Movimento dei Focolari
Al via la Settimana Mondo Unito 2014

Al via la Settimana Mondo Unito 2014

Partirà da Nairobi il collegamento mondiale (http://live.focolare.org/y4uw/) che il 1° maggio, ore 13 italiane, collegherà giovani dei cinque continenti per dare il via alla Settimana Mondo Unito 2014 (SMU): “Bridging cultures”, galassia di attività e azioni dei Giovani per un Mondo Unito (GMU) nei cinque continenti, incentrate sulla reciproca condivisione. Sono previsti altri collegamenti con Giappone, RDC, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Nigeria, Algeria, Portogallo, Brasile. A Nairobi (Kenya) sono giunti in questi giorni un centinaio di giovani: metà rappresentano i popoli africani dell’area sub-sahariana e metà gli altri continenti. “Sharing with Africa”. È il motto per dire la reciprocità che l’edizione 2014 della SMU vuole attuare con il continente africano, emblema di colori, culture e sfide, per approfondire alcuni pilastri delle culture africane, in una reciproca condivisione e scambio di ricchezze. Loppiano (Italia), come ogni anno, si trasformerà in una grande piazza (#Spiazzaci) per dare visibilità ad un’Italia diversa con le iniziative in corso su legalità, dialogo interreligioso e immigrazione. Per saperne di più, consultare: www.facebook.com/y4uw.international?fref=ts Maria Voce, presidente dei Focolari, ha espresso ai giovani riconoscenza per “l’impegno” e “il caparbio coraggio” nell’“inseguire l’obiettivo del Mondo Unito, immersi nelle vicende complesse del mondo contemporaneo e nelle diversificate realtà” a loro vicine. È un “immane cantiere” ha aggiunto, “ma si tratta del sogno di un Dio, come Chiara Lubich amava definirlo”. Assicurando il suo sostegno con quanti “si riconoscono negli ideali del Movimento dei Focolari”, ha ricordato l’augurio rivolto ai GMU da Giovanni Paolo II: “Solo coloro che guardano al futuro sono quelli che costruiscono la storia”, concludendo “e la storia, come lievito nella massa, la stiamo costruendo qui e ora” con tanti altri. Il 1° maggio, inoltre, si vara l’Atlante della fraternità, un primo rapporto su 800 frammenti di fraternità, azioni coraggiose che si propagano nelle città, costruiscono ponti fra uomini, gruppi e culture, aprono strade di dialogo e indicano percorsi nuovi alle comunità. Un viaggio ideale tra meridiani e paralleli del Globo che mostra come la fraternità messa in atto avvolge il mondo. Costituisce il primo documento dello United World Project (UWP) in seguito al Genfest 2012 a Budapest, consultabile su www.unitedworldproject.org. Leggi anche: Un ponte con l’Africa


http://youtu.be/U1TODWAFX-8 (altro…)

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Sophia in Africa. Primi passi

Arrivano da Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Camerun e Kenya. Hanno in comune lo studio all’Istituto Universitario Sophia (IUS) e una domanda: “Se quest’esperienza corrisponde sempre di più alle domande sul futuro dei nostri popoli, perché non immaginare che possa trovare casa anche nel continente africano?” Un’idea che va crescendo di giorno in giorno, finché il 22 febbraio gli studenti dell’Africa sub-sahariana iscritti ai corsi di Laurea e Dottorato dello IUS, si sono dati appuntamento per condividere un progetto. Martine Ndaya del Congo racconta: “Studiare a Sophia non è stata una scelta facile… Eppure, a distanza di pochi mesi da quando sono entrata in aula, posso dire che questa esperienza interdisciplinare e di convivenza multiculturale risponde alle mie aspettative, a quelle più profonde”. Prosegue Pulcherie Prao della Costa d’Avorio: “Tra di noi ci confrontiamo spesso, ci scambiamo impressioni e difficoltà, ci ritroviamo per parlare delle sfide che abbiamo davanti. Per questo, qualcuno ha cominciato a dire: quando ci sarà la possibilità di veder nascere Sophia in Africa?”. Sono numerose le iniziative di formazione superiore intraprese anche in anni recenti nelle diverse regioni del continente, ma non tutte sono in grado di corrispondere ai problemi reali dettati dalla domanda di pace, di sviluppo e di partecipazione delle diverse aree. Anche in Africa le società non sono risparmiate da processi violenti in cui il consumismo e il materialismo lacerano il tessuto morale e culturale.  Un percorso di formazione ispirato all’esperienza di Sophia potrebbe rappresentare, sia sul piano della ricerca che dell’impegno etico e culturale, non solo uno spazio di comunione tra i popoli africani, con la loro diversità e bellezza, ma anche un luogo aperto ai giovani di altre culture per arricchirsi del senso di comunità di cui l’Africa è testimone, dei suoi modelli di partecipazione diffusa, dei suoi coraggiosi percorsi di riscatto.  Melchior Nsavyimana del Burundi, ricordando Nelson Mandela,  afferma che “l’educazione è il più potente motore di sviluppo, è lo strumento più efficace per rispondere alla sofferenza che devasta la vita di tante persone”.  Sophia in Africa: un sogno, ma allo stesso tempo, un processo che comincia. Nel dialogo, sono emerse varie opportunità da cogliere per aprire la strada, senza sottovalutare difficoltà e ostacoli oggettivi. È necessario esplorare le diverse possibilità, coinvolgere tanti, raccogliere disponibilità e tessere sinergie. Per ora, il gruppo promotore allo IUS ha deciso di incontrarsi periodicamente per mantenere vivo l’interesse e portare avanti il programma. E far seguire al primo passo, tanti altri. (altro…)

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Sharing with Africa, primi passi

«Siamo arrivate alla Mariapoli Piero (Nairobi, Kenya) la mattina del 10 maggio, accolte come sanno fare gli Africani: sorrisi e abbracci gratuiti per tutti! Questo perché al centro delle loro giornate c’è la persona, e lo abbiamo scoperto attraverso le loro vite, i racconti delle loro tribù che ci sono state presentati durante la Scuola d’Inculturazione. È stato arricchente entrare in tutte queste culture, scoprirne i punti in comune e ciò che invece le distingue. Oltre a chi era giunto dai paesi dell’Africa subsahariana, erano presenti una quindicina di giovani provenienti dai paesi vicini al Kenya: Uganda, Tanzania, Burundi, Ruanda, ma anche Madagascar, Zambia, Angola, Malawi…due dal Sudamerica che vivono per un periodo nella cittadella e noi 5: oltre me, Chiara, Giulia, Aurelio e Paula. Ci è stata spiegata la nascita del progetto e proposte due attività: raggiungere i Samburu nella Savana e vivere con loro 4 giorni intervistandoli e conoscendone le radici e il perché della loro cultura; prestare il proprio aiuto fra il centro nutrizionale di Madare, slum di Nairobi, e Njabini, villaggio a 2600 metri di altezza. In un gruppo di 8 abbiamo deciso per la seconda attività. Il primo giorno siamo stati accolti in una cappella di latta, di giorno centro nutrizionale e di sera Tempio di Dio. La realtà dello slum è pesante, c’è una condizione di miseria assoluta, un degrado sociale che tocca il disumano, eppure si innalza la dignità della persona che non molla e che si aggrappa a quell’unica certezza: Dio Amore. Alcune suore italiane, missionarie a Madare dagli anni Settanta, ci hanno confermato quanto sia forte la fede, e quanto questa porti all’aiuto reciproco. La stessa responsabile del centro nutrizionale è nata e cresciuta nello slum; ora, abbracciata la spiritualità dell’unità, ha messo in piedi questa attività dove, oltre ad assicurare un’istruzione minima e due pasti al giorno, insegna ai bambini l’arte di amare attraverso il dado dell’amore. Questi, arrivati a casa, irradiano tutta la famiglia sfidandosi a vicenda in una gara d’amore che rende anche la vita spiritualmente più piena. Il giorno seguente a Njabini. Dopo 3 ore di viaggio, siamo stati accolti da una famiglia composta da Mama Julia, Papa Joseph, Mary, Absunta e Anthony, originari della tribù Kikuyu. Siamo stati con loro 3 giorni, aiutando nei lavori domestici, nei campi e con il bestiame. L’ultima sera, durante un momento di condivisione, ho proprio sentito che quella era ormai diventata la mia famiglia, e non mi sono più sentita una “mzungu” (bianca) in mezzo a loro! E mama Julia ci ha confidato: “Prima che arrivaste pensavo di avere quattro figli, ora sento di averne 8 in più!”. Sento di non essere tornata, perché credo che i viaggi siano di sola andata. Qualcosa in me è cambiato per sempre: sono arricchita di una cultura diametralmente opposta alla mia, e più consapevole dei punti di forza e di debolezza del mio modo di vivere. Una cosa è sicura, ho fatto della filosofia dell'”Ubuntu” la mia filosofia di vita: posso realizzarmi come persona solo nel momento in cui entro in relazione con l’Altro e lo metto al centro della mia vita. Che poi, in fondo, si tratta di quell’amore al fratello predicato da un Tale più di duemila anni fa e che la nostra Chiara ci ha puntualmente ricordato». (Elena D. – Italia) (altro…)