Se uno non vuol credere, è libero di farlo: Dio ha impresso il sigillo della sua grandezza sull’uomo facendolo libero. Solo che Egli insegna a usare la libertà come libertà dal male e non come libertà dal bene. L’uomo in Dio, è libero di amare : cioè di vivere ; contro Dio, è libero di fare il male, cioè di morire.

Chi cerca trova. Chi cerca Dio, lo trova. Chi lo ascolta, lo sente. La sua voce insegna a capovolgere di continuo le opinioni correnti, per stabilire uomini e cose nel disegno divino, che è l’immortalità nella bellezza.
La malattia tormenta: chi l’accetta con lo spirito del Crocifisso ne fa una chimica di purificazione di sé, e un contributo alla Passione di Cristo. Quell’uomo è ingrato, è odioso: ricontemplandolo con gli occhi del comune Padre diventa il fratello, che ha bisogno d’aiuto. Quelle parole ci offendono: se le esaminiamo nella luce del Padre esse ci consentono di patire e di perdonare, e cioè di compiere un balzo nell’ascesa che ordinariamente richiederebbe forse anni di riflessione.

Il Signore mostra l’altra faccia delle cose: quella da cui Egli le vede. Il male si volta in bene, il dolore in amore, la solitudine umana in colloquio con gli angeli e i beati, con Maria e con la Trinità. La prigione si trasfigura in libertà sui piani del Paradiso; la fame in olocausto a Dio. La povertà si fa ricchezza, l’ignominia diventa gloria; la tenebra ricolma di luce.

Ci si accorge che i cattivi, i quali parevano sopraffarci, diventano nostri collaboratori: agenti involontari della nostra santità. La bruttezza così diviene bellezza, la disgrazia un’apertura alla grazia. La storia macina come un mulino fragoroso e pulverulento, da cui esce la farina, con la quale si fa il pane. È un motore, che, coi materiali terreni, guerra, lotte, epidemie, odi, e anche con grano e acqua e metalli ed energie terrestri, allestisce l’avvicinamento allo spirito. E si vede che tutta la creazione – come apparve a san Paolo – anela a convergere in Cristo, dove avviene l’innesto definitivo tra umano e divino, tra terra e cielo, tra materia e spirito.

Chi guarda solo l’aspetto terreno, caduco, negativo – quello di qua, verso la sfera umana – rinunzia alla zona più estesa della vita; diventa solo oggetto di morte, della quale uomini ed eventi si fanno artefici.
S’avvicina Natale. Per uno monocolo, s’avvicina il freddo, il buio, la fame. Per chi vede in Dio, con l’occhio umano e l’occhio divino, s’avvicina la Redenzione, che è gioia, vita, deificazione.

Il Natale, immagine del paradosso che è per gli uomini la Redenzione. Esso scopre i modi d’agire del Padre celeste, il quale d’una stalla fa la stanza dell’Eterno, l’incontro della purezza e della bellezza. Egli può far nascere l’Uomo-Dio nella dimora glabra, logora, che è la persona d’un vecchio: persona che è tempio dello Spirito Santo, se vuole, e dunque ritrovo di angeli che cantano la gloria a Dio e la pace agli uomini ben disposti.
Da Diario di Fuoco, Città Nuova, Roma 200510

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