A casa c’era un’aria di festa. Per una coincidenza un po’ eccezionale ci ritroviamo: noi due, i bambini, i miei genitori, mia sorella e anche i miei fratelli che, da molti anni ormai sono lontani da casa e non solo fisicamente.

Improvvisamente papà si sente male. Non parla più. In pochi  minuti quella che doveva essere la festa di famiglia, si avvia ad essere una tragedia. Comincia la corsa agli ospedali: non si trova posto per un malato così grave, anziano.
Finalmente lo accettano a un reparto di rianimazione. I miei fratelli, essendo medici si prodigano dapprima con l’impegno di veri professionisti come sono, poi, dopo anni di contestazione di rifiuto, ritrovano per lui quell’amore puro dell’infanzia.
Papà esce fuori dal coma. Con parole rotte dalla commozione gli chiedono perdono, gli dicono tutto il bene che gli vogliono.

Ma il pericolo di morte non è scongiurato. Sembra arrivata l’ultima ora. Sono proprio loro, agnostici e di fede materialistica, che per ben due volte gli fanno avere l’unzione degli infermi.
Uno dei miei fratelli gli sussurra: “Vai, vai sicuro papà. Sono certo che ci rivediamo nell’altra vita”. E’ un’arrivederci.

La morte il lunedì verso sera. Tutto è compiuto. E’ un dolore lacerante, ma , davanti a quel corpo che mi ha dato la vita, sento che mio padre non è lì. Sento che è in tutto l’amore umile, concreto che ha sempre dato a ciascuno di noi. Ora tocco con mano, con stupore la verità di quelle Parole di Gesù: “Quando sarò innalzato in croce trarrò tutti a me”. Ora, entrato nella vita senza fine papà continua a operare fra noi, finalmente riuniti.

Ai funerali un’aria di serenità e di pace. Accanto a noi i miei fratelli. Da anni non avevano più voluto partecipare a manifestazioni religiose, ora li sento rispondere alla messa, cantare, con una fermezza che è qualche cosa di più di una testimonianza, è una certezza che hanno ritrovato.

 

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