14 Dic 2011 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Martedì 25 ottobre in Liguria e Toscana si abbatte un fortissimo nubifragio. La situazione nella provincia della Spezia è da subito drammatica: i fiumi esondano, le colline franano e si iniziano a contare morti e dispersi. Tanti ragazzi da ogni parte d’Italia hanno il desiderio di correre ad aiutare, ma la protezione civile e i comuni chiedono solo volontari della protezione civile stessa. Il giorno dei Santi, però, qualcuno ci prova e una macchina con 3 ragazzi a bordo parte. Ci si rende conto che la situazione è difficile, servono tante braccia e le porte non sono chiuse come si sente in televisione o sui giornali.
Qualche giorno per raccogliere fondi, per organizzarsi e il 13 novembre alcune macchine da Genova, Cuneo e Torino partono verso la città di Borghetto Vara, duramente colpita dal maltempo. La voglia di fare è fortissima e appena ci si accorge che si è in troppi nello stesso posto, si cercano altre cantine da svuotare, altre case da pulire; così, dopo un pranzo insieme, qualcuno prende la macchina per raggiungere la vicina Brugnato, anch’essa colpita duramente. Il lavoro non manca per nessuno e il pomeriggio passa in fretta, la luce del sole se ne va e ci si ritrova tutti alla Messa, per ripartire poi ognuno per le proprie case. Passa un’altra settimana, durante la quale i telefoni dei liguri continuano a squillare: è tutta l’Italia a volersi muovere per passare una domenica al servizio di queste città, di queste famiglie che purtroppo non sono più le stesse, ma hanno voglia di tornare alla normalità. E così, dal vicino levante ligure, da Genova, da Firenze, da alto e basso Piemonte, da Milano e da Reggio Emilia arrivano macchine piene di ragazzi, muniti di stivali, pale, guanti, olio di gomito, tanti sorrisi e voglia di voler bene con i muscoli…siamo circa 150!! Sono tanti per questi paesini che stanno iniziando a vedere le macchine e i furgoni della protezione civile andare via, ad un mese dall’alluvione.
A Borghetto ci sono alcuni problemi logistici: bisogna registrarsi alla Croce Verde, esibire documenti, ma il lavoro non manca per nessuno. A Brugnato invece le porte e i cuori delle famiglie si aprono senza troppa burocrazia. Ci sono delle ragazze a casa di una giovane mamma, in un piccolo appartamento che non si decide a tornare pulito come si deve; c’è chi aiuta a ripulire la stalla di un macellaio senza separarsi da pale, secchi e carriole per tutto il giorno; chi aiuta la proprietaria di un negozio di scarpe a ripulire il più possibile per poter riaprire finalmente il negozio; altri vanno a ripulire dei grossi vasi di un negozio di piante, o a impilare legna di alberi che il fiume ha portato vicino alle case e che le famiglie hanno recuperato per scaldarsi durante il vicino inverno; altri ancora, anche giovanissimi, entrano nelle famiglie per far tornare bianche le pareti interne delle case. Qualche risultato lo si riesce anche a vedere ed è una soddisfazione, ma ciò che più gratifica è la vera commozione delle persone che sentono un’aria più leggera, si sentono amate concretamente… e alcune ci ringraziano pure con una buona merenda! Il sole, anche in quella bellissima domenica, sta scendendo; rimane però accesa la luce nel cuore di ciascuno, sia tra i ragazzi che sentono di aver contribuito – insieme ai tanti volontari – alla gioia di persone che stanno passando un momento particolarmente difficile della loro vita, sia quella luce di speranza che non si spegne per chi ha visto la sua casa piena di fango ieri e piena d’amore oggi». i Giovani per un Mondo Unito della Liguria
13 Dic 2011 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Due donne al servizio della vita: condotta da questo leit motiv si è svolta, lo scorso 10 dicembre, in Campidoglio (Roma), la cerimonia di conferimento del Premio europeo per la vita “Madre Teresa di Calcutta” alla memoria di Chiara Lubich. A riceverlo, l’attuale presidente del Movimento dei focolari, dott.ssa Maria Voce, dalle mani del Card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. La motivazione del premio è stata espressa in apertura dal presidente del Movimento per la vita Carlo Casini, che ha messo in luce la “limpida e costante difesa e promozione del diritto alla vita” messa in atto da Chiara Lubich e promossa sempre nell’ampio orizzonte dell’amore ad ogni uomo. Sono stati evidenziati l’opera e il sostegno dato da Chiara al Movimento per la vita sin dal suo sorgere. Significativi gli interventi, moderati dal direttore del giornale Avvenire Marco Tarquinio, dell’ex-presidente del Consiglio Giuliano Amato, dei professori Antonio Maria Baggio e Vincenzo Buonomo e del ministro ungherese per gli Affari sociali e la famiglia Miklos Soltesz. Presenti anche i rappresentanti dei movimenti per la vita di 15 Paesi europei.
Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sottolineando la scelta della data del 10 dicembre per la consegna del premio, a 63 anni dalla firma della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, ha affermato che“queste due donne hanno fatto una pratica di vita profonda”; ed ha annunciato l’avvio dell’iter per la dedicazione di una strada della capitale a Chiara Lubich. Maria Voce, nel suo intervento, ha messo in rilievo come in Chiara la spinta ad adoperarsi alla tutela dei diritti dell’uomo aveva la sua sorgente nell’amore verso Dio e l’amore verso l’uomo, ogni uomo: «Tutti gli uomini sono figli di Dio e quindi fratelli fra di loro; e Chiara lavora perché nel mondo si realizzi la fratellanza universale. Lo fa per oltre 60 anni, non tanto proclamando a voce i diritti dell’uomo, quanto suscitando in più uomini e donne possibile uno stile di vita “evangelico”, che ha come necessaria conseguenza il rispetto dell’uomo e dei suoi diritti.» Il premio europeo Madre Teresa di Calcutta è stato menzionato da Papa Benedetto XVI al termine dell’Angelus di domenica 11 dicembre, con un indirizzo di saluto agli esponenti del Movimento per la vita giunti da tutta Europa per la premiazione. [nggallery id=78]
10 Dic 2011 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Amare, dunque, amare, amare, amare. Perché la vita, ogni vita, ogni stadio della vita, chiede amore. Alla cultura della morte dobbiamo opporre una cultura della vita». Così dichiarava Chiara Lubich in quel palazzetto dello sport a Firenze, dove il 17 maggio 1986, insieme a Madre Teresa di Calcutta, era stata chiamata a dare una testimonianza alla giornata “Ogni vita chiede amore”. Ancora oggi si ricorda “il diritto alla vita”, come primo e fondamentale fra tutti i diritti umani, anche attraverso il premio europeo del Movimento per la vita, intitolato a Madre Teresa, ed assegnato quest’anno in memoria di Chiara Lubich per il contributo dato dai Focolari in tutto il mondo alla causa per la vita. Giunto alla terza edizione, il premio è stato istituito nel 60 ° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, firmata il 10 dicembre del 1948. Assegnato per la prima volta a Strasburgo alla memoria del grande genetista il prof. Jerome Lejeune – è un riconoscimento a chi ha reso una testimonianza particolarmente generosa ed efficace alla dignità umana, all’amore e alla vita, e che perciò ha contribuito in maniera esemplare a costruire una vera cultura dei diritti umani. A riceverlo, la presidente dei Focolari Maria Voce, il 10 dicembre in Campidoglio a Roma, alla presenza del Card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, del Sindaco di Roma, del Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, del Ministro Ungherese per gli Affari sociali e la famiglia, di altre personalità civili, religiose e accademiche, e dei rappresentanti dei movimenti per la vita di 13 Paesi europei. Nel corso del programma sono state presentate anche alcune testimonianze di “genio femminile”, e letti alcuni brani di Chiara Lubich. «Quando Dio è venuto in terra ha portato l’amore – rifletteva ancora Chiara nell’86 – Egli, creatore della vita e suscitatore d’una nuova Vita più importante ancora, sapeva cosa occorreva per mantenerla: occorreva l’amore. E alla fine della vita egli stesso ci giudicherà unicamente sull’amore. È dunque importante l’amore. Usciamo allora da questo stadio col proposito di far della nostra vita un solo atto continuato d’amore verso ogni prossimo e di comunicare questa ansia a più gente possibile. Porteremo così il nostro contributo a quella civiltà di cui ogni tanto si parla: la civiltà dell’amore».
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5 Dic 2011 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
«Provengo da un piccolo paese di campagna, e mi sono trasferito da poco a Roma. L’arrivo in una città così grande mi ha fatto incontrare realtà molto diverse da quelle alle quali ero abituato.
È stato difficile, per me, vedere un giovane chiedere qualche soldo o persone immerse nei cassonetti che cercavano qualche cosa da mangiare. Non che siano delle novità. Scene viste e riviste molte volte in giro per la strada, in TV. Ma quando ci si trova faccia a faccia con queste situazioni, qualcosa cambia, e si ha la possibilità di trovare la propria misura nel vivere secondo il Vangelo. Ritornando una sera di queste a casa, mi sono fermato a parlare con un ragazzo. Aveva 23 anni, più o meno la mia età. Mi ha raccontato dei suoi bambini, uno dei quali a breve avrebbe subito un’operazione e che i loro risparmi non erano sufficienti. Mi ha raccontato dell’affitto di 150 euro al mese da pagare per non dover dormire, con la moglie, sui sedili posteriori di una macchina. E ancora delle difficoltà nel trovare lavoro. Forse la solita storia, forse le solite scuse per racimolare qualche soldo, ho pensato. Ma c’era qualcosa che mi spingeva ad andare avanti. Gli ho detto, allora, che lo avrei aiutato a trovare un lavoro e che le sere seguenti lo avrei invitato a cena e che l’avrei ospitato a casa mia se il locatore lo avesse cacciato di casa. Non sapevo bene quello che dicevo, ma le parole mi uscivano dal cuore. Mi chiedevo: cosa posso fare io così piccolo, da poco entrato nella realtà romana? Tornato a casa, ho pregato chiedendo aiuto al Padre. Due giorni dopo mi è arrivata un email che parlava di un incontro per giovani stranieri in cerca di lavoro. Ecco la risposta, ecco un segnale chiaro! Ho subito mandato un messaggio al ragazzo, col quale ci eravamo scambiati i numeri di telefono, informandolo della notizia. Più volte mi è capitato di tornare tardi a casa per vicende simili, e sentirmi chiedere dai coinquilini: ‘ma perchè ti fermi a parlare con quelle persone? Ma cosa ti importa, tanto non serve a nulla…’ A loro, forse, ho dato una risposta superficiale, ma quello che ho capito è stata una vera rivoluzione. Ho cambiato il mio modo di agire perché ‘ogni cosa è per Gesù’. Se ci si lascia lavorare da Gesù, se Lo si sceglie come base della vita, soprattutto quel Gesù che sulla croce ha sofferto per tutti noi, allora è Lui stesso che ti fa essere un altro Lui negli angoli bui e nei dolori della società». (E.P. – Italia) (altro…)
4 Dic 2011 | Nuove Generazioni
I primi ad essere entusiasti sono i cappellani di San Vittore, don Pietro Raimondi e don Alberto Barin, che hanno visto un gruppo di giovani farsi carico dell’iniziativa che loro – i due sacerdoti – avevano iniziato qualche anno fa. La storia parte da quando un gruppo di giovani del Movimento dei focolari ha iniziato ad animare le messe della domenica: un’esperienza toccante che ha lasciato il segno in Valeria, Chiara, Stefano, Marco e nei loro amici. A distanza di qualche mese, pensando al Natale, hanno voluto lanciare quest’altra idea: raccogliere panettoni da regalare ai carcerati di San Vittore, che festeggeranno dietro le sbarre. “Buono dentro e buono fuori” è il titolo che hanno dato a questo gesto di condivisione per «partecipare al pranzo di Natale con i detenuti in un modo un po’ speciale: facendo arrivare in ogni cella un panettone». Valeria spiega con l’aver voluto coinvolgere più persone possibili e sensibilizzarle sulla realtà del carcere la scelta di aver chiesto un contributo ai singoli, piuttosto che a qualche azienda dolciaria. «Abbiamo accolto l’invito dei cappellani con entusiasmo e, forse, con una nota di sano idealismo. Ci siamo resi conto del rischio di dover aprire l’argomento del carcere in ambienti a volte ostili, o forse coscientemente sordi. Tuttavia abbiamo capito che il bene è il bene e non deve essere fatto solo quando si ha il consenso della maggioranza, che non ha bisogno di bagni di folla ma chiede di essere costruito passo a passo. Aprire l’iniziativa a tutti quanti, anziché cercare uno sponsor, è un appello a scegliere il bene, a mettersi in gioco in prima persona, a uscire di casa e comprare un regalo per un uomo o una donna che magari ha ucciso, o si è macchiata di altri reati gravi, oppure per un innocente non ascoltato, non creduto e umiliato. Chiedere a tante persone diverse di portare il proprio panettone significa allargare il raggio d’azione del bene, perché questo non agisce secondo una logica lineare, ma la sua crescita è esponenziale: e solo facendolo circolare e creando delle reti possiamo essere parte di una vera rivoluzione». 29-11-2011 di Silvano Gianti Fonte: Citta’ Nuova