è entrato nella storia, si è rivestito di forma sensibile per rispondere all’esigenza di ritrovare quella Bellezza senza la quale, come diceva Dostoevskij, gli uomini sarebbero disperati». Giampiero Donnini – Cammino Neocatecumenale: «Dobbiamo far incontrare all’uomo di oggi la festa, che è dono di Dio, rendere visibile il Cristo Risorto. C’è una grossa battaglia da fare: rendere visibile Dio che opera dietro le persone. ». Paola Bignardi – Azione Cattolica: «Per i laici di A.C., la domenica, con al suo centro l’Eucaristia, è una finestra di tempo totalmente gratuito, dentro il fluire dei giorni, spesso carico di affanni». Salvatore Martinez – Rinnovamento nello Spirito: «Per i laici del nostro Paese è tempo di stupore. E’ la stagione del reciproco apprezzamento dei carismi dell’altro. La nostra amicizia è un’amicizia che continua. E proprio a noi laici cristiani è affidata in modo speciale la custodia della domenica, l’annuncio di un cristianesimo che non sdegna lo scandalo della fede». Andrea Riccardi – Comunità di Sant’Egidio: «La domenica ci insegna che la vita non dipende dalle proprie attività, quasi che il modello del cristiano sia l’affannato. Ciò che ci fa ardere il cuore è Gesù. La domenica dei cristiani salva anche il mondo. Grazie ad essa il mondi si aprirà di più alla pace, all’amore».   (altro…)

Felice Pasqua di Resurrezione!

Felice Pasqua di Resurrezione!

Ogni anno ci sentiamo avvolti in un’atmosfera speciale. E non può essere che così, perché in questi giorni ricordiamo e riviviamo, condensati, molti misteri della nostra fede. Sono questi, infatti, i giorni dell’amore, perché è tutto amore ciò di cui si fa memoria.

Giovedì Santo

Amore il sacerdozio che possiede un carattere ministeriale, e cioè di servizio e quindi d’amore concreto. Amore l’Eucarestia nella quale Gesù ci ha dato tutto se stesso. Amore l’unità, effetto dell’amore, che Gesù ha invocato dal Padre: “Che tutti siano uno come io e te”. Amore quel comando che Gesù serbò in cuore tutta la vita, per rivelarlo il giorno prima di morire: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi. Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete a vicenda”. Non possiamo passare questo giorno senza un attimo di raccoglimento, nel quale diciamo a Gesù tutta l’adesione della nostra anima a quel comando che chiamò “mio” e “nuovo”. Un comando che non ha lasciato senza spiegazione, quando ha soggiunto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.

Venerdì Santo

E’ proprio con la morte in Croce, il venerdì santo, che Gesù ci imparte l’altissima, divina, eroica lezione su cosa sia l’amore. Aveva dato tutto: una vita accanto a Maria nei disagi e nell’obbedienza. Tre anni di predicazione rivelando la Verità, testimoniando il Padre, promettendo lo Spirito Santo e facendo ogni sorta di miracoli d’amore. Tre ore di croce, dalla quale dà il perdono ai carnefici, apre il Paradiso al ladrone, dona a noi la Madre e, finalmente, il suo Corpo e il suo Sangue. Gli rimaneva la divinità. La sua unione col Padre, che l’aveva fatto tanto potente in terra, quale figlio di Dio, e tanto regale in croce, doveva non farsi più sentire, disunirlo in qualche modo da Colui che Egli aveva detto di essere uno con Lui: “Io e il Padre siamo uno” (Gv. 10,30). In Lui l’amore era annientato, la luce spenta, la sapienza taceva. Eravamo staccati dal Padre. Era necessario che il Figlio, nel quale noi tutti ci ritrovavamo, provasse il distacco dal Padre. Doveva sperimentare l’abbandono di Dio, perché noi non fossimo mai più abbandonati. Gesù ha saputo superare tale immensa prova riabbandonandosi al Padre – “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46) – ed ha così ricomposto l’unità spezzata degli uomini con Dio e fra loro. Si manifesta a noi ora come rimedio ad ogni disunità, come chiave dell’unità. Tocca ora a noi corrispondere a questa grazia e fare la nostra parte. Poiché Gesù s’è ricoperto di tutti i nostri mali, noi possiamo scoprire dietro ad ogni dolore, ad ogni separazione, lui stesso, un suo volto. Possiamo abbracciare lui in quelle sofferenze, in quelle divisioni, e dirgli il nostro sì come ha fatto lui, rimettendoci alla volontà del Padre. E Lui vivrà in noi – forse ancora doloranti – come Risorto; lo starà a dimostrare la pace che tornerà in noi.

Pasqua di Resurrezione

Gesù è fedele alla sua promessa: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, cioè nel mio amore, io sono in mezzo a loro.” Sì, dove due o più sono uniti nel suo amore si fa presente il Risorto, che porta con sé i doni dello Spirito: luce, gioia, pace, amore. E’ l’esperienza fatta con stupore sin dagli inizi quando a Trento, durante il secondo conflitto mondiale, con le mie prime compagne, avevamo fatto nostro quel comando: “amatevi come io ho amato voi” e avevamo stretto un patto: “io sono pronta a morire per te; io per te …”. Ed è proprio il Risorto che il mondo attende oggi! Attende testimoni che possano dire a tutti in verità: l’abbiamo visto con i sensi dell’anima; l’abbiamo scoperto nella luce con cui ci ha illuminato; l’abbiamo toccato nella pace che ci ha infuso; abbiamo sentito la sua voce in fondo al cuore; abbiamo gustato la sua gioia inconfondibile. Potremmo così assicurare a tutti che Lui è la felicità più piena e far risperare il mondo. Chiara Lubich (altro…)

Se siamo uniti …

Se siamo uniti, Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più di ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli. Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d’arte d’una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda coi fiori e i prati, il mare e le stelle: più della nostra anima. E’ Lui che, ispirando i suoi santi colle sue eterne verità, fece epoca in ogni epoca. Anche questa è l’ora sua: non tanto d’un santo, ma di Lui; di Lui fra noi, di Lui vivente in noi, edificanti – in unità d’amore – il Corpo mistico suo. E allora viviamo la vita che Egli ci dà attimo per attimo nella carità. E’ comandamento base l’amore fraterno. Per cui tutto vale ciò che è espressione di sincera fraterna carità. Nulla vale di ciò che facciamo se in esso non vi è il sentimento d’amore per i fratelli: ché Dio è Padre ed ha nel cuore sempre e solo i figli. Da MEDITAZIONI, di Chiara Lubich   (altro…)

I carismi: un Vangelo dispiegato nei secoli

“La Chiesa ci è apparsa, per i più vari carismi donatile dallo Spirito, come un Vangelo incarnato. Ogni famiglia religiosa è in particolare l’incarnazione di un’espressione di Gesù, d’un fatto della sua vita, d’un suo dolore, di una sua parola… Per tutti questi carismi fioriti lungo i secoli, la Chiesa appare proprio come un Vangelo dispiegato nel tempo e anche nello spazio”

Queste, alcune parole della lectio di Chiara Lubich in occasione del conferimento del dottorato honoris causa in Teologia della Vita Consacrata dalla Pontificia Università Lateranense – Istituto “Claretianum” di Roma, specializzato in teologia della vita consacrata.  

In una sala gremita di religiosi, religiose e studenti è il preside dell’Istituto, prof. Santiago Ma González Silva che apre la cerimonia presentando la spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari agli oltre 400 alunni di 57 nazioni, rappresentanti di 177 istituti. Dopo l’esecuzione di una versione polifonica del Veni Creator, cantata dal coro interuniversitario di Roma, il preside traccia una presentazione della fondatrice dei Focolari: “In Chiara – afferma – contempliamo limpidamente riflessa una parola del Vangelo che ormai varca, oltre i confini della Chiesa, tutte le regioni del pianeta: il comandamento nuovo di Gesù, «Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi» (Gv 13,34)”.

Il prof. Fabio Ciardi, Omi, docente al Claretianum, nella laudatio ricorda il suo incontro giovanile con la spiritualità dell’unità dei Focolari e la sorpresa nel constatare in Chiara «il bisogno di partecipare al carisma di tutti i santi». Illustra poi le tre motivazioni fondamentali del dottorato: – l’aver elaborato una dottrina sui carismi della vita consacrata, con la singolare intuizione dello spiegarsi di Cristo lungo i secoli, come un Vangelo vivo; – l’apertura della spiritualità di comunione – tipica dei focolari – alle varie forme di vita consacrata (sono decine di migliaia i religiosi e le religiose in contatto con questa spiritualità); – l’aver creato una originale forma di vita consacrata, il focolare. Il dottorato è il riconoscimento anche dell’Opera fondata da Chiara Lubich, che coinvolge non soltanto le diverse vocazioni della comunità cristiana, ma anche membri di altre Chiese cristiane, di altre religioni e persone di altre convinzioni. (altro…)

Suscitare una corrente inversa al terrorismo, con un nuovo ordine economico

Suscitare una corrente inversa al terrorismo, con un nuovo ordine economico

Una povertà da sradicare e una povertà da scegliere C’è una “povertà subita” da sradicare. E’ la miseria ingiusta e disumana. Ma “c’è un’altra povertà, quella liberamente scelta che costituisce la precondizione per sconfiggere la miseria”. E’ questa la visione di povertà e ricchezza maturata dall’esperienza dell’Economia di comunione in atto da 13 anni nei 5 continenti, approfondita dal Prof. Luigino Bruni, docente di economia politica e tra i responsabili del Movimento per un’Economia di comunione. “Tutto ciò che sono ed ho mi è stato donato e quindi deve essere ridonato” – ha aggiunto il prof. Bruni. Di qui la scelta della condivisione: i “beni che diventano così ponti”.

L’EdC è un’esperienza di grande attualità Lo ha affermato Chiara Lubich, perché può “suscitare una corrente inversa al terrorismo”, contribuendo, “con le tante forze positive” a quella fraternità che rende possibile la comunione dei beni, la sconfitta delle disparità sociali. Infatti – ha proseguito – “una delle cause più profonde del terrorismo risiede nello spaventoso squilibrio tra Paesi ricchi e poveri.” che “genera ostilità, vendetta”. La prima idea dell’Economia di Comunione: sanare il contrasto tra ricchi e poveri Intervenendo al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, di fronte a oltre 700 economisti, ricercatori, imprenditori, lavoratori, studenti, azionisti da 30 Paesi, dall’India agli Stati Uniti, all’Europa dell’Est e Ovest, la fondatrice dei Focolari ha ricordato come la prima idea dell’Economia di comunione era nata nel 1991, in occasione di un suo viaggio in Brasile, proprio sorvolando san Paolo, “colpita dal contrasto tra la selva di grattacieli e la miseria delle favelas che la circonda”. Di qui la sfida lanciata alle imprese: produrre utili a beneficio dei più bisognosi. Destinarli in parte per la formazione di uomini nuovi, atti a questa nuova economia, e in parte per l’incremento della stessa azienda. Il bilancio di 13 anni dell’Edc Poco prima era stato presentato a più voci il bilancio di questi 13 anni: le aziende e attività di produzione gestite secondo questo progetto sono 800 in tutti i continenti. 470 in Europa, 270 nelle Americhe.  

Un Movimento economico Chiara Lubich ha incoraggiato lo sviluppo di un vero e proprio movimento economico che possa esprimersi anche in termini culturali e scientifici. In questi anni seminari accademici, pubblicazioni, tesi di laurea (166 nel mondo) “già ne sono – ha detto – un promettente inizio”.

Come ha sottolineato il prof. Bruni, “senza una cultura nuova non si fa una economia nuova”: “nell’EdC – ha detto – intravediamo la possibilità concreta di un nuovo umanesimo; vi scorgiamo la strada per un ordine economico più giusto e solidale”. Una nuova visione del lavoro In questa visione anche il lavoro assume un’altra dimensione. Specchiandosi nel Vangelo, Chiara Lubich ne ha delineato quasi un decalogo: “far di ogni ora un capolavoro di precisione, di armonia”. “Sfruttare i propri talenti e perfezionarsi”. Lavorare “non solo per il guadagno”, ma per “trasformare in amore ogni cosa che esce dalle nostre mani”: “i destinatari sono fratelli”. Gesù stesso ritiene fatto a sé ciò che facciamo a loro. “Pesantezza del lavoro, difficoltà di rapporto, contraddizioni sono la tipica penitenza che non può mancare al cristiano”. Al primo posto tra datore di lavoro, lavoratori “quell’amore reciproco che attira la presenza di Gesù nella collettività”, e diventa luce per “trovare insieme nuove forme di organizzazioni del lavoro, di partecipazione di gestione”. Le “aziende diverranno così dimore di Dio con gli uomini, vere anticamere del Paradiso”. Il prolungato applauso diceva l’adesione a questa altissima proposta. Le esperienze di aziende di vari Paesi, che sono seguite nel pomeriggio, hanno mostrato questo volto nuovo dell’impresa. (altro…)

Felice Pasqua di Resurrezione!

Il mistero d’amore

«E’ da poco iniziato il processo per la possibile beatificazione di Igino Giordani, che noi chiamavamo Foco, per il fuoco dell’amore che viveva in lui. Mi sono chiesta: ha pensato Foco nella sua vita a farsi santo? Che idea aveva della santità?

Ho consultato, allo scopo, alcune documentazioni ed ho scoperto un Foco nuovo in certo modo anche per me. Egli non solo ha meditato qualche volta sulla santità, ma è stato immerso nel tentativo quotidiano di farsi santo. Come? Iniziando con l’impersonare quel tipo di santo che egli definisce così: “Un cristiano con la spina dorsale”, frutto perciò di un’ascesi personale quotidiana. E’ una storia meravigliosa la sua. Nel 1941, sette anni prima che incontrasse il Focolare, nel Diario di fuoco, un suo libro che iniziava a scrivere, leggiamo: “Infine, quel che conta è una cosa sola: farsi santi”. Nel 1946, chiamato a candidarsi alle elezioni politiche, perplesso alquanto, si poneva questo interrogativo: “Può un uomo politico farsi santo?” Non conosceva una risposta precisa al suo anelito: farsi santo. Quando nel 1948 incontrò il Movimento, rimase, come egli disse, folgorato, sconvolto, trasformato. Perché? Per più motivi, ma anche perché la sua spiritualità fino allora era stata prevalentemente individualista. Da quel momento invece gli si era aperto un cammino di santità collettiva. Definiva il nostro come “un Movimento che ci induce a fare la scalata a Dio in unione, in cordata… Il fratello vale come ianua coeli…”, la porta del cielo. E scrive: “Dio scende in me per il tramite del pane (eucaristico); io salgo a Lui per il tramite del fratello”. Immerso nella spiritualità comunitaria, in un colloquio intimo con Gesù, lo ringrazia così: “Il tuo amore mi ha scoperto i fratelli (…); me ne ha fatto il viatico per salire sempre di terra in cielo”. E’ poi suo quello che chiamerà il “mistero d’amore”: (…) “Dio, il Fratello, Io”. Nel 1955, in mezzo alle prove che non mancano mai a nessuno, va acquistando una certa familiarità con la Santissima Trinità, ed anche qui il bisogno di santificarsi si fa evidente. “Questi passi – scrive -, affaticati (…) sono la marcia di ritorno alla casa tua, o Padre; (…) tutte queste pene, si fanno gocce di sangue, del tuo Sangue, o Figlio; (…) e questo bisogno di santificarsi è partecipazione dei tuoi doni, o Spirito Santo”. Da particolari episodi della sua vita si capisce come lo Spirito Santo, in questa sua tensione alla santità, lo abbia pian pianino introdotto nella vita mistica. Percorre poi un cammino di distacco progressivo da ogni cosa, ma lo vede come la possibilità di santificarsi nell’unione con Dio: “Osservando – scrive – con pena questa caduta di fronde (illusioni di fama, di potere, amicizie), dall’albero della mia vita, (…) mi sono ancora meglio accorto (…) che ho un più intenso convegno amoroso con Dio: l’anima trova tempo (…) per intrattenersi con lo Sposo (…), per convivere con gli angeli e con i beati (…). Ora, via via l’unione si fa costante. Imparo e preparo la vita del Paradiso”. A proposito di vivere Gesù al posto del proprio io (è stato questo un suo desiderio costante), scrive nel ’63: “Parmi oggi d’aver (…) compiuto il trasloco; il trasloco del mio essere: dall’Io a Dio”. E “sente” l’unione con Dio: “Ecco – dice – l’immensità di Lui (…), io la sento nell’intimo della mia anima (…). Mi rivolgo all’interno e L’ascolto. Lo vivo. Si stabilisce, nel fondo dell’essere, un colloquio con l’Eterno: Dio in me”. E l’anno dopo incalza: “Ora sento che si vola (…)”. Due anni prima della partenza per il Cielo, conferma: “Sento d’aver trovato l’accesso libero per andare a Lui. Ora sono in terra e abito in cielo (…) Sono di Dio. Non mi serve altro”. Queste le poche frasi di Foco che ho potuto riportare sul suo anelito alla santità. Che dire? E che cosa dice Foco a noi, ancora pellegrini su questa terra? “Ora tocca a voi”. Percorriamo allora questo viaggio con amore. Facciamoci santi, imitando Foco soprattutto nel suo “mistero d’amore”: “Io, il fratello, Dio”. Amiamo il fratello, ogni fratello pronti a morire per lui. Sarà anche per noi la porta del Cielo». Chiara Lubich (altro…)