Ago 21, 2020 | Cultura
È uscito recentemente il nuovo libro del Copresidente dei Focolari, Jesús Morán, dal titolo: “Carisma e profezia”. In continuità con il precedente volume “Fedeltà Creativa. La sfida dell’attualizzazione di un carisma”, Morán offre in questo testo, a partire da alcune conversazioni tenute negli ultimi tre anni, la sua riflessione sul “genio ecclesiale” di Chiara Lubich. Ne parliamo con l’autore.
Come nasce l’idea di questo libro? Avevo questi testi che non erano ancora pubblicati e pensavo di onorare Chiara Lubich nell’anno del suo Centenario e, allo stesso tempo, fare un atto d’amore a tutti nel Movimento dei Focolari. Da quando ho cominciato ad usare questa espressione, “il genio ecclesiale di Chiara”, diversi anni fa, ho visto che a tanti piaceva, e cioè che coglievano in essa un concetto-sintesi che poteva definire la meravigliosa unità sinergica tra la persona di Chiara e il suo carisma, come il “tutto nel frammento”. Sono convinto che Chiara, oltre ad essere stata dotata da Dio di un “genio ecclesiale” sia, davvero, un “genio ecclesiale”, in continuità con altri che ci sono stati nella Chiesa e che hanno aperto orizzonti nuovi, sempre incardinati nella tradizione che risale allo stesso Gesù. Era doveroso approfondirlo in questo Centenario. Come lei stesso ha più volte spiegato, il Movimento dei Focolari, dopo la fase carismatica, sta vivendo la sua fase storica, quella che ha definito “di fedeltà creativa”. È la fase dunque dell’incarnazione nella storia delle profezie di Chiara. Quale secondo lei il principale contributo che il Movimento dei Focolari oggi può dare nell’attuazione di tali profezie in ambito ecclesiale, nel cammino verso l’ut omnes? Quando affermo che siamo entrati nella fase della fondazione storica del Movimento, in fedeltà creativa alla fase della fondazione carismatica, non intendo contrapporre dialetticamente le due fasi. Infatti, anche la fondazione carismatica è stata storica e, quindi, anche quella storica non è priva di carismaticità. Ma sono due fasi diverse, con accenti diversi, che toccano sia il fondo che la forma delle cose. Non c’è dubbio che oggi il tema dell’incarnazione del Carisma dell’unità acquisisca una pregnanza e una urgenza particolari. La fedeltà creativa si esercita sempre tenendo presenti due principi: l’ascolto delle domande che Dio pone nel mondo, l’ascolto di ciò che Dio continua a dire nel nucleo fondante del carisma. A mio avviso, una delle domande che Dio pone alla Chiesa che cammina nella storia del mondo è quella che, sinteticamente, potremmo chiamare “sinodalità”, con le sue aggettivazioni: aperta, comunionale, prossima, attenta alla dignità della persona, specialmente di quelle più vulnerabili. Il Movimento dei Focolari contribuisce a questo cammino ecclesiale con una accentuazione particolarissima, che nasce dal cuore del carisma, e cioè l’esperienza vitale ed incarnata di Dio uno e trino che si fa storia, senza la quale la sinodalità si riduce ad una nuova organizzazione priva della vita dello Spirito. E quali invece gli aspetti di incarnazione di tali profezie per i quali c’è ancora molta strada da fare? Penso che per essere all’altezza della nostra vera vocazione nella Chiesa, i membri del Movimento devono crescere nel cosiddetto sensus ecclesiae. Non che non ci sia, ma c’è bisogno di crescere, che vuol dire vincere definitivamente ogni autoreferenzialità e raggiungere quella maturità che gli ultimi papi ci auguravano. Inoltre bisogna superare ogni dualismo tra impegno civile e impegno ecclesiale, guardando al modello che da sempre teniamo come cristiani nella figura di Gesù, l’uomo-Dio, veramente uomo e veramente Dio. Che cosa vorrebbe dire, a cuore aperto, anche alla luce delle riflessioni che offre nel suo testo, mentre si avvicina la conclusione di questo sessennio nel quale è stato Copresidente del Movimento dei Focolari? Io prego perché Dio ci dia le grazie necessarie per attualizzare vitalmente e radicalmente il carisma di Chiara Lubich. Penso che dobbiamo ripartire, rinascendo dal cuore del carisma, da ciò che noi chiamiamo l’Ideale, e da lì mettere in moto le riforme necessarie perché il Movimento, anche in quanto istituzione, rifletta sempre meglio la vita umano-divina che lo anima. E rinascita vuol dire purificazione e conversione.
A cura di Anna Lisa Innocenti
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Ago 19, 2020 | Nuove Generazioni
Stiamo assistendo a un periodo di grandi cambiamenti, trasformazioni e contraddizioni che possono aprire nuovi modi per cercare il bene comune. Attraverso la nuova campagna #daretocare i giovani dei Focolari vogliono porre il tema della cura in cima dell’agenda politica locale e globale. Dal 20 giugno scorso è partita la nuova campagna dei giovani del Movimento dei Focolari dal nome #daretocare – in continuo aggiornamento sul sito dello United World Project -, cioè “osare e prendersi cura”, farsi carico delle nostre società e del pianeta. Cosa c’entra #daretocare con la politica? Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari credeva che ci fosse una vera vocazione alla politica, una chiamata personale percepita nella propria coscienza e nata da certe circostanze, ispirata da un bisogno sociale debole che sta chiedendo aiuto, da un diritto umano violato o dal desiderio di fare qualcosa di buono per la propria città o nazione. Ma è valido ancora oggi? Javier Baquero da Bogotá in Colombia, Cristina Guarda dall’Italia e Frantisek Talíř da Zubčice in Repubblica Ceca ci aiutano a rispondere a questa domanda. Loro sono giovani del Movimento dei Focolari e fanno parte della rete del Movimento Politico per l’unità, espressione dei Focolari per una cultura dell’unità in politica.
“Ho lavorato in politica da quando avevo 13 anni e formalmente al governo da quando ne avevo 18 – racconta Javier che oggi lavora all’ufficio del sindaco di Bogotá -, e ho lavorato con persone che hanno integrità, che hanno la capacità di affrontare la corruzione, che sono trasparenti. Quindi forse ci sono persone corrotte, ma sono solo alcune. Per me il principio più importante in politica è il servizio. Perché uno mette le proprie conoscenze, abilità, professioni al servizio di una società, dell’umanità, del pianeta. E non lo fai da solo ma insieme ad altre persone. Quindi, il principio che dovrebbe guidare ogni politico è il servizio, un atteggiamento di servizio per rispondere ai bisogni di una società. #daretocare, osare e prendersi cura significa innanzitutto sentire ed essere vicino ai problemi della mia città ma non solo: è pensare e costruire politiche pubbliche per risolvere questi problemi”.
Cristina che negli ultimi cinque anni è stata in politica aggiunge: “Sì, lo so, a volte mi sento disgustata osservando l’odio creato da alcuni politici, la cospirazione del silenzio, la pigrizia o la sordità di fronte ad alcuni problemi complessi. Ma per questo motivo, io e noi dobbiamo agire e fare del nostro meglio. Nella mia azione politica voglio esprimere il mio intenso amore per gli altri facendo del mio meglio per aiutarli a vivere meglio, per alleggerire le loro preoccupazioni e dare loro tutti gli strumenti per realizzare le loro vite così come le sognano”.
“La politica non è male in sé. La politica è fatta da politici, che possono essere più o meno bravi a farla – afferma František, attivista politico regionale. Ecco perché è necessario che i nuovi politici entrino sempre in questo campo e provino a farlo nel miglior modo possibile. Parlare di politica come un servizio è ciò che Papa Francesco mi ha suggerito quando ci siamo conosciuti un anno e mezzo fa. Penso che questa sia la ricetta per una buona politica. La chiave sta realmente nel servire gli altri. Il punto cruciale è il mio pensiero: faccio politica per me stesso o lo faccio per servire? E ogni volta che devo prendere una decisione – piccola o grande – posso scegliere: sto mettendo me stesso per primo o gli altri? E se gli altri vengono messi al primo posto allora andrà tutto bene”! Ecco perché è importante creare reti, pensare e agire a favore del bene comune, prendersi cura di tutti. Per seguire gli eventi della campagna #daretocare visitate il sito dello United World Project.
A cura dei giovani dei Focolari
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Ago 18, 2020 | Cultura
Quali sono le prospettive future dell’Istituto universitario? Come rispondere alle esigenze educative dei giovani di oggi? Lo abbiamo chiesto al Rettore, il prof. Giuseppe Argiolas, nominato il 20 febbraio scorso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica della Santa Sede. Il prof. Giuseppe Argiolas, Rettore dell’Istituto universitario Sophia dal 20 febbraio scorso ci spiega quali sono le prospettive future dell’università.
Oggi Sophia è un Ateneo universitario. Da pochi mesi infatti c’è la Sua figura di Rettore dell’università. Che vuol dire e quali cambiamenti ci saranno per gli studenti? “Siamo al primo cambio della guardia per Sophia, e questo coincide anche con l’attribuzione da parte della Congregazione per l’Educazione Cattolica del titolo di “Rettore” a colui che prima era il Preside. Si tratta effettivamente di un riconoscimento dello sviluppo che Sophia ha avuto in questi 12 anni, per il quale esprimiamo gratitudine. Le sfide affrontate sono state enormi, Chiara ha fondato questa Università in un lampo e così, tutti i docenti, il personale amministrativo e gli studenti della prima ora e coloro che si sono poi aggiunti, hanno fatto un lavoro straordinario. Abbiamo appena attivato 4 corsi di laurea magistrale con vari indirizzi di specializzazione: “Economics and management” (indirizzo in «Management for a Civil and Sustainable Economy»), “Scienze politiche” (indirizzo «Fraternità nella res publica. Basi teoriche e linee operative» ed indirizzo «Governance dei beni comuni»), “Ontologia trinitaria” (indirizzo in «teologia» ed indirizzo in «filosofia») e “Cultura dell’unità” (indirizzo in «Pedagogia di comunione per una cultura della pace» e indirizzo «Processi comunicativi e mediazione interculturale e interreligiosa»). La Scuola di Dottorato è ormai una realtà consolidata e stiamo sviluppando la Scuola di post-dottorato a servizio di giovani ricercatori. Chiara Lubich ha visto Sophia come una università globale, un’unica università con diverse sedi. In America Latina vediamo nascere Sophia ALC (America Latina e Caraibi), ma le prime gemme si intravedono anche in Africa ed in Asia. Il nostro compito sarà quello di considerare questi progetti nello spirito di una Sophia unitaria che si esprime nella diversità dei contesti nei quali si sviluppa”. L’emergenza Covid-19 ha inciso non poco sulle lezioni: come sta proseguendo la didattica? “Grazie all’impegno di tutti è stato possibile continuare lezioni, esami e far completare agli studenti il percorso accademico, utilizzando gli strumenti che la tecnologia oggi offre. Abbiamo anche attivato dei webinar dedicati alla Pandemia per offrire il nostro contributo di riflessione e di azione su un tema così delicato e urgente, e lo abbiamo fatto a partire dalle diverse discipline scientifiche attivando un dialogo interdisciplinare, internazionale ed intergenerazionale. Il nuovo anno accademico parte regolarmente in forma presenziale ed al tempo stesso on-line, per gli studenti che non potranno recarsi a Sophia a causa delle restrizioni internazionali causate dal Covid-19”. Quali sono le prospettive per il futuro? Come vede Lei Sophia fra 10 anni? “Sophia è stata capace di mantenere la spinta carismatica e nella fedeltà al carisma, innovare. Penso che dobbiamo continuare su questa linea: mantenere la fedeltà al Carisma con la specificità che esso contiene per leggere i segni dei tempi. Papa Francesco ce lo ha detto con le tre parole – «Sapienza, Patto, Uscita» – che ci ha rivolto nell’incontro che abbiamo avuto con lui lo scorso novembre, dandoci un riferimento sicuro per il nostro futuro. Così, vorrei sviluppare Sophia su tre fronti: la didattica, andando avanti nella direzione intrapresa ma con grande attenzione e sensibilità per rispondere adeguatamente alle necessità educative dei giovani; la ricerca, valorizzando lo sviluppo delle varie discipline e favorendo una sempre più marcata interdisciplinarietà, indispensabile nella ricerca scientifica attuale; il rapporto con le altre agenzie del Movimento dei Focolari e con altre Istituzioni Universitarie e culturali, perché il servizio che offriamo in favore del bene comune sia sempre più incisivo. Cercheremo di fare questo, insieme, in unità, con tutta la passione che possiamo esprimere. Si conclude la fase fondativa, per certi aspetti, e comincia la fase di consolidamento e sviluppo. Ciò che non deve cessare è la spinta carismatica, questa deve continuare, anzi ci dovrà accompagnare sempre come Stella Polare nel cammino che abbiamo appena iniziato e che siamo chiamati a percorrere assieme a tanti compagni di viaggio con «gioia, visione e decisione»”.
Lorenzo Russo
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Ago 17, 2020 | Chiara Lubich
La presenza di Gesù, il Risorto, in mezzo a due o più persone riunite nel suo nome è uno dei punti cardini della spiritualità dei Focolari. Il movimento, infatti, si sente chiamato “generare” questa sua presenza in tutti gli ambiti dell’esistenza umana. Ma cosa fare quando ci si trova da soli? Chiara Lubich propone una ginnastica spirituale. Oggi ci tocca spesso d’accostare, nel mondo in cui viviamo, persone anche rette e buone che non sentono però il bisogno di credere. C’è chi fra loro ne avrebbe pure il desiderio, ma, immerso in un mondo che dovrebbe essere cristiano, e spesso non lo è, non trova la forza di fare il passo e attende, ponendosi fra coloro che si dicono in ricerca. […] Attende, magari inconsciamente, di incontrarsi un giorno con Gesù. Ed è qui […] che si constata di estrema attualità, opportunità e urgenza la nostra spiritualità e (quel punto che, abbreviato, definiamo: «Gesù in mezzo»). […] Egli attesta, dimostra di non essere una realtà soltanto di un tempo passato, perché è Colui che, mantenendo la sua promessa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo»[1], è presente, vivo, luminoso, amante anche oggi tra i fratelli. Portare Lui in mezzo a noi è il nostro grande dovere. E lo possiamo, attuando i suoi comandi, che si riassumono nel comandamento nuovo vissuto sul modello di Gesù abbandonato. Vivere però i suoi comandi – ha detto Lui – è portare un giogo leggero e soave. […] Ma, può essere sempre così? In genere sì. Si esigono però due o più persone unite nel suo Nome. E quando fossimo soli? O non fossimo da altri compresi nell’amore? Noi sappiamo che con l’abbraccio di Gesù abbandonato, in momenti del genere, possiamo mantenerci in piedi, in pace e anche nella gioia, e possiamo lavorare, pregare, studiare, vivere con la pienezza nel cuore. Vi possono essere però momenti in cui sembra difficile poter definire leggero e soave il giogo del Signore. Vi sono periodi, ad esempio, in cui la salute non regge e influisce anche sull’anima, e ci chiude in noi stessi, rendendoci quasi incapaci di rapportarci con i fratelli. […] O morti improvvise, o incidenti imprevisti che ci tolgono il respiro e ci sembra difficile altri possano capire. O il manifestarsi di una malattia, che si può pensare mortale… O…, o… Sono tutte circostanze dolorose, che Dio permette per lavorarci con quel mezzo da cui nel cristianesimo non si può prescindere, e che Gesù stesso ha provato: la croce. Come comportarsi in questi frangenti? Cercare di gioire, almeno con la volontà, per essere un po’ come Lui, abbandonato, gettando ogni preoccupazione nel cuore del Padre[2]. Rimanere in una continua offerta, aiutati dalla grazia del momento, che non mancherà, finché Dio farà tornare in pieno il sereno sulla nostra anima provata. Tener presente però che dobbiamo sempre amare i fratelli, naturalmente come possiamo e per quanto possiamo, confidandoci con loro, almeno in linea generale. Dire ad esempio: «Sto passando una prova…». Dirlo per amore, per non venir meno alla comunione. Il comunicare, fra il resto, è sempre il tonico migliore in ogni situazione. Così, Gesù fra noi […] ci porterà a galla anche in questi momenti e ci dimostrerà che, sempre e comunque, il suo giogo può essere leggero e soave.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 24 aprile 1997) Tratto da: “Una ginnastica utile”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 534. Città Nuova Ed., 2019. [1] Mt 28,20 [2] Cf. 1 Pt 5,7 (altro…)
Ago 15, 2020 | Collegamento
Raul e Mitali sono di Mumbai, India, sono sposati con due figlie e sono danzatori. Quando la danza diventa potente strumento di conoscenza reciproca tra tradizioni religiose diverse. A cura di Marcello Vaz.
https://vimeo.com/430374909
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Ago 13, 2020 | Vite vissute
All’età di 100 anni si è spento Padre Bonaventura Marinelli OFMCap, il primo religioso che ha seguito Chiara Lubich. Il ricordo di Padre Fabio Ciardi.
L’ho ricordato pochi giorni fa in occasione del suo onomastico: p. Bonaventura Marinelli. Il 1° agosto 2020 è partito per il cielo, a 100 anni di età, per festeggiare in paradiso il centenario di Chiara Lubich, sua inseparabile coetanea. Che amicizia profonda e fedele! Avendo vissuto a Trento nel convento dei Cappuccini dal 1942 al 1946 come studente di teologia e giovane padre, è stato, come amava dire, “testimone oculare, però a distanza”, degli inizi del Movimento dei Focolari. A distanza perché in quegli anni non erano consentiti grandi contatti. Eppure testimone oculare perché vedeva come vivevano quelle straordinarie “terziarie francescane”. “Dopo il bombardamento del ‘44 – racconta in una lunga conversazione – avevamo Chiara e le sue compagne sempre sotto gli occhi. Venivano a Messa, non nella nostra Chiesa, che era distrutta dai bombardamenti, ma nella sacrestia, che era anche più piccola ed eravamo anche più vicini. Ricordo che per me era ogni volta una impressione molto profonda. Per natura sono abbastanza timido ed ho difficoltà nell’incontro, eppure ricordo che andando alla ‘questua’, durante l’estate, dal ‘43 in poi, mi diventava sempre più facile incontrare le famiglie, la gente, i bambini ecc. Non era dovuto alla mia natura; questo nuovo modo di vedere mi veniva dalla vita che vedevo in Chiara e le sue compagne. Nel ‘46, i miei superiori mi mandarono in Svizzera all’università, ero già sacerdote da un anno. I primi mesi ricevevo lettere dai miei compagni, coi quali avevo fatto il patto di unità. Ad un certo momento, il vuoto, il silenzio: era cominciata l’inchiesta del Sant’Ufficio, ma io non lo sapevo. Da parte mia è stato uno scivolare progressivo in un senso di desolazione inesprimibile. Fino al 23 aprile del ‘48. Ero andato a Trento per le votazioni e quella mattina, prima di tornare in Svizzera, mi sono incontrato con Chiara. Mi ha rimesso nella festa ma in un modo più profondo, ho capito che quel che vale è amare. Sembrava di toccare il cielo col dito. Arrivato a Friburgo le ho scritto una lettera, la prima lettera”. Inizia così una corrispondenza che ha consentito a Chiara di comunicare quando viveva in quel periodo. Grazie a p. Bonaventura oggi abbiamo un patrimonio inestimabile di scritti, alcuni notissimi, come la lettera del 30 marzo 1948, quando gli confida: “Il libro di Luce che il Signore va scrivendo nella mia anima ha due aspetti: una pagina lucente di misterioso amore: Unità. Una pagina lucente di misterioso dolore: Gesù abbandonato”. Quelle lettere testimoniano il rapporto profondo che si è presto instaurato tra i due. 11 maggio 1948: “La sua lettera m’ha confermato il pensiero che m’ero fatto dell’anima sua, molto amata dal Signore e vorrei in un attimo, in un baleno donarle tutto il mio, tutto quello che Dio ha edificato in me sfruttando il mio nulla, la mia debolezza, la mia miseria. (…) Quello che dunque oggi le voglio scrivere è che l’unità che Dio ha fatto, non dobbiamo romperla. (…) S. Francesco non è contento finché Lei non lo rivive e non Lo fa rivivere nei fratelli suoi. – Incominci. Riuscirà”. 8 settembre sempre del 1948: “Quanta gioia mi ha dato per mezzo della sua lettera. C’è Gesù. L’ho provato nella sua sete di ‘vita’, nell’ottimismo che contiene e pullula qua e là, soprattutto nella pace che genera il desiderio di amarlo di più, di più. Stia certissimo che – finché non lascio Gesù (e quando sarà mai? In Paradiso l’avrò ancor più) – non lascio di seguire con occhio vigile e fraterna cura, l’anima sua”. 27 gennaio 1951: “Non può immaginare quanto la sua anima stia ‘penetrando’ (letteralmente! … quasi da sentirne fisicamente l’effetto!) nella mia”. Ricordo la gioia di quando si incontravano e con normalità parlavano fra di loro in trentino… Coetanei, eppure lui si sentiva discepolo e lei sua madre. In una delle prime lettere Chiara si firmò semplicemente “s.m.”, che Bonaventura interpretò subito come “sua madre”. Le risposte firmandosi “s.f.” (suo figlio), e anche Chiara comprese. Una focolarina ricorda che Chiara, salutandolo nel 2000, disse: “Il mio primo figlio religioso!”. Una vita lunga, quella di p. Bonaventura, che lo ha visto professore di Sacra Scrittura, traduttore dal tedesco di commentari biblici, con incarichi importanti nel suo Ordine: provinciale, formatore, definitore generale… Poi chiamato da Chiara a dirigere il Centro internazionale di spiritualità per i religiosi a Castel Gandolfo (Roma) e a Loppiano, la cittadella dei Focolari in Italia. Schivo e di straordinaria umiltà, ha saputo testimoniare senza ostentazione e con sincerità l’Ideale che Chiara gli aveva trasmesso. “Vero bambino evangelico, nella sapienza e semplicità di vita”, ha scritto un confratello. I ricordi personali non mancano, a cominciare da quando nel 1978 andammo insieme in Canada, per un mese intero, ad animare una scuola di formazione per religiosi. Ho poi vissuto in comunità con lui a Castel Gandolfo. Tra l’altro nel mio diario, in data 10 novembre 1999, quando già ci aveva lasciato per un nuovo compito, leggo di una sua visita: “Arriva Bonaventura, ed è aria di festa, come al solito”. Mi ha colpito quel “come al solito”. Ma forse il momento più bello è stato il 18 marzo 2008, quando abbiamo partecipato insieme al funerale di Chiara a Roma alla Basilica di San Paolo fuori le mura. Al termine della celebrazione mi chiese di accompagnarlo alla bara, infrangendo il rigido protocollo. Era ormai anziano e faceva difficoltà ad abbassarsi, ma giunto alla bara si inginocchiò, l’abbracciò e la baciò. Anch’io allora mi inginocchiai a baciare la bara (ma l’espressione non rende… era proprio baciare Chiara). Fu come si rompesse una diga: tutti iniziarono a circondare la bara e a baciarla… Ma quello di Bonaventura rimase il gesto unico del figlio verso la madre. Anche a me ha voluto sempre bene. In una delle ultime lettere mi scriveva: «Ti ricordo e ti ricorderò sempre con riconoscenza e spero di aver ancora la gioia di incontrarti personalmente. Questa mattina ti ho affidato in modo particolare a s. Francesco. Un abbraccio!”.
Fabio Ciardi OMI
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Ago 12, 2020 | Focolari nel Mondo
Gratitudine per la solidarietà ricevuta e impegno, insieme a diverse comunità religiose, per far risorgere un Paese messaggero di pace. Il Libano come sappiamo è un Paese ancora sotto shock. E Beirut, città irriconoscibile, ha un paesaggio apocalittico: distruzione, tensioni altissime, dolore, rabbia, sfociate anche in episodi di violenza.
E proprio da questa terra ferita è partita, quale giorno fa, una lettera della comunità dei Focolari del Libano indirizzata a tutti i membri del Movimento nel mondo. “Con queste righe – si legge nella lettera – ci preme far arrivare ad ognuno di voi un grazie personale da ciascuno di noi, commosso, profondo, immenso per la vicinanza immediata che ci è stata manifestata, da tutte le parti del mondo, dai grandi e dai piccoli, dai lontani e dai vicini, con telefonate e messaggi”. “Svegliandoci ogni giorno – continuano i membri della comunità dei Focolari – e scoprendo sempre di più l’immensità della catastrofe, i danni materiali, i numerosi ospedali resi inutilizzabili, l’aria inquinata che si respira, ci sentiamo dei ‘sopravvissuti’. Ognuno di noi avrebbe potuto essere sul luogo del dramma. O magari lo era e una mano provvidenziale, gli ha fatto cambiare stanza. Ci ritroviamo però in quello che ha detto una giovane, appena uscita da un ascensore che con l’esplosione è stato sventrato: sentiamo che una nuova vita che ci è data”. Raccontano poi che per le strade, dove tutto sembra gridare disperazione “tantissima gente dal nord al sud, appartenenti alle varie comunità religiose, lavorano per sgomberare le macerie, portando ognuno nel proprio modo, la testimonianza che la ‘risurrezione’ vincerà sulla morte della città, del Paese, dei sogni di molti”. “Insieme a voi – concludono – vogliamo andare avanti perché rinasca un Libano messaggero di pace, di unità, di fraternità tra tutti, un bozzetto di mondo unito”.
a cura di Anna Lisa Innocenti
Si è attivato il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari, che interverrà attraverso le organizzazioni AMU e AFN. Per chi vuole collaborare, sono stati attivati i seguenti conti correnti:
Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU)
IBAN: IT58 S050 1803 2000 0001 1204 344 Codice SWIFT/BIC: CCRTIT2T presso Banca Popolare Etica
Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN)
IBAN: IT11G0306909606100000001060 Codice SWIFT/BIC: BCITITMM presso Banca Intesa San Paolo CAUSALE : Emergenza Libano – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – I contributi versati sui due conti correnti con questa causale verranno gestiti congiuntamente da AMU e AFN. Per tali donazioni sono previsti benefici fiscali in molti Paesi dell’Unione Europea e in altri Paesi del mondo, secondo le diverse normative locali. I contribuenti italiani potranno ottenere deduzioni e detrazioni dal reddito, secondo la normativa prevista per le Onlus, fino al 10% del reddito e con il limite di € 70.000,00 annuali, ad esclusione delle donazioni effettuate in contanti.
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Ago 11, 2020 | Famiglie
I 100 anni di Danilo Zanzucchi. Focolarino sposato – fra i primi sulla scia di Igino Giordani – Danilo ben presto diventerà, con la moglie Anna Maria, la coppia guida di Famiglie Nuove a livello mondiale.
Chiara ha sempre avuto una predilezione per quel giovane ingegnere che, dopo aver eretto le sue prime importanti costruzioni nel nord d’Italia (“ancora tutte in piedi” assicura Danilo con orgoglio), lascia una promettente carriera per trasferirsi nella capitale e collaborare a tempo pieno come famiglia alle finalità del Movimento dei focolari. Ma la stima di Chiara Lubich per Danilo è soprattutto per aver saputo cogliere nella sua interezza, il carisma che lo Spirito le aveva consegnato. Fra i suoi primi incarichi, la collaborazione alla costruzione del Centro Mariapoli a Rocca di Papa che diventerà sede internazionale del Movimento. Focolarino sposato – fra i primi sulla scia di Igino Giordani – Danilo ben presto diventerà, con la moglie Anna Maria, la coppia guida di Famiglie Nuove a livello mondiale, mettendo a punto, nei decenni che seguiranno, un’innovativa quanto efficace pastorale famigliare apprezzata a tutte le latitudini per la ricca spiritualità cui attinge e per la sua apertura alle istanze della contemporaneità. Danilo non è passato inosservato neppure ai vertici ecclesiastici, colpiti dalla sua brillante presenza, dalle sue competenze, dalla sua profonda interiorità. Presidente diocesano degli uomini cattolici nella sua Parma (Italia), trasferito a Roma diventerà consultore e, successivamente, membro del dicastero vaticano per la famiglia. Responsabilità queste ultime che lo hanno visto, insieme ad Anna Maria, ospite più volte nella dimora di papa Wojtyla e testimonial del servizio alla famiglia in trasmissioni televisive anche mondovisione. È il pontefice polacco che in una sua visita (1984) al centro internazionale del Movimento accolto da Danilo, non ha esitato a promuoverlo simpaticamente “ministro degli esteri dei Focolari”. Una collaborazione che ha continuato anche con Benedetto XVI. Significativa la sua richiesta ai coniugi Zanzucchi di scrivere il testo per una delle Via Crucis (2012) al Colosseo di Roma da Egli presieduta. Danilo festeggia i suoi 100 anni con accanto Anna Maria (90), i 5 figli (di cui due focolarini e due focolarini sposati), i 12 nipoti e tutto il mondo focolarino, in particolare le innumerevoli famiglie dei vari continenti delle quali con Anna Maria è stato esempio, confidente, guida, rimanendo per ciascuna un punto di riferimento amabile e sicuro. Le sue condizioni psico-fisiche permangono eccellenti, nonostante che Chiara stessa, con tutti noi, tanti anni fa avesse trepidato per la sua salute, poi ovviamente ben recuperata. Riesce a recarsi alla Messa quasi ogni giorno e non è raro vederlo partecipare ai periodici incontri del suo focolare e a quelli delle famiglie-focolare. Forse per lo speciale disegno di cui è investito, il Signore l’ha preservato anche in due forti episodi della seconda guerra mondiale. Lui stesso racconta che se non fosse stato per il provvidenziale strattone di un commilitone che l’ha spinto altrove, sarebbe morto sotto una bomba che stava schiantandosi proprio dove egli si trovava. Più avanti, a salvarlo dal fuoco di un plotone di esecuzione già schierato è stata la sua conoscenza della lingua tedesca. Ancora oggi, per stemperare momenti un po’ complicati, può capitare che Danilo decida di far gustare uno dei suoi mitici e risonanti discorsi in quella lingua, mettendo tutti di buon umore per le varie licenze lessicali che si concede. La gratitudine dell’intero Movimento Famiglie Nuove per questo secolo della vita di Danilo, tutta donata a Dio e ai fratelli, va alla sua grande figura di uomo. Uomo di fede e di opere. Grazie Danilo per essere un gigante di rettitudine e di tenerezza, un esempio di semplicità e di sapienza, una tempra di condottiero e di artista: un santo della porta accanto. Grazie anche, Danilo, per non aver mai smesso, neppure adesso che hai cent’anni, di impersonare quel bambino evangelico che da sempre traspare dal tuo essere, dal tuo dire, dal tuo fine umorismo, dai tuoi acquerelli, dalle innumerevoli vignette spesso improvvisate su tovagliolini di carta, che magistralmente catturano ed esprimono il meglio che è in ciascuno dei protagonisti cui sono dedicate. TANTI AUGURI DANILO! Dal sito Famiglie Nuove (altro…)
Ago 10, 2020 | Chiara Lubich
La pandemia del Coronavirus è una prova di fuoco non solo per i sistemi sanitari, ma anche per gli impegnati in politica, dal livello comunale a quello internazionale. Il seguente estratto di un discorso di Chiara Lubich può essere chiamato a tutto diritto un “inno alla politica”. È di sfida per tutti i politici, e può riempire i cuori dei cittadini di gratitudine per tutti coloro che giorno per giorno devono fare delle scelte coraggiose. […] Se i nuovi Movimenti, in genere, hanno l’interesse delle cose umane, uno di essi, il Movimento dei Focolari, ha dato origine anche ad una espressione politica: il Movimento politico per l’unità, il cui scopo specifico è appunto la fraternità in politica. […] Si è capito, anzitutto, che esiste una vera vocazione alla politica. Chi crede vi avverte la voce di Dio che gli assegna un compito. Ma anche chi non crede si sente chiamato ad essa, ad esempio, dall’esistenza di un bisogno sociale, da una categoria debole che chiede aiuto… E la risposta alla vocazione politica è anzitutto un atto di fraternità: si scende in campo, infatti, per qualcosa di pubblico, che riguarda gli altri, volendo il loro bene come fosse il proprio. Anzi il compito dell’amore politico è quello di creare e custodire le condizioni che permettono a tutti gli altri amori di fiorire: l’amore dei giovani che vogliono sposarsi e hanno bisogno di una casa e di un lavoro, l’amore di chi vuole studiare e ha bisogno di scuole e di libri, l’amore di chi si dedica alla propria azienda e ha bisogno di strade e ferrovie, di regole certe… La politica è perciò l’amore degli amori, che fa in modo che le persone collaborino tra loro, facendo incontrare i bisogni con le risorse, infondendo in tutti la fiducia gli uni negli altri. La politica si può paragonare allo stelo di un fiore, che sostiene e alimenta il rinnovato sbocciare dei petali della comunità. Nel Movimento politico per l’unità costatiamo che il vivere la propria scelta politica come una vocazione d’amore porta a comprendere che anche coloro che hanno fatto una scelta politica diversa dalla nostra, possono essere stati spinti da una analoga vocazione d’amore. E che anch’essi sono parte – nel loro modo – dello stesso disegno, pur presentandosi come avversari. La fraternità permette di riconoscere il loro compito, di rispettarlo, di aiutarli – anche attraverso una critica costruttiva – ad esservi fedeli, mentre noi siamo fedeli al nostro. Nel Movimento politico per l’unità si pensa che si dovrebbe vivere la fraternità così bene da arrivare ad amare il partito degli altri come il proprio, sapendo che entrambi non sono nati per caso, ma come risposta ad una esigenza storica presente all’interno della comunità nazionale. La fraternità fa emergere i valori autentici di ciascuno e ricostruisce l’insieme del disegno politico di una nazione. Lo testimoniano ad esempio, le iniziative di membri del Movimento politico per l’unità volte a creare un rapporto fraterno tra maggioranza e opposizione, sia a livello di Parlamenti nazionali, sia nel governo delle città, iniziative che si sono tradotte in leggi dello Stato o in politiche locali che hanno unito le città nelle quali si sono realizzate. Così colui che, rispondendo alla propria vocazione politica, inizia a vivere la fraternità, si immette in una dimensione universale che lo apre all’umanità intera. E si chiede se ciò che sta decidendo, pur rispondendo agli interessi della propria nazione, non porti ad un danno per le altre. Il politico dell’unità ama la Patria degli altri come la propria.
Chiara Lubich
Da: Chiara Lubich, L’Europa unita per un mondo unito. Discorso al Movimento Europeo, Madrid (Spagna), 3 dicembre 2002 (altro…)
Ago 8, 2020 | Collegamento
Brani di vita e quotidianità di Somjit Suwanmaneegul, buddista, di Chiang Rai in Tailandia. Dall’incontro con Giovanni Paolo II ad oggi. A cura di Stefania Tanesini e Lorenzo Giovanetti. https://vimeo.com/430659266 (altro…)