Ago 26, 2017 | Centro internazionale, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Nel mondo di oggi, così globalizzato e interdipendente, il dialogo appare l’unica via per la sopravvivenza dell’umanità. O ci si combatte gli uni gli altri fino alla reciproca distruzione o si dialoga; infatti solo l’apertura all’altro e il dialogo creano vita e portano alla vita, perché fondano ogni azione sull’essersi riconosciuti fratelli, figli di Dio. E lo Spirito Santo, così mi pare di cogliere, sta spingendo un po’ ovunque le nostre Chiese in questa direzione: dialogare per ritrovare l’unità infranta nei secoli, per dare come cristiani una testimonianza comune davanti al mondo secondo la preghiera di Gesù: “Padre, che tutti siano uno, affinché il mondo creda” (cfr. Gv 17)». Esordisce così Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, nel suo articolato intervento. Parte dalla sua testimonianza ecumenica personale fino all’incontro con la spiritualità dell’unità: «Negli anni ’60, attraverso l’esperienza di Chiara Lubich, che era entrata in contatto con alcuni cristiani membri della “Fraternità di vita comune” della Germania», si apre per il Movimento il dialogo ecumenico. Nasce, nel 1965, la cittadella di Ottmaring (Germania), dove convivono cattolici ed evangelici». Durante il Concilio Vaticano II, Chiara entra in contatto con alcuni Osservatori di altre Chiese. Iniziano così le cosiddette “Settimane ecumeniche”, in cui, annualmente, tra cristiani di varie Chiese comunichiamo reciprocamente le esperienze della Parola vissuta, mettendo l’accento soprattutto sul Comandamento nuovo di Gesù: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Nello storico incontro del 13 giugno 1967 tra il Patriarca ecumenico Athenagoras I e Chiara Lubich, Maria Voce si trova ad Istanbul, in Turchia, come responsabile del Movimento locale. «È stato il primo di 25 incontri che Chiara avrà con quella grande figura carismatica. Athenagoras si dichiara “suo discepolo” e desidera un focolare a Costantinopoli». Seguiranno altri importanti incontri ecumenici. «Cristiani delle più varie Chiese hanno voluto condividere la spiritualità dell’unità e diversi si sono sentiti chiamati alle varie vocazioni specifiche del Movimento, pur rimanendo ciascuno e ciascuna ben inseriti nella propria Chiesa». Infatti, ricorda Maria Voce, «il dialogo non si fa tra le culture, bensì tra le persone. O meglio, si vive in dialogo». E ancora: «Il fondamento del dialogo è Dio, Dio che è amore e padre di tutti noi e che ci fa tutti figli nel Figlio, tutti fratelli, tutti un’unica famiglia. Fin dall’inizio Chiara ha fatto della preghiera di Gesù “Che tutti siano uno” – che possiamo tradurre in “fare dell’intera umanità un’unica famiglia” – il motto della sua vita e ha invitato milioni di persone, nel mondo intero, ad impegnarsi a vivere per realizzarla». Per i Focolari, dunque, «il dialogo è uno stile di vita, una cultura nuova, che il Movimento può e vuole offrire agli uomini e alle donne di oggi». E che deve essere «sostenuto e sostanziato dalla misericordia, dalla compassione, dalla carità». Maria Voce cita Chiara Lubich che, nel 1970, scrive: “Se noi non abbiamo la carità, non avremo la luce di Dio e il dialogo, qualsiasi dialogo, può divenire sterile, infruttuoso»[i]. E, sempre Chiara Lubich: «Chi mi sta vicino è stato creato in dono per me ed io sono stata creata in dono per chi mi sta vicino. Sulla terra tutto è in rapporto d’amore con tutto: ogni cosa con ogni cosa. Occorre però essere l’Amore per trovare il filo d’oro fra gli esseri»[ii]. La presidente dei Focolari, quindi, illustra la cosiddetta “arte di amare”, che si riassume in pochi punti: amare tutti, amare sempre, amare per primi, “farsi uno” con l’altro (cfr. 1Cor 9,22). «In tale maniera il prossimo si sente compreso, accettato, sollevato». (Prima parte) [i] C. LUBICH, Discorso ai focolarini,1970. Testo non pubblicato cit. in Vera Araújo, Il quinto dialogo del Movimento dei Focolari. Cosa è, cosa vuole, cosa fa, 7 [ii] C. LUBICH, Scritti Spirituali 1, “L’attrattiva del tempo moderno”, Città Nuova, Roma 1978, 140. (altro…)
Ago 2, 2017 | Centro internazionale, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Foto A. Dimech – © CSC Audiovisivi
“Può il diritto essere uno strumento di integrazione nella società?” Partecipando a un seminario di studi a Malta lo scorso 2 maggio, Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, primo avvocato donna nella sua città d’origine (Cosenza, Italia), risponde convinta. «Lo può, se superiamo una visione esclusivamente formalistica e puntiamo a guardare al diritto come mezzo indispensabile per contribuire a creare una realtà di comunione all’interno della società. Il diritto infatti si confronta con l’ansia di giustizia presente in ogni uomo e lo aiuta a realizzarla. Ci insegna come vivere, come costruire rettamente le relazioni tra singoli, gruppi, organizzazioni, stati», ma al tempo stesso, aggiunge, ha un obiettivo più alto: «il raggiungimento del bene comune e l’edificazione della fraternità universale». In un momento in cui guerre, atti terroristici e paura del diverso sembrano cancellare questa visione del diritto Maria Voce ricorda: «la Dichiarazione Universale dei diritti umani (1948), dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale e della Shoah, evidenzia sin dal preambolo: “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti eguali e inalienabili costituisce il fondamento della libertà, della pace e della giustizia nel mondo”. Anche le Costituzioni europee successive lo ribadiscono. La Carta Costituzionale tedesca (1949-1990) nel suo primo articolo proclama: “La dignità umana è intangibile. È dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla”. La Carta polacca (1997) afferma: “La naturale e inviolabile dignità dell’uomo è fonte della libertà e dei diritti dell’individuo e del cittadino. Il Governo ha il dovere di tutelare la sua inviolabilità (art. 30)”. Anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, richiamata dal Trattato di Lisbona del dicembre 2009, pone la dignità come valore preliminare a libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia: “La dignità umana è inviolabile. Essa dev’essere rispettata e tutelata (art. 1)”». A 60 anni dalla firma dei Trattati dell’Unione Europea, prosegue Maria Voce, «sappiamo le difficoltà che l’Unione sta attraversando e mi sento di affermare che il motivo di questa crisi sembra essere la crisi stessa delle relazioni. Si è puntato a costruire un mercato comune, affidandosi alle leggi del capitalismo, ma si è rimasti distanti se non indifferenti gli uni verso gli altri. La crisi impone una severa verifica del significato profondo di integrazione, che specialmente per l’Unione Europea deve poggiare su un patrimonio condiviso, frutto dell’incontro tra l’eredità greco-romana e quella giudaico-cristiana, senza dimenticare i molteplici contributi giunti da tutte le culture del Mediterraneo». Nel corso del suo intervento, Maria Voce offre l’impegno del Movimento dei Focolari a difesa dei principi di pace e unità che avevano ispirato i fondatori dell’Unione europea. «È l’esperienza di “Insieme per l’Europa”. Si tratta di una rete di appartenenti a vari movimenti di ispirazione cristiana, con appuntamenti pluriennali, continentali e locali. In tali incontri vengono enucleati, tra gli altri, alcuni valori da tutti condivisi: la famiglia, la vita, la pace, l’ambiente, un’economia equa, la solidarietà con gli ultimi. Vogliono dare testimonianza che è possibile l’unità tra persone dell’Europa del Nord e del Sud, dell’Est e dell’Ovest. Vorremmo insieme moltiplicare le esperienze positive già in atto ed enucleare linee di pensiero e di azione che possano contribuire, nel campo del diritto, della politica, dell’economia, dell’educazione, all’edificazione di una società che si fa famiglia». (altro…)
Lug 6, 2017 | Centro internazionale, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«È del 25 marzo scorso la ricorrenza del 60° dei Trattati di Roma, che diedero vita concretamente a quella “comunità di popoli” di cui Robert Schuman aveva già piena visione. Il 7 maggio 1950, infatti, aveva proposto ad Adenauer “una solidarietà di produzione” di carbone ed acciaio, che rendesse impossibile ogni forma di guerra tra Francia, Germania e gli altri Paesi che vi avrebbero aderito. Un atto straordinario per riconciliare popoli prostrati dal più terribile conflitto fino ad oggi sperimentato. L’Europa era devastata, oltre 35 milioni di morti, non solo macerie, ma anche distruzione sociale, politica, morale. Senza leggi, senza ordine pubblico, senza servizi… In quei giorni sconvolgenti sarebbe stato già molto mettere in sicurezza i confini e vigilare sugli accordi di pace. Come si è arrivati, invece, ad immaginare di guarire così profondamente le ferite da fare di tanti popoli contrapposti un solo popolo europeo? Chi ispirava Schuman, Adenauer, De Gasperi e altri ancora? Vogliamo pensare che a suscitare le idee e la forza per l’Europa sia stato Dio. Dio che ha testimoniato il suo amore per gli uomini fino a morire per loro di una morte atroce e infamante, che lo ha identificato con tutti i dolori dell’umanità, compresi quelli derivanti da violenze e guerre. Dio che anche oggi può sollecitare i popoli a riconciliarsi e divenire un’unica famiglia universale. I fondatori dell’Europa ne hanno fatto l’esperienza. Non si sono lasciati schiacciare dalla assurdità del male, dalla disumanità delle dittature, del conflitto, della Shoah… Diceva Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, a proposito della cultura che nasce da una profonda riconciliazione: “…ogni persona può portare un contributo suo tipico in tutti i campi: nella scienza, nell’arte, nella politica, nelle comunicazioni e così via. E maggiore sarà la sua efficacia se lavora insieme con altri uniti nel nome di Cristo. È l’Incarnazione che continua, incarnazione completa che riguarda tutte le membra del Corpo mistico di Cristo. Nasce così, e si diffonde nel mondo, quella che potremmo chiamare “cultura della Risurrezione”: cultura del Risorto, dell’Uomo nuovo e, in Lui, dell’umanità nuova” . E se questa fu in certo modo l’avventura dei fondatori dell’Europa, possiamo – e vorrei dire: dobbiamo – aspirare a continuare la loro opera. Vi siamo chiamati tutti. L’unità dei popoli dell’Europa è un percorso al contempo educativo, culturale, spirituale, ed anche politico, economico, sociale, comunicativo. Ecco, dunque, qualche possibile ulteriore passo: innanzitutto è richiesto a noi cristiani non solo la riconciliazione ma un cammino di comune testimonianza, cammino che ha visto recenti incontri storici: a Lund, in Svezia; a Lesbo, in Grecia; a Cuba. A noi tutti il compito di contribuire ai passi verso la piena e visibile comunione, sapendo quanto ciò sarà determinante per l’unità dell’Europa e per servire meglio l’umanità.
Vogliamo poi allargare lo sguardo all’intera Europa – dall’Atlantico agli Urali – e ciò significa riconoscimento reciproco dei valori e spazi di collaborazione tra Nord e Sud, tra Est e Ovest. Le guerre, i regimi totalitari, le ingiustizie, hanno lasciato ferite da risanare. Per essere davvero costruttori di unità europea, dobbiamo riuscire a riconoscere che ciò che oggi siamo è frutto di una vicenda comune e di un destino europeo da prendere interamente nelle nostre mani. Se una conseguenza fosse rinnovare le relazioni tra Unione europea e Paesi europei ad essa non aderenti, ciò sarebbe un importante passo per la pace, in particolare per il Medio oriente. In Europa vi è anche una forte necessità di partecipazione dei cittadini alla vita delle città e dell’intero continente. In altre parole di rigenerare la democrazia che è nata in Europa, ma oggi ha bisogno di una nuova dimensione, più effettiva, più densa, più adatta a questo secolo. E ancora: in un contesto europeo multiculturale e multireligioso c’è grande bisogno di una nuova capacità di dialogo. Dialogo che può poggiare sulla “Regola d’oro“, che dice: “Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” (cfr Lc 6,31) ; regola comune a tutte le principali religioni della terra e accolta volentieri anche da chi non ha riferimento religioso. Occorrerebbe poi rivedere e applicare, anche a livello istituzionale, il motto scelto dall’Unione Europea “unità e diversità”. Sarebbe un dono anche per i popoli che in altri continenti cercano vie per unirsi. Nella visione dei fondatori l’Europa non è mai stata pensata chiusa in se stessa, ma aperta all’unità della famiglia umana. Ed è significativo riaffermarlo qui a Malta, lo Stato europeo più a sud, immerso per cibo e lingua e, innanzitutto, per vocazione nel Mediterraneo, che da tomba azzurra deve ri-essere “Mare nostrum”: di un’Europa, di un’Africa e di un Medio Oriente uniti. Le tante crisi internazionali in corso ci danno la nitida percezione di quanto sia lunga la strada per arrivarvi veramente. Diceva ancora Chiara Lubich: “Occorre uno studio paziente, occorre sapienza, occorre soprattutto non dimenticare che c’è Qualcuno che segue la nostra storia e desidera – se collaboriamo con la nostra buona volontà – attuare i Suoi disegni d’amore sul nostro continente e su tutto il nostro pianeta”. Possiamo concludere che per un fine così alto vale senz’altro la pena di impegnare la nostra esistenza. Che anche questo Forum contribuisca a mettere in piedi quella “Europa famiglia di popoli” che, secondo papa Francesco, è “capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare”». Maria Voce Malta, St John’s Cathedral, 7 maggio 2017 (altro…)
Giu 30, 2017 | Centro internazionale, Ecumenismo, Spiritualità
Guerre, minacce nucleari, terrorismo. Tante sono le sfide. Lei ha detto che l’ecumenismo è importante per la pace. Ci può spiegare perché e come? «L’ecumenismo è importante per la pace perché l’ecumenismo è unità. L’unità è la pace. L’unità è essere un cuor solo e un’anima sola. È amarsi. È condividere i propri beni, i dolori, le gioie. Ed è questo che porta la pace. Che cosa è la pace? La pace non è assenza di bombardamenti. Non è un compromesso che si firma. La pace non è tutto questo. La pace è l’unità dei cuori. L’ecumenismo serve a costruire e allargare l’unità dei cuori e, quindi, serve alla pace, serve tantissimo alla pace. Se poi i cristiani si presentano uniti, sicuramente incideranno di più. E insieme realizzeranno progetti di pace anche e soprattutto laddove la pace è continuamente minacciata. Aiuteranno a mettere in pratica la condivisione dei beni nel mondo, l’aiuto a chi scappa dai Paesi in guerra alla ricerca di una vita migliore, l’accoglienza. Ma aiuteranno, se saranno uniti. E se saranno uniti aiuteranno a compiere quei passi necessari perché la pace possa realizzarsi». Che contributo sta dando Papa Francesco al movimento ecumenico e che tipo di stile sta comunicando alla Chiese? «Il suo contributo l’ho avvertito dal primo momento che si è affacciato alla finestra quando si è presentato al mondo come vescovo di Roma. Ed è stato quello il primissimo contributo del Papa al cammino ecumenico delle Chiese. È un contributo che sta continuando, anche in questa sua continua ansia di riforma delle Chiese e della Chiesa nella direzione verso una maggiore collegialità e partecipazione, sia dei pastori, sia dei fedeli, sia di maggiore umiltà reciproca e riconoscimento degli errori commessi. Tutto un processo che va nel senso del cammino ecumenico».
I partecipanti alla Settimana ecumenica 2017 hanno preso parte all’udienza generale dove papa Francesco ha parlato di Maria come madre rimasta accanto al figlio fino alla passione. Maria è modello di cammino ecumenico? «Direi di sì. Perché Maria è madre, è madre di Dio e madre di Gesù e, quindi, madre di tutti gli uomini. E sicuramente una madre vuole vedere i suoi figli insieme. Cerca di fare di tutto perché i figli si ritrovino, riconoscano che Dio è sceso sulla terra e si è fatto uomo per loro. Vuole che si amino, non litighino, non discutano con astio, l’uno contro l’altro, ma cerchino modi sempre nuovi per comprendersi. Maria ci aiuta in questo. E poi io credo che Maria ci aiuta proprio nel suo stare sotto la croce. Con la sua desolazione. Mi sembra che lì, lei stessa perde il suo tesoro più grande e insegna a noi a saper perdere qualcosa, anche quella ricchezza che ogni Chiesa ha ma che è chiamata a ricomporsi con le ricchezze degli altri. Se Maria è riuscita a perdere il figlio, noi possiamo perdere un’idea, un ricordo, una ferita che ci portiamo dentro, un pregiudizio, per costruire e diventare costruttori di unità». Maria Voce Da M. Chiara Biagioni Fonte: SIR Leggi la prima parte (altro…)
Giu 29, 2017 | Centro internazionale, Chiesa, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Foto © CSC Audiovisivi – CMendes
“La rivoluzione del Vangelo. Ritornare al Vangelo e alla vita del Vangelo nel mondo”. È racchiuso qui, in questo mettere in pratica la Parola di Dio oggi come ai tempi dei primi cristiani, il progetto ecumenico iniziato 50 anni fa da Chiara Lubich e portato avanti dal Movimento dei Focolari in tutto il mondo. Un progetto in cui cristiani di tutte le Chiese possono riconoscersi pienamente, partecipare ed essere insieme ovunque semi di pace in un mondo ferito da guerre e divisioni. Parla Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari. La incontriamo con un gruppo di giornalisti di diverse testate, a margine della la 59ª Settimana ecumenica che si è svolta al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo dall’11 al 13 maggio. La sala è piena. Sono presenti circa 700 cristiani di 69 Chiese e Comunità ecclesiali, di 40 Paesi del mondo. Le cabine delle traduzioni sono tutte accese: 17 le lingue presenti. I partecipanti, di tutte le età, hanno colori e vestiti che fanno intuire provenienze e appartenenze diverse. Tra i momenti forti di questa Settimana, la preghiera per l’unità nelle catacombe di san Sebastiano a Roma, nello stesso luogo dove pregarono i primi cristiani e martiri. Qui, hanno stretto un “Patto di amore reciproco” scambiandosi un segno di pace e di perdono per le ferite inferte nel passato e perché, “rinnovati dall’amore, portiamo questa testimonianza vissuta tra noi nelle nostre comunità, nei nostri paesi, nelle nostre società”. “Abbiamo costruito tanto insieme”, commenta Maria Voce. “Ora si tratta di accelerare il passo, perché la comunione sia piena e visibile. Bisogna andare avanti”. 
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Mai come oggi il mondo anela alla fratellanza universale. Lei crede che sia possibile? È possibile in questo secolo? «Non so se sarà possibile in questo secolo, ma so che è possibile. Anzi è sicuro che arriveremo perché è desiderio di Dio. Dio vuole che tutta la famiglia umana sia una famiglia di fratelli. Se Dio lo vuole, questo disegno di unità del genere umano non può non realizzarsi. Non so se si riuscirà in questo secolo. Ma l’importante non è realizzarlo in questo secolo. L’importante è che si realizzi e che noi facciamo il passo che Dio ci chiede oggi e oggi Dio ci chiede di lavorare in questa direzione e, quindi, almeno di riconoscerci come fratelli tra cristiani». Nel mondo ecumenico si avverte da più parti sofferenza per l’impossibilità dei cristiani di diverse Chiese di partecipare alla stessa mensa eucaristica. Lei come risponde? «È sicuramente un dolore per tutti. Però sentiamo anche che la presenza di Gesù nel mondo non è limitata alla presenza eucaristica. Gesù è presente nel mondo in tanti modi. È presente con il suo amore, è presente nel prossimo perché riconosciamo Gesù nel fratello; è presente nei poveri, è presente in coloro che ci guidano nel magistero della Chiesa e nelle varie Chiese e istituzioni. Noi, come movimento dei Focolari, sentiamo particolarmente importanti due cose. La prima è che il dolore è la presenza di Gesù nel mondo. Gesù ha assunto su di sé tutti i dolori dell’umanità e, quindi, anche il dolore della divisione. È un dolore che Gesù ha vissuto fortemente nel momento in cui è stato crocifisso e abbandonato. La seconda cosa importante è quando Gesù ha detto: “Dove due o più sono uniti nel mio nome…”. Non ha detto uniti nell’Eucaristia, ha detto ‘nel mio nome’.» E cosa vuol dire essere uniti nel nome di Gesù? Vuol dire essere uniti nell’amore reciproco che Lui ha portato sulla terra. Quindi dove due o più sono uniti nel suo nome c’è la sua presenza. Questa presenza di Gesù nel mondo è in un certo senso la prova che noi viviamo già una vera comunione e, per questo, anche noi possiamo dire: chi ci potrà separare dall’amore di Cristo? Potremo non ricevere l’Eucaristia insieme, ma non possiamo non ricevere l’amore di Dio, non possiamo non vivere questo amore tra noi, tutti insieme, in attesa che si possa arrivare a quella comunione ancora più completa che si aggiungerà alla comunione che già abbiamo». (continua) Da M. Chiara Biagioni – Fonte: SIR (altro…)