Nov 29, 2001 | Spiritualità
La dottrina spirituale di Chiara Lubich viene presentata secondo tre grandi momenti:
il primo concentrato sul cuore del carisma;
il secondo sull’originale modalità di vivere e pensare la fede; il terzo sulla visione del mondo nei suoi aspetti più diversi, dalla politica all’economia, dalla filosofia alle scienze della comunicazione.
Come dimostrano i saggi teologici introduttivi, la figura di Chiara Lubich può essere collocata, senza timore di eccedere nella valutazione, accanto alle più grandi personalità della spiritualità cattolica di tutti i tempi.
Il suo insegnamento ha già mostrato lungo gli anni tutta la propria ricchezza, generando libri, discorsi, lettere, interventi. Di tale variegato e ricco messaggio però mancava un’organica articolazione che ne abbracciasse sia l’estensione cronologica di oltre mezzo secolo, sia l’ampiezza degli argomenti trattati.
Il presente volume, che della figura di Chiara Lubich offre la dottrina spirituale, intende colmare tale vuoto.
Gli scritti che lo compongono vanno dal 1943 (anno di fondazione del Movimento dei Focolari) ai nostri giorni, e racchiudono l’intera varietà dei generi letterari nei quali ha preso vita la spiritualità di Chiara Lubich: lettere personali e manifesti programmatici, pagine a stampa e parole sussurrate all’orecchio, magistrali lezioni accademiche e frasi stringate come aforismi, discorsi pubblici e colloqui intimi e personali. In queste pagine non manca nessuno dei numerosi registri utilizzati da Chiara Lubich per esprimere la sua originale interpretazione del cristianesimo.
Curato da un esperto studioso di Chiara Lubich, questo libro è stato rivisto dall’Autrice parola per parola, non senza nuove integrazioni e una significativa presenza di inediti. Al testo si affiancano due saggi sul valore teologico e spirituale, la bibliografia completa delle opere e una rassegna dei principali scritti sulla sua figura, due dettagliate schede sulla biografia e sul Movimento dei Focolari, un indice dei temi spirituali.
Frutto di una competenza e di un amore rari, questo libro è una vera piccola “summa” che consente di conoscere in profondità una delle più suggestive spiritualità del nostro tempo.
Nov 29, 2001 | Spiritualità
Qual è il destino del cristianesimo nel terzo millennio? Quale ascolto riesce a ottenere il suo messaggio – cruciale – di amore, in un’epoca continuamente minata e smembrata dall’odio e dalla violenza? Quali vie deve percorrere la fede, e quale spazio può avere la provocazione evangelica o il modello ecclesiale mariano nel mondo globalizzato, dove vecchi e nuovi fanatismi si intrecciano a facili sincretismi acquisiti a basso costo nel supermarket del sacro? Il teologo Karl Rahner non aveva dubbi: per lui, il cristiano del futuro o sarà un mistico (vale a dire, uno che vive l’esperienza di Dio nel mondo) o, semplicemente, non sarà.
Chiara Lubich è la testimonianza vivente di questa convinzione. Sin da quando, ventenne, scriveva in una lettera degli anni ’40 dalle macerie della sua Trento bombardata: “Vedi, io sono un’anima che passa per questo mondo. Ho visto tante cose belle e buone e sono sempre stata attratta solo da quelle. Un giorno (indefinito giorno) ho visto una luce. Mi parve più bella delle altre cose belle e la seguii. Mi accorsi che era la Verità”. In queste poche, semplici parole è racchiuso il nocciolo di un carisma, di un’utopia incarnata nel movimento cattolico del Focolare, fondato il 7 dicembre del 1943 da Lubich: classe 1920, maestra elementare appassionata di filosofia che proprio dal crollo di ogni progetto e valore provocato dalla seconda guerra mondiale ha scoperto il Dio-amore, il suo ideale di unità e santità comunitaria.
A 81 anni, dopo 12 dottorati honoris causa, altrettante cittadinanze onorarie, ruoli di spicco che l’hanno resa familiare e amata in ogni angolo del pianeta e un mare di premi nazionali e internazionali, Chiara conserva lo stesso sorriso fresco e contagioso di allora, la stessa schiva ma autorevole mitezza e l’infaticabile operosità che ha fatto crescere il movimento da lei fondato e presieduto. Radicato, oggi, in 182 Paesi del mondo, con due milioni di aderenti e un’irradiazione di più di cinque milioni di persone.
Per approfondire la peculiare spiritualità contemplattiva di questa figura – non a torto considerata una delle più profetiche personalità cattoliche di tutti i tempi, maestra di dialogo, economia di comunione, ecumenismo interreligioso – giunge quanto mai opportuna la pubblicazione della sua dottrina spirituale. Si tratta di un florilegio di scritti dalle origini del percorso di Chiara Lubich ai giorni nostri, raccolto per la cura dello studioso Michel Vandeleene per Mondadori in un corposo volume (pagg. 446, lire 36mila) che si avvale, tra l’altro, di due saggi teologici di Piero Coda e Jesus Castellano.
Il volume (Chiara Lubich, la dottrina spirituale) verrà presentato oggi alle 18 a Roma, nel Teatro Quirino, in un incontro durante il quale il giornalista Sergio Zavoli (ammiratore della religiosità laica di Chiara, alla quale ha non a caso dedicato dei versi nella raccolta poetica In parole strette) dialogherà con l’autrice.
(da Il Mattino On Line – di Donatella Trotta)
Nov 29, 2001 | Spiritualità
Chissà. Se nel ’43 a Trento non fosse dovuta scappare nei rifugi antiaerei col Vangelo stretto sotto il cappotto, forse oggi il movimento dei Focolari non sarebbe una realtà in 182 Paesi. Sarà per questo che Chiara Lubich oggi invita a non disperare. Anche nella tragedia indicibile dell’11 settembre.
Anche con una guerra che atterrisce chi credeva e crede nel dialogo. «Ci sono due modi di vederla – dice Chiara Lubich con la disarmante semplicità delle grandi anime – uno umano: migliaia di morti, una giustizia che occorre fare ma stando attenti a che non provochi altra violenza… Poi c’è l’altro modo. Un ragazzo di New York mi ha scritto: da quel giorno qui i muri di indifferenza stanno crollando, in questa città è rinata la solidarietà. Ecco – spiega – san Paolo ci dice che tutto coopera al bene per chi ama Dio. Tutto, proprio tutto. Capi di Stato, che prima non si guardavano nemmeno, ora collaborano. Chissà che domani non guardino al mondo come a una fraternità, che domani non succeda qualcosa di bello. Se non ci fosse stata la Guerra mondiale, quando tutto crollava, forse non avremmo capito che tutto è vanità. Ed è nata questa rivoluzione cristiana. La guerra è stata un segno della Provvidenza».
Chiara Lubich spazia a 360 gradi dai ricordi dei suoi primi passi alla crisi internazionale, della fede al dialogo ecumenico e interreligioso. L’occasione è speciale. Al Teatro Quirino si presenta Chiara Lubich – La dottrina spirituale, appena edito da Mondadori. È la “summa teologica” della donna che ha fondato un movimento di 2 milioni e 200 mila persone. Cattolici e non solo. Cristiani e non solo, tenuto conto dei 30 mila ebrei, musulmani, buddisti, induisti, taoisti. E perfino agnostici dichiarati, che lei chiama «persone di buona volontà di convinzioni diverse». Scritti di tutto il suo cammino spirituale in un’organica rappresentazione della sua dottrina spirituale.
A stimolarla al racconto c’è un’intervistatore di professione qual è Sergio Zavoli.
ei fruga nei suoi tanti ricordi di ottantenne lucidissima. E parte dagli inizi: «Il Signore chiama persone deboli perché trionfi la sua potenza. Ma li prepara. Ero piccolina quando le suore mi portavano all’adorazione eucaristica. A quell’ostia chiedevo: dammi la tua luce. A 18 anni avevo una fame tremenda di conoscere Dio. Volevo andare all’Università Cattolica. Non potei. Poi, provvidenzialmente, sentii una voce: sarò io il tuo maestro». «Ha avuto il suo rettore…», chiosa ironico Zavoli. E gli chiede: «Ma perché non s’è fatta suora?». «Non ne avevo la vocazione – risponde disarmante – e perché c’era bisogno di un’altra strada». Una strada che si chiama unità: nella fede, tra gli uomini. Arduo parlarne in tempi di guerra.
«Quello che stiamo patendo è il Signore che ci frusta un pochino – dice la Lubich – noi cristiani siamo oltre un miliardo, ma siamo considerati atei e infedeli. Presentiamo i nostri riti, non il nostro distintivo di cristiano. Da questo riconosceranno che siamo cristiani, dall’amore. Con le nostre chiese dobbiamo darci sotto con l’ecumenismo, tra noi cattolici dobbiamo mettere la fraternità». Non mancano gli aneddoti. «Il patriarca Atenagora mi confidò il suo grande desiderio di celebrare tutti attorno all’unico calice».
Ma le divisioni teologiche? «Mi disse: prendiamo tutti questi teologi, e mettiamoli su un’isoletta. Senza mangiare, finché non avranno risolto tutto». Zavoli la provoca: «Non corre il rischio del sincretismo?». «No mai. Gli altri ci stimano per la fedeltà alla nostra Chiesa». E l’Islam? Con loro non c’è reciprocità: «Non bisogna aspettarla – confida – arriverà spontanea. Noi abbiamo le nostre chiese fatte da persone vive». Tutto così facile? «Sant’Agostino – ricorda Zavoli – diceva di guardarsi dalla disperazione come dalla speranza senza fondamento: «C’è il cristianesimo – chiude Chiara Lubich -. Più fondamento di questo!».
Nov 29, 2001 | Spiritualità
Non è un libro qualsiasi, La dottrina spirituale di Chiara Lubich.
Non appena si comincia a leggerlo, si ha la sensazione di entrare in una dimensione diversa, molto diversa, da quella a cui la realtà di ogni giorno troppo spesso ci abitua. Andando avanti con le pagine, si scende in profondità, ci si trova a fare i conti, inevitabilmente, con il senso più vero di parole e pensieri che lasciano il segno.
E anche con se stessi, e in particolare con il rapporto che ognuno di noi è capace di avere con gli altri: con chi ogni giorno condivide la nostra vita, ma anche con le persone di un’altra condizione sociale, di un’altra cultura, di una diversa etnia o fede religiosa.
C’è una parola, un valore fondamentale, che rappresenta la chiave di volta non solo del libro, ma credo di poter dire anche della vita di Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari, da lei fondato – lo scrive – «con gran semplicità», e ormai presente in tutto il mondo. Questa parola è «dialogo».
Dialogo nella Chiesa, tra le Chiese, nei fedeli di altre religioni, tra i laici di «buona volontà»: quattro pilastri che reggono un edificio abitato e animato da più di due milioni di persone, quattro principi che segnano un crocevia per tutti coloro che ritengono valida la frase di Ghandi, citata dalla Lubich: «io e te siamo una cosa sola. Come posso ferirti senza far male a me stesso?».
È difficile non cogliere l’intima verità di questo messaggio. È difficile soprattutto oggi, nel momento in cui avvertiamo tutto il dolore della ferita più profonda che la storia degli ultimi cinquant’anni ci abbia mai inferto. Una ferita figlia di un odio maturato sotto la distorsione in fanatismo di una religione che come tutte le altre predica la pace e, appunto, il dialogo.
Una ferita che ha segnato l’umanità intera, perché la ragione Andrea Riccardi: quelle torri gemelle, ripiegate su stesse l’11 settembre, rappresentano una sorta di contemporanea «arca di Noè», abitate com’erano da donne e da uomini di ogni colore, di ogni credo religioso, di origini diverse, con radici che affondavano in così tanti paesi del mondo eppure con speranze e con sogni che non dovevano poi essere così dissimili tra loro.
Una ferita profonda, una lacerazione intensa e così grande che la politica e la comunità internazionale si sono dovute porre il problema del modo in cui impedire il ripetersi di una simile tragedia. Ma le istituzioni degli uomini devono sapersi porre anche un altro problema: quello del limite connaturato alle proprie azioni, dell’impossibilità di assicurare il futuro delle generazioni che verranno se non si riuscirà a far crescere una profonda cultura del dialogo, della conoscenza e del rispetto di ciò che è altro da sé.
Sono vere e colpiscono, in questo senso, alcune parole della Lubich, in particolare quando si sofferma sulla indispensabile capacità, che ogni individuo e ogni popolo dovrebbero ricercare, di «oltrepassare il proprio confine e guardare al di là», offrendo un contributo a «quanti lavorano in quest’immenso cantiere che è oggi il nostro pianeta».
Oltrepassare i confini del proprio modo di essere e di vedere le cose, creare ponti per costruire un dialogo: è questa la sfida. una sfida difficile, ma è l’unica stretta via per evitare che vinca chi vuole uno scontro di civiltà. Non possiamo permettere che un modo di pensare sia destinato a prevalere sugli altri, che si affermi una civiltà o una religione su un’altra. «Dialogando a 360 gradi», come dice ancora Chiara Lubich, potremo non fermarci di fronte allo «spacco della divisione»,ma potremo «trovarvi rimedio, tutto il rimedio possibile».
Anche perché, come lei stessa insegna, il dialogo e l’amore formano un flusso potente, ricco e a doppio segno: è un dare e ricevere continuo, senza interruzioni. È qualcosa che rafforza, che arricchisce e che costruisce rapporti di solidarietà tra gli uomini.
Quella stessa solidarietà per la quale ero partito per gli Stati Uniti, qualche giorno fa, e che ho portato al Sindaco e al Comandante dei Vigili del Fuoco di New York. Quella stessa, comune, solidarietà che poche ore dopo ho ricevuto da loro quando ad essere bisognoso sono stato io, è stata la città che rappresentavo, Roma, colpita da quella tragedia, da quella esplosione, dalla morte di chi stava facendo il suo dovere e di chi viveva e lavorava lì, a via Ventotene.
Davvero dialogo e solidarietà rappresentano un dare e ricevere, un flusso ininterrotto e biunivoco. E proprio dialogo e solidarietà hanno bisogno di essere costruiti, pazientemente, tenacemente, ogni giorno. Nei rapporti tra i popoli, ma anche nel sistema di relazioni che anima le nostre comunità, le nostre città. È compito di tutti: delle istituzioni, di chi governa e amministra, delle associazioni e dei movimenti che rendono ricco il tessuto di una società, di ogni uomo di buona volontà.
In un discorso riportato nel libro e tenuto a Castel Gandolfo, un anno e mezzo fa circa, Chiara Lubich fa cenno a un certo punto alla «tremenda responsabilità che hanno di fronte a Dio e agli uomini quelli che governano» e che il potere politico deve porsi «al servizio» dei cittadini.
Devo dire che come sindaco di Roma sento tutta la responsabilità di questo, e in particolare della parte che spetta alle istituzioni, del ruolo che il Comune può e deve avere, per contribuire a far funzionare al meglio quella rete di solidarietà cittadina senza la quale non avremmo speranza di «ricucire» una società che sia inclusiva e solidale, di costruire una città più umana, in cui ogni persona abbia garantita una vita degna di essere vissuta, in cui nessuno debba correre più il rischio di restare solo. Ma è proprio questo che conta di più, perché le condizioni di benessere di un città, di una qualsiasi realtà locale, non possono essere valutate e misurate unicamente in base alla generica capacità di produrre ricchezza, ma anche e soprattutto in base al livello di inclusione sociale e all’insieme di opportunità che le istituzioni e la comunità nel suo complesso sono in grado di garantire ai cittadini, a tutti i cittadini.
È vero, allora, che se il dialogo ha sempre più bisogno di «missionari», la solidarietà ha sempre più bisogno di «costruttori», di persone della fede e della profondità interiore di Chiara Lubich e di tutti coloro che, con il loro impegno quotidiano, siano amministratori o giovani che fanno parte di un movimento o di un’associazione di volontariato, spendono una parte di sé per la vita degli altri, per il futuro di tutti noi.
Nov 26, 2001 | Spiritualità
È il 27 novembre, e la comunità universitaria, alla conclusione della mattinata di lezioni, si raduna per aprire l’Avvento con Chiara Lubich, che si rivolge alle autorità accademiche, a professori e studenti, introdotta da una efficace presentazione del rettore, prof. Franco Imoda, che l’aveva invitata.
Partendo da alcuni episodi chiave della propria vita, la fondatrice del Movimento dei Focolari ha messo in luce i due cardini principali della sua spiritualità: l’unità e Gesù abbandonato.
E poi gli esempi: così la spiritualità dell’unità permette di rinnovare la vita quotidiana e di intraprendere e sviluppare i grandi dialoghi ai quali la chiesa è oggi chiamata.
Per ognuno di essi la Lubich ha fornito testimonianze e indicato linee dottrinali, profondamente inserite nella tradizione della Chiesa e, allo stesso tempo, portatrici di nuove e illuminanti prospettive.
Un percorso, quello tratteggiato dalla Lubich, culminante col riconoscimento che la spiritualità di comunione portata dal carisma dell’unità non è più, ormai, soltanto del Movimento dei Focolari, ma, come ha recentemente scritto Giovanni Paolo II, è spiritualità della Chiesa.
L’applauso caloroso e interminabile, lo stringersi dei giovani intorno a Chiara, i capannelli di studenti che si attardavano a commentare vivacemente, sembravano non voler concludere un incontro indimenticabile.
Giu 5, 2001 | Chiesa, Spiritualità
All’inizio di questo nuovo millennio il Papa chiama tutta la Chiesa a “prendere il largo” imprimendo nuovo slancio all’evangelizzazione. Al Convegno verrà presentata la testimonianza della “nuova evangelizzazione” suscitata dai nuovi carismi, attraverso l’esperienza di fondatori e responsabili di alcune delle principali espressioni carismatiche. Interverranno: P. Michael Marmann, per l’Opera di Schönstatt, il dott. Stefano Gennarini per il Cammino neocatecumenale, il dott. Salvatore Martinez per il Rinnovamento nello Spirito, il vescovo Vincenzo Paglia per la Comunità di Sant’Egidio, il dott. Jesus Carrascosa e don Gerolamo Castiglioni per Comunione e Liberazione e Chiara Lubich per il Movimento dei Focolari. Si intende così offrire una conoscenza diretta, “dalla fonte”, dei Movimenti ecclesiali e nuove Comunità, in cui il Papa individua un “segno della libertà di forme in cui si realizza l’unica Chiesa” e una “sicura novità che ancora attende di essere adeguatamente compresa in tutta la sua positiva efficacia per il Regno di Dio all’opera nell’oggi della storia”. Il Convegno è uno dei frutti di quella testimonianza comune auspicata da Giovanni Paolo II, perché “in comunione con i pastori, Movimenti e nuove Comunità portino nel cuore della Chiesa la loro ricchezza spirituale, educativa e missionaria, quale preziosa esperienza e proposta di vita cristiana”. Sullo “Sviluppo della comunione fra i Movimenti ecclesiali fra loro e con i pastori della Chiesa del ’98 ad oggi” parlerà il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Altri approfondimenti spirituali e teologici saranno svolti: da Natalia Dallapiccola che parlerà su “Gesù Crocefisso e abbandonato, il Dio di oggi: chiave della comunione ecclesiale” e dal prof. Piero Coda che tratterà di “Doni gerarchici e doni carismatici in comunione per l’edificazione e la missione della Chiesa”. Vivo interesse ha suscitato la scelta del tema di questo Convegno, non solo da parte dei numerosi sacerdoti che hanno aderito all’invito, ma anche da parte dei diversi responsabili dei dicasteri competenti della Curia Romana. Il Card. Dario Castrillon Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero, presiederà la concelebrazione eucaristica del primo giorno, mentre il Card. James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici parlerà su “L’apporto dei Movimenti ecclesiali all’evangelizzazione in un mondo secolarizzato”. Il Convegno si concluderà con la concelebrazione eucaristica presieduta dal Card. F.X. Nguyen Van Thuan, Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Atteso il messaggio del Papa. Dal 1979 il Movimento sacerdotale, diramazione del Movimento dei Focolari, promuove Convegni teologico-pastorali aperti a sacerdoti, diaconi e seminaristi, sui temi di maggiore attualità ecclesiale. Tra le tematiche affrontate: “I quattro dialoghi nella Chiesa” (’98) -“Formazione del clero” (’92) – “Sacerdoti domani” sulla formazione dei seminaristi (’89); “Insieme per l’umanità – Presbiteri e laici in comunione (88)”. (altro…)