Feb 18, 2011 | Centro internazionale, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo
«A Gerusalemme le case, le scuole, i mezzi di trasporto, i luoghi di divertimento, i quartieri dove abitiamo sono tutti separati: per gli arabi o per gli ebrei. E’ davvero difficile vivere in un ambiente del genere». «Sono una ragazza dall’aspetto europeo. Dalle mie gonne si capisce subito che sono ebrea ortodossa. Nella nostra città questo non è sempre visto positivamente. Non so neanche una frase in lingua araba e sono stata educata a scappare da situazioni in cui potrei trovarmi in mezzo ad un gruppo di palestinesi». Queste parole di N. e J., due giovani gerosolimitane, araba cristiana la prima ed ebrea la seconda, descrivono i mondi di Gerusalemme. Vivono uno accanto all’altro, si sfiorano, si toccano in questa città ‘santa’ per tutti, ma carica di una tensione che si respira e che ci si sente addosso. Sono due delle partecipanti all’incontro che si è svolto il 16 febbraio in una sala della Castra Gallery, un centro commerciale alla periferia sud di Haifa: un centinaio di persone per un incontro modesto, semplice. Sono arrivati ebrei, cristiani e musulmani da Haifa, , Tel Aviv, Gerusalemme, Nazareth ed altre località della Galilea. Hanno intitolato l’incontro con Maria Voce: «Quanto è buono e soave che i fratelli vivano insieme» (Salmo 133). Tanti gli interventi, che hanno presentato un quadro ricco e variegato al quale tutti stanno lavorando. Ad Haifa, da alcuni anni, ebrei e cristiani hanno un appuntamento mensile per approfondire la Sacra Scrittura nelle rispettive tradizioni. Basta l’ascolto, cercare di comprendere la visione dell’altro. Senza sincretismi. E questo porta «ad un’amicizia vera e sincera, sempre più solida», al punto che un mese tra un incontro e l’altro sembra troppo lungo!
Una ragazza araba racconta di un progetto per intessere rapporti di amicizia fra studenti delle tre religioni. «I momenti più belli li abbiamo vissuti quando abbiamo visitato i luoghi sacri delle rispettive fedi: il Muro del Pianto, il Santo Sepolcro e la Moschea. Un’esperienza che ha cambiato la mia vita.» Altre testimonianze riguardano la crisi di Gaza, tre anni fa, quando ebrei, cristiani e musulmani si riunirono per pregare per la pace. Un caso unico in tutto Israele. Gli accenti sono commossi, perché certamente il grande coraggio manifestato in quell’occasione andava assolutamente controcorrente rispetto al pensiero che si sviluppava attorno. Fatti di vita quotidiana, di ascolto, di scoperta del diverso-da-sé. Persone che hanno scommesso sulla pace, come dice una giovane ebrea: «Sta scritto nella Mishna che Dio non trova nessuno strumento che contenga la sua benedizione se non la Pace. Solo con la pace vera otterremo tutte le benedizioni che il Padre in Cielo vuol dare ai suoi figli.»
Maria Voce si commuove nel ringraziare coloro che hanno parlato. Appare vero che «nulla è piccolo di quello che è fatto per amore», come diceva Chiara Lubich. Anzi, è grandissimo, perché qui si tratta di spostare le montagne del pregiudizio. È questo il piccolo-grande miracolo della serata di Haifa. La Presidente dei Focolari sottolinea la dimensione profetica di quanto vissuto da loro durante la crisi di Gaza: «E’ un’esperienza basata su Dio e sul suo volere, e sulla sofferenza condivisa: la cosa più preziosa agli occhi di Dio. Essa porterà frutti duraturi, ne sono certa». E sottolinea come sia stata un contributo importante alla Storia: «Testimonianze piccole ma necessarie perché il quadro della pace sia completo». Racconta poi, come in quei giorni abbia incontrato gente di tutte le religioni, veri fratelli e sorelle. E cita la Scrittura: «Beato il popolo che ha Dio come Signore». La serata si conclude con una cena. Tutti hanno portato qualcosa, piatti arabi e piatti kosher. Non si distinguono più arabi ed ebrei, cristiani e musulmani. E’ vero quanto detto da una ragazza musulmana: «Ora guardo all’altra persona al di là della sua fede. Siamo ancora un piccolo gruppo, ma impegnati a coinvolgere molti altri amici». di Roberto Catalano (altro…)
Feb 17, 2011 | Centro internazionale, Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
16 febbraio: la mattinata è trascorsa nella località di Emmaus, a 27 km da Gerusalemme, nella pianura verso la capitale Tel Aviv. Si tratta di una delle tre località con lo stesso nome che potrebbero vantare di aver offerto la scena al passo che conclude il Vangelo di Luca: dopo la crocefissione, due discepoli di Gesù si trovano per strada ricordando i dolorosi fatti avvenuti, quando un uomo li si accosta e spiega loro le Scritture, riempiendo di pace i loro cuori. È “al momento di spezzare il pane” – racconta il Vangelo –, che i due riconoscono che si trattava dello stesso Gesù risorto. Maria Voce è stata ricevuta da Mons. Giacinto Marcuzzo, vescovo ausiliare dei Latini, titolare della sede di Emmaus-Nicopolis. Il vescovo ha confidato a lei e a tuta la delegazione del Centro del Movimento che l’accompagnava, che all’atto della sua elezione, ha scelto quella sede per vari motivi. Si tratta di una delle dodici diocesi cristiane che esistevano nei primi secoli in Terra Santa, riporta tutti i cristiani al punto dove tutto è ricominciato dopo la morte di Gesù e, non ultimo, il fatto che ancora giovane sacerdote aveva visto la distruzione del villaggio di Emmaus avvenuta nel 1967, dopo la Guerra dei Sei giorni. La presidente dei Focolari, da parte sua, ha raccontato al vescovo un fatto che la riguarda personalmente. Come molti sanno, spesso lei viene chiamata Emmaus all’interno del Movimento. “E’ stata Chiara stessa a darmi questo nome nel 1964. Era venuta a parlare ad un gruppo di giovani focolarine della realtà di Gesù fra noi, che realizza il passo di Matteo 18,20 ‘Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro’, se ci impegniamo a vivere il comandamento nuovo reciprocamente. Nel mio entusiasmo giovanile avevo scritto a Chiara che desideravo dare la vita per realizzare quella frase. Lei allora mi diede questo nome, Emmaus, perché i due discepoli avevano vissuto e sperimentato la presenza di Gesù fra loro.” L’incontro è stato ricco di significato, in un luogo unico nella storia della primissima comunità di Gerusalemme. La messa celebrata da Mons. Marcuzzo e concelebrata da Giancarlo Faletti, copresidente del Movimento, è stata un momento ricco di comunione con spunti preziosi sui frutti della presenza di Cristo nel cuore della comunità. Il carisma di Chiara Lubich fortemente incentrato sulla presenza di Gesù fra gli uomini è venuto in luce proprio nei luoghi dove questo si realizzò vitalmente e storicamente. di Roberto Catalano (altro…)
Feb 17, 2011 | Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Per il testo completo, in italiano, rimandiamo a Città Nuova online
È il patriarca latino, mons. Foud Twal, che dà il tono agli appuntamenti che Maria Voce ha in agenda nella sua visita a Gerusalemme iniziata lo scorso 11 febbraio: «Le preoccupazioni della gente sono le nostre. Sembra che l’ascesa al Calvario non abbia mai fine qui in Terra Santa». Ma non bisogna scoraggiarsi: «La speranza non muore mai. Ad esempio, osservo di questi tempi che ci sono cento e più associazioni che raccolgono ebrei, cristiani e musulmani da queste parti. Tutta gente che vuole dialogare. Avverto che poco alla volta, forse a causa del tanto dolore patito, si comincia a parlare di “vicini” e non più solo di “nemici”». Maria Voce riprende: «Se nell’istinto di difesa delle persone entra una briciola di amore, ecco che si fa un passo in più, si va avanti», senza cedere alla disperazione. Conclude il patriarca: «Questa è la specialità di noi cristiani, seminare amore e andare avanti».
Stesso sfondo di sofferenza ma anche di fiducia nel colloquio che la presidente ha con il vescovo luterano Munib Younan, presidente della Federazione luterana mondiale: «Avverto nella gente – esordisce – la forte tentazione di occuparsi solo di cose materiali. No, qui c’è bisogno di Dio». E specifica: «Abbiamo bisogno di una profonda spiritualità, per i nostri figli e per noi stessi, una spiritualità profondamente evangelica». Maria Voce fa notare come una tale spiritualità auspicata dal vescovo sia naturalmente ecumenica. Al Patriarcato armeno apostolico, Maria Voce s’intrattiene con il vescovo Aris Shirvanian. «Dobbiamo essere uniti per difendere la Chiesa cristiana – dice –, ma non posso dire che esistano problemi particolari per noi armeni, perché continuiamo a vivere per mantenere la nostra fede, la nostra eredità». Maria Voce sottolinea la grandezza di questa vocazione. «Sì – riprende il vescovo – bisogna difendersi, ma ancor più cercare di essere “ponti” tra le Chiese, ponti tra le religioni, ponti tra i popoli».
Calorosa accoglienza, alla libanese, all’arcivescovado maronita della Terra Santa, una comunità di circa 10 mila fedeli, soprattutto in Galilea, con il vescovo mons. Paul Nabil Sayah. Il vescovo maronita sottolinea l’importanza della dimensione pastorale dell’azione delle Chiese cristiane in Terra Santa, in particolare nella famiglia e per la famiglia: «Non si dà mai abbastanza spazio all’educazione, che per noi è la vera priorità. Con una buona educazione poi si può sperare di arrivare alla pace». Il desiderio di cooperare viene ribadito anche da Maria Voce.
Infine, visita di rilievo al patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, dove Sua Beatitudine il patriarca Theophilos III riceve Maria Voce e i suoi collaboratori. Chi conosce la storia sa bene tutti i conflitti che hanno opposto in passato le diverse Chiese presenti in Terra Santa. Il clima è certamente migliorato, anche se parlare di un “vero ecumenismo” è ancora talvolta difficile. Ma nel colloquio tra il patriarca e la presidente si respira il desiderio di “alzare il tono della discussione”, ancorandosi «all’unità dei cristiani “in Cristo”, nel suo amore», come precisa Theophilos III. Maria Voce spiega cosa voglia dire “unità” per i focolarini, «l’unità che Gesù ha chiesto alla sua Chiesa». di Michele Zanzucchi Fonte: Città Nuova online Leggi anche: Reciproca simpatia – Incontro di Maria Voce e Giancarlo Faletti con i rappresentanti dei Movimento e delle nuove comunità Pace ora! Pace dopo! – Incontro col Rabbino Kronish Dall’11 al 20 febbraio in Terra Santa – Il programma del viaggio di Maria Voce e Giancarlo Faletti 1956: Ho visto la Terra Santa – Dal diario di Chiara Lubich (altro…)
Feb 17, 2011 | Centro internazionale, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Da ieri mi trovo a Gerusalemme con Maria Voce. Nella sua fittissima agenda ci sono anche vari appuntamenti con persone di tradizione ebraica e musulmana. Sono incontri che desiderano ribadire l’impegno al dialogo a tutti i livelli. Oggi si è svolto il primo di questi incontri con il rabbino Ron Kronish, fondatore e direttore dell’Interreligious Coordinating Council of Israel (ICCI). Alle ore 15 ci troviamo con il Rabbino Ron Kronish. Si tratta di un vecchio amico del Focolare, come lui stesso si definisce. L’ufficio dell’ICCI si trova in un quartiere non lontano dal centro di Gerusalemme, sulla vecchia strada di Betlemme, ancora molto trafficata e piena di vita. L’ICCI è un’organizzazione fondata nel 1991, la sera prima dello scoppio della prima guerra del Golfo. Era il 16 gennaio e tutti in Israele avevano le maschere anti-gas, un clima di paura per la guerra prossima. A Ratisbonne, proprio il centro che ho visitato questa mattina, in uno scantinato si incontrarono alcuni uomini di dialogo che, nonostante la guerra, decisero che il mondo ha bisogno della pace. Il centro lavora a diversi livelli, ma soprattutto per i giovani e le donne. Il suo scopo, infatti, è la formazione alla pace. Si tratta di creare una mentalità alla base proprio per essere coscienti che ci sono conflitti – in particolare qui Kronish si riferisce a quello fra Israeliani e palestinesi – e che non si possono risolvere facilmente, ma che, tuttavia, si può lavorare per la pace di domani. Lo slogan non è tanto Peace now!, ma Peace later! Per questo soprattutto le giovani generazioni devono essere ingaggiate a riconoscere l’altro, ad ascoltarlo e scoprirlo e, alla fine, vederlo non come un nemico ma come un prossimo da accettare nella sua diversità. Le esperienze di questi vent’anni di corsi tenuti all’interno di Israele con ragazzi e giovani musulmani, ebrei e cristiani sono ricchissime. Solo il 5% abbandona questi corsi, gli altri arrivano alla fine, segno dell’interesse e dell’impegno, ma anche fonte di speranza perché ormai sono migliaia ad aver beneficiato di questa nuova visione. Nel parlare con Maria Voce Ron Kronish non nasconde che il mondo è cambiato dal 1991. Allora la pace era vicina, sembrava ormai possibile poterla realizzare. Oggi è molto più lontana. Dobbiamo esserne coscienti, ma non perdere la speranza. Anche Maria Voce ha raccontato dell’impegno dei Focolari in campo formativo e della consonanza di idee e di metodologia con l’ICCI. Kronish ha chiesto di continuare la collaborazione e, soprattutto, di farlo coi giovani e teen-agers. (di Roberto Catalano, tratto da Città Nuova online – www.cittanuova.it ) (altro…)
Feb 14, 2011 | Centro internazionale, Chiesa, Focolari nel Mondo
È l’incontro con alcuni rappresentanti dei movimenti ecclesiali presenti a Gerusalemme. Qui, dove la Grande Storia ha conosciuto un nuovo inizio, e anche la piccola “storia santa” di ogni gruppo cerca il suo spazio e la sua via specifica. Un centinaio i presenti, in una sala della Custodia di Terra Santa, appena dietro Porta Nova. Chemin Neuf, Béatitudes ed Emmanuel dalla Francia; Cançao nova, Figli di Maria, Obra de Maria e Comunità Shalom dal Brasile; Regnum Christi dal Messico; Associazione Giovanni XXIII, Comunione e liberazione e Focolari, dall’Italia (ma con dimensione internazionale) raccontano con semplicità la loro avventura, ognuna originalissima e nel contempo assai simile alle altre. Strade che alla fine, in pratica quasi tutte, lavorano nell’accoglienza: incrociano i pellegrini, operano per favorire la conoscenza della Terra Santa e dei suoi tesori (anche nelle dimensioni ecumeniche e interreligiose), e favoriscono il turismo ai luoghi santi. Numerosi movimenti e comunità, poi, si specializzano nell’evangelizzazione attraverso i media. E le attività comuni, di due o più comunità insieme, qui non sono eccezione.
Come tutto quanto riguarda la cristianità, qui a Gerusalemme quest’incontro non ha innanzitutto dimensioni quantitative, ma qualitative. È la qualità dei rapporti che qui ha rilievo. «È forse anche un compito dei movimenti e delle nuove comunità quello di portare alla Chiesa cattolica e più in generale alla cristianità l’unico primato evangelico, quello dell’amore», spiega una giovane della comunità del Chemin Neuf. Si ritrovano movimenti presenti sul posto da decenni, ed altri invece sul posto da pochi mesi appena. Convivialità e fraternità: queste le note dell’appuntamento, avviato da Maria Voce col semplice racconto della sua vicenda.
Nel corso di un franco dialogo coi presenti, Maria Voce ha tratteggiato soprattutto il senso del dialogo tra movimenti e nuove comunità: «Qui mi trovo davanti a persone e gruppi che vogliono testimoniare quell’amore reciproco che costruisce la Chiesa». In particolare, rispondendo ad una domanda di un rappresentante di Comunione e liberazione, ha detto: «Certamente dopo la veglia di Pentecoste 1998», in piazza San Pietro, convocati da Giovanni Paolo II, «ci siamo sentiti collegati, uniti da un appello del Papa che invocava lo Spirito Santo. Da quel momento Chiara Lubich ha avvertito nel Papa il desiderio che i movimenti fossero più in comunione tra di loro». Per favorire «quella presenza carismatica che è “coessenziale” alla dimensione petrina». Così, da allora «dove c’è il Movimento dei focolari c’è anche questo desiderio di unità tra movimenti e nuove comunità». Ognuno col proprio carisma, «che è complementare a quello degli altri. La comunione non è uniformità… Se il nostro carisma è più bello, la Chiesa alla fine è più bella, perché i carismi sono doni che vanno messi in reciprocità». «Come vivere il dialogo ecumenico e interreligioso in Terra Santa?», ha chiesto una giovane brasiliana. «È uno stile di vita il dialogo – ha risposto Maria Voce –, più che qualcosa che si fa. È mettersi di fronte all’altro nell’amore». Amando disinteressatamente, sempre, per primi, tutti, anche gli altri cristiani, anche i fedeli di altre religioni. «Il dialogo per noi è sempre stato un dialogo tra persone, non tra ideologie o religioni… Perché in tutti gli uomini della Terra c’è amore». Poi «l’unità viene da Dio, che agli uomini ha chiesto solo di amarsi». di Michele Zanzucchi Programma viaggio: articolo (altro…)