Feb 1, 2016 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
Quattro giorni insieme, 540 partecipanti di più di 50 diverse nazionalità di cui più della metà giovani e famiglie. Tra questi: due rifugiati arrivati dal Burundi e un gruppo dalla Siria, 169 persone provenienti dalle isole del Pacifico (Nuova Caledonia, le isole di Wallis e Futuna, Fiji e Kiribati), un programma bilingue. Ecco alcuni numeri della recente Mariapoli tenutasi dal 13 al 17 gennaio scorsi, in una bella località di villeggiatura a Phillip Island, a 150 km da Melbourne (Australia).
“Costruire insieme l’unità”, il titolo scelto per l’edizione 2016. «Il punto centrale della spiritualità dell’unità – scrivono gli organizzatori – è stato approfondito con un tema apposito. Seguito da tutti in un grande silenzio, è stato subito messo in pratica attraverso l’ascolto e l’accoglienza tra i partecipanti, alcuni di culture molto diverse, nei vari aspetti della quotidianità della Mariapoli: dalla comunione dei beni alla preparazione della mensa, della liturgia e dei canti, nei momenti di svago e di gioco, durante lo scambio di esperienze. In particolare i workshop tenutesi in tre momenti diversi e molto partecipati, hanno offerto la possibilità di scambiare idee, e raccontare le proprie testimonianze di vita».
A dire di tutti, le persone provenienti dalle isole del Pacifico hanno dato un grande contributo già a partire dalla testimonianza dei grandi sforzi – soprattutto economici – fatti per essere presenti. «Come il rappresentante di Kiribati, che ha preso congedo dal suo lavoro come marinaio per riuscire a partecipare alla Mariapoli. E poi le tante e belle testimonianze di vita evangelica su come hanno superato insieme le tante difficoltà economiche per raccogliere la somma necessaria per pagare il biglietto di aereo e le spese di alloggio. Hanno vissuto la comunione dei beni tra di loro – come si racconta dei primi cristiani –, e hanno toccato con mano l’amore personale di Dio per loro attraverso la provvidenza che è arrivata in tanti modi. Arrivando, dicevano di aver trovato la famiglia dei Focolari che non è diversa da quella che hanno lasciato».
Ogni sera si è conclusa in una clima di festa e di gratitudine per la ricchezza delle culture di ciascun popolo rappresentato nella Mariapoli: un vero bozzetto di mondo unito. «L’unità dei popoli non è un’utopia». Questa la costatazione comune. Le persone giunte dalle varie isole, si sono fermate ancora una settimana nel Centro Mariapoli di Melbourne, per momenti di formazione in particolare su temi riguardanti la famiglia. «Ogni giorno è una gara di amore reciproco e ogni attività si fa con impegno e gioia; si continua a costruire un pezzo di mondo unito – concludono – . In Australia c’è un detto: “Dalle piccole cose nascono quelle grandi”. Siamo certi che, con Gesù in mezzo a noi, frutto del vivere il comandamento dell’amore reciproco, nasceranno cose grandi». Pagina Facebook: Phillip Island Mariapolis 2016 (altro…)
Nov 1, 2013 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Credo nell’amore Addolorati e delusi per aver scoperto che nostro figlio Bob, con due amici, aveva rubato degli alcolici, abbiamo cercato di fargli sentire il nostro amore al di là di tutto. In tribunale, mentre aspettavamo la sentenza, vedendo che uno degli altri ragazzi responsabili del furto era stato abbandonato dai genitori, siamo andati a fargli coraggio. Visto il nostro comportamento, il giudice ha accettato il pentimento espresso da nostro figlio, riconoscendo il sostegno che aveva in casa, e non ha emesso condanne né per lui né per gli altri due. Giorni dopo, avendo chiesto a Bob in che cosa credeva se non credeva in Dio, mi son sentito dire: «Credo nell’amore, perché l’ho visto in te e nella mamma» (A.K. – Australia). Quel gesto di solidarietà Una telefonata mi informa che un parente della signora che lavora da noi come domestica sta malissimo. Mi chiedono di andare a trovarlo. Sono stanco e fa freddo. Cerco lo sguardo di mia moglie e capisco che anche questa è un’occasione per essere fedele a quello stile di vita per gli altri che cerchiamo di portare avanti insieme. Esco, vado dall’ammalato, lo portiamo in ospedale dove i medici prendono subito in mano la situazione. Tornato a casa molto tardi, trovo mia moglie che mi aspetta ancora per la cena. Non ci diciamo molte parole, ma fra noi è cambiato qualcosa, il nostro rapporto si è arricchito per quel gesto di solidarietà (D. R. – Colombia).
Nel campo profughi Mi era stato affidato il servizio sociale del campo rifugiati, ma non c’erano mezzi, non c’era niente da dare loro. In un gruppo di orfani c’era un bambino di sette anni che era rimasto separato dalla sua famiglia. Sua madre, dopo giorni di marcia, è arrivata al campo e lo ha ritrovato, ma era debolissima, perché da tanti giorni non mangiava. A me rimanevano 300 franchi, circa un dollaro: una fortuna. Io ne avevo bisogno, ma lei più di me. Glieli ho dati e così ha potuto comprare cibo, acqua e una piccola capanna per ripararsi. Sono tornato a casa convinto che Dio avrebbe pensato a me. Poco dopo è arrivata la mia sorella maggiore, che da tre giorni girava per il campo cercandoci. Mi ha portato 1000 franchi (C. E. – Ruanda). Fonte: Il Vangelo del giorno, novembre 2013, Città Nuova Editrice. (altro…)
Ott 18, 2013 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Negli ultimi 25 anni ho avuto l’occasione di visitare tante persone ammalate, specialmente i malati terminali, nella mia comunità parrocchiale. E posso dire che ho vissuto tante forti esperienze stando accanto a loro. Un pomeriggio sul tardi, mi arriva un email da una ex-collega. È stato come un fulmine a ciel sereno. Diceva: «Immagino che nessuno ti abbia mai chiesto una cosa simile. Non ho il diritto di chiedertelo, ma sto interrogando la mia coscienza e ho bisogno d’aiuto per trovare la risposta. Una persona mi ha chiesto di accompagnarla in Svizzera per assisterla a morire. Come forse sai, l’eutanasia è legale in quel Paese. La sua vita è diventata insopportabile per via della malattia. Non c’è speranza per lei di tornare a vivere una vita normale. Personalmente non ho una fede religiosa, ma apprezzerei molto una risposta sincera da parte tua. Si tratta di un membro della mia famiglia». Ho letto e riletto questo messaggio 4 o 5 volte prima di incominciare a pensare alla risposta da dare. Come rispondere a questo grido d’aiuto pieno di dolore? Mi è venuto in mente il pensiero del giorno che stavo vivendo con i miei amici del Focolare: “Essere libero da tutto per essere la volontà di Dio vivente”. Ma come attuarla? Ho cercato di vivere l’attimo presente, mettendo da parte tutto il resto e cercando di prendere su di me i pesi di chi mi aveva chiesto aiuto. Ho pregato Dio chiedendo il coraggio di dire con sincerità ciò che sentivo nel mio cuore, senza paura. Le ho risposto condividendo alcune mie riflessioni, e anche le esperienze vissute negli anni assistendo i malati terminali, ciò che avevo sperimentato stando accanto a loro e le loro famiglie: sofferenze, gioie, trionfi. Ho detto che personalmente non avrei scelto la strada che il suo parente voleva intraprendere, dando le ragioni più profonde nel mio cuore. Poi le ho spiegato che esistono degli ottimi centri di cure palliative, indicando i contatti di quelli più vicini. La mia amica, sempre molto riconoscente dell’aiuto ricevuto, mi racconta che il suo parente aveva consultato i contatti che avevo fornito e aveva deciso di non andare in Svizzera, scegliendo invece l’opzione delle cure palliative. Da allora ha vissuto ancora due anni, durante i quali ha potuto ricostruire tanti rapporti nella sua famiglia». R.L. (Australia) (altro…)
Mag 19, 2013 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Il vescovo Joe Grech fu un grande apostolo del movimento Rinnovamento nello Spirito.
Ringrazio sempre Dio per il mio primo parroco, che un giorno, non molto tempo dopo il mio arrivo in parrocchia, pregò su di me. Chiedeva che io potessi sperimentare, fin dall’inizio del mio ministero sacerdotale, una nuova discesa dello Spirito Santo in modo da diventare un testimone vero di Cristo Risorto. Come effetto di quella preghiera, ora so che Gesù Cristo è vivo, non solo perché ho letto ed ho sentito parlare di lui, ma perché ho sperimentato e continuo a sperimentare, nel profondo del cuore, il suo tocco e la sua presenza. Come risultato di quella preghiera tutto il mio ministero pastorale ha avuto un solo obiettivo: aiutare la gente ad avere un rapporto stretto con Gesù Cristo: sperimentando il tocco del Dio vivente le persone si trasformano e fioriscono. E’ questa una realtà che si ripercuote anche nel mio modo di predicare; è vero che si deve studiare e leggere, ed essere ben informati, ma soprattutto penso si debba parlare del nostro rapporto personale ed intimo con Gesù. E qui la mia preghiera personale quotidiana diventa decisiva. Prego costantemente che quando le persone mi sentono parlare di Gesù e quando vedono come mi rapporto con loro, possano sperimentare che Gesù Cristo in quel momento li guarisce, li incoraggia, li ama, li perdona. Prego di poter diventare sempre più un segno pieno d’amore di ciò che Paolo esprime in Gal 2,20: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. In tutto questo, pur in mezzo a difficoltà, ansie, e paure, trovo la forza per perseverare con speranza nella mia chiamata come prete. Continuo il mio cammino con le persone che Dio ha affidato alle mie cure di pastore con lo sguardo fisso in Gesù Cristo, sapendo bene che, come Paolo afferma nella Lettera ai Filippesi: “Tutto posso in Cristo che mi dà forza”. Stralci da Sacerdoti oggi, Aula Paolo VI, Città del vaticano, 9 giugno 2010, pp.10-11 (altro…)
Gen 31, 2013 | Centro internazionale, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Sono il 26 per cento della popolazione, i cattolici in Australia. Compongono comunque la Chiesa più diffusa del mondo cristiano, che raggruppa più o meno la metà della presenza umana nel Paese più multiculturale del mondo. La conferenza episcopale è composta da 42 vescovi, guidata oggi dall’arcivescovo di Melbourne, Denis James Hart.
È indiscutibile come la Chiesa australiana stia attraversando un momento di grandi sfide: la crescente secolarizzazione («un vero challenge per la coscienza civile e religiosa del Paese», come dice il Vescovo Peter Elliott, ausiliare di Melbourne); il fenomeno migratorio che porta fedeli di altre religioni anche in Australia («la nostra Chiesa è più di ogni altra in cammino, perché è composta in massima parte da immigrati», dice il responsabile della pastorale per i migranti, padre Maurizio Pettena); le accuse rivolte alla Chiesa cattolica sugli abusi sessuali verso i minori («che ha tolto molta credibilità alla parola dei nostri pastori», come conferma Bob Dixon, responsabile del centro studi per la pastorale della Conferenza dei vescovi australiani); per l’insegnamento dell’etica sessuale che in particolare i giovani in gran parte non condividono («anche se c’è una forte sensibilità, anche nei non cattolici, per il pensiero cristiano sul corpo», spiega Matthew MacDonald, executive officer per l’ufficio dell’arcidiocesi di Melbourne per vita, matrimonio e famiglia)… In uno dei luoghi-simbolo della Chiesa locale, il Thomas Carr Center, accanto alla cattedrale neogotica di Melbourne, sono stati invitati alcuni vescovi amici del Movimento. Movimento assai apprezzato dai vescovi per la sua “marianità”, come mi spiega il vescovo di Sale, mons. Christofer Prowse, grazie alla conoscenza avuta nelle diocesi, ma anche nell’attuale meeting annuale dei vescovi australiani coi Movimenti ecclesiali. Mons. Prowse è colui che ha organizzato l’incontro. Racconta della sua conoscenza dei Focolari, ancora era seminarista, quando aveva apprezzato lo Spirito Santo che operava in Chiara Lubich: scherzosamente, ma non troppo, sostiene di essere stato colpito anche dalla «bellezza immacolata dei suoi capelli». Il fatto è che «qualcuno mi metteva la “Parola di Vita” sotto la porta… Poi ho conosciuto il Movimento e ho potuto apprezzarlo, anche per il carattere conciliare della sua presenza ecclesiale. I Focolari, senza mai imporre le loro intuizioni, mettono in atto una grande accoglienza, nel dialogo e dell’amicizia che conquistano i cuori». E conclude: «Ho fatto una straordinaria esperienza alla Mariapoli di Phillip Island, che mi ha molto aiutato e rafforzato nella fede. Lo Spirito Santo lavora dolcemente ma fermamente nel Movimento». In tutto sono presenti una dozzina di vescovi e sacerdoti, più alcune autorità del mondo cattolico, diversamente impegnati nelle diocesi, tra cui il vescovo anglicano Phillip Huggins, che dal 1990 conosce i Focolari, coi quali ha collaborato fattivamente per la Wcrp. L’arcivescovo di Bangkok, moderatore dei vescovi amici del Movimento, mons. Francesco Kriengsak, ha inviato un suo messaggio, sottolineando come «il carisma dell’unità sia un grande aiuto nel portare avanti la nuova evangelizzazione».
In un clima molto familiare, semplice come gli australiani sanno creare, il vescovo Prowse presenta Maria Voce con molto calore, in particolare per l’incontro avuto con lei all’ultimo sinodo di vescovi. La presidente che presenta quindi il pensiero del Movimento sulla nuova evangelizzazione a partire dalla recente esperienza come uditrice al Sinodo. Manifesta l’impegno a portare fuori dal Vaticano l’esperienza di Chiesa che è stata fatta al sinodo e che i documenti non possono certo raccontare pienamente. Un’esperienza in primo luogo di conversione: «La Chiesa ne è uscita più povera di gloria e di onori, dopo un periodo di umiliazioni, ma più ricca di Dio e quindi più potente. Il sinodo ha messo in luce in particolare le parole evangeliche che riguardano l’amore». E, a proposito del desiderio dei padri sinodali di portare il Vangelo fuori dalle chiese, ha detto: «Mi sembra che sia realizzato in tante parti del mondo anche dalle comunità del Movimento, soprattutto per la presenza di Gesù in mezzo ai suoi». Nel corso del dialogo, Mons. Elliott dice come la spiritualità dell’unità lo abbia molto aiutato, soprattutto all’inizio del suo ministero, e invita Maria Voce a parlare di Gesù abbandonato e di Gesù in mezzo. «Se non si sceglie Gesù abbandonato non si può avere Gesù in mezzo. Ma quando Gesù si rende presente, la gioia arriva e prende dimora tra i suoi amici», precisa la presidente. Un’altra domanda verte sull’esperienza della presidente ad Istanbul, «dove ho sperimentato l’accoglienza reciproca possibile coi musulmani». Poi si parla anche della diffusione attuale del Movimento, delle sue nuove frontiere dopo la morte della fondatrice. Infine, il copresidente Giancarlo Faletti, da parte sua, porta una riflessione sulla proposta che il Movimento offre ai sacerdoti e ai vescovi. di Michele Zanzucchi, inviato (altro…)