Movimento dei Focolari
Don Enrico Pepe: una vita spesa per lโ€™unitร  e la Chiesaย 

Don Enrico Pepe: una vita spesa per lโ€™unitร  e la Chiesaย 

โ€œPenso che don Pepe, dopo don Silvano Cola, sia stato il sacerdote focolarino piรน carismatico che io abbia conosciutoโ€, cosรฌ un sacerdote dellโ€™Italia alla notizia della morte di don Enrico Pepe avvenuta il 2 marzo 2025 nel focolare sacerdotale a Grottaferrata (Roma). โ€œEra una persona di sguardo puro. Vedeva le persone nella veritร  e anche nella misericordiaโ€, cosรฌ un altro dagli USA. E il card. Joรฃo Braz De Aviz, prefetto emerito del Dicastero per la vita consacrata, nellโ€™omelia del funerale da lui presieduto: โ€œRingrazio il Signore per la cura che ha avuto di noi sacerdoti, aiutando tanti a non smarrire il dono della vita cristiana e del sacerdozio ministeriale, perchรฉ rinforzati dalla ricerca continua dellโ€™unitร  tra noi, con la Chiesa e con lโ€™Opera di Mariaโ€.

Ma chi era don Enrico Pepe? Molto ha raccontato lui stesso nel volume Unโ€™avventura nellโ€™unitร  (CNx 2018).

Enrico nasce il 15 novembre 1932 a Cortino (Teramo, Italia), come primo di nove fratelli e sorelle. Pur fra le ombre della guerra, vive unโ€™infanzia felice. Tornerร  in seguito volentieri in quei luoghi anche per ritrovare il calore dei suoi cari: la โ€œtribรนโ€ Pepe, con 76 tra nipoti e pronipoti.

Alle scuole medie, Enrico sente la vocazione al sacerdozio ed entra in seminario. Vive un momento di dubbio quando una giovane gli manifesta il suo affetto, ma proprio in quella circostanza rinnova con piรน coscienza la sua scelta.

Viene ordinato sacerdote nel 1956 e nel 1958 il vescovo lo manda a Cerchiara, un paese sotto il Gran Sasso, diviso in due fazioni politiche che toccano anche la parrocchia. Don Enrico, con la sua โ€œfurbiziaโ€ evangelica, riesce a farsi strada e la situazione si pacifica.

Nel 1963 conosce il Movimento dei Focolari. Con don Annibale Ferrari si reca ogni quindici giorni da Teramo a Roma da don Silvano Cola nel primo focolare sacerdotale. Un anno dopo gli viene proposto di trasferirsi a Palmares nel Nord Est del Brasile, da dove il vescovo Dom Acacio Rodrigues si รจ rivolto ai Focolari, per via della grave penuria di preti. Nel 1965 don Pepe diventa parroco a Ribeirรฃo, in una zona di monocultura della canna da zucchero con brucianti problemi sociali e morali. Vi risponde con una pastorale illuminata dal Concilio Vaticano II e dal suo buon senso. Nascerร  con gli anni un focolare sacerdotale alla cui vita partecipa spesso anche Dom Acacio.

Dopo alcuni mesi in patria, nel 1969 parte nuovamente per il Brasile, questa volta per dedicarsi interamente al Movimento e portare avanti lo spirito dellโ€™unitร  tra i sacerdoti. Nel 1972 si trasferisce a questo scopo alla Mariapoli Araceli, la cittadella dei Focolari nei pressi di San Paolo.  โ€œLa Chiesa in Brasile โ€“ scriverร  don Pepe anni dopo a papa Francesco โ€“ attraversava allora una crisi tremenda soprattutto nel clero. Insieme ai focolarini e alle focolarine ho iniziato a offrire ai sacerdoti e ai seminaristi diocesani e religiosi la spiritualitร  dellโ€™unitร . Si รจ cosรฌ risvegliata una vita nuova e gioiosa in tante diocesi e congregazioni religioseโ€. Con un frutto inaspettato: โ€œAllโ€™inizio degli anni โ€™80, la Santa Sede ha cominciato a nominare vescovi alcuni sacerdoti che vivevano questa spiritualitร โ€.

Nel 1984 don Pepe viene chiamato al Centro sacerdotale dei Focolari a Grottaferrata (Roma), per prendersi cura, insieme a don Silvano Cola, delle migliaia di sacerdoti che vivono la spiritualitร  dellโ€™unitร  e della vita che fiorisce in parrocchie del mondo intero. Nel tempo libero, raccoglie la vita di Martiri e Santi. Ne nasce un libro dellโ€™editrice Cittร  Nuova talmente apprezzato che gli viene chiesto di ampliarlo a tre volumi.

Nel 2001 scoppia il caso dellโ€™arcivescovo zambiano Milingo. Quando questi si pente, la Santa Sede cerca a chi affidarlo per una ripresa e si rivolge al Movimento dei Focolari. Si assegna a don Pepe questo compito. Anni dopo, il card. Bertone, a suo tempo Segretario del Dicastero per la dottrina della fede, scriverร  a don Pepe: โ€œCi siamo conosciuti in un momento speciale della vita della Chiesa a Roma, senza che ci fossimo mai incontrati, ma abbiamo avvertito una convergenza di ideali, di missione e di trasmissione dellโ€™amore misericordioso di Dio, che hanno sigillato le nostre relazioniโ€.

Durante gli ultimi anni, arrivano grandi sfide per la salute. โ€œIn Brasile โ€“ commenta don Pepe โ€“ ho calpestato tanti aeroporti ed ora mi vedo spesso sulla pista di lancio, pronto allโ€™ultimo volo, il piรน bello, perchรฉ ci porta in Altoโ€.

Hubertus Blaumeiser

Arturo, invisibile

Arturo, invisibile

Era un bellissimo pomeriggio, un clima ideale. Il lungomare di Lima era pieno di gente: intere famiglie che si godevano la spiaggia, genitori e figli che arrivavano con le loro tavole e attrezzature da surf, scuole di surf con i loro insegnanti, turisti e venditori di bibite e gelati da offrire a quello sciame di potenziali acquirenti.

Accompagnavamo un amico del nord del Perรน che era venuto a trovarci. Con Marcelo lo stavamo portando nei luoghi piรน piacevoli e attraenti. All’orizzonte si potevano vedere i surfisti cavalcare abilmente le alte onde dell’Oceano Pacifico, che di pacifico ha ben poco o nulla. Un vero spettacolo! Il sole si stava preparando per l’ultima scena della giornata con una cornice esclusiva, dipingendo il cielo di un infuocato arancione rossastro.

In quel bellissimo contesto, al quale puรฒ accedere solo una determinata classe sociale, tutto andava a gonfie vele. In mezzo alla folla, ho notato un omino magro come uno stecchino che trasportava quattro sacchi con materiale di scarto che lui stesso aveva raccolto: cartone, bottiglie di plastica, vetro… Questo minuscolo essere, completamente invisibile in quell’ambiente, si preparava a salire alcune alte scale, esse conducono alla sopraelevata che attraversa l’autostrada da un lato all’altro, dalla spiaggia alla strada. Sembrava unโ€™invisibile formica con un carico tre volte il suo peso.

In quella folla senza volto, la sua presenza ha attirato tutta la mia attenzione. “Vieni, siediti un po’ accanto a me”, gli ho detto, indicando il posto vuoto alla mia destra della panchina dove ero seduto. Mi ha guardato sorpreso e sorridente. Ha posato i grossi sacchi e si รจ seduto. โ€œCiao, io mi chiamo Gustavo, e tu?โ€. โ€œArturo,โ€ ha risposto con un ampio sorriso che mostrava una bocca sdentata. Mi ha spiegato che veniva da lontano e che doveva andare dall’altra parte dell’autostrada, salendo l’imponente scalinata, per prendere l’autobus che lo avrebbe riportato a casa. Lรฌ, nel suo umile quartiere, avrebbe venduto il materiale di scarto che aveva raccolto. Il suo lavoro quotidiano per sopravvivere, lui e la sua famiglia.

Marcelo gli ha offerto 5 Soles, il prezzo del biglietto dell’autobus. Lo abbiamo salutato stringendo calorosamente la sua mano sudata e augurandogli buona fortuna. Mentre saliva le scale con in mano le borse, ogni tanto ci guardava e ci regalava il suo sorriso sdentato.

In mezzo alla folla senza volto, Arturo รจ diventato la persona piรน importante, colui che ci ha toccato il cuore, che รจ riuscito a commuoverci interiormente, colui che ci ha collegato con le beatitudini, con il modo di vedere di Dio.

Gustavo E. Clariรก

Argentina: alluvione a Bahรญa Blanca, un miracolo inaspettato

Argentina: alluvione a Bahรญa Blanca, un miracolo inaspettato

Bahรญa Blanca รจ una cittร  situata in riva al mare, proprio dove inizia la Patagonia argentina. Con i suoi 370.000 abitanti, รจ il centro economico, religioso e culturale di una vasta regione. A pochi chilometri di distanza, altre 80.000 persone vivono nella cittร  di Punta Alta. Insieme, hanno un polo petrolchimico molto importante, un gruppo di 7 diversi porti (porto multifunzionale, cerealicolo, per la frutta, la pesca, il gas, il petrolio e i fertilizzanti) e la base principale della Marina argentina.

In questa regione, la piovositร  media in un anno รจ di 650 mm., ma venerdรฌ 7 marzo 2025 sono caduti 400 mm in sole 7 ore. Una tale quantitร  d’acqua, nel suo percorso verso il mare, aumentava la sua velocitร  e distruggeva tutto ciรฒ che incontrava sul suo cammino. Ponti, canali, ferrovie, strade, strade, automobili, case, negozi… e persone.

La popolazione si รจ trovata improvvisamente in una scena dantesca di proporzioni inimmaginabili, come se ci fosse stato uno tsunami. Una brusca interruzione di corrente elettrica ha bloccato anche le comunicazioni telefoniche e in questo modo nessuno aveva idea di come stessero le altre persone, i familiari, gli amici, i colleghi di lavoro.

Tuttavia, qualcosa all’interno di questa comunitร  si รจ risvegliato e l’insieme di tutte le leggi universali si รจ riassunto in un unico verbo: servire.

Man mano che l’acqua e il fango lo permettevano, migliaia di persone hanno cominciato a riversarsi per le strade. Ognuno faceva una prima verifica dei danni nella propria abitazione, ma subito dopo spostava lo sguardo sui vicini, per vedere se avessero bisogno di aiuto. Chi riusciva a sistemare la propria situazione, si rendeva totalmente disponibile ad aiutare gli altri. Siamo stati tutti testimoni e protagonisti di un gigantesco miracolo che si รจ moltiplicato, con meravigliosa creativitร  e forza.

Lโ€™unica cosa che importava era quanto potevamo fare con le nostre mani: aiutare a togliere acqua e fango dalle case, pulire, riordinare, cercare stracci, secchi d’acqua, disinfettante, portare i feriti nei centri sanitari, prendersi cura degli animali domestici, ospitare persone che avevano perso tutto, dare forza, incoraggiare, abbracciare, condividere ogni dolore. Nessuno si lamentava e dicevano: “Per me รจ stato molto difficile, ma accanto a quello che รจ successo agli altri…โ€

Mentre aiutavo alcuni amici, si รจ avvicinata una coppia e ha distribuito empanadas gratuitamente. Altri, qualcosa da bere. Chi aveva un generatore di corrente lo offriva per ricaricare le batterie dei cellulari. Altri mettevano a disposizione pompe per aspirare l’acqua. Un ottico donava gratuitamente gli occhiali a chi li aveva smarriti. Una signora ha distribuito disinfettanti, un medico faceva visite nelle case, un uomo ha offerto i suoi servizi come muratore e un altro come meccanico. Tutto circolava: candele, cibo, vestiti, pannolini, materassi, acqua potabile, scope, mani, ancora mani e ancora mani.

E poi รจ arrivata la solidarietร  di tutto il Paese e della gente di tutto il mondo. In camion, in treno, in autobus, in furgoni… tonnellate di donazioni, che hanno avuto bisogno di piรน volontari per il carico, lo scarico, lo smistamento e la consegna. Volontari che non hanno smesso di moltiplicarsi. E anche denaro, donato con grande generositร . Parrocchie, club, scuole, aziende, tutte le organizzazioni esistenti hanno dato tutto quello che potevano. E anche un altro tipo di organizzazione: i gruppi di amici. Come una sorta di โ€œpattugliaโ€, ogni gruppo di amici ha iniziato ad occuparsi di uno dei settori della cittร  dove si รจ visto che sarebbe stato piรน difficile per gli aiuti governativi arrivare in tempo. Ancora oggi vanno  di casa in casa, di porta in porta e annotano ogni tipo di necessitร . E si occupano di far arrivare ciรฒ che รจ necessario in modo tempestivo.

Tutte le mani di queste persone, anche senza saperlo, senza crederlo o senza immaginarlo, si sono trasformate in “mani divine”. Perchรฉ รจ stato il modo piรน concreto che Dio ha potuto usare per raggiungere chi aveva bisogno. Personalmente ho vissuto momenti di grande preoccupazione perchรฉ non sapevo come stessero i miei fratelli o i miei amici. Volevo raggiungerli, ma era impossibile. Cosรฌ ho deciso di offrire il mio aiuto dove potevo arrivare. In senso figurato l’ho chiamato il mio “metro quadrato”. Piรน tardi sono riuscito a raggiungere i miei cari e ho scoperto che molte altre persone, estranei, avevano aiutato lรฌ, dove io non avevo potuto farlo.

Alcuni giorni dopo, vari settori della cittร  sono ancora invasi dallโ€™acqua. Il dolore e le difficoltร  continuano. Le perdite sono state enormi. E si incontrano ovunque persone con grandi occhiaie e molto dolore ai muscoli, perchรฉ hanno lavorato quasi senza riposo. Ma con il cuore in mano e la pienezza negli occhi, per aver dato tutto per gli altri.

Juan Del Santo (Bahรญa Blanca, Argentina)
Foto: ยฉ Focolari Bahia Blanca

Vivere il Giubileo abitando a Roma

Vivere il Giubileo abitando a Roma

In questโ€™anno dedicato al Giubileo della speranza i e le Gen4 di Roma โ€“ i bambini del Movimento dei Focolari – hanno iniziato un percorso a tappe per approfondire la storia della cristianitร  e capire come vivere il Giubileo nella loro cittร  che accoglie milioni di pellegrini provenienti da tutto il mondo. Le tappe riguardano le basiliche vaticane a Roma: San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura, Santa Maria Maggiore. Come guida hanno chiesto aiuto a Padre Fabio Ciardi, OMI, professore di teologia spirituale e autore di numerosi libri e pubblicazioni. 

Prima tappa: basilica di San Pietro

Ad ottobre 2024, a due mesi dallโ€™inizio del Giubileo, 33 bambini con altrettanti adulti, prima di entrare in basilica di san Pietro hanno potuto conoscere una realtร  del tutto particolare, situata a fianco della residenza dove alloggia Papa Francesco. รˆ il Dispensario di Santa Marta, un luogo dove il Vangelo si fa carne ogni giorno e si manifesta attraverso lโ€™aiuto a centinaia di mamme e bambini. Unโ€™occasione per spiegare ai Gen4 come si puรฒ vivere concretamente il Giubileo aiutando il prossimo.

โ€œรˆ un vero e proprio consultorio familiare, che ha iniziato questโ€™opera di attenzione ai bambini poveri e alle loro famiglie nel 1922 – spiega Padre Fabio -. Oggi sono oltre 400 i piccoli che, con le loro mamme, sono assistiti gratuitamente da una sessantina di medici volontari. Sono per la maggior parte persone senza permesso di soggiorno, senza assistenza sanitariaโ€. Visite ginecologiche e pediatriche, ma anche visite odontoiatriche per i senzatetto.

Padre Fabio quindi lega il suo racconto con la storia di San Pietro attraverso alcuni disegni. I bambini in solenne silenzio ascoltano la sua voce attraverso le cuffiette: โ€œGesรน incontra Simone il pescatore e lo invita a seguirlo. โ€˜Vieni con me, gli dice, ti farรฒ pescatore di uominiโ€™. E gli dร  un nome nuovo, lo chiama Pietro, che vuol dire pietra, perchรฉ vuole costruire su di lui la sua Chiesaโ€. E via via che il racconto continua, ci si sposta in basilica per pregare sulla tomba di San Pietro. โ€œPietro venne a Roma. Quando Nerone incendiรฒ la cittร  diede la colpa ai cristiani e Pietro fu ucciso nel circo dellโ€™imperatore Caligola che Nerone aveva rinnovatoโ€ฆe finalmente la tomba di san Pietro nella sua basilicaโ€. Cโ€™รจ aria di forte raccoglimento fra i Gen4, nonostante la grande affluenza di turisti in questo sabato pomeriggio romano. Andando verso la Porta Santa si cammina alla scoperta di alcune opere dโ€™arte. โ€œQuesta Madonna era molto cara a Chiara Lubich – racconta Padre Fabio nella navata di destra -: ogni volta che veniva in basilica si fermava qui per pregare Mariaโ€.

La tappa a San Giovanni in Laterano

Arriva cosรฌ la seconda tappa nel mese di gennaio 2025. Stavolta il gruppo รจ piรน corposo: 140 persone fra cui 60 bambini, sempre sotto la guida esperta di Padre Fabio, si sono ritrovati per scoprire la basilica di San Giovanni in Laterano, ricca di sorprese e tesori legati alla storia della cristianitร . Attenti e incuriositi, con le cuffiette alle orecchie, per poco piรน di due ore i Gen4 sono rimasti ad ascoltare lโ€™intenso racconto di Padre Fabio.

โ€œรˆ stato bello raccontare la storia dellโ€™obelisco, รจ stato bello spiegare il significato del chiostro โ€“ scrive Padre Fabio sul suo blog -, รจ stato bello raccontare le storie di san Giovanni Battista e di san Giovanni evangelista e di lasciare che i bambini andassero a scoprire le loro statue nella basilica. รˆ stato bello mostrare lโ€™antica cattedra del Papa e quella attuale, sulla quale si siede per prendere possesso del suo ufficio. รˆ stato bello indicare le reliquie della tavola sulla quale Gesรน ha celebrato lโ€™ultima cena e quella sulla quale Pietro celebrava qua a Roma. รˆ stato bello attraversare insieme la Porta santaโ€ฆรˆ bello stare con i bambini e raccontare cose belleโ€ฆโ€

Ormai i bambini hanno costruito un rapporto speciale con Padre Fabio. Camminano in basilica al suo fianco, gli stringono la mano, gli fanno domande per conoscere qualcosa in piรน. โ€œMa comโ€™รจ il Paradiso?โ€ chiede una Gen4. โ€œImmagina una giornata di scuola impegnativa. Quando finisce, torni a casa e la trovi bella, accogliente, calorosa, con i tuoi genitori, i nonni, gli amici che ti regalano gioia e attenzioni. Ti senti felice in quel momento, giusto? E cosรฌ รจ il Paradiso: un luogo dove si sta bene, dove ci si sente a casa!โ€ Termina anche questa tappa. Si torna a casa felici e consapevoli che il Giubileo deve essere per noi un momento in cui dare speranza e felicitร  ai piรน disagiati, ai nostri poveri, a chi soffre.

Il percorso continua ma le belle occasioni si rinnovano con le altre generazioni

In attesa di proseguire questo percorso con i Gen4, anche i Gen3 (40 ragazzi adolescenti), i Gen2 (30 giovani) e un gruppo di adulti, affascinati dallโ€™esperienza positiva che i bambini stavano vivendo con Padre Fabio, hanno voluto fare lo stesso percorso, sempre guidati da lui.

โ€œPrima i bambini, poi i ragazzi, poi i giovani e gli adulti. San Giovanni in Laterano, San Pietro, San Paolo, e Santa Maria Maggiore. Cosรฌ vivo e faccio vivere il Giubileoโ€ scrive Padre Fabio sul suo blog. โ€œRacconto di storia, di arte, di spiritualitร , perchรฉ รจ tutto intrecciato, umano e divino, passato e presente. Sono monumenti vivi, che parlano ancora dopo centinaia di anni e continuano a narrare cose sempre belleโ€.

Ed i giovani hanno cosรฌ ringraziato Padre Fabio โ€œper aver preparato i nostri cuori a un’esperienza cosรฌ bella, ci hai aiutato a percorrere insieme questa tappa dell’anno santo, con profonditร  e ironia. Ci รจ piaciuta molto l’atmosfera che sei riuscito a creare, suscitando in noi la voglia di visitare insieme altri luoghi romani importanti per i primi cristiani e il desiderio di approfondire il significato di essere pellegrini in cammino verso la meta del Paradisoโ€.

Lorenzo Russo

Guatemala: un focolare nel cuore indigeno del Paese

Guatemala: un focolare nel cuore indigeno del Paese

Marta, Lina, Efi e Moria sono quattro donne, quattro focolarine, che nella loro vita hanno percorso strade diverse e che ora hanno trovato un punto di incontro tra sogni, realtร  e lโ€™aver dato la propria disponibilitร  a trasferirsi a Chimaltenango dai loro focolari precedenti, per iniziare lโ€™esperienza di vivere insieme in una cittร  dove povertร , interculturalitร  e fratture tra etnie sono pane quotidiano.

Chimaltenango รจ una cittร  del Guatemala, a 50 km dalla capitale, a 1800 metri sul livello del mare. Quasi 120.000 abitanti di 23 diversi popoli indigeni si sono riuniti lรฌ per poter sopravvivere economicamente.

โ€œSono stata in Argentina per molti anni – esordisce Efi, originaria di Panama. – Poi ho passato qualche anno in Messico e, poco prima della pandemia, sono arrivata in Guatemala dove sono rimasta solo 3 mesi, poi sono dovuta partire per Panama per stare vicino alla mia mamma che si รจ ammalata e poi รจ morta. รˆ stato un anno che mi รจ servito anche per ripensare a tante cose, per fare il punto su quello che avevo vissuto fino a quel momento e per rinnovare la scelta di donazione a Dio fatta anni faโ€. รˆ tornata in Guatemala per questo progetto a Chimaltenango.

โ€œSono cresciuta in un ambiente rurale, con gente molto semplice e il mio sogno รจ sempre stato quello di fare qualcosa per i piรน umili – racconta Efi. – Qui la povertร  รจ molto grande. E ci sono anche le comunitร  indigene, ci sono persone che hanno conosciuto la spiritualitร  del Movimento e che, a causa della pandemia e della realtร  sociale in cui vivono, sono state lasciate ai margini (della societร )โ€.

Lina รจ guatemalteca, di origine Maya, Kaqchikel. Spiega che una delle fratture piรน evidenti รจ tra indigeni e meticci (chiamati anche โ€œladinosโ€ in Guatemala, che comprendono tutti coloro che non sono indigeni). Non ci sono relazioni fraterne, non c’รจ dialogo. โ€œPer me โ€“ dice – รจ sempre stato un obiettivo riuscire a superare quella frattura. Dal momento in cui ho avuto il mio primo contatto con i Focolari, ho pensato che questa fosse la soluzione per la mia cultura, per il mio popolo, per la mia genteโ€. Ricorda il momento del dicembre 2007 quando, al termine del periodo di formazione come focolarina, salutรฒ Chiara Lubich, dicendole: โ€œSono indigena e mi impegno a portare questa luce al mio popolo Kaqchikelโ€. โ€œHo sentito che era un impegno espresso davanti a lei, ma fatto a Gesรนโ€. Al suo ritorno in Guatemala si รจ dedicata con cura all’accompagnamento delle nuove generazioni, sempre con l’obiettivo di generare legami di unitร  sia nelle comunitร  indigene che nella cittร .

Anche Marta รจ guatemalteca. Meticcia. Nei suoi primi anni in focolare ha anche potuto dedicarsi alla diffusione del carisma dell’unitร  nelle comunitร  indigene. In seguito, si รจ occupata della gestione del Centro Mariapoli, la casa per incontri a Cittร  del Guatemala. Un lavoro intenso durato 23 anni che ha visto svilupparsi il processo di riconciliazione nazionale e di rivendicazione dei popoli indigeni, perchรฉ le diverse comunitร  indigene hanno scelto il Centro Mariapoli come luogo di incontro. Poi รจ stata in Messico per un periodo. In quel periodo si parlava di identitร . E la domanda in lei รจ sorta spontanea: โ€œIo che identitร  ho? Quali sono le mie radici?โ€ La risposta lโ€™ha trovata nella Vergine di Guadalupe che, quando apparve in Messico nel 1531, fu raffigurata nel poncho di Juan Diego con caratteristiche somatiche tipiche dei popoli nativi americani. โ€œPer me รจ stato capire che ero meticcia come lei, che ha entrambe le radici e che puรฒ dialogare sia con gli uni che con gli altriโ€.

Moria, che รจ di Chimaltenango, per motivi di salute vive con la sua famiglia e fa parte del focolare cosรฌ come Lidia, una focolarina sposata che vive a Cittร  del Guatemala.  

Storie che si intrecciano fino ad arrivare a stabilirsi in questa cittร  che riunisce tante provenienze, molte culture in un’unica cultura. โ€œIl nostro desiderio รจ quello di stare con la gente, di avvicinarci. Nelle cose semplici, di tutti i giorni – dice Efi – quel saluto, quel sorriso, quel fermarsi, stare con quella signora che non sa nemmeno parlare spagnolo perchรฉ parla la sua lingua e noi non ci capiamoโ€. E racconta: โ€œUn giorno avevo bisogno di comprare del pane. Vado al mercato e le donne che vendono sono sedute su una stuoia di vimini. Se voglio entrare in dialogo con una di loro, mi metto sullo stesso piano, mi chino e, siccome รจ un luogo di commercio, cerco di essere onesta con leiโ€.

โ€œDa quando siamo arrivate ci siamo proposte di riprendere contatto con le persone che in vari momenti hanno conosciuto la spiritualitร  dell’unitร  โ€“ interviene Lina โ€“ per andare a trovarle nelle loro case, portando sempre qualcosa, un frutto, per esempio, come รจ usanza tra questi popoliโ€. In questo modo si crea un circolo di reciprocitร  e si avvicinano al focolare. La loro casa si riempie cosรฌ delle voci delle mamme con i loro figli o anche dei giovani e, a volte, di qualche papร  che prende coraggio e le accompagna. E cosรฌ, senza cercarlo, si crea la comunitร  attorno a questo nuovo focolare nel cuore della cultura indigena del Guatemala.

Carlos Mana
Foto: ยฉ Focolar Chimaltenango

Guardarsi senza giudizi

Guardarsi senza giudizi

Sembra evidente che siamo fatti per la relazione. Infatti tutta la nostra vita รจ intrecciata di rapporti. Ma a volte rischiamo di rovinarli con giudizi duri o superficiali.  

Lungo la storia troviamo molteplici immagini che fanno anche parte del linguaggio comune. Cosรฌ, nella tradizione antica troviamo unโ€™espressione molto conosciuta che dice: โ€œPerchรฉ guardi la pagliuzza che รจ nell’occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che รจ nel tuo occhio?โ€[1]; altrettanto proverbiale รจ lโ€™immagine delle due bisacce: una davanti agli occhi, con i difetti degli altri, che vediamo facilmente e lโ€™altra sulla schiena, con i nostri difetti, che quindi facciamo fatica a riconoscere[2] o, come dice un proverbio cinese, โ€œl’uomo รจ cieco ai propri difetti, ma ha occhi d’aquila per quelli degli altriโ€.   

Questo non significa accettare quanto accade, indiscriminatamente. Di fronte allโ€™ingiustizia, alla violenza o alla sopraffazione non possiamo chiudere gli occhi. Bisogna impegnarsi per il cambiamento, incominciando a guardare innanzitutto a noi stessi, ascoltando con sinceritร  la propria coscienza per scoprire cosa dobbiamo migliorare. Solo cosรฌ potremo chiederci come aiutare concretamente gli altri, anche con consigli e correzioni.

Ci vuole โ€œun altro punto di vistaโ€ che offra una prospettiva diversa dalla mia, arricchendo la mia โ€˜veritร โ€™ e aiutandomi a non incorrere nella autoreferenzialitร  e in quegli errori di valutazione che in fondo, fanno parte della nostra natura umana. ย 

Cโ€™รจ una parola che puรฒ sembrare antica, ma che si arricchisce di significati sempre nuovi: misericordia, da vivere innanzitutto verso noi stessi e poi verso gli altri. Infatti, solo se siamo capaci di accettare e perdonare i nostri limiti saremo in grado di accogliere le debolezze e gli errori degli altri. Anzi, quando ci accorgiamo che inconsciamente ci sentiamo superiori e in dovere di giudicare, diventa indispensabile essere disposti a fare โ€œil primo passoโ€ verso lโ€™altro per evitare di incrinare la relazione.

Chiara Lubich racconta ad un gruppo di musulmani la sua esperienza nella piccola casa di Trento in cui iniziรฒ la sua avventura con poche prime compagne. Non tutto era semplice e non mancavano incomprensioni: โ€œNon era sempre facile vivere la radicalitร  dellโ€™amore. [โ€ฆ] Anche fra noi, sui nostri rapporti, poteva posarsi la polvere, e lโ€™unitร  poteva illanguidire. Ciรฒ accadeva, ad esempio, quando ci si accorgeva dei difetti, delle imperfezioni degli altri e li si giudicava, per cui la corrente dโ€™amore scambievole si raffreddava. Per reagire a questa situazione abbiamo pensato un giorno di stringere un patto fra noi e lo abbiamo chiamato โ€œpatto di misericordiaโ€. Si decise di vedere ogni mattina il prossimo che incontravamo โ€“ a casa, a scuola, al lavoro, ecc. โ€“ nuovo, non ricordandoci affatto dei suoi difetti ma tutto coprendo con lโ€™amore [โ€ฆ][3]. Un vero e proprio โ€œmetodoโ€ che vale la pena di mettere in pratica nei gruppi di lavoro, in famiglia, nelle assemblee di ogni genere.

ยฉ Foto di Cottonbro studioPexels


Lโ€™IDEA DEL MESE รจ attualmente prodotta dal “Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose” del Movimento dei Focolari. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2014 in Uruguay per condividere con gli amici non credenti i valori della Parola di Vita, cioรจ la frase della Scrittura che i membri del Movimento si impegnano a mettere in atto nella vita quotidiana. Attualmente Lโ€™IDEA DEL MESE viene tradotta in 12 lingue e distribuita in piรน di 25 paesi, con adattamenti del testo alle diverse sensibilitร  culturali. dialogue4unity.focolare.org


[1] (Lc 6,41)

[2] Esopo (ฮผแฟฆฮธฮฟฮน) , Fedro (Fabulae)

[3] C. Lubich, Lโ€™amore al prossimo, Conversazione con gli amici musulmani, Castel Gandolfo, 1ยฐ novembre 2002. Cf. C. Lubich, ย Lโ€™Amore reciproco, Cittร  Nuova, Roma 2013, pp. 89-90.