Movimento dei Focolari

Chiara Lubich: un’unica via

Oltre la staccionata della libertà e dell’uguaglianza. A 20 anni di distanza dalla caduta delle Torri Gemelle le parole di Chiara Lubich sull’attentato che ha cambiato le sorti del mondo risuonano più che mai attuali e ci ricordano quale sia l’unica via percorribile per la pace. All’indomani dell’11 settembre, molti di noi hanno avvertito l’esigenza di riflettere a fondo sulle cause, ma soprattutto di impegnarsi per un’alternativa vera, responsabile, decisa, al terrore ed alla guerra. (…) In molti ci chiediamo oggi, a New York come a Bogotà, a Roma come a Nairobi, a Londra come a Baghdad, se sia possibile vivere in un mondo di popoli liberi, uguali, uniti, non solo rispettosi  dell’identità dell’altro, ma anche solleciti alle rispettive necessità. (…) Da più punti della terra, oggi, sale il grido di abbandono di milioni di rifugiati, di milioni di affamati, di milioni di sfruttati, di milioni di disoccupati che sono esclusi e come “recisi” dal corpo politico. E’ questa separazione, e non solo gli stenti e le difficoltà economiche, che li rende ancora più poveri, che aumenta, se possibile, la loro disperazione. (…) Libertà ed uguaglianza, dinanzi alle sfide del presente e del futuro dell’umanità, non sono da sole sufficienti. La nostra esperienza ci insegna che c’è bisogno, crediamo, di un terzo elemento, lungamente dimenticato nel pensiero e nella prassi politica: la fraternità. (…) E’ la fraternità che può far fiorire progetti ed azioni nel complesso tessuto politico, economico, culturale e sociale del nostro mondo. E’ la fraternità che fa uscire dall’isolamento e apre la porta dello sviluppo ai popoli che ne sono ancora esclusi. E’ la fraternità che indica come risolvere pacificamente i dissidi e che relega la guerra ai libri di storia. E’ per la fraternità vissuta che si può sognare e persino sperare in una qualche comunione dei beni fra Paesi ricchi e poveri, dato che lo scandaloso squilibrio oggi esistente nel mondo è una delle cause principali del terrorismo. Il profondo bisogno di pace che l’umanità oggi esprime, dice che la fraternità non è solo un valore, non è solo un metodo, ma un paradigma globale di sviluppo politico. Ecco perché un mondo sempre più interdipendente ha bisogno di politici, di imprenditori, di intellettuali e di artisti che pongano la fraternità – strumento di unità – al centro del loro agire e del loro pensare.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Messaggio alla Prima Giornata Mondiale dell’Interdipendenza, Filadelfia, USA, 12 settembre 2003 in Discorsi in ambito civile ed ecclesiale, a cura di Vera Araujo, Città Nuova, Roma, 2020, pp. 111-113)   (altro…)

Mai dimenticare: ricordare l’11 settembre

Mai dimenticare: ricordare l’11 settembre

La solidarietà condivisa sull’11 settembre da cattolici e musulmani ad Indianapolis (Usa) continua. Nei giorni successivi agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, molti musulmani americani hanno subito un contraccolpo aggressivo e talvolta violento da parte dei loro connazionali, perché gli uomini che quel giorno dirottarono gli aerei di linea erano estremisti musulmani. Il Nur-Allah Islamic Center di Indianapolis è stato oggetto di molteplici minacce di attentato nei giorni successivi all’11 settembre. Così, quando i musulmani del centro si sono riuniti per la preghiera il venerdì dopo gli attacchi, sapevano che potevano diventare loro stessi vittime di un attacco. Ma non erano soli. Ad unirsi a loro quel giorno c’erano alcuni dei loro amici cattolici che erano membri dei Focolari, un movimento ecclesiale laico internazionale nella Chiesa che, tra le altre cose, promuove una maggiore unità nella più ampia famiglia umana. “È stata un’esperienza molto emozionante”, ha detto il membro di Nur-Allah David Shaheed, che ha anche servito come giudice della contea di Marion dal 1996. “Si sono sentiti legati a noi. Hanno sentito che eravamo amici e vicini di casa. Hanno messo a rischio la loro vita per essere con noi in un momento così storicamente tumultuoso e spaventoso”. John Mundell, un membro della parrocchia di San Pio X l’11 settembre, faceva parte del gruppo dei Focolari che venne a Nur-Allah il 14 settembre 2001. “Quell’esperienza è stata probabilmente uno dei momenti più sacri della mia vita”, ha detto. “Quando siamo entrati come gruppo e ci hanno visto, si poteva dire dallo sguardo sui loro volti che si rendevano conto che ciò che avevamo stabilito era reale. Non c’era niente di falso o superficiale”. I membri dei Focolari sapevano che scegliere di stare con i loro amici del Nur-Allah dopo le minacce di bombardamento contro il loro centro poteva mettere in pericolo le loro vite. Ma la loro relazione reciproca era abbastanza importante per loro che hanno accettato quel rischio. “La nostra fede cattolica ci chiamava ad essere lì con loro”, ha detto Mundell, ora membro della parrocchia di Nostra Signora di Lourdes a Indianapolis. “Questo è stato il punto in cui la gomma ha incontrato la strada. Dentro di te, sai qual è la cosa giusta da fare, ma poi devi dire, ‘Sì, lo stiamo facendo’. “Per fortuna, quel giorno non ci sono stati attacchi. Ma alcuni membri di Nur-Allah hanno così apprezzato la solidarietà mostrata loro dai loro amici cattolici che si sono uniti a loro per la messa due giorni dopo nella chiesa di San Pio X. “Era amore reciproco”, ha detto Mundell. “Ti allungavi con amore e poi ricevevi questa specie di onda [d’amore] indietro. Era una sensazione sacra. In qualche modo c’era la presenza di Dio in questa relazione che avevamo stabilito”. Quella relazione era iniziata nel 1997 e seguiva l’esempio di Chiara Lubich, la fondatrice italiana dei Focolari, che aveva raggiunto W.D. Muhammed, il leader di un ramo dell’Islam negli Stati Uniti composto principalmente da neri americani. Negli anni che seguirono l’inizio della relazione a Indianapolis, i membri dei Focolari e Nur-Allah ospitarono incontri di cattolici e musulmani che attiravano persone da tutto il Midwest. Uno aveva avuto luogo a Indianapolis meno di due mesi prima dell’11 settembre. Ma gli eventi di quel giorno hanno rapidamente approfondito il loro rapporto in modi che non avrebbero potuto immaginare. “Ci sono momenti in cui Dio ci chiama all’unità attraverso il dolore”, ha detto Michael Saahir, l’imam residente di Nur-Allah. Questa, per lui, è una lezione duratura dell’11 settembre, che teme venga dimenticata con il passare degli anni. “Troppo spesso, quando il dolore si placa, noi dimentichiamo”, ha detto Saahir. “Tendiamo a dimenticare troppo facilmente. O non ci prendiamo nemmeno il tempo di studiare le lezioni che ne derivano. E l’unità della famiglia umana è la principale”. Negli ultimi anni, i membri del Focolare di Indianapolis sono diventati più consapevoli del dolore provato dai loro amici musulmani neri a causa della loro razza. “Non siamo perfetti come americani, come cattolici nell’abbracciare questa idea di fratellanza e sorellanza universale”, ha detto Mundell. “Abbiamo una lunga strada da percorrere. C’è un aspetto razziale su cui dobbiamo continuare a lavorare e ascoltare”. I membri dei Focolari e di Nur-Allah si stanno impegnando affinché le lezioni dell’11 settembre e altre lezioni siano ricordate. Nei mesi e negli anni che sono seguiti a quel giorno, persone di entrambe le comunità di fede sono state invitate nelle parrocchie di tutta l’arcidiocesi e oltre e nelle università per parlare della loro esperienza e relazione interreligiosa. Quando Mundell ha iniziato a ricevere questi inviti, ha cominciato a riconoscere un significato ai semplici legami personali che erano stati creati con i suoi amici musulmani nel 1997. “Ci ha fatto capire l’unicità di quella relazione e che non era più destinata solo a noi”, ha detto. “Era destinato ad essere condiviso con tutti”. “La gente ha bisogno di vedere un modello o un esempio”, ha detto Saahir. “Sono grato che la nostra relazione con i Focolari sia un modello, non solo per i musulmani e i cattolici, ma per chiunque possa vedere che questo è fattibile e ha una lunga durata”. Mundell e Saahir sperano che la longevità della relazione tra le loro due comunità continui nella prossima generazione”. “È come trasmettere la propria fede”, ha detto Mundell. “La prossima generazione deve assumerla come propria. Devono avere la loro esperienza. Questo è qualcosa che faremo per il resto della nostra vita. Le relazioni devono essere continuamente rinnovate e ricostruite”.

Di Sean Gallagher per “The Criterion”, 3 settembre 2021

Al servizio della Chiesa nell’Indianapolis centrale e meridionale (Usa) dal 1960

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Vangelo Vissuto: la chiamata al servizio

Nonostante le fragilità e le paure dei discepoli, Gesù ha fiducia in loro e li chiama a seguirlo, per condividere la sua missione: servire tutti. Servire, non tanto come uno schiavo, che è costretto al suo lavoro, ma come una persona libera che offre generosamente le sue capacità e le sue forze. Solidarietà per i rom La pandemia ha acuito i problemi sociali del nostro territorio. E uno dei problemi più gravi da noi è quello abitativo: tante persone non sanno come risolverlo e vivono in situazioni di angustia e anche di grave degrado. Quando, come parrocchia, abbiamo aiutato una famiglia rom a trasferirsi da una baracca umida e fatiscente in un’abitazione più dignitosa, questo gesto ha contribuito a superare certi preconcetti; come dire se don Peppino e gli altri parrocchiani accolgono degli stranieri rom, vuol dire che sono persone come noi, che possiamo e dobbiamo poter aiutare. Per loro si è attivata una vera gara di solidarietà c’è stato chi ha donato i mobili, chi ha provveduto a trasportarli e a montarli, chi si è occupato del contratto, chi delle utenze. M., mamma rom di due bimbi bellissimi, appena di ritorno dall’ospedale dov’era stata ricoverata per il Covid-19, mi ha detto: “Sono commossa e volevo ringraziarvi, perché non mi sono mai sentita voluta bene come mi volete bene voi e tutta la comunità”. (Don Peppino – Italia) Fai agli altri… A scuola avevo un compagno di classe svogliato e molto scadente in matematica. Più volte l’avevo incitato a impegnarsi di più nello studio, ma senza risultato. Alla verifica del primo semestre è risultato insufficiente: umiliato davanti a tutti, ha pianto. Anche se non aveva ascoltato il mio consiglio ed era colpa sua, mi tornava in mente “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te” e ho pensato di aiutarlo. Mi sono offerto per dargli ripetizioni di matematica e lui, sorpreso e felice, ha subito accettato. Non è stato facile portarlo a un livello accettabile, ma è avvenuto un piccolo prodigio: nella tesi del secondo semestre ha preso più della sufficienza! (Radu – Romania) Prossimità Una decina di anni fa, quando vivere in Siria era diventato difficile per noi cristiani, ci chiedemmo se fosse il caso di rimanere. Tanti parenti e amici avevano scelto di partire e dalle notizie ricevute sembravano aver trovato ambienti sereni, senza rumori di armi, terrori e pericoli. Eppure, anche se facciamo poco, ci sembra che la nostra presenza qui, giorno dopo giorno, corrisponda a una vera missione. Non si tratta tanto di testimonianza di fede o di fedeltà alla patria, ma di prossimità, quella di cui parla papa Francesco. Siamo certi che anche per i nostri figli questa situazione, anche se non rimane facile, risulterà una grande maestra di vita. (V.M. – Siria)

a cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, settembre-ottobre 2021)   (altro…)

Focolari al lavoro per accogliere i profughi afghani

Il Movimento dei Focolari è impegnato in vari Paesi del mondo nell’accoglienza dei profughi afghani. In Italia ad oggi sono circa 400 le persone che, a vario titolo, hanno dato la loro disponibilità ad aprire le porte ai profughi. Immediata la risposta di singoli, famiglie e intere comunità, da Milano a Ragusa. In Italia il Movimento dei Focolari ha lanciato un appello per concretizzare l’accoglienza già dopo i primi ponti aerei che hanno portato i profughi afghani nel nostro Paese: dal 26 agosto è partito infatti un invito attraverso le comunità locali dei Focolari e le tante persone impegnate a vari livelli in reti locali o nazionali per l’accoglienza e l’accompagnamento degli immigrati. L’appello invita a valutare la possibilità di aprire i centri del movimento, istituti religiosi, canoniche, case parrocchiali, ma anche le proprie case; a intercettare chi sia disposto a collaborare per questa emergenza affiancando i profughi in arrivo; ad avviare collaborazioni con enti e organizzazioni locali. Un lavoro in itinere, che deve coniugare l’iniziativa privata con i sistemi di accoglienza predisposti dal Ministero dell’Interno, e che sta già muovendo i primi passi concreti, in consonanza con quanto auspicato da papa Francesco nell’Angelus di domenica 5 settembre, che tutti gli afghani “sia in patria, sia in transito, sia nei Paesi di accoglienza”, possano “vivere con dignità, in pace e fraternità coi loro vicini”. Le risposte non hanno tardato ad arrivare: singole persone hanno messo a disposizione la loro esperienza professionale, le proprie abitazioni, o case libere. Tra i primi a rispondere all’appello, un’infermiera di Bergamo: “Tra un turno e l’altro, sono a disposizione per qualunque necessità”. Altri hanno offerto le proprie competenze legali, sanitarie, o relative alla formazione scolastica. Una famiglia della Lombardia, con cinque figli piccoli, si è detta disponibile ad ospitare un bambino. Non solo famiglie, ma intere comunità che rispondono all’invito del Papa ad aprire canoniche e chiese. Il mondo religioso si interroga su come mettersi a disposizione: è così per un gruppo di religiosi dei paesi vesuviani. Ci sono poi intere comunità focolarine – come a Pesaro, Milano, Cosenza – che si sono riunite per unire le forze e trovare un luogo da mettere a disposizione per accogliere qualcuno. Proseguono anche i contatti con alcuni enti e cooperative dalle idealità condivise, che possano sostenere ed affiancare con gli strumenti idonei questa accoglienza fatta in famiglia, come la cooperativa Fo.Co. (Chiaramonte Gulfi, RG) e l’associazione Nuove Vie per un Mondo Unito (Roma). Ancora nel Lazio, a Marino, l’accoglienza è già in atto da parte della cooperativa e onlus Una città non basta, che si è attivata immediatamente. Al Centro Mariapoli di Castelgandolfo alcune famiglie afghane sono state ospitate fin dai primi giorni dell’emergenza. In varie città d’Italia, lo scorso 28 agosto, si è partecipato all’iniziativa promossa da Economy of Francesco per i diritti e la libertà delle donne afghane. Parallelamente va avanti una raccolta di fondi, con piccole e grandi cifre – c’è chi non potendo aprire la propria casa ha fatto valutare i gioielli di famiglia – destinate alle associazioni che a livello locale potranno utilizzarli per specifiche esigenze che non si riescono a coprire con i contributi dello Stato. Il conto di riferimento è quello già in uso per l’emergenza covid. I contributi possono essere versati con la causale ACCOGLIENZA AFGHANISTAN.

Maria Chiara De Lorenzo

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Chiara Lubich: 40 giorni

Parole come perfezione e santità possono apparire mete irraggiungibili, Chiara Lubich, partendo da un’affermazione di San Bonaventura, riflette su come sia possibile incamminarci verso di esse iniziando dai più semplici gesti della quotidianità. Ho trovato un pensiero sulla santità, attribuito a san Bonaventura, che molti di noi senz’altro conoscono, ma che, forse, non è vivo ancora nella nostra vita. (…) Quel pensiero ha suscitato nel mio cuore il grande desiderio di metterlo in pratica con tutti voi. Non dobbiamo, forse, farci santi insieme?  È l’affermazione di un santo, che di vie per andare a Dio se ne intende. Egli, con audacia, assicura che una persona va più avanti spiritualmente in quaranta giorni, se non si ferma nelle valli delle imperfezioni e dei peccati veniali, di chi vi sosta, in quarant’anni. Bello, no? Mi sono naturalmente chiesta: “In che consistono le imperfezioni e i peccati veniali”? Certo, si potrebbe farne un lungo elenco… Senz’altro sono l’opposto della perfezione. E in che cosa consiste la perfezione? Nel vivere la carità: “la carità che è il vincolo della perfezione”,  dice san Paolo[1]; “Siano perfetti nella carità”, così prega Gesù nell’ultima cena, come ricorda il Vangelo di Giovanni[2]. Quella carità che, se si è in più, come siamo noi, diventa reciproca: “Vi do un comandamento nuovo – dice Gesù –: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”[3]. Bisogna perciò, per non rimanere nelle valli delle imperfezioni e dei peccati veniali, vivere così e, qualora ce lo dimenticassimo o venissimo meno, ricominciare. (…) E da dove conviene cominciare? Da casa. Sì, da casa, iniziando dal mattino, perché così la giornata parte bene. Da casa, perché alle volte ci si impegna a viverlo bene con gli  altri, negli incontri, nei convegni e poi, tornati a casa, magari stanchi, perdiamo con i fratelli la pazienza, il controllo e… addio amore reciproco! (…) Ricordiamocelo. Se così faremo, fra quaranta giorni (…) avremo senz’altro progredito spiritualmente e avremo dato un notevole contributo alla nostra santità personale e a quella di popolo.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Conversazioni in Collegamento telefonico, Roma 2019, p. 561-562) [1] Col 3,14 [2] Cf. Gv 17,23 [3] Gv 13,34 (altro…)

Il tempo del Creato

Intervista a Stefania Papa, nuova responsabile di EcoOne, l’iniziativa culturale ambientale del Movimento dei Focolari, sull’adesione dei Focolari al “Tempo del Creato” e sulle varie iniziative in ambito ambientale. Dal 1 settembre al 4 ottobre di ogni anno si svolge in tutto il mondo il “Tempo del Creato, iniziativa di preghiera e di azioni concrete per salvaguardare e proteggere la nostra casa comune. Stefania Papa è la nuova responsabile di EcoOne, l’iniziativa culturale del Movimento dei Focolari che promuove una rete di docenti, accademici, ricercatori e professionisti che operano nelle scienze ambientali. L’abbiamo intervistata sull’adesione dei Focolari al “Tempo del Creato” e sulle varie iniziative in ambito ambientale. Cos’è “Tempo del Creato”? È un periodo specifico che va dal 1 settembre, Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, al 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi il santo patrono dell’ecologia. Un periodo nel quale le diverse Chiese in tutto il mondo si riuniscono per pregare e per promuovere azioni concrete per salvaguardare e proteggere la nostra casa comune. Quest’anno il tema è: “Una casa per tutti? Rinnovare l’Oikos di Dio” e Oikos in greco significa casa. Perché è importante che diventi sempre più un evento delle diverse Chiese? Per rispondere a questa domanda mi torna in mente un antico proverbio africano che recita così “Se vuoi andare veloce, corri da solo. Se vuoi andare lontano, fallo insieme agli altri”. Lo stesso Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato sì” dice “Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e toccano tutti”. Abbiamo bisogno di “unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”[1]. Questo lo possiamo attuare solo mettendoci insieme, ricercando una sempre più stretta collaborazione e comunione anche tra le varie Chiese cristiane che abitano nel mondo. Siamo nel sesto anno dalla “Laudato si’” del Papa. Eppure c’è ancora tanta strada da fare… Tante altre sono le iniziative nate e portate avanti, ma molto resta ancora da fare. Il compito da svolgere può apparire arduo, ma possiamo ancora invertire alcune tendenze negative, adattarci per ridurre al minimo i danni, ripristinare ecosistemi cruciali e meglio proteggere ciò che abbiamo, a partire dal ripensamento delle soluzioni abitative e della mobilità sociale, dalla raccolta differenziata dei rifiuti e in tanti altri campi. Ma la strada imboccata è quella giusta. E l’Enciclica di papa Francesco segna il punto di non ritorno. C’è anche una petizione da firmare: in cosa consiste? È un’importante occasione che ci viene offerta per chiedere con forza ai leader mondiali di impegnarsi con urgenza per la crisi climatica e la crisi della biodiversità. Prossimamente infatti, si terranno due eventi importantissimi: dall’11 al 24 ottobre 2021 la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP15) dove i leader mondiali potranno fissare obiettivi significativi per proteggere il creato e dal 31 ottobre al 12 novembre 2021 la 26esima Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP26), dove i paesi annunceranno i loro piani per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Il Movimento dei Focolari è partner del Movimento Laudato si. Come i Focolari si impegnano per il “Tempo del creato”? Il Movimento dei Focolari è da sempre impegnato per l’ambiente. Per il “Tempo del creato”, in particolare ha partecipato e sta partecipando alle iniziative della Chiesa Cattolica, come la Laudato si’ action platform del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale (attraverso Famiglie Nuove) e agli eventi promossi dal Movimento Laudato si’, già Global Catholic Climate Movement, a cui aderisce. Nell’ultima Assemblea Generale dei Focolari conclusasi a febbraio 2021 inoltre è stata rilanciata la conversione ecologica di membri e strutture, con attività piccole, medie e grandi (come i progetti internazionali finanziati, anche nella cooperazione allo sviluppo: Azione per Famiglie Nuove, Azione Mondo Unito, etc). Nello stesso tempo, vi è un impegno costante da parte di tutti i membri dei Focolari per il disinvestimento dai combustibili fossili. Proprio quest’anno, inoltre, i giovani del movimento si sono impegnati nel Pathways intitolato DareToCare. Una campagna che significa “osare prendersi cura”, cioè farsi carico, interessarsi, occuparsi attivamente, dare importanza ai più fragili, al pianeta, alle Istituzioni, alla nostra città, ai nostri vicini, ai problemi della nostra società. È dello scorso maggio, inoltre, l’accreditamento della ONG New Humanity come osservatore presso l’organo di governo dell’ambiente delle Nazioni Unite, l’UNEP, ovvero il United Nations Environmental Programme, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di tutte le questioni ambientali globali. New Humanity esercita le sue attività di tutela dell’ambiente in particolare attraverso l’iniziativa culturale EcoOne. Inoltre, vorrei ricordare la partnership nata tra il Movimento dei Focolari e FaithInvest, un’organizzazione internazionale che si occupa di aiutare le religioni a sviluppare dei piani strategici per l’ambiente a lungo termine. In campo culturale/educativo diversi sono i convegni in programma promossi da EcoOne, la partecipazione di EcoOne a ECEN (European Christian Environmental Network) e i progetti nelle scuole come quello riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione italiano “Dare per salvaguardare l’ambiente”.

Lorenzo Russo

[1] Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato si’, 13-14.   (altro…)

Chiara Lubich: La cosa più bella che posso fare

La pandemia è ancora in corso, mentre le crisi economiche e sociali generate da essa si aggravano; la situazione ambientale del pianeta appare drammatica ed i conflitti in alcune aree del mondo non sembrano attenuarsi. Che fare? Per Chiara Lubich il rimedio è uno solo: la fraternità universale. Fare dell’umanità una sola famiglia. Iniziando dalle piccole, concrete, quotidiane azioni di ciascuno. Di fronte alle molteplici difficoltà di rapporti fra mentalità così opposte, fra popoli così diversi, culture così lontane fra loro, religioni con la presenza di estremisti che le distor­cono, uno solo è il rimedio: la fraternità universale, fare dell’umanità una sola famiglia con Dio Padre e tutti gli uomini fratelli. E questo come? Chi è meglio abilitato a ciò? Non c’è dubbio: uno che ha saputo morire per il proprio ideale, ma poi risorgere e dare a tutti questa possibilità, è Gesù. Dobbiamo puntare a riportarlo sulla terra attraverso di noi, essere noi altro Cri­sto, altro Amore incarnato, Santità, Perfezione, com’è Lui. È questa l’ora di tendere decisamente alla perfezione. Ma in che consiste la perfezione? Ho riletto recentemente, in un lavoro sulla vita spirituale, parole meravigliose di Padri e santi della Chiesa, di grosso calibro. Le cono­sciamo, forse, ma non sarà inutile in questo momento ricordarle. Per tutte queste persone eminenti della Chiesa la perfezione con­siste nel non fermarsi mai nella propria crescita, perché chi non va avanti, va indietro. E, giacché il nostro è un cammino dell’amore, la perfezione sta nel crescere sempre nella carità. Amare, dunque, amare sempre meglio. Sempre meglio. Come? Fissando lo sguardo sul nostro perfetto modello: […] Dio Amore. […] San Francesco di Sales dice: «Chi non guadagna, perde; per que­sta scala chi non ascende, discende; chi non vince, rimane sconfitto»*. È impressionante questa radicalità che l’amore esige. Ma tutto in Dio è radicale. […] Difficile? Facile? Provare e vedere. Ogni attimo darsi alla volontà di Dio, all’altro, al fratello che dobbiamo amare, al lavoro, allo studio, alla preghiera, al riposo, all’attività che dobbiamo compiere. E ciò sempre meglio: ché altrimenti si va indietro. Un aiuto per comportarsi così è ripetere ad ogni azione, anche la più semplice e banale: «Questa è la più bella cosa che posso fare in questo momento». […] In questo modo ci alleniamo anche noi per l’impresa che ci atten­de tipicamente nostra: la fratellanza universale.

Chiara Lubich

  Da “Conversazioni in collegamento telefonico” Citta Nuova ed. pag. 620 – Castel Gandolfo, 27 settembre 2001 * Francesco di Sales, Trattato dell’amor di Dio, III, 1, Città Nuova, Roma 2011, p. 222.   (altro…)

Vangelo vissuto: donarsi agli altri

Amare per primi, amare disinteressatamente, amare sempre, subito e con gioia. È un’opportunità per incarnare l’arte di amare nella nostra vita. È da lì che, come per attrazione, nasce la comunione fraterna. È vita nuova, mondo che cambia. Fisioterapista Nel centro dove lavoro sono diminuite le richieste a causa del Covid, di modo che tante ore della giornata erano vuote. Ho ottenuto allora il permesso per aiutare in un reparto di contagiati. Anche altri colleghi in seguito hanno seguito il mio esempio. Un giorno uno di loro ci ha confidato che mai il suo servizio era stato cosi umano e coinvolgente: “Solo ora mi sono reso conto di cosa significhi un gesto di solidarietà, una carezza, anche se hai i guanti. Mi sembra di aver scoperto una dimensione più umana del mio lavoro. Vorrei che i miei figli facessero questo servizio, perché è una vera scuola di vita”. (J.H. – Repubblica Ceca) La nostra prossimità Quando papa Francesco parla di “prossimità”, sembra che annulli tutte le regole che ci siamo fatti riguardo ad un certo stile di vita. Per lui vale l’altro e la nostra capacità di accoglienza. Ne parlavo una volta in ufficio, contrastato da una collega secondo la quale è proprio questo atteggiamento senza regole che sta rovinando la Chiesa. La ascoltavo stupito e scoraggiato dalla sua sicurezza nel condannare il papa, nonostante fosse una donna intelligente e, a modo suo, cattolica praticante. Da quel giorno ho evitato di tornare sull’argomento e ogni qualvolta lei mi attaccava con qualche articolo sul papa, cercavo di sviare il discorso. L’altro ieri, al telefono, mi ha avvisato che non poteva venire al lavoro per problemi con la figlia anoressica. Appena ho potuto, sono andato da loro. In effetti, la ragazza rischiava la vita. Mia moglie è psicologa e, con trucchi vari, siamo riusciti a frequentarci. Ora la figlia sta meglio, spesso è a casa nostra. La collega mi scrive un messaggio: “Ora capisco cosa intende il papa con la parola prossimità”. (F.C. – Francia) Vado io Il mio maestro delle elementari ci aveva narrato di un soldato, forse un alpino, un po’ speciale: si prestava infatti ad ogni incombenza, anche la più ingrata, col dire ai suoi superiori: “Vago mi” (Vado io). Finché “Vago mi” (com’era ormai soprannominato) non era più tornato, ucciso in un’azione di guerra. Quella morte, suggello a una vita vissuta all’insegna dell’altruismo, aveva colpito la mia fantasia di bambino. Avrei voluto essere come lui. Insomma, “Vago mi” era diventato il mio modello di chi si spende per gli altri. E questo molti anni prima di imbattermi in Colui che ha dato la vita per noi e senso alla mia. (Giuseppe – Italia)

 A cura di Lorenzo Russo

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, luglio-agosto 2021) (altro…)

Come onde che danzano nell’oceano

È recentemente scomparso il prof. Sureshchandra Upadhyaya, docente e studioso indiano, profondo conoscitore della cultura indù. Aveva incontrato Chiara Lubich nel 2001. Il volto ornato da una barba candida che gli arrivava alla cintura. Un uomo minuto dal quale emanavano pensieri nitidi ed essenziali. Il prof. Sureshchandra Upadhyaya era una persona dalla cultura vastissima e dalla profonda spiritualità, conosceva benissimo il sanscrito e la cultura indù che ha contribuito ad approfondire e diffondere anche attarverso la sua attività di docenza. L’incontro con Chiara Lubich e con il suo carisma nel 2001 aveva segnato l’inizio di una profonda amicizia spirituale e intellettuale che aveva coinvolto anche altri accademici indiani. Il prof. Upadhyaya è stato un esponente di spicco del “Bharatiya Vidya Bhavan” di Mumbai, l’Istituto di Cultura Indiana, presente in tutta l’India. Vi era entrato nel 1960 all’età di 28 anni come docente di sanscrito, poi, nel 1972, era stato promosso direttore accademico ed aveva continuato la sua carriera con grande passione, guidando molti studenti nel dottorato di ricerca. Numerosi anche i premi che ha ricevuto, tra di essi: il premio “Eminent Vedic Scholar” dell’Università di Mumbai (India), il “Certificate of Honour” del Presidente dell’India, il premio “Eminent Sanskrit Scholar” del Governo del Paese e il “Best Teacher Award” del Governo dello Stato indiano del Maharashtra. Il 5 Gennaio 2001 a Coimbatore (India) nella sala del College Nani Kalai Arangam si svolse la cerimonia di consegna del prestigioso “Defender of Peace Award” (“Premio difensore della pace”) a Chiara Lubich. Erano presenti 500 persone, in maggiornaza indù, un pubblico qualificato fra cui il Prof. Upadhyaya.  “Finchè ci saranno persone così, Dio è con noi — disse dopo averla ascoltata — e un giorno la terra diventerà il cielo. Tutte le fedi cercano la verità e la verità non è altro che amore e pace come ci dice Chiara”. E in seguito spiegherà ancora: “Chiara Lubich mi svela tangibilmente che Dio si può  sperimentare mediante profondo incondizionato amore.  Appena ami Dio, tu ami pure te stesso e gli altri come Dio ama l’intera creazione. Appena tu diffondi il tuo amore, la tua esperienza di Dio diventa più  profonda dentro di te e trabocca fuori di te. Amare diventa quindi la tua stessa natura, come i fiori che emanano tutt’attorno la loro fragranza.  Sospinti da amore e compassione, si fluisce senza alcun sforzo, dimentichi di sé, come onde che danzano nell’oceano divino. Lasciamoci ispirare dalla consegna di Chiara per vivere amando uno e tutti, sperimentare la presenza di Dio dentro e fuori di noi e sentirci felici oltre ogni misura”. Il 12 agosto 2021 il Prof. Upadhyaya ha raggiunto per sempre la beatitudine “Ananda” (lo stato puro di gioia e felicità), di cui spesso parlava.

A.M.A

https://www.youtube.com/watch?v=2ID42kDSgrY   Qui il ricordo del prof. Upadhyaya scritto da Roberto Catalano, docente di teologia e prassi del dialogo interreligioso presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Italia) http://whydontwedialogue.blogspot.com/2021/08/uppadhyaya-ji.html   (altro…)

Chiara Lubich: Apostoli del dialogo

Chiara Lubich ci ricorda che siamo tutti chiamati al dialogo. E se viviamo momenti della giornata da soli, possiamo fare ogni cosa in funzione dei fratelli e delle sorelle, come veri “apostoli del dialogo” …ogni qual volta abbiamo da fare con uno o più fratelli o sorelle, direttamente o indirettamente: per telefono o per scritto, o in quanto ad esso e a loro è finalizzato il lavoro che facciamo, le preghiere che eleviamo, ci sentiamo tutti in perpetuo dialogo, chiamati al dialogo. Come? Aprendoci ad esso – al fratello, alla sorella -, ascoltando con l’animo vuoto cosa il fratello vuole, cosa dice, cosa lo preoccupa, cosa desidera. E, quando ciò è avvenuto, subentrare noi col dare quanto è desiderato, e quanto è opportuno. E se ho momenti ed ore dove devo dedicarmi a me stessa (per mangiare, riposare, vestirmi, ecc.), fare ogni cosa in funzione dei fratelli, delle sorelle, tenendo sempre presenti coloro che mi attendono. In tal modo e solo in tal modo, con un continuo vivere la “spiritualità dell’unità” o “di comunione”, posso concorrere efficacemente a fare della mia Chiesa “una casa ed una scuola di comunione”; a far progredire, con i fedeli delle altre Chiese o Comunità ecclesiali, l’unità della Chiesa; col realizzare, con persone d’altre religioni e culture, spazi sempre più vasti di fraternità universale. […] Sentiamoci allora tutti “apostoli del dialogo” e viviamo da tali. Un dialogo a 360 gradi, certamente, ma partendo col piede giusto: amando ogni fratello che incontriamo con la misura del dono della vita

Chiara Lubich

Da “Conversazioni in collegamento telefonico” Citta Nuova ed. pag. 667, –  2004   (altro…)