Movimento dei Focolari

L’esperienza dell’Eucaristia nel Movimento dei Focolari

Nella vita dei membri del Movimento dei Focolari, il sacramento dell’Eucaristia ha sempre avuto ed ha un valore primario, importantissimo, privilegiato. L’Eucaristia, infatti, è considerata il nucleo centrale del cammino spirituale che essi intraprendono, il motore che spinge ed al quale converge l’intera loro giornata. Per questo motivo, quanti aderiscono alla spiritualità del Movimento, cominciano spontaneamente a frequentare ogni giorno la Messa e a nutrirsi costantemente dell’ Eucaristia. Cercheremo qui di evidenziare il profondo legame che intercorre tra l’Eucaristia e il carisma dell’unità tipico del nostro Movimento, attingendo ad alcuni dei numerosi scritti che Chiara Lubich ha dedicato a questo argomento. “Il fatto che il Signore – sono sue parole -, per dare inizio a questo vasto movimento, ci abbia concentrato sulla preghiera di Gesù, sul suo testamento, significa che Egli ci doveva spingere con forza verso Colui che solo lo poteva attuare: Gesù nell’Eucaristia” . Rivolgendosi al Padre, prima di morire, aveva chiesto la realizzazione dell’unità tra i suoi e fra quelli che lo avrebbero seguito: “ perché siano come noi una cosa sola” (Gv 17,22). E prima aveva creato le premesse perché questa potesse attuarsi. Veramente l’Eucaristia è il sacramento dell’unità. E lo è anzitutto perché essa opera in ciascuno di noi qualcosa di straordinario: la nostra personale trasformazione in Gesù. Nell’ Eucaristia, infatti, è Gesù stesso che viene in noi e ci trasforma in sé. Come insegna la Lumen Gentium – sulla scia dei Padri e dottori della Chiesa -, “la partecipazione al corpo e al sangue di Cristo, altro non fa se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo”. Per cui diveniamo realmente, anche se in modo nuovo, concorporei con Lui. L’ Eucaristia però non produce solo la trasformazione di ogni singolo cristiano in Cristo, ma, da sacramento d’unità, produce anche l’unità tra gli uomini, la comunione tra fratelli. Compone, quindi, la famiglia dei figli di Dio dando vita così alla Chiesa nella sua essenza più profonda, nel suo essere tutta carità, tutta unità, nel suo essere cioè “casa e scuola di comunione” . Ma cosa significa, per i membri del Movimento, essere consapevoli di questi così grandi effetti che l’Eucaristia opera? L’essere trasformati in Lui, l’essere fatti altro Cristo, Corpo Suo, ci spinge, singolarmente ed insieme, a comportarci come Cristo stesso, a fare nostri i suoi modi di pensare, di agire, come pure tutti i suoi insegnamenti. In una parola, a vivere amando: amando Dio e il prossimo. Ma poiché l’Eucaristia – come si è detto – ci unisce tra noi in un corpo solo, essa suscita tra noi l’amore reciproco, con quelle caratteristiche tipiche con cui era vissuto dalle prime comunità cristiane: la condivisione dei beni, la preghiera in comune, lo spezzare il pane insieme attorno alla mensa eucaristica, l’ascolto della Parola trasmessa dagli apostoli. Un amore così è chiave di vita per ciascuno di noi. Dunque, è proprio l’Eucaristia che ci indica il modello dell’autentico amore cristiano. Chiara, infatti, in una sua conversazione, dice: “Venendo a contatto nei diversi paesi del mondo con razze diverse, con culture sconosciute, con religioni le più varie, con lingue estranee, che ti fanno sentire lontano dalla patria, colpisce vedere come in qualsiasi piccola chiesa, anche nelle più sperdute, è Gesù Eucaristia che vive nelle nostre grandi cattedrali. Gesù è lì, con tutto il suo amore, tutto intero per tutti, tutto intero per ciascun uomo della terra. Da Lui si impara come gli uomini sono veramente tutti uguali, tutti figli di Dio, tutti possibili suoi seguaci, tutti candidati al suo Corpo mistico. Egli non ha preferenze di persona, non fa discriminazioni…. E, col suo esistere, ci dice fin dove il nostro amore deve arrivare, aprendoci alla fratellanza universale”. Ed è ancora Gesù Eucaristia che, sentiamo, ci indica il modo in cui amare le persone che incontriamo: “farsi uno” con tutti; come dice San Paolo “… mi sono fatto tutto a tutti…” (1Cor 9, 19-22). Gesù ha esemplificato, in maniera stupenda, questo modo di fare, istituendo l’ Eucaristia. In essa, Egli si fa pane per entrare in tutti, si fa mangiabile per farsi uno con tutti, per servire, per amare tutti. “Farsi uno” fino a lasciarsi mangiare, dunque! Questo è l’amore. “Farsi uno” in modo che gli altri si sentano nutriti dal nostro amore, confortati, sollevati, compresi. E’ nostra esperienza che amare, con questa misura, chiama la risposta del fratello, porta all’amore vicendevole, consolida la realtà di una comunità unita nel suo nome. E’ quanto si verifica solitamente nei nostri convegni, negli incontri di formazione, nelle Mariapoli, dove la Messa è vissuta come centro e culmine di essi; dove tutto viene considerato preparazione all’incontro personale e comunitario con Gesù, al quale si accosta quasi l’unanimità dei presenti. Al termine della celebrazione, l’intera assemblea è invasa da un’ ardente gioia che la conduce a testimoniare l’unità con il Risorto. Per cui, quasi a prolungamento di essa, si va a portare tutto il giorno l’amore nelle famiglie, nelle case, nei posti di lavoro, dovunque, con l’ansia dell’evangelizzazione che infiamma i cuori, con la certezza che, in tal modo, si fa realtà, secondo la Sua promessa, la presenza del Risorto tra gli uomini. (cf Mt 18,20)

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L’Eucaristia: il sacramento dell’unità

“L’Eucaristia è il sacramento dell’unità. Nell’Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E’ una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé. Ci fa uscire da noi stessi per fare di noi una cosa sola con lui. In questo modo ci inserisce nella comunità dei fratelli”. E’ questo un passaggio della densa omelia di Papa Benedetto XVI a conclusione del Congresso Eucaristico italiano dal titolo: “Senza la domenica non possiamo vivere”. “Una intesa settimana di preghiera, di riflessione e di adorazione, uno straordinario evento ecclesiale”. Così è stato definito dal Papa il Congresso Eucaristico che ha dato spazio a interventi di cardinali, vescovi, esponenti delle Chiese ortodossa, anglicana ed evangelica-valdese, del mondo della comunicazione, economia, ecologia, solidarietà e ai rappresentanti del laicato. Rinnovamento nello Spirito, Comunità di Sant’Egidio, Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Neocatecumenali, Agesci e Focolari sono intervenuti venerdì 27 maggio, in una tavola rotonda moderata da Dino Boffo, direttore del quotidiano italiano Avvenire. Introducendo gli interventi ha affermato che quella di Bari “è una convocazione, un’amicizia nuova, un disvelamento sorprendente, una comunicazione più profonda”. Movimenti e associazioni hanno dato la loro testimonianza sul mistero dell’Eucaristia, alla luce del proprio tipico carisma. Antonietta Giorleo – Movimento dei Focolari: Intervenuta a nome di Chiara Lubich, ha attinto ad alcuni dei suoi numerosi scritti dedicati all’Eucarestia: « Veramente l’Eucaristia è il sacramento dell’unità. E lo è anzitutto perché essa opera in ciascuno di noi qualcosa di straordinario: la nostra personale trasformazione in Gesù. E’ Gesù stesso che viene in noi e ci trasforma in sé. Ci fa altro Cristo, Corpo Suo. Ci spinge, singolarmente ed insieme, a comportarci come Cristo stesso, a fare nostri i suoi modi di pensare, di agire, come pure tutti i suoi insegnamenti. In una parola, a vivere amando: amando Dio e il prossimo». Don Julian Carron – Comunione e Liberazione: «Il Mistero è entrato nella storia, si è rivestito di forma sensibile per rispondere all’esigenza di ritrovare quella Bellezza senza la quale, come diceva Dostoevskij, gli uomini sarebbero disperati». Giampiero Donnini – Cammino Neocatecumenale: «Dobbiamo far incontrare all’uomo di oggi la festa, che è dono di Dio, rendere visibile il Cristo Risorto. C’è una grossa battaglia da fare: rendere visibile Dio che opera dietro le persone. ». Paola Bignardi – Azione Cattolica: «Per i laici di A.C., la domenica, con al suo centro l’Eucaristia, è una finestra di tempo totalmente gratuito, dentro il fluire dei giorni, spesso carico di affanni». Salvatore Martinez – Rinnovamento nello Spirito: «Per i laici del nostro Paese è tempo di stupore. E’ la stagione del reciproco apprezzamento dei carismi dell’altro. La nostra amicizia è un’amicizia che continua. E proprio a noi laici cristiani è affidata in modo speciale la custodia della domenica, l’annuncio di un cristianesimo che non sdegna lo scandalo della fede». Andrea Riccardi – Comunità di Sant’Egidio: «La domenica ci insegna che la vita non dipende dalle proprie attività, quasi che il modello del cristiano sia l’affannato. Ciò che ci fa ardere il cuore è Gesù. La domenica dei cristiani salva anche il mondo. Grazie ad essa il mondi si aprirà di più alla pace, all’amore».   (altro…)

Felice Pasqua di Resurrezione!

Felice Pasqua di Resurrezione!

Ogni anno ci sentiamo avvolti in un’atmosfera speciale. E non può essere che così, perché in questi giorni ricordiamo e riviviamo, condensati, molti misteri della nostra fede. Sono questi, infatti, i giorni dell’amore, perché è tutto amore ciò di cui si fa memoria.

Giovedì Santo

Amore il sacerdozio che possiede un carattere ministeriale, e cioè di servizio e quindi d’amore concreto. Amore l’Eucarestia nella quale Gesù ci ha dato tutto se stesso. Amore l’unità, effetto dell’amore, che Gesù ha invocato dal Padre: “Che tutti siano uno come io e te”. Amore quel comando che Gesù serbò in cuore tutta la vita, per rivelarlo il giorno prima di morire: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi. Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete a vicenda”. Non possiamo passare questo giorno senza un attimo di raccoglimento, nel quale diciamo a Gesù tutta l’adesione della nostra anima a quel comando che chiamò “mio” e “nuovo”. Un comando che non ha lasciato senza spiegazione, quando ha soggiunto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.

Venerdì Santo

E’ proprio con la morte in Croce, il venerdì santo, che Gesù ci imparte l’altissima, divina, eroica lezione su cosa sia l’amore. Aveva dato tutto: una vita accanto a Maria nei disagi e nell’obbedienza. Tre anni di predicazione rivelando la Verità, testimoniando il Padre, promettendo lo Spirito Santo e facendo ogni sorta di miracoli d’amore. Tre ore di croce, dalla quale dà il perdono ai carnefici, apre il Paradiso al ladrone, dona a noi la Madre e, finalmente, il suo Corpo e il suo Sangue. Gli rimaneva la divinità. La sua unione col Padre, che l’aveva fatto tanto potente in terra, quale figlio di Dio, e tanto regale in croce, doveva non farsi più sentire, disunirlo in qualche modo da Colui che Egli aveva detto di essere uno con Lui: “Io e il Padre siamo uno” (Gv. 10,30). In Lui l’amore era annientato, la luce spenta, la sapienza taceva. Eravamo staccati dal Padre. Era necessario che il Figlio, nel quale noi tutti ci ritrovavamo, provasse il distacco dal Padre. Doveva sperimentare l’abbandono di Dio, perché noi non fossimo mai più abbandonati. Gesù ha saputo superare tale immensa prova riabbandonandosi al Padre – “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46) – ed ha così ricomposto l’unità spezzata degli uomini con Dio e fra loro. Si manifesta a noi ora come rimedio ad ogni disunità, come chiave dell’unità. Tocca ora a noi corrispondere a questa grazia e fare la nostra parte. Poiché Gesù s’è ricoperto di tutti i nostri mali, noi possiamo scoprire dietro ad ogni dolore, ad ogni separazione, lui stesso, un suo volto. Possiamo abbracciare lui in quelle sofferenze, in quelle divisioni, e dirgli il nostro sì come ha fatto lui, rimettendoci alla volontà del Padre. E Lui vivrà in noi – forse ancora doloranti – come Risorto; lo starà a dimostrare la pace che tornerà in noi.

Pasqua di Resurrezione

Gesù è fedele alla sua promessa: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, cioè nel mio amore, io sono in mezzo a loro.” Sì, dove due o più sono uniti nel suo amore si fa presente il Risorto, che porta con sé i doni dello Spirito: luce, gioia, pace, amore. E’ l’esperienza fatta con stupore sin dagli inizi quando a Trento, durante il secondo conflitto mondiale, con le mie prime compagne, avevamo fatto nostro quel comando: “amatevi come io ho amato voi” e avevamo stretto un patto: “io sono pronta a morire per te; io per te …”. Ed è proprio il Risorto che il mondo attende oggi! Attende testimoni che possano dire a tutti in verità: l’abbiamo visto con i sensi dell’anima; l’abbiamo scoperto nella luce con cui ci ha illuminato; l’abbiamo toccato nella pace che ci ha infuso; abbiamo sentito la sua voce in fondo al cuore; abbiamo gustato la sua gioia inconfondibile. Potremmo così assicurare a tutti che Lui è la felicità più piena e far risperare il mondo. Chiara Lubich (altro…)

Se siamo uniti …

Se siamo uniti, Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più di ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli. Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d’arte d’una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda coi fiori e i prati, il mare e le stelle: più della nostra anima. E’ Lui che, ispirando i suoi santi colle sue eterne verità, fece epoca in ogni epoca. Anche questa è l’ora sua: non tanto d’un santo, ma di Lui; di Lui fra noi, di Lui vivente in noi, edificanti – in unità d’amore – il Corpo mistico suo. E allora viviamo la vita che Egli ci dà attimo per attimo nella carità. E’ comandamento base l’amore fraterno. Per cui tutto vale ciò che è espressione di sincera fraterna carità. Nulla vale di ciò che facciamo se in esso non vi è il sentimento d’amore per i fratelli: ché Dio è Padre ed ha nel cuore sempre e solo i figli. Da MEDITAZIONI, di Chiara Lubich   (altro…)

I carismi: un Vangelo dispiegato nei secoli

“La Chiesa ci è apparsa, per i più vari carismi donatile dallo Spirito, come un Vangelo incarnato. Ogni famiglia religiosa è in particolare l’incarnazione di un’espressione di Gesù, d’un fatto della sua vita, d’un suo dolore, di una sua parola… Per tutti questi carismi fioriti lungo i secoli, la Chiesa appare proprio come un Vangelo dispiegato nel tempo e anche nello spazio”

Queste, alcune parole della lectio di Chiara Lubich in occasione del conferimento del dottorato honoris causa in Teologia della Vita Consacrata dalla Pontificia Università Lateranense – Istituto “Claretianum” di Roma, specializzato in teologia della vita consacrata.  

In una sala gremita di religiosi, religiose e studenti è il preside dell’Istituto, prof. Santiago Ma González Silva che apre la cerimonia presentando la spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari agli oltre 400 alunni di 57 nazioni, rappresentanti di 177 istituti. Dopo l’esecuzione di una versione polifonica del Veni Creator, cantata dal coro interuniversitario di Roma, il preside traccia una presentazione della fondatrice dei Focolari: “In Chiara – afferma – contempliamo limpidamente riflessa una parola del Vangelo che ormai varca, oltre i confini della Chiesa, tutte le regioni del pianeta: il comandamento nuovo di Gesù, «Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi» (Gv 13,34)”.

Il prof. Fabio Ciardi, Omi, docente al Claretianum, nella laudatio ricorda il suo incontro giovanile con la spiritualità dell’unità dei Focolari e la sorpresa nel constatare in Chiara «il bisogno di partecipare al carisma di tutti i santi». Illustra poi le tre motivazioni fondamentali del dottorato: – l’aver elaborato una dottrina sui carismi della vita consacrata, con la singolare intuizione dello spiegarsi di Cristo lungo i secoli, come un Vangelo vivo; – l’apertura della spiritualità di comunione – tipica dei focolari – alle varie forme di vita consacrata (sono decine di migliaia i religiosi e le religiose in contatto con questa spiritualità); – l’aver creato una originale forma di vita consacrata, il focolare. Il dottorato è il riconoscimento anche dell’Opera fondata da Chiara Lubich, che coinvolge non soltanto le diverse vocazioni della comunità cristiana, ma anche membri di altre Chiese cristiane, di altre religioni e persone di altre convinzioni. (altro…)

Suscitare una corrente inversa al terrorismo, con un nuovo ordine economico

Suscitare una corrente inversa al terrorismo, con un nuovo ordine economico

Una povertà da sradicare e una povertà da scegliere C’è una “povertà subita” da sradicare. E’ la miseria ingiusta e disumana. Ma “c’è un’altra povertà, quella liberamente scelta che costituisce la precondizione per sconfiggere la miseria”. E’ questa la visione di povertà e ricchezza maturata dall’esperienza dell’Economia di comunione in atto da 13 anni nei 5 continenti, approfondita dal Prof. Luigino Bruni, docente di economia politica e tra i responsabili del Movimento per un’Economia di comunione. “Tutto ciò che sono ed ho mi è stato donato e quindi deve essere ridonato” – ha aggiunto il prof. Bruni. Di qui la scelta della condivisione: i “beni che diventano così ponti”.

L’EdC è un’esperienza di grande attualità Lo ha affermato Chiara Lubich, perché può “suscitare una corrente inversa al terrorismo”, contribuendo, “con le tante forze positive” a quella fraternità che rende possibile la comunione dei beni, la sconfitta delle disparità sociali. Infatti – ha proseguito – “una delle cause più profonde del terrorismo risiede nello spaventoso squilibrio tra Paesi ricchi e poveri.” che “genera ostilità, vendetta”. La prima idea dell’Economia di Comunione: sanare il contrasto tra ricchi e poveri Intervenendo al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, di fronte a oltre 700 economisti, ricercatori, imprenditori, lavoratori, studenti, azionisti da 30 Paesi, dall’India agli Stati Uniti, all’Europa dell’Est e Ovest, la fondatrice dei Focolari ha ricordato come la prima idea dell’Economia di comunione era nata nel 1991, in occasione di un suo viaggio in Brasile, proprio sorvolando san Paolo, “colpita dal contrasto tra la selva di grattacieli e la miseria delle favelas che la circonda”. Di qui la sfida lanciata alle imprese: produrre utili a beneficio dei più bisognosi. Destinarli in parte per la formazione di uomini nuovi, atti a questa nuova economia, e in parte per l’incremento della stessa azienda. Il bilancio di 13 anni dell’Edc Poco prima era stato presentato a più voci il bilancio di questi 13 anni: le aziende e attività di produzione gestite secondo questo progetto sono 800 in tutti i continenti. 470 in Europa, 270 nelle Americhe.  

Un Movimento economico Chiara Lubich ha incoraggiato lo sviluppo di un vero e proprio movimento economico che possa esprimersi anche in termini culturali e scientifici. In questi anni seminari accademici, pubblicazioni, tesi di laurea (166 nel mondo) “già ne sono – ha detto – un promettente inizio”.

Come ha sottolineato il prof. Bruni, “senza una cultura nuova non si fa una economia nuova”: “nell’EdC – ha detto – intravediamo la possibilità concreta di un nuovo umanesimo; vi scorgiamo la strada per un ordine economico più giusto e solidale”. Una nuova visione del lavoro In questa visione anche il lavoro assume un’altra dimensione. Specchiandosi nel Vangelo, Chiara Lubich ne ha delineato quasi un decalogo: “far di ogni ora un capolavoro di precisione, di armonia”. “Sfruttare i propri talenti e perfezionarsi”. Lavorare “non solo per il guadagno”, ma per “trasformare in amore ogni cosa che esce dalle nostre mani”: “i destinatari sono fratelli”. Gesù stesso ritiene fatto a sé ciò che facciamo a loro. “Pesantezza del lavoro, difficoltà di rapporto, contraddizioni sono la tipica penitenza che non può mancare al cristiano”. Al primo posto tra datore di lavoro, lavoratori “quell’amore reciproco che attira la presenza di Gesù nella collettività”, e diventa luce per “trovare insieme nuove forme di organizzazioni del lavoro, di partecipazione di gestione”. Le “aziende diverranno così dimore di Dio con gli uomini, vere anticamere del Paradiso”. Il prolungato applauso diceva l’adesione a questa altissima proposta. Le esperienze di aziende di vari Paesi, che sono seguite nel pomeriggio, hanno mostrato questo volto nuovo dell’impresa. (altro…)