Movimento dei Focolari

Vangelo Vissuto: “Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità” (Ef 5, 8-9)

La Parola di Dio, incarnata, vissuta concretamente e nel nostro tempo, ci dà la possibilità di fare della nostra vita una fonte di luce capace di illuminare ogni tenebra, portando il nostro contributo in ogni nostra attività. Uno sguardo nuovo sulle cose che traccia un sentiero di speranza per noi e per chi ci sta accanto. Una pace che porta luce Tutto cominciò quando mio figlio ebbe i primi sintomi della Sla. Come madre mi ero sempre spesa per i figli e anche per i nipoti, ma non poter far niente per arginare un male così subdolo fu terribile. Un giorno ero in chiesa e piangevo. Sull’altare maggiore le sculture della crocifissione con Giovanni, la Maddalena e Maria ai piedi di Gesù fermarono il mio sguardo. Immaginando cosa provasse Maria davanti al Figlio così ridotto, mi vidi come lei, impotente e schiacciata dal dolore. Non ebbi la forza di pregare ma rimasi lì a contemplare, a pensare… e una pace insolita mi rasserenò. Da quel giorno, ogni volta che l’angoscia mi stringe il cuore, torno lì e sembra che Maria mi ripeta: “Stai con me, accogli il mistero e partecipa con me alla Redenzione”. La pace che traggo dalla sua vicinanza cerco di donarla in famiglia. Una mattina in cui mio figlio, alzandosi, si accorse di nuovi limiti, mi telefonò per dirmi: “Mamma, non so cosa sarà domani, ma sostenuto dalla tua forza sento di poter ringraziare Dio di tutto ciò che mi ha dato”. Fu per me un balsamo. (T.F. – Italia) Le redini del futuro Una rimpatriata tra ex allievi, cinquant’anni dopo la maturità. Capelli bianchi o perduti, bastone, malattie, delusioni… ma anche tanta gioia di ritrovarsi. È stato inevitabile ricordare quelli di noi passati all’altra vita. Poi i discorsi hanno toccato speranze e progetti, i giovani, i figli… e qui il punctum dolens da cui scaturiva la stessa grave domanda: “Dove abbiamo sbagliato? Quale futuro abbiamo costruito?”. Uno del gruppo, che aveva consacrato la sua vita a servizio dei poveri, parlando delle varie solitudini incontrate, si è detto convinto che in questo mondo malato, come dice papa Francesco, i giovani sono a rischio perché respirano aria di indifferenza e non si rendono più conto della realtà. E concludeva: “Tocca a noi prendere in mano le redini del futuro”. Ci siamo lasciati con la sensazione (ce lo siamo poi detto) che quell’incontro ci aveva svelato un nuovo obbligo, un compito, secondo le condizioni e le possibilità di ciascuno. Quanto a me, mi sono impegnato a comunicare ai miei nipoti quello che i loro stessi genitori non riescono a trasmettere. (L.A. – Spagna)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno IX – n.1- marzo-aprile 2023) (altro…)

Guerra in Ucraina: un anno durato un’eternità

Guerra in Ucraina: un anno durato un’eternità

365 giorni di guerra nelle parole e nell’esperienza di Mira Milavec, Focolarina slovena che da alcuni anni vive in Ucraina dove lavora per Caritas Spes. “Questo anno di guerra è un anno, ma sembra un’eternità (…). Non avrei mai immaginato di vivere in prima persona una situazione del genere”. È così che comincia la nostra conversazione con Mira Milavec, focolarina slovena che dal 2019 vive in Ucraina. Un impegno instancabile il suo, che l’ha vista in prima linea durante questo anno di conflitto, lavorando per il sostegno alla popolazione con Caritas Spes Ucraina, le cui attività sono state sostenute anche dal Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN). “Vedo molta stanchezza intorno a me. La gente – racconta Mira- in alcuni posti in particolare, vive ancora in situazioni davvero precarie. Dopo un anno, sono cambiati proprio i bisogni delle persone. Prima con Caritas Spes ci occupavamo di distribuzione di beni di prima necessità, ora siamo passati ad una nuova fase in cui è molto importante ridare dignità alle persone e occuparci anche del sostegno sociopsicologico. Siamo ancora all’inizio in questo campo ma stiamo cercando di muoverci per capire come fare”. Mira, la macchina della Caritas non si è mai fermata… “Certo. Sono in contatto con in nostri collaboratori che si trovano nei posti più colpiti. Credo non abbiano mai avuto tempo di riposare ma sono lì, giorno e notte, toccando con mano le sofferenze di questa gente che ha perso tutto, i loro cari, la casa; una vita intera in frantumi. Penso che stare a contatto diretto con queste storie, per quanto siano stanchi, dia loro la spinta per continuare a fare del bene”. C’è qualche storia in particolare che porti con te? “Sì, le storie sono diverse, ed è da lì che viene la speranza. Ricordo una famiglia del Donbass che ha dovuto lasciare la sua città già nel 2014. Avevano risparmiato tutta la vita per avere un appartamento e appena comprato si sono trasferiti a Kharkiv. Poi l’arrivo della guerra dell’anno scorso e un nuovo spostamento per loro. Sono rientrati in quell’appartamento credo a fine 2022 e lo hanno trovato in condizioni davvero disastrose a causa dei bombardamenti. Abbiamo portato loro delle stufe a legna per riscaldarsi e, nonostante questa situazione complicata, è stato toccante vedere nei loro occhi una gratitudine immensa. Non era importante quanti altri soldi sarebbero serviti per riparare i danni alla casa. Erano felici e grati di ricevere quel piccolo aiuto, di essere in vita e ancora insieme”. Personalmente cosa hai sperimentato in questo anno così difficile? “Ho visto quanto in queste situazioni la gente, noi tutti, siamo capaci di metterci in moto per aiutare; più di ogni altra cosa, riconoscere il sostegno e sentire davvero che siamo nelle mani di Dio. Spesso le persone qui non esigono molto, basta ‘stare’, esserci. Dio ti dà diversi talenti e devo dire che in questa situazione in cui mi trovo ora li posso davvero usare, possono servire davvero a qualcuno. La preghiera in questo è un vero sostegno. Spero davvero questa guerra finisca e che ciascuno nel suo piccolo, sia capace di insegnare alle nuove generazioni che è necessario combattere tutto questo odio”.

A cura di Maria Grazia Berretta

Se si gradisce si possono attivare i sottotitoli in italiano https://youtu.be/gFOMlUj6axA Per continuare a sostenere la popolazione ucraina clicca sul link Ucraina: al via la raccolta fondi in sostegno alla popolazione – Movimento dei Focolari (focolare.org) (altro…)

Vangelo Vissuto: strumenti per la grazia di Dio

Dio ha voluto veicolare la grazia che salva l’uomo attraverso l’uomo stesso. Ha scelto, cioè, di salvarci anche per mezzo del nostro amore reciproco, per la carità e la cura che abbiamo nei confronti del prossimo. E quando sembra di non aver nulla da offrire, di non essere utili, la strada che ci indica è “bussare” alla Sua porta da figli, chiedere e fidarci. Richieste speciali Per caso, ero venuta a conoscenza di una paziente ricoverata in ospedale in condizioni disperate. Per tentare di salvarla occorreva sangue di un certo gruppo sanguigno, che però non si trovava. Mi sono adoperata per cercarlo sia tra le mie conoscenze, sia nel mio ambiente di lavoro (sono infermiera presso il poliambulatorio di un ente assistenziale), ma niente da fare. Stavo per cedere le armi, col peso della sconfitta, quando dall’anima mi è nata una preghiera sentita all’Onnipotente, una richiesta. Era ormai finito l’orario di servizio del mio reparto e il medico specialista che coadiuvo mi saluta e se ne va. Solo qualche attimo e si presenta da me una giovane donna per una visita. Mi precipito a richiamare il sanitario e, a differenza di altre volte, lo trovo disposto a tornare in ambulatorio. Chiedo alla signora un documento e mi vedo porgere il tesserino dell’Avis. Quasi non credo ai miei occhi… e se avesse quel gruppo sanguigno? Se fosse disponibile? Proprio così! Quello stesso pomeriggio la donna si è trovata al capezzale dell’inferma per la trasfusione diretta. (A.M.M. – Italia) Dietro una porta Partendo dall’idea di dimezzare le mie cose personali, regalandole a chi poteva averne bisogno, ho instaurato rapporti nuovi. Ho iniziato con due giacche costose che indosso di rado, proposte alla mia vicina marocchina, la cui figlia o la nuora potevano essere interessate. Le ha gradite e, a sua volta, mi ha pregato di accettare un cappotto beige nuovo, mai indossato. Per me comportava un lavoro di ricerca a chi regalarlo, ma è servito a familiarizzare con la vicina. Due ore dopo incontro un’amica che accetta felicemente il cappotto per la sorella che indossa solo il beige. La giornata continua scandita dalla frase “Date e vi sarà dato”. Infatti, mi capita di ricevere mobili, stoviglie, biancheria per l’appartamento in cui mi sono trasferita da poco. Per noi svizzeri, è difficile varcare la soglia di casa del vicino, abbiamo sempre paura di disturbare. Ma quanta umanità è nascosta dietro le porte! Bastano pochi minuti d’intrattenimento davanti a un caffè e cadono i filtri del pregiudizio, il cuore si dilata e lo spazio familiare cresce. (Isabelle – Svizzera)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno IX – n.1- gennaio-febbraio 2023) (altro…)

Giulio e Pina: ri-innamorarci giorno per giorno

Amarsi nel matrimonio è una grande sfida. Vuol dire perdersi nei sentieri dell’altro, condividere vita, seminare pazientemente e raccoglierne i frutti; significa scegliersi ogni giorno anche quando non ci si riconosce, se necessario, imparare a rallentare per andare al passo dell’altro. Nella giornata dedicata agli innamorati, condividiamo la storia raccontata in occasione del collegamento del novembre 2017 da Giulio e Pina Ciarrocchi che, 22 anni prima, nel maggio del 1995, in seguito  all’arrivo di un ictus che ha stravolto le loro vite, hanno trovato il coraggio di lasciarsi guidare da Dio, sperimentando una nuova via per ri-innamorarsi ogni giorno, vedendo Gesù l’uno nell’altro. https://www.youtube.com/watch?v=tHF-p-SseBY&list=PL9YsVtizqrYvw5ZXc6BHbs8vczVhp5xz6&index=1&t=5s   (altro…)

Perù: Feliciano, un nuovo ospite dell’Hogarcito

Perù: Feliciano, un nuovo ospite dell’Hogarcito

La missione dell’Hogarcito “Chiara Lubich”, il Centro per Anziani nella foresta amazzonica peruviana,  è quella di  accompagnare gli anziani e coloro che vivono la malattia. Un luogo dove il servizio è mosso dall’amore, dove si trovano persone che fanno del bene, capaci di mettere tutto nelle mani di Dio. A metà dello scorso anno una donna è arrivata all’Hogarcito per chiedere aiuto. Aveva urgente bisogno di sostegno per il fratello anziano che viveva da solo, lontano dalla capitale dove lei abitava. Ci ha chiesto di accoglierlo nell’Hogarcito e, dopo averle chiesto di darci un po’ di tempo per analizzare la situazione e le nostre possibilità, ci siamo messi nei panni dell’anziano e non abbiamo esitato a dare la nostra disponibilità ad accoglierlo. È così che Feliciano, 74 anni, è diventato un nuovo ospite dell’Hogarcito. Lo abbiamo accolto con grande affetto e con una festa di benvenuto. Abbiamo scoperto che aveva perso la vista da un occhio, che aveva problemi di linguaggio – si capiva a malapena quello che diceva –, oltre a una grave sordità.

Feliciano durante la rihabilitazione

Si muoveva da solo, sempre con un bastone, ma un giorno, dopo essere entrato nella sua camera da letto, tardava in uscire. Il personale addetto lo ha trovato disteso sul pavimento, incapace di alzarsi. Hanno così chiesto aiuto all’Emergenza del Centro di Salute. Feliciano aveva avuto un ictus e metà del suo corpo era paralizzata. La situazione era molto difficile. Lo si vedeva limitato, triste. Aveva bisogno di un infermiere al suo fianco e di un monitoraggio cardiaco costante. Il personale dell’Hogarcito, però, non è preparato per tali cure specialistiche. Per questo si è dovuto ricoverare Feliciano in ospedale. Abbiamo calcolato che il ricovero ci sarebbe costato circa 2.500 Soles (620 Euro), per coprire anche le cure e le terapie. Abbiamo provato a entrare in contatto con la sorella ma, non avendo ricevuto risposta, non ci abbiamo pensato due volte: fidandoci della provvidenza di Dio abbiamo subito assunto un’ infermiera che si prendesse cura di lui e una fisioterapista per le sessioni di riabilitazione. Quando abbiamo chiesto a quest’ultima quanto ci avrebbe fatto pagare, ci ha detto: “Non preoccupatevi per il pagamento, sarà il mio modo di aiutare l’Hogarcito”. È stato molto difficile e rischioso spostare Feliciano. Abbiamo chiesto a Dio di darci le forze per continuare a sostenerlo e portare avanti la situazione. Alla fine, l’amore di tutti l’ha aiutato a migliorare ogni giorno. Improvvisamente, qualche tempo dopo, ci ha sorpresi alzandosi, prendendo il bastone e facendo qualche passo. Che emozione, eravamo tutti felici di vederlo camminare! Era una felicità piena. Un’esperienza, quella di accompagnare chi vive la malattia, che ci permette non solo di incontrare persone che fanno di tutto per dare una mano,  ma ci dà la gioia di affidarci insieme e mettere tutto e tutti nelle mani di Dio.

I volontari dell’Hogarcito

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