Dic 16, 2015 | Cultura, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Sociale
Quella educativa è una delle sfide più importanti anche della società nigeriana, dove alle volte si verificano tra ragazzi comportamenti aggressivi e le tradizioni religiose infondono paura e un senso di impotenza di fronte al male. “Un giorno – ci racconta Christiane – una madre non ha più portato la figlia a scuola perché avevamo chiesto di far tagliare i capelli ai bambini che cominciavano la prima classe di materna. Una persona dotata, secondo le credenze, di conoscenza degli spiriti, le aveva detto che, se avesse tagliato i capelli alla figlia, questa sarebbe morta. Perciò la bambina non è più venuta”. Tedesca di origine, Christiane ha collaborato per tanti anni nel settore giovanile dei Focolari. Oggi si dedica ancora ai bambini anche attraverso il progetto di sostegno a distanza dell’associazione Famiglie Nuove, ad Igbariam, un villaggio a 40 Km dalla città di Onithsa, nel sud-est della Nigeria, dove sorge la “scuola Fraternità”. Il progetto è cominciato nel 1995 quando un gruppo dei Focolari, fin dagli anni ‘80, ha avviato un processo di promozione umana che attraverso rapporti profondi con la gente del posto e nel rispetto delle tradizioni locali, ha offerto anche concrete opportunità di sviluppo. “Attraverso l’amore concreto per alcuni bambini è nato un doposcuola, e da lì, piano piano, un asilo e poi una scuola elementare. Iniziando dalla materna si cerca di dare ai bambini una formazione globale, preparandoli ad affrontare le tante sfide di questa grande nazione”. La scuola sorta nel 2006, oggi accoglie 223 studenti, 75 all’asilo e 148 nella primaria. Col tempo si è sviluppata la partecipazione dei genitori al progetto formativo e sociale che vede un metodo educativo basato su valori umani, uno stile pedagogico che crede e rispetta la dignità del bambino in quanto persona. Si riserva un’attenzione preferenziale ai più piccoli, come quella che esprime il Vangelo, offrendo strumenti nuovi per una crescita umana integrale. Si utilizza ad esempio il “dado dell’amore”, con cui studenti e insegnanti cercano di vivere entrambi l’impegno quotidiano alla pace e alla solidarietà. È
una novità perché in molte scuole nigeriane si ritiene utile alla correzione formativa la pratica delle punizioni corporali. L’idea vigente è: “Risparmia la verga, rovina tuo figlio” e non è facile cambiarla. Tuttavia anche “le ricerche psicologiche attuali dimostrano che gli effetti negativi di queste misure correttive oltrepassano quelli positivi”, afferma Mrs. Akwobi ella Nwafor Orizu College of Education Nsugbe, intervistata da “New City Nigeria”, nuova edizione nigeriana di Città Nuova nata di recente. “I bambini spesso diventano tesi e aggressivi con le punizioni fisiche. Non riescono a empatizzare con l’insegnante e trasferiscono questo rifiuto alla materia che insegna”. Continua Mrs. Akwobi: “È importante invece che arrivino a maturare la scelta consapevole del bene e non solo per evitare la punizione. L’insegnante dovrebbe comportarsi come se avesse sempre da imparare perché l’insegnamento è un processo di andata e ritorno. L’ascolto, la pazienza, la comprensione favoriscono nei bambini il comportamento positivo e recano benefici sull’apprendimento. Inoltre, adottare misure non violente nel trattare a scuola con i bambini, aiuta anche a ridurre la percentuale di violenza nella società. Questi principi educativi li vediamo tutti attuati nella scuola Fraternità in Nigeria”. “Qui molte persone partono – conclude Christiane – per cercare una vita migliore in Europa. Il nostro lavoro ha come scopo quello di aiutare le persone a costruirsi nel proprio Paese un’esistenza vivibile. Grazie di ogni piccolo aiuto! Serve più di quanto si possa immaginare per portare avanti le opere sociali e aiutare con la diffusione di una cultura nuova, basata sull’Agape, cioè l’amore cristiano, lo sviluppo di questo Paese”. Sostieni a distanza: http://www.afnonlus.org/ (altro…)
Giu 6, 2015 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Una celebrazione come questa si è vista solo in occasione della visita di Giovanni Paolo II (1983)”, scrive Filippo Casabianca, da El Salvador, un paese di 6 milioni di abitanti in una superficie di appena 21 mila km2, che ha avuto tra i suoi figli questo vescovo ampiamente riconosciuto come una delle più significative figure ecclesiali del continente americano. La causa era stata aperta dal vescovo Rivera y Damas, suo successore alla guida della Diocesi, un anno dopo la sua morte, avvenuta il 24 marzo 1980. Fu proprio quell’anno che giunsero Marita Sartori e Carlo Casabeltrame, per primi fra i focolarini, a visitare tre frati francescani che avevano cominciato a diffondere l’Ideale dell’Unità. In quel decennio tragico che iniziò con l’assassinio di Mons. Romero e culminò con quello di 7 Gesuiti, si diffuse con un impeto straordinario il Movimento dei Focolari in diversi punti del paese, in uno scenario di guerra fra militari e guerriglia, fino all’apertura del focolare femminile nel 1989, nonostante il pericolo per le focolarine straniere che vi parteciparono. Da allora il paese ha vissuto un processo che l’ha condotto alla firma di un trattato di pace, nel 1992, e poi avviato in un percorso democratico con certa stabilità politica, ma orfano della riconciliazione tanto desiderata per cui oggi evidenzia una polarizzazione distruttiva. A ciò si aggiunge il flagello dell’insicurezza dovuta alla proliferazione di bande criminali giovanili (maras) e della povertà di grandi fasce. Le comunità dei Focolari sono impegnante in molteplici iniziative di sostegno a famiglie disagiate tramite i programmi di Azione Famiglie Nuove e AMU, che hanno permesso la continuità negli studi per centinaia di ragazzi, sostenuto iniziative di centri educativi per bambini poveri e interventi in un quartiere a rischio per creare spazi di integrazione sociale. Con la beatificazione di Romero si è formata una coscienza di opportunità storica nella popolazione. Il suo messaggio è percepito come una medicina che può contribuire a capovolgere le visioni contrapposte, a sanare i cuori induriti dal risentimento e fornire quel di più necessario all’impresa della riconciliazione. “È una sfida – così la chiama Maribel – che comincia col seguire l’esempio di Mons. Romero, che per me continua nell’aiutare i miei alunni a coltivare la pace e la giustizia nei loro cuori”. Mentre per Amaris “La festa deve cedere il passo alla riconciliazione che sta nel perdonare e chiedere perdono, per sanare ferite che sono ancora aperte”. Nella comunità dei focolari l’impegno per l’unità e la riconciliazione è stato sempre presente, ma adesso acquista i connotati di un mandato alla luce della testimonianza eroica di mons. Romero “che ha saputo piangere con chi piange – osserva Flora Blandon – e rallegrarsi con chi ne aveva un motivo. La beatificazione è il riconoscimento della sua vita radicata nell’amore” Nel messaggio all’attuale Arcivescovo di San Salvador, Josè Luis Escobar Alas, il Papa definisce Romero come “uno dei migliori figli della Chiesa”, attribuendogli i lineamenti tipici del Buon Pastore a lui tanto cari. “Perché (Dio) ha concesso al vescovo martire la capacità di vedere e ascoltare la sofferenza del suo popolo e modellare il suo cuore perché, in suo nome, lo orientasse e illuminasse”. Francesco riconosce, inoltre, la sua esemplarità e invita a incontrare nella figura di Romero “forza e coraggio per costruire il Regno di Dio e impegnarsi nella ricerca di un ordine sociale più equo e degno”. Leggi anche: CittàNuova online (altro…)
Mag 12, 2014 | Cultura, Famiglie, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
“Tutto è nato due anni fa – racconta Maria Pia Redaelli, referente AFN onlus nella Repubblica Democratica del Congo, dove è attivo il progetto sociale Petite Flamme – . Due nostri insegnanti avevano partecipato ad un meeting di formazione promosso dai Focolari a Douala in Camerun; al ritorno hanno voluto mettere in atto alcune idee già sperimentate in altre scuole, come la costituzione di un ‘Parlamento dei bambini’. Il primo effetto è stato che i ragazzi hanno cominciato a vedere la scuola come loro proprietà, ad essere attivi e protagonisti. Gli anni precedenti avevamo tanta difficoltà a tenere pulite le classi e soprattutto il cortile intorno alla scuola, ora non si trova più una carta per terra…”. Ogni ‘parlamento’ è composto da un presidente, un vice e alcuni ministri, in proporzione al numero dei bambini. Ognuno di loro ha un incarico. Al Petite Flamme Ndolo, che conta più di 400 alunni, il presidente della scuola, Mbuyi Idrisse, racconta: “Ogni mattina arrivo un po’ prima delle 7,30, così ho il tempo di accogliere i miei compagni, di vedere se la loro divisa è pulita e in ordine. In caso contrario sono costretto a rimandarli a casa”. Makwatshi Donnel è il vicepresidente: “Aiuto il presidente a mantenere la disciplina – spiega –, soprattutto quando i bambini sono in fila prima di entrare nelle classi e all’uscita da scuola”. “Sono ministro dell’arte – aggiunge Biamungu Bienvenue – e intono i canti la mattina prima di iniziare la scuola. Anche quando ci sono delle feste, aiuto l’insegnante a preparare delle nuove scenette”.
E Beyau Vianney, ministro delle finanze: “Il mio compito è quello di aiutare i compagni a venire incontro ai bisogni di altri studenti in necessità. Ad esempio, se qualcuno perde un genitore o un fratello cerchiamo di contribuire coi nostri risparmi per essere vicino a chi soffre. Lo stesso quando veniamo a sapere di bambini che nel mondo soffrono. Sono io che metto insieme quanto viene raccolto e lo consegno alla direttrice della scuola”. Luwala Precieuse è il ministro della salute: “Appena arrivo a scuola, vado a riempire alcuni bidoni d’acqua e vi aggiungo delle gocce di ‘amuchina’, per evitare che i bambini possano prendere delle malattie. Poi, durante l’intervallo delle 10, vado in cucina e chiedo alla cuoca di farmi assaggiare la ‘bouille’ per controllare se è buona e se lo zucchero è sufficiente, per la gioia dei miei compagni”.
Losambo Jepthe: “Sono il ministro dello sport. Quest’anno ho cercato di organizzare alcune équipe di calcio sia per i ragazzi che per le ragazze. Ogni mercoledì ci ritroviamo per l’allenamento e il sabato, durante la pausa, giochiamo le partite divisi per classi”. Nakamuwa Pembe, ministro dell’ambiente: “Controllo che la scuola sia sempre in ordine; quando vedo che qualche compagno getta la carta per terra lo invito a buttarla nel cestino. Controllo inoltre che le classi e le toilette siano pulite”. Luwala Precieuse, ministro della cultura: “Veglio perché i bambini parlino in francese che è la sola lingua autorizzata a scuola”. Infine, Binia Exaucé, ministro dell’ordine: “Ogni mattina verifico se nelle classi ci sono i gessetti alla lavagna e do il segnale col fischietto per iniziare e per finire la scuola”. “Col ‘Parlamento dei bambini’ – conclude Maria Pia – abbiamo sperimentato un salto di qualità nell’impegno dei ragazzi di Petite Flamme e quando, terminate le elementari, vanno in altre scuole per frequentare le Medie, i professori sono ammirati dall’impegno di questi ragazzi. Anche di recente l’Ambasciatore italiano in visita a Petite Flamme è rimasto molto soddisfatto del clima di rispetto e armonia che c’era fra tutti. E, rivolgendosi agli insegnanti, ha avuto parole di grande stima e incoraggiamento”.
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