Movimento dei Focolari

Ritrovare nel prossimo un fratello

Quando si è lasciato spogliare della fede in Dio, l’uomo ha subìto la più grande truffa. Dove poi egli non è stato spogliato della fede in Dio, talora l’ha perduta lo stesso per essersene dimenticato. Ora l’uomo paga spesso il prezzo di queste lunghe dimenticanze, in fondo si è dimenticato del suo stesso essere uomo. Sta in una casa che non riconosce più per sua, e difatti gli è divenuta prigione. Sta con uomini, in cui non ravvisa più i fratelli, il legame che li vincola è formato dal segreto di sfruttarsi l’un l’altro. Va in una scuola, legge giornali, osserva prodotti di una scienza, per cui la verità gli è deformata, sì che ha finito col non conoscere più l’oggetto e col dubitare del soggetto, è trattato e si tratta come un fantasma. Questa dimenticanza si ricapitola nella dimenticanza di Dio. Se si riconosce Dio, si diventa liberi verso gli uomini in terra. Questi uomini risultano allora fratelli, e l’unico sentimento dovuto loro è l’amore. Ritrovando l’uomo, torniamo a vederne la sua dignità. Nei suoi limiti vediamo la sua grandezza, mentre ne constatiamo la miseria. Esso può crollare, ma resta stirpe d’un Dio. La miseria è sua, la grandezza gli è conferita da Uno più grande. Il quale vuole che nella prova noi cresciamo su noi stessi, che utilizziamo la sciagura per esercitare le grandi virtù, giustizia, carità, pietà; che valorizziamo la morte per la vita, la povertà economica per la ricchezza spirituale, al punto che il nostro patrimonio sia tutto patrimonio dello spirito, e la nostra dignità non dipenda dallo stato economico, ma dalla forza del carattere, dalla rassegnazione eroica, dalla vittoria che per noi e in noi il bene riporta sul male. Allora siamo produttori di vita. Questa è la prova a cui assistono cielo e terra, e il cui scioglimento apre un’eternità. Se si passa tra le miserie immiserendoci anche nell’anima, se si reagisce al negativo abbrutendoci, se si crolla prostrandoci nella disperazione e logorandoci, noi sciupiamo stupidamente la nostra fatica, sporchiamo senza dignità le nostre lacrime, denutriamo l’anima. L’amore eroico trasforma il dolore in letizia, le nostre pene diventano strumento per esercizi spirituali: le sciagure pongono a ciascuno un’esigenza di santità, e cioè di umanità perfetta, essendo perfezionata dalla grazia. Tratto da: Igino Giordani, La rivolta morale, Capriotti Editore, Roma 1945 www.iginogiordani.info (altro…)

A Firenze Giordani, le virtù e la politica

A Firenze Giordani, le virtù e la politica

L’impegno all’interno dell’Assemblea Costituente che avrebbe deciso le sorti dell’Italia del dopoguerra, l’impegno per la pace e il sostegno ai più bisognosi, l’impegno per l’ecumenismo: sono alcune delle affinità tra due figure profondamente legate da sintonia e amicizia, quelle di Giordani e La Pira, evidenziate nel convegno “Igino Giordani e Giorgio La Pira: le virtù e la politica” lo scorso 25 maggio a Firenze. Erano presenti circa 250 persone, tra cui alcuni familiari di Giordani e numerosi giovani studenti di provenienza internazionale del Centro La Pira, dedicato al sindaco che governò Firenze dal 1951 al 1964. Il centro affidato dalla sua fondazione per opera del Card. Benelli ai Focolari, è diventato un punto importante per il dialogo e la fraternità nel capoluogo toscano. Giordani è stato uno tra i più importanti politici e intellettuali del dopoguerra italiano, ma anche “cofondatore” del Movimento dei Focolari, al suo interno conosciuto anche con il nome di “Foco”. Si è prodigato a promuovere una politica fondata sul servizio alla collettività e del dialogo fraterno. «Un’iniziativa che oggi può apparire senz’altro azzardata» ha affermato nel suo intervento Alberto Lo Presti, presidente del Centro Igino Giordani. «Certo però – ha proseguito – non lo era in misura minore durante l’esperienza parlamentare di Giordani, in piena guerra fredda. A spingerlo ad un simile azzardo, è stato l’incontro con l’Ideale dell’unità di Chiara Lubich il 17 settembre 1948. Ideale che la Lubich ha dato al mondo e Giordani ha saputo trasmettere anche in politica». Promozione della pace e dell’integrazione europea sono tra i cardini della carriera parlamentare di Giordani, analizzati dalla prof.ssa Bagnato, docente di storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze: «L’essenza del suo pacifismo – ricorda – sta nella sua vocazione al dialogo sul piano internazionale, così come in quello interno e relazionale». Una vocazione che ha portato l’on. Giordani a farsi promotore di numerose iniziative (quali la prima proposta di legge per l’obiezione di coscienza e di un’intesa parlamentare per la difesa della pace), collaborando sia con esponenti del suo partito, che con quelli ad esso allora frontalmente contrapposti. L’appuntamento – con l’Adesione del Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano – si è aperto con i saluti dell’Arcivescovo di Firenze, card. Betori, ha visto il susseguirsi di varie voci di studiosi – dal prof. Luppi, docente di storia contemporanea all’Istituto Universitario Sophia, al prof.  Monticone, storico e già presidente nazionale dell’Azione Cattolica – e ha ospitato le note dell’Orchestra del maggio musicale fiorentino. In conclusione una delle giovani studenti presenti confida: «Trovo del tutto attuale e necessario, ora come non mai, l’auspicio che ha contraddistinto il modo d’intendere la politica di Giordani: ‘c’è bisogno di santi in Parlamento!’». (altro…)

A Firenze Giordani, le virtù e la politica

Siamo responsabili gli uni degli altri

«Ci è offerto un criterio molto semplice per giudicare se noi siamo a posto con Dio. Noi siamo a posto con Dio se siamo a posto con l’uomo. Amiamo l’Uno in cielo se amiamo l’altro in terra. Si può dire che il fratello ci è stato dato perché ci ricordi, per similitudine, Dio. Io non vorrei essere calunniato, affamato, tenuto senza casa, senza lavoro, senza gioie… e così, per quanto è in mio potere, io devo adoperarmi affinché anche gli altri siano onorati, sfamati, alloggiati, impiegati e riempiti di consolazioni. Allora si stabilisce una sorta di eguaglianza, e cioè come io tratto il fratello, Dio tratta me; come il fratello tratta me, Dio tratta lui. Si direbbe che Dio sia il primo a praticare il precetto cardinale del Vangelo: «Ama il prossimo tuo come te stesso», e ci ami da Dio, cioè infinitamente. Difatti spinge tale amore sino a volerci uno con lui, a farci partecipi della sua natura. Non si è fatto per questo egli partecipe della nostra? E questa è un mettersi al nostro rango per consentirci una convivenza con lui. L’individualismo, col richiudere e tumefare il proprio Io nel guscio dell’esclusivismo personale, soffoca l’anima, e mancando la circolazione il calore si estingue. E l’anima patisce il freddo, muore di gelo. Basta però che uno si metta ad amare un fratello, perché nel riscaldar lo spirito di lui riscaldi il proprio. Un monito abituale che ci viene volto, sta nell’esortazione o nel divieto a non frequentar questi o quelli… Tuttavia Gesù parlava proprio con la samaritana, con scandalo dei suoi. E voleva che si lasciassero le 99 pecore docili per ricercare proprio la centesima indocile. Avvicinando il fratello, io contraggo una responsabilità per il suo stesso destino eterno e quindi anche per il mio, data la solidarietà che sottostà ai nostri rapporti. Quante volte il peccato del fratello, in minore o maggiore misura, è anche peccato nostro, frana operata dal nostro mancato amore. Quante volte il criminale è spesso un individuo a cui è mancato l’amore, sì che il Crocifisso, sopra la testa dei giudici in tribunale potrebbe ripetere: «Chi è puro scagli la prima pietra!». Quanti fratelli son perduti perché sono stati da noi abbandonati!». Igino Giordani, Il Fratello, Città Nuova, 2011,  ( Figlie della Chiesa, 1954). (altro…)