22 Ott 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Ci sono molti modi per spingere il cambiamento oggi. A dimostrarcelo sono ancora una volta i giovani: da Occupy Wall Street, passando per le primavere arabe, fino al movimento “degli ombrelli” ad Hong Kong. Cambiano le epoche, gli strumenti, le armi e certamente le cause, ma la spinta a migliorare se stessi e il mondo, resterà sempre. È questo il messaggio lanciato il 20 ottobre scorso, dagli studenti dell’Istituto Universitario Sophia, alla cerimonia d’inaugurazione del settimo anno di vita. Dal popolo studentesco di questo piccolo ateneo toscano che si affaccia sul mondo – sono 115 di 30 Paesi – emergono alcune provenienze interessanti come Ucraina, Siria, Venezuela, Cuba, Camerun e Congo. Zone “calde”, ma in cerca di riscatto, a giudicare dalle scelte di tanti giovani, leve di questi popoli, non ultime quelle che frequentano Sophia. Vogliono conoscere, formarsi, prepararsi per agire in loro e attorno a loro. Oggi con la globalizzazione è senza dubbio più facile; esiste per questo la Fondazione “Per Sophia” che raccoglie fondi e distribuisce borse di studio che consentano a studenti indiani, brasiliani, ma anche europei e italiani di venirsi a formare ad una cultura dell’unità. A Sophia c’è grande impegno nel calibrare l’offerta accademica in base alle esigenze dell’umanità, dei mercati e del mondo del lavoro, come ha sottolineato il preside Piero Coda, ma non finisce qui. L’oro, il valore aggiunto di questo luogo è anche il “capitale umano”, gli studenti stessi, che hanno saputo fiutare la novità e la capacità rivoluzionaria dei corsi, siano essi di politica, economia o ontologia.
Samar Bandak ha 30 anni, è giordana di origini palestinesi. È tornata ad Amman da oltre un anno, dopo aver terminato nel 2012 il corso in politica allo IUS. Attualmente è uno dei dirigenti della Caritas nazionale, alla guida del dipartimento per il sostegno educativo del milione di rifugiati che sostano nel Paese su una popolazione totale di 5 milioni. Spiega così la propria scelta accademica, non proprio “ovvia”, se si considera che è laureata in Scienze della Nutrizione: «Ho scoperto che il principio della fraternità universale può essere una vera e propria categoria politica accanto alla libertà e all’uguaglianza. È una scelta, una risposta che ripara l’ingiustizia. A Sophia non si studia soltanto, si dà una grande importanza all’esperienza». C’è anche Patricio Cosso, attuale rappresentante degli studenti e proveniente dall’Argentina: «Cinque anni fa il mio obiettivo era specializzarmi in Finanza o Amministrazione per lavorare in banca o per fare qualcosa di simile di ciò che si fa a Wall Street”, racconta. “Poi, nel 2011, in una libreria ho trovato un testo che parlava di Economia di Comunione. Un binomio impossibile ai miei occhi, che pretendeva di coniugare egoismo e condivisione. Come potevano convivere? Mai avrei immaginato che oggi sarei stato qui, ad accordare formazione professionale e convinzioni etiche. Qui sto scoprendo che ogni domanda trova la luce giusta nella qualità fraterna che dò ai rapporti e nelle differenze culturali e religiose, nelle guerre, nelle crisi economiche dei nostri popoli”. “Immaginare e sperimentare una nuova cultura in tutti i campi della vita sociale: dalla famiglia alla politica, all’economia. Cioè la cultura delle relazioni”: stavolta sono parole di papa Francesco. Sì, perché nel sorprendente videomessaggio inviato per il 50° della Cittadella internazionale di Loppiano, ha voluto menzionare anche Sophia (in greco ‘sapienza’) tra le esperienze che vi hanno trovato casa, aggiungendo, e confermando così la via da percorrere, e cioè che “Principio della sapienza è il sincero desiderio di istruzione” e “la cura dell’istruzione è amore”. Galleria di foto su Flickr (altro…)
20 Ott 2014 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Dieudonné ed Emerthe Gatsinga del Rwanda
«Siamo andati a tenere un corso a Goma, in Congo (RDC). Una coppia ci ha raccontato che, dovendo scappare per l’eruzione del vulcano, lui ha venduto velocemente l’arredamento della casa, ignaro che in una poltrona erano nascosti i risparmi della moglie! E non sono sporadici questi fraintesi causati dalla mancanza di comunicazione nella coppia». A parlare sono gli sposi Dieudonné Gatsinga, ginecologo, ed Emerthe, economista, che vivono a Kigali in Rwanda. Sono stati invitati al Sinodo straordinario sulla famiglia, in quanto responsabili delle giovani famiglie del Movimento dei Focolari nel loro Paese e in Burundi, Kenya e Uganda. Da giovani si sono incontrati in un gruppo impegnato a vivere con radicalità il Vangelo, attingendo alla spiritualità dei Focolari. «Abbiamo fatto nostro questo ideale, anche come coppia – racconta Emerthe –. Sposandoci ci siamo promessi di non essere chiusi in noi stessi ma di donarci agli altri. Da allora sono trascorsi 26 anni. Abbiamo 8 figli di cui 4 adottati in seguito al genocidio in Rwanda. Non è stato facile prendersi cura di 8 figli in un momento di forte criticità sociale ed economica per il nostro Paese e con esperienze tanto dolorose alle spalle. Ma Dio ci ha aiutati ed ora sono tutti cresciuti: due di loro ci hanno già resi nonni di tre bambini». Insieme gestiscono una clinica con una ventina di posti letto. «A causa del mio lavoro – racconta Dieudonné – sono spesso a contatto con mamme che di fronte ad una gravidanza difficile vorrebbero abortire. Anche se le mie giornate sono sempre pienissime, sento che davanti a queste persone devo trovare tutto il tempo necessario per ascoltarle fino in fondo, rassicurarle, parlare loro della sacralità della vita. Sono padrino di tanti bambini, nati per questa mia condivisione». Nella loro regione i problemi della famiglia non mancano. Per tanti anni le donne, vissute nella sottomissione, ora desidererebbero affermare se stesse. «Oggi anche in Africa – sottolinea Emerthe – tante ragazze hanno accesso ad un alto grado di istruzione e non tollerano più di essere totalmente sottomesse all’uomo. Ma gli uomini non sono ancora pronti ad un rapporto paritetico e non sanno come affrontare serenamente questo cambiamento e continuano rassegnati a camminare su due livelli». «Quando incontriamo le giovani famiglie – racconta Dieudonné – portiamo loro la buona novella del matrimonio cristiano. Ricordiamo le promesse fatte il giorno del matrimonio e cioè di essere di due una sola cosa, di camminare insieme seguendo quattro direttrici: la comunicazione profonda nella coppia, la condivisione dell’economia familiare, la compartecipazione nell’educazione dei figli, la preghiera in famiglia. Questo annuncio, portato attraverso l’esperienza del vissuto evangelico, fa rifiorire la speranza in una relazione più condivisa, più gioiosa, sia per i due sposi che per i figli. Ricordo un uomo che all’insaputa della moglie aveva costruito una casa. Voleva dimostrare alla moglie di saper fare qualcosa. Lei però – poiché non si parlavano – era all’oscuro di questo proposito e continuava a giudicarlo. Quando hanno scoperto questa visione del matrimonio, si sono ritrovati e riconciliati». «È una gioia vedere che quei giovani che hanno fatto un percorso di fede consapevole – sottolinea Emerthe –, decidono per il matrimonio cristiano, scegliendo una festa nuziale sobria, in genere sostenuta dalla comunità. Quando accade che, nonostante la preparazione cristiana, non riescono a rinunciare al precedente stile di vita, cerchiamo di tenere aperto il rapporto. E quando si sentono pronti per celebrare il sacramento, viene loro naturale reinserirsi nella comunità e tornare a camminare assieme». Video: Voci dal sinodo nella famiglia la forza della fede (altro…)
17 Ott 2014 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Che gioia! Mi sono risentito da poco con Jacopo, Gianluca, Alessandro, Alberto, Matilde, Jenny… e tanti altri! E mi sono ritornati alla mente tutti i bei ricordi dell’ultimo meeting di Loppiano e delle altre esperienze fatte insieme. Spero di poterli rivedere presto! Sento un gran desiderio, anzi, il bisogno di stare un po’ in comunione con loro. Vuoi sapere chi sono quelli che ho nominato? Hai ragione, non te ne ho ancora parlato: sono religiosi e religiose di tanti carismi diversi con cui ci sentiamo costantemente, con cui vivo una grande amicizia che ogni volta mi riempie il cuore». A parlare all’Assemblea generale dei Focolari, tenutasi lo scorso mese di settembre, è Alessandro, giovane religioso che condivide con altri, giovani come lui, la spiritualità dell’unità. Il meeting al quale Alessandro fa riferimento è quello che si è svolto nella cittadella di Loppiano a fine aprile dell’anno in corso. In quell’occasione, un centinaio di giovani consacrate e consacrati, provenienti da 36 nazioni e appartenenti a 56 famiglie religiose, si sono ritrovati attorno al motto: Sì! Scegliamo il Vangelo! Un meeting preparato con entusiasmo, in vista dell’anno 2015 dedicato alla vita consacrata, ma anche quale tappa di un cammino che, al di là della diversità dei carismi, è condiviso da quanti hanno messo la loro vita alla sequela del Vangelo. La presenza del Card. Braz de Avis, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, evidenziava l’importanza dell’incontro. In quell’occasione “Don João”, come ama farsi chiamare, aveva affermato che “Il Papa vi ama e la nostra Congregazione è la vostra casa”. «Ci ha messi insieme il Signore – continua Alessandro –, facendoci sperimentare la gioia di donarci l’un l’altro i nostri carismi. È stato bellissimo e ha risposto a una nostra esigenza profonda: quella di avere altri giovani consacrati con cui poterci confrontare sulle cose semplici, concrete, sul quotidiano della nostra vita consacrata. Ci siamo anche resi conto che abbiamo gli stessi momenti di difficoltà e di buio e ci siamo detti l’un l’altro come riusciamo a superarli. Condividere queste esperienze per viverle insieme è stato un respirare ampio, un aprire la finestra del cuore non solo sul nostro carisma ma su tutta la chiesa, anzi, sul mondo intero. Questo respiro universale – conclude il giovane religioso – ci ha fatto volare alto!». La sua testimonianza sembra far eco a quanto affermato da papa Francesco nell’udienza generale del 1° ottobre scorso, in piazza San Pietro: «I carismi diversi non devono essere motivo di invidia o di divisione, di gelosia, perché nella comunità cristiana abbiamo bisogno l’uno dell’altro e quando la chiesa, nella varietà dei suoi carismi, si esprime in comunione, non può sbagliare». (altro…)
15 Ott 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Illustrando il senso della spiritualità dell’unità ad un incontro di vescovi amici del Movimento dei Focolari, il 10 febbraio 1984, Chiara Lubich fa queste osservazioni: “È una via che si fa insieme, nella quale si cerca la santità altrui come la propria, perché ciò che più conta è la gloria di Dio. E ciò che dà un decisivo impulso anche alla santificazione personale è proprio la presenza di Cristo fra i cristiani, presenza sempre più piena, più grande, che prende sempre più in profondità la persona”. E qui, di nuovo, l’osservazione circa la novità di questa santità e di questo cammino: “Un castello interiore, perciò, come santa Teresa chiamava la realtà dell’anima abitata da Sua Maestà, da scoprire e illuminare, sta bene. È il culmine di santità in una via individuale. Ora è venuto forse il momento di scoprire, illuminare, edificare per Dio anche il suo castello esteriore, per così dire, con Lui in mezzo agli uomini. Esso – se ben osserviamo – non è che la Chiesa, là dove viviamo, che, anche per questa spiritualità, può diventare sempre più se stessa, più bella, più splendida, come mistica sposa di Cristo, anticipazione della Gerusalemme celeste, di cui è scritto: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra loro, ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il Dio con loro” (Ap 21,3). […] Nei primi giorni di dicembre del 2003 Chiara, visitando la Spagna, ha voluto arrivare fino ad Avila, la città natale di santa Teresa, e ha fatto una sosta nel monastero dell’Incarnazione dove Teresa ha vissuto per più di 27 anni […] Chiara ha voluto lasciare nel Libro d’Oro questa testimonianza di “spirituale amicizia” con la Santa di Avila: “Grazie, santa Teresa, per tutto quanto hai fatto per noi durante la nostra storia. Grazie! Ma il più bel grazie te lo diremo in Paradiso. Continua a vegliare su tutti noi, sul “nostro castello esteriore” che lo Sposo ha suscitato sulla terra a completamento del tuo “castello interiore”, per fare la Chiesa bella come la desideravi. Arrivederci, santa Teresa. Abbracciandoti. Chiara”. Ho sempre considerato il castello interiore di Teresa d’Avila come una proposta di vita evangelica per tutti i cristiani che vogliono vivere la propria vocazione universale alla santità, all’unione con Dio, all’esperienza trinitaria ed ecclesiale. Ma ritengo una grazia ancor più grande, e un’avventura ancora più bella, quella di poter partecipare con il carisma dell’unità alla scoperta di questo disegno di Dio, la possibilità di poter vivere insieme l’avventura della santità comunitaria ed ecclesiale, nella costruzione di uno splendido, luminoso castello esteriore, incarnato nell’Opera di Maria, per la Chiesa e l’umanità». Leggi anche: “Due donne e due castelli” Da “Il castello esteriore”, il nuovo nella spiritualità di Chiara Lubich, Jesús Castellano Cervera (1941-2006), pagg 63-67/68. (altro…)
8 Ott 2014 | Centro internazionale, Chiesa, Cultura, Famiglie, Focolari nel Mondo
La situazione della famiglia nel mondo: tra tanti problemi aperti, quali note di speranza? Il primo motivo di speranza è il Sinodo stesso. L’ha voluto papa Francesco, segno che la famiglia è una priorità anche per lui. Nella gente è cresciuta la fiducia nella Chiesa come istituzione, riconoscendovi un appiglio cui la famiglia può ancorarsi. Altro segno di speranza è l’enorme potenziale delle tante famiglie che vivono la fedeltà coniugale, l’apertura alla vita, che si fanno carico dei problemi di altre famiglie segnate dalla separazione. Sono famiglie per così dire “risorsa”, capaci di condividere i pesi e di accompagnare gli altri perché non si sentano esclusi dalla Chiesa o, peggio, dall’amore di Dio. Si sottolinea la necessità di rivolgersi alle difficoltà delle famiglie con uno sguardo di rinnovata misericordia. Sarà questo l’atteggiamento prevalente al Sinodo? Mi sembra illusorio attendersi soluzioni straordinarie e universali. Speriamo piuttosto che emerga quel potenziale della famiglia di cui parlavo prima, e non solo le criticità. Non si può ridurre comunque il problema alla questione sacramentale. I sacramenti sono segni efficaci della grazia. Possono essercene anche degli altri. Mi ha scritto recentemente una donna, profondamente cristiana, sposata civilmente con un divorziato, che, nel disagio per la sua condizione, non si è mai sentita fuori dalla Chiesa. Al momento della distribuzione dell’Eucaristia anche lei si mette in fila e la benedizione che riceve dal sacerdote rafforza in lei la presenza di Gesù. “Sto facendo un cammino”, dice. Un cammino di fede, al di là dei sacramenti, che può portarla alla santità. Uno dei punti su cui le Chiese locali insistono, è la difficoltà a comprendere il messaggio della Chiesa su matrimonio e famiglia. Contenuti da rivedere o linguaggio da riadattare? Sui contenuti dei documenti del magistero ci possono essere obiezioni da parte di chi vorrebbe conformare alla propria misura il disegno di Dio sull’uomo e la donna. Sul linguaggio invece ci sarebbe qualcosa da suggerire, specie per documenti che implicano questioni morali. C’è bisogno di maggior chiarezza, semplicità e sintesi. La famiglia media vive sollecitata da mille incombenze e stress e non ha tempo per leggere. I documenti del magistero dovrebbero presentarsi agili, capaci di comprendere le fatiche di chi, pur mettendocela tutta, si sente vulnerabile. Nel confronto con le giovani coppie la Chiesa si trova di fronte a un problema di ri-evangelizzazione che è, allo stesso tempo, un problema educativo. Quali spazi di manovra? Alla recente udienza concessa ai Focolari papa Francesco ha ricordato, fra l’altro, il dovere di “fare scuola” e di riversare su tutti i doni ricevuti. Questa suggestione a noi è molto cara. I Focolari, infatti, promuovono – e siamo impegnati a renderla sempre più adeguata – una formazione permanente dai bambini ai lavoratori, dai fidanzati agli anziani, dai giovani alle persone separate, e così via. Va detto però che nel campo della famiglia, e delle giovani famiglie, giocano molto i mezzi di comunicazione, in positivo ma di più in senso negativo. Si assiste a spettacoli che insinuano stili di vita trasgressivi e propongono modelli di uomo e di donna privi di riferimenti valoriali. Sono tuttavia convinta che lo spazio per far breccia c’è. Individualismo e crisi anche economica. Quali le iniziative dei Focolari per contrastare questa mentalità? È importante la rete di famiglie capaci di farsi prossime a quelle in difficoltà, con un accompagnamento discreto che supporti la riconciliazione. Per coppie poi che attraversano gravi difficoltà coniugali, abbiamo creato percorsi residenziali nelle cittadelle del Movimento. Mediante tecniche relazionali a cura di esperti, ma soprattutto a contatto con la spiritualità dell’unità, riescono a ritrovare se stesse con la speranza di un futuro insieme. Allacciamo rapporti e avviamo percorsi con chi si è separato, o è stato lasciato, per abbracciare la loro solitudine e rafforzare il loro impegno di fedeltà al sacramento. Si tengono iniziative per coppie in nuova unione, condividendo l’esperienza educativa dei figli e nel desiderio di far sperimentare che la chiesa, e prima ancora l’amore di Dio, li accoglie. Ultimamente abbiamo intensificato l’impegno nell’ottica della prevenzione, sia nel “lavorare” di più per le giovani famiglie, sia nel ridare ai giovani l’incanto del “per sempre”. Fonte: Avvenire online (altro…)