Mag 9, 2013 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
I giovani del Movimento dei Focolari di tutto il mondo si sono dati appuntamento in Terra Santa: “Be the bridge” è lo slogan di quest’anno, con la certezza di cominciare a costruire un mondo unito. Guarda il video: http://www.fmc-terrasanta.org/it/attualita-eventi-e-societa.html?vid=4337 (altro…)
Mag 5, 2013 | Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
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La Chiesa ortodossa, il 5 maggio, ha celebrato la Santa Pasqua. Ai fratelli e alle sorelle ortodosse di tutto il mondo, porgiamo l’augurio festoso con l’antico annuncio della Risurrezione del Signore preso dalla liturgia bizantina, il Tropario Pasquale (una breve preghiera ritmica composta di pochissime frasi, elemento costitutivo dell’innografia greca cristiana):
Cristo è risorto dai morti, con la sua morte ha vinto la morte, e a quelli nelle tombe ha donato la vita!
Greco: Χριστός ανέστη εκ νεκρών, θανάτω θάνατον πατήσας, και τοις εν τοις μνήμασι ζωήν χαρισάμενος. Christós anésti ek nekrón, thanáto thánaton patísas, kié tis en tis mnímasi zoín harisámenos.
Inglese: Christ is risen from the dead, trampling down death by death, and to those in the tombs, granting life.
Russo: Христос Воскресе из мертвых, смертию смерть поправ и сущим во гробех живот даровав
Romeno: Hristos a înviat din morţi, cu moartea pre moarte călcând, Şi celor din morminte viaţă dăruindu-le!
Arabo: المسيح قام من بين الاموات و وطيء الموت بالموت و وهب الحياة للذين في القبور
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Mag 3, 2013 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
“Col progetto Let’s bridge-Together4peace è cambiata la nostra vita e continua a cambiare ogni giorno“, sostiene convinto uno dei giovani presentatori all’inizio della loro performance. Danza Hip Hop o Pop Funky, teatro, video-clip, musiche e canzoni, sono il frutto del lavoro di settimane di 70 ragazzi e ragazze che il 20 aprile scorso, dal palco di una sala di Bruxelles non smettono di raccontare le loro scoperte sorprendenti ad un pubblico di 600 persone sempre più coinvolto. Tutto è espressione del ‘lifestyle4peace’, uno stile di vita fatto di condivisione, accoglienza, disponibilità, rapporti autentici: è diventato il loro “lifestyle” da quando un anno e mezzo fa si sono lanciati nei workshop col Gen Rosso culminati nella rappresentazione del musical ‘Streetlight’. Hanno tra i 14 e i 25 anni, provengono dalle varie comunità linguistiche del Belgio (fiamminghi, francofoni, germanofoni, di origine belga o africana), sono di convinzioni e religioni diverse, ma hanno in comune un’esperienza: l’aver accettato la sfida di andare alla scoperta dell’altro sperimentando che “l’arte di amare” è appassionante, crea legami forti e ti fa capace di cose che neanche sognavi di poter e saper fare. Quando sono partiti non si conoscevano neppure e non sapevano da che parte cominciare. Ora stanno in scena, con l’emozione della prima volta, ma con la convinzione di chi ha da dire qualcosa in cui crede perché l’ha sperimentata e vuole condividerla. Raccontare la loro storia come gruppo, trasmettere ad altri la scoperta fatta, è un’esigenza: sono la generazione dei social network e non riescono a tenere per sé una cosa così forte.
La mattina su quello stesso palco s’era svolto tutt’altro programma, sia per l’età dei protagonisti e dei 300 del pubblico (i più, decisamente oltre la fascia degli “anta”), che per i contenuti: la fiducia come fondamento dell’educazione. Eppure c’è continuità tra i due momenti. È proprio questo, infatti, uno degli atteggiamenti alla base del progetto ‘Together4peace‘, attitudine sapientemente illustrata dal noto psichiatra infantile, il prof. Adriaenssens e supportata da significative esperienze in campo educativo. Alcune battute colte al volo dai giovani protagonisti: “Non è tanto importante che gli altri mi accettino – sostiene Amy -, l’importante è che io accetti loro applicando la “regola d’oro”: fai agli altri ciò che vorresti gli altri facessero a te. L’utopia di Gesù la sperimentiamo fra noi. Non siamo un gruppo religioso, non ho la fede, ma qui andiamo verso lo stesso obiettivo: se crediamo che ognuno ha qualcosa di buono e lo doniamo, ci sentiamo tutti uniti”. “L’anno scorso ho subito un’aggressione che ha provocato l’angoscia e l’ira dentro di me, sentimenti che non riuscivo a cancellare – racconta Abou -. Conoscendo questo gruppo, ho visto giovani che avevano la pace in loro ed ho imparato che non serve utilizzare la violenza”. E infine Juliette: “Ho avuto la fortuna di incontrare dei giovani e degli adulti che sono straordinari per me. Mi hanno toccato per la loro fede. Prima credevo più per convenienza che per convinzione, ma ora ho rivisto la mia posizione verso Dio… ho trovato la pace che mi porta sulla “roccia” a cui ogni momento posso appoggiarmi. Non mi sento più sola e provo un’immensa libertà di sapere che Dio mi ama sempre…”. Fonte: http://www.focolare.be Foto galleria (altro…)
Apr 30, 2013 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Varchi la soglia dell’ateneo di Betlemme e ti imbatti in una folla singolarissima: ragazze cristiane a braccetto con musulmane, leggins e chador e poi una gigantografia di Arafat a fianco della cappella cattolica. Non è sincretismo quello che si vive tra le aule di questa università che conta circa quattromila studenti, ma un ritratto di convivenza e di tolleranza che dal 1973, anno di fondazione di questo centro di cultura e di studio, fotografa un aspetto del dialogo tra religioni. Ma a Michel Rock, docente cattolico di discipline religiose, non basta. Ha voluto che i suoi studenti incontrassero i giovani del Movimento dei Focolari, in pellegrinaggio in Terra Santa per approfondire non solo teoricamente ma attraverso testimonianze e progetti cosa aggiunge la fraternità ad un contesto multi religioso come quello del suo corso. “Non voglio solo una tranquilla convivenza – ha ribadito nel suo intervento – la fraternità apre nella nostra storia accademica, già orientata per statuto al dialogo, un percorso nuovo in grado di incidere sulla vita e sul pensiero”.
Alberto Lo Presti, professore di storia delle dottrine politiche all’Angelicum di Roma, precisa assieme a due giovani dei focolari, una brasiliana e un rumeno, che la fraternità non è una medicina che tutti debbono assumere per fare il mondo più bello ma una forza storica in atto, adatta a questo momento di forte crisi. “In un mondo attraversato da forti differenze anche l’idea di bene si è frammentata in tanti piccoli beni individuali per soddisfare le esigenze di tutti“, ha precisato Lo Presti. L’interdipendenza e il comune destino che la storia ci propone magari sotto l’aspetto di guerre, disastri ambientali, crolli di borse sottolinea secondo il docente romano che “la felicità dell’altro è decisiva anche per la mia e la fraternità mi propone un’etica che va al di là di solidarietà e condivisione perché lo status di fratello appartiene sempre all’altro uomo anche durante i conflitti o se la relazione si incrina”. Un’affermazione che in questa terra non può lasciare indifferenti. Yousef Al Hieraimi, docente di islamistica nello stesso corso di Rock, ha ribadito che “le religioni non possono mai essere occasioni di divisione ma nastri di partenza per la fraternità”.
Ne è seguito un dibattito animato per precisare meglio le declinazioni della fraternità nel lavoro tra atenei, nei mass media, nelle inevitabili differenze della convivenza. Mariam, studentessa palestinese, precisa a più riprese l’orgoglio di partecipare a questo corso di scienze religiose tenuto da un docente cattolico e da uno musulmano perché “ci apre la mente e ci mostra una realtà ben diversa da quella che i pregiudizi inevitabilmente costruiscono. Qui non ci sono nemici, ma si cresce insieme ed oggi mi sono sentita incoraggiata a continuare in questa direzione”. Per Cristine fino ad oggi c’erano due tipi di amore: quello per i piccoli che ti fa prendere cura di loro e quello tra sposi. “Oggi ho capito che c’è un terzo tipo: quello della reciprocità, quello che ti fa agire con l’altro, chiunque esso sia come faresti con te stesso”. Dall’inviata Maddalena Maltese (altro…)
Apr 29, 2013 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
C’è il tempo del cammino e c’è quello della sosta. Nazareth è stata la tappa in cui i 120 giovani dei focolari in Terra Santa per la conclusione dell’anno dedicato al Genfest si sono incontrati con 25 loro coetanei di Haifa e Gerusalemme, lo scorso 28 aprile. La lingua o la differente provenienza non sono stati motivo di imbarazzo e neppure le improvvisate traduzioni hanno frenato il racconto e le impressioni di questi giorni vissuti in Terra Santa alla scoperta dei luoghi della fede cristiana, ma soprattutto delle persone che in questa terra continuano con generosità e coraggio a scrivere nuove pagine di una storia che ripete con altri volti, altre vite la buona novella. Dominga di Napoli ha riconosciuto immediatamente Nicola di Haifa: una foto scattata in modo giocoso a Budapest, da sconosciuti, li ha fatti rincontrare in questa città in modo inatteso. Il patto di fraternità siglato al Genfest in questi mesi ha nutrito le loro scelte e anche la fedeltà all’impegno di “fare agli altri ciò che si vorrebbe per se” come pilone dei ponti di dialogo che in tutto il mondo si sono continuati a costruire. Ci si racconta con spontaneità delle scoperte e delle novità incontrate in questi luoghi: “non è un percorso di memoria sulle tracce di quanto è successo duemila anni fa con Gesù, è scoprirlo nella realtà di oggi e questo è affascinante”, commenta Tiziana entusiasta per l’accoglienza e il senso di famiglia sperimentato immediatamente con la comunità dei Focolari. Poi c’è chi è arrivato qui con il suo fardello di storia personale. Stanislaw è bosniaco, la sua storia non è dissimile da quella di tanti giovani che qui, sulla loro pelle, vivono un conflitto non armato ma latente. “Durante la guerra in Bosnia ho vissuto tempi difficili, la situazione politica era difficile e dovevo decidere se rimanere nel mio Paese o restare. Alla fine sono rimasto a Sarajevo, in una città che ha molto in comune con quelle palestinesi. Anche lì c’era spazio per costruire ponti. Non mi pento di quanto scelto e forse quel sì mi ha condotto oggi fino a questa terra, fino a voi con cui sento grande affinità”. Joaquin viene dall’Argentina. Lui è cristiano, il papà è ebreo. “Era difficile dire ai giovani palestinesi di questa mia doppia identità. Certi giorni mi sentivo molto vicino agli ebrei, mi identificavo anche con le loro paure. Poi ho ripensato ad un mio amico tedesco. Quando ci eravamo conosciuti mi aveva chiesto scusa per la shoà. Oggi voglio chiedere anch’io perdono ai palestinesi per quanto di ingiusto gli ebrei fanno nei loro confronti”. Un ponte tra ebrei e arabi è stato anche il workshop che il Gen Verde e il Gen Rosso hanno preparato con studenti delle scuole sia a Betlemme che a Nazareth. Samer di Haifa entra nei dettagli. “Non eravamo convinti di questo esperimento. Sappiamo che in questi rapporti basta una parola sbagliata per far esplodere contestazioni e critiche. Eravamo proprio intimoriti. Invece danzare insieme, muoversi in modo coordinato ha sciolto ogni tensione: avevamo un obiettivo comune e quello potevamo realizzarlo perché il pubblico si aspetta la nostra coreografia. Basta un piccolo passo e Dio interviene. E poi c’eravate tutti voi a sostenerci e incoraggiarci nel continuare”. Il concerto al Technion di Haifa, con la presentazione dello United World Project, mette il sigillo, anche con la musica, su questo ponte che si puntella con nuovi mattoni. Dall’inviata, Maddalena Maltese (altro…)