15 Ott 2013 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
La Parola di vita di ottobre ci incoraggia ad “essere i primi ad amare ogni persona che incontriamo, alla quale telefoniamo, scriviamo, o con la quale viviamo. E sia il nostro un amore concreto, che sa capire, prevenire, che è paziente, fiducioso, perseverante, generoso”. Le esperienze di vita vissuta che seguono mettono in evidenza la reciprocità che ne può scaturire:
Svegliarsi di notte – “Lavoro in una scuola, mentre mia moglie Betty rimane a casa tutto il tempo con i bambini. Durante la notte spesso essi si svegliano e cominciano a piangere. Questo è un peso per me. Cerco di rifugiarmi sotto le coperte, mi copro anche la testa per non sentire il rumore, ripetendomi che mia moglie può cavarsela da sola. Considerando che Betty continuava ad alzarsi e a prendersi cura dei piccoli, e riflettendo sull’amore del prossimo, mi sono però reso conto una notte che il mio prossimo immediato sono mia moglie e bambini. Fino a quel momento il mio amore era stato parziale: amavo solo quando non c’erano difficoltà. Ho deciso allora di cominciare subito. E quella stessa notte, quando i bambini si sono nuovamente svegliati, sono andato ad aiutarli a riaddormentarsi. È stato difficile ma sono riuscito. Ho fatto così per qualche tempo, finché i piccoli hanno smesso di piangere di notte”. (B. – Uganda) Profughi – “Sono una musulmana fuggita dalla Bosnia, dove ho lasciato mio marito, cattolico. A Spalato erano già fuggite due mie cugine, una delle quali aspettava un bambino; mi hanno chiesto di aiutarle e per questo sono in Dalmazia. Ho cercato di fare di tutto per sollevare questa situazione. In quel piccolo appartamento a un certo punto è arrivata anche un’altra donna, anziana e ammalata. Mi sono mancate le forze; pensavo a mio marito, alla famiglia a Tuzla… Quando non vedevo più via di uscita, la signora che ci aveva accolto nella sua casa mi ha invitata ad un incontro in cui ho sentito per la prima volta parlare del Vangelo. Ho capito che amando gli altri posso cambiare me stessa e le situazioni attorno a me. Così ho cominciato a cercare anche gli altri profughi nella città; è nato un gruppo che cresceva sempre di più. Insieme ci aiutavamo per trovare medicine, mandare lettere ai familiari, custodire i bambini. Adesso siamo 87. Ci sentiamo una vera unica famiglia, anche se di nazionalità, etnie e religioni diverse”. (T. – Bosnia) Un seme di unità – “In ospedale per un piccolo intervento, ho letto un libro che la mia fidanzata mi aveva dato. Erano fatti di Vangelo vissuto, bellissimi, ma, dicevo tra me: «È impossibile vivere davvero così». Poi lei mi ha fatto conoscere qualcuna di queste persone, e parlando con loro ho capito e ho visto che invece si poteva. Da lì si è aperta per noi una nuova via. Ci siamo sposati per formare una famiglia aperta agli altri. Prima io non ero religioso, pur appartenendo alla Chiesa evangelica, mentre Anna è cattolica. Cominciando a riflettere, ho capito che per amare la mia Chiesa dovevo cercare di portare lì la mia testimonianza. Così ho fatto. Ho allacciato dei rapporti ed ora faccio parte del consiglio parrocchiale. Vorremmo mostrare ai nostri figli e a tutti, con la vita, la bellezza del cristianesimo, essendo come famiglia un seme di unità”. (D. J. K. – Germania) Fonte: Il Vangelo del giorno, ottobre 2013, Città Nuova Editrice. (altro…)
14 Ott 2013 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Ho bisogno di Dio. Tu hai bisogno di Dio. Tutto il mondo ha bisogno di Dio. Questo pensiero mi ha suscitato una domanda: come fare per incontrare Dio? Come fare per avere un rapporto personale con Lui? Leggendo il Vangelo e ascoltando alcune persone che si erano poste lo stesso interrogativo, ho capito che è importante pregare e amare il prossimo. Due cose che hanno rivoluzionato la mia vita. Senza la preghiera e l’amore al prossimo non sarebbe nato, infatti, il “Progetto Sempre Persona”. Di cosa si tratta? Circa 18 anni fa un amico mi ha chiesto un favore: “Ho ricevuto 6 indirizzi di detenuti, potremmo scrivere a 3 io e agli altri 3 tu, così cerchiamo di dar loro un po’ di conforto”. Ho aderito subito a quella richiesta perché mi è venuta in mente la frase di Gesù: “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,36). Ho scritto le lettere e dopo alcuni giorni uno di loro, Giorgio, mi ha risposto: “Sono proprio contento di fare amicizia con te, ti manda Dio…”. Fra l’altro, mi chiedeva un favore: “Potresti andare a casa della mia mamma? È malata, portale un bacio da parte mia”. Ci sono andato. Mi era stato detto che abitava al quarto piano. Nell’ascensore mi chiedevo: “Cosa le dirò? come mi accoglierà?”. Però oramai mi ero buttato in questa avventura e volevo andare avanti costi quel che costi. “Signora, sono un amico di suo figlio – le ho detto –, ci scriviamo. Mi ha chiesto di venirla a trovare e di darle un bacio da parte sua”. Lei si è commossa e, piangendo: “Mio figlio è buono, mio figlio è buono; è un po’ vivace – mi ha detto –. Ha fatto anche tanti sbagli. Le compagnie l’hanno portato a fare degli errori, ma non è cattivo! Io ho un tumore e mi resta poco tempo da vivere. Vedo che lei vuole bene a mio figlio, gli stia vicino. Lo aiuti, la prego!”. Una settimana prima che morisse sono andata a trovarla in ospedale: c’era tanta gente vicino al suo letto. “Stia vicino a Giorgio, Giorgio, Giorgio!”, mi ha detto. Queste sono state le sue ultime parole che ricordo. Andando a trovare Giorgio, alcuni suoi amici mi hanno chiesto di parlarmi. Così ho conosciuto tanti altri in tutti i reparti del carcere. Molti mi raccontavano delle loro famiglie sparse nelle borgate di Roma e nei paesi vicini. Mi sono sentito spinto ad andare a trovarle. Portavo dei viveri a quelle più povere; pannolini e omogeneizzati dove c’erano dei bambini. Così i detenuti erano più sereni, sapendo che qualcuno aiutava le loro famiglie, e a loro volta i parenti erano più sollevati perché qualcuno andava a trovare i loro figli o mariti. In seguito, con grande gioia ho ricevuto la richiesta di alcuni ex detenuti di voler collaborare con me. Ora siamo una trentina (volontari ed ex detenuti), che ci impegniamo a portare dei beni di prima necessità a circa 170 famiglie che abitano a Tor Bella Monaca, Ponte di Nona, San Basilio, Pietralata, Laurentino 38, e in altri quartieri a rischio di Roma e dei paesi vicini. Non riceviamo sovvenzioni da nessuno; tutto quello che distribuiamo ci arriva da alcune parrocchie di Roma e dintorni, come frutto delle testimonianze di vita che condividiamo. I fondi che raccogliamo li trasformiamo in viveri e in beni utili. Costatiamo continuamente che Dio è generoso e ci manda sempre quanto ci serve. Grazie per avermi ascoltato! Sono certo che se preghiamo e serviamo il prossimo, faremo felici tanti, saremo felici noi e cambieremo il mondo che ci circonda (Alfonso Di Nicola). Se vuoi collaborare, contattaci ai numeri: 3284871912/ 3806371027. (altro…)
11 Ott 2013 | Chiara Lubich, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Il 23 ottobre 1988 veniva conferito a Chiara Lubich il premio “per la grande festa della pace augustana”. 25 anni dopo, il 20 settembre scorso, 250 persone si sono date appuntamento nella sala del prestigioso Centro della Chiesa luterana di Augsburg. Tra i presenti, molte personalità della vita pubblica ed ecclesiastica, amici appartenenti alla rete delle comunità cristiane “Insieme per l’Europa” e membri del Movimento dei Focolari. A fare gli onori di casa la decana evangelica-luterana, Susanne Kasch, che ha salutato calorosamente i partecipanti dichiarandosi “orgogliosa perché siete venuti da noi”. Obiettivo dell’incontro: fare un bilancio su quanto è avvenuto in questi 25 anni. “La visione della fondatrice dei Focolari sulla nostra città è rimasta soltanto una profezia, oppure l’esperienza di questi anni trascorsi evidenzia che, in realtà, sono stati fatti dei passi concreti verso l’unità e la fraternità universale?”. Domanda che è stata al centro dell’evento. Chiara Lubich, nel 1988, aveva evidenziato nel suo discorso l’importanza di Augsburg come città della pace e aveva incoraggiato tutti a sviluppare la così detta “parità augustana” (fra evangelici-luterani e cattolici) verso una meta più alta: “l’unità augustana”.
Dopo una esaustiva relazione dell’impegno concreto dei Focolari nella città di Augsburg, in campo sociale, politico ed ecumenico, il sindaco Dott. Kurt Gribl, ha preso la parola: “Il solo fatto che siate venuti qui per interrogarvi su quanto avete corrisposto alla visione espressa da Chiara Lubich, è un segno che lei è stata un esempio… In realtà Chiara Lubich nel 1988 era solo a metà della sua azione. Basti pensare che nel 1996 ha ricevuto il premio Unesco per la pace, e nel 1998 il premio europeo per i diritti dell’uomo. Augsburg ha saputo riconoscere ed apprezzare il suo talento per la pace”. E si è chiesto: “Siamo riusciti a realizzare, come era il suo desiderio, una vita sociale basata su una vita religiosa e cristiana?”. Il Sindaco, quindi, ha elencato quanto è stato realizzato nella città negli ultimi 25 anni. Fra tante azioni a favore dell’unità spiccava la grande apertura verso i profughi che trovano ad Augsburg una seconda patria. Attualmente vivono nella città persone di 150 diverse provenienze, che vengono sostenute ed aiutate da una rete di specialisti impegnati nel settore dell’immigrazione. Per l’occasione diversi gruppi della città impegnati nel sociale hanno offerto spontaneamente il loro impegno per ospitare e accompagnare i nuovi profughi dalla Siria. Questo gesto di accoglienza ha dato tanta gioia al Sindaco che ha concluso: “La visione di Chiara Lubich, il suo messaggio, è caduto su un terreno fertile… Quindi Augsburg: una città in cammino verso l’unità. Un cammino sempre in divenire, e non smetteremo di camminare in prima fila”. (altro…)
9 Ott 2013 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Mia madre, ottantenne, ha cominciato a fare passi nella strada fiorita: pian piano smetteva di ragionare e vedeva le cose con il cuore. Alla fine ha piegato anche il cuore e sono rimasti solo i suoi occhi puri. Spesso diventa una bambina di sei o sette anni e chiede notizie delle sue amichette; qualche volta piange perché vuole vedere la sua mamma e il suo papà; ma sorride ingenua alternando l’entrata e l’uscita dalla strada fiorita. Ogni tanto, seguendo la mamma, entro anch’io nella strada fiorita, e i pesi affannosi del mondo diventano nuvole del cielo, anch’io divento solo un fiore nel recinto sicuro di mia madre».

La consegna, è avvenuta il 16 settembre nella Sala-conferenze di Coex, a Seoul.
Così inizia la prefazione de “La strada fiorita di mia madre”, una raccolta di episodi che scaldano il cuore, dell’autrice coreana, Maria Goretti Jeung Ae Jang, poetessa e infermiera, che raccontano del tempo vissuto insieme a sua madre affetta da Alzheimer. Il libro-testimonianza ha ricevuto il premio nazionale 2013: un riconoscimento assegnato dal Ministero della Sanità e del Benessere della Corea del Sud per le buone prassi nell’accompagnamento dell’Alzheimer. La consegna, è avvenuta il 16 settembre nella Sala-conferenze di Coex, a Seoul, dalle mani del ministro. «Quando scrivevo gli episodi vissuti con mia madre – racconta sorpresa l’autrice –, nemmeno sapevo dell’esistenza di un premio di questo genere. Desideravo solo che potesse diventare un piccolo aiuto per le famiglie che hanno i membri affetti da questa grave malattia. È un dono che mai avrei immaginato di ricevere. Io ho solo amato mia madre affetta da Alzheimer e poi ho pensato di condividere queste esperienze con gli altri. Ma sono molto contenta, perché è un’occasione per far conoscere questo libro al maggior numero di persone le quali potranno riflettere sul fatto che nessuna malattia può prescindere dalla dignità umana». 
A destra: l’autrice coreana, Jeung Ae Jang
«La malattia dell’Alzheimer – continua l’autrice coreana – è un percorso faticoso, sia per la persona che la vive, sia per la famiglia. Ma sono convinta che il dolore ci purifica. Vorrei suggerire di non aver paura dell’Alzheimer, ma di accettarlo come una malattia, da cui chiunque può essere affetto; di cercare di affrontare la cura adatta e di guardare la situazione con gli occhi delle persone malate». E conclude, con la forza e convinzione risultato di un’esperienza vissuta: «Togliamo i pensieri negativi dal nostro cuore e badiamo a questi malati con amore. Così l’Alzheimer diventa un aspetto della vita, con cui è possibile convivere». «Ringrazio di cuore Chiara Lubich, che considero la mia madre spirituale – confessa Jeung Ae Jang –, perché mi ha insegnato come amare. La spiritualità dell’unità mi ha aiutato, infatti, ad allenarmi a vedere un volto sofferente di Gesù in mia madre, al di là della malattia che la rendevano sempre più limitata. È stato il segreto che mi ha fatto riconoscere in lei una persona davvero preziosa e piena di dignità. Mi risuonavano forti le parole di Chiara, ascoltate alcuni anni fa: “Dovete essere madri di vostra madre…”; per me è stato un vero mandato». (altro…)
5 Ott 2013 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
“Essere portavoce dei più bisognosi e di coloro che non sono ascoltati da nessuno”; da questo profondo desiderio inizia l’impegno politico di Charity Chege, volontaria del Movimento dei Focolari di Juja, Kenya. Assistente sociale, madre di 4 figli, il suo quotidiano le fa toccare con mano la sofferenza dei propri concittadini: bambini orfani, anziani che devono prendersi cura dei nipotini perché i genitori sono morti di Aids, persone che vivono in povertà assoluta. “Alla vigilia delle elezioni del 2007 – racconta – espressi a Chiara Lubich il desiderio di servire la mia gente e la decisione di presentarmi come candidata al consiglio comunale. Lei mi incoraggiò, ricordandomi che «la politica è l’amore degli amori»”. Charity non risultò tra gli eletti, “ma – commenta – ho sentito che per me non cambiava nulla, potevo e dovevo continuare a servire ed amare”. Purtroppo le occasioni non mancano, alle elezioni seguono disordini e conflitti tra membri di etnie diverse: “tante persone hanno perso la vita, altre hanno perso tutto, e altre ancora hanno dovuto abbandonare le loro terre per via delle violenze”. Nel 2013 Charity sceglie di candidarsi di nuovo, in uno schieramento che rispecchi i suoi valori ideali: “A chi, sorpreso, mi domanda perché io non abbia preferito un gruppo in cui la maggioranza dei membri sia della mia tribù, rispondo: io vivo per la famiglia universale!”. La campagna elettorale si rivela un’occasione per conoscere ed accogliere disagi e necessità: “quando siamo andati a trovare i senza tetto vittime delle violenze delle elezioni del passato, sentivo che era più importante amarli come potevo che non esporre il mio programma. Ho trovato tanta rabbia e ho parlato loro del perdono. Due colleghe mi hanno chiesto come mai mi comportavo così, e io ho risposto che il nostro rapporto con le persone è la cosa la più importante e che se vogliamo la loro felicità, dobbiamo aiutarli a perdonare”. Anche stavolta l’elezione non si è concretizzata, ma molti, conoscendo il suo impegno, si rivolgono a Charity, certi del suo aiuto e disponibilità: “Un giorno ero al mercato – racconta –; mi avvicina una signora e mi chiede se posso far qualcosa per lei perché malata. Aggiunge che numerosi altri abitanti del villaggio sono nelle sue stesse condizioni; intuisco trattarsi di Aids. Questa circostanza mi ha fatto entrare in contatto con una trentina di persone che convivono con il virus. Nei nostri villaggi nei loro confronti c’è un forte pregiudizio per cui sperimentano atteggiamenti negativi, abusi e maltrattamenti. Spesso si sentono allontanati e scartati anche dalle proprie famiglie, a volte si arrendono alla malattia e sono riluttanti a cercare le cure necessarie. Ho deciso di dare in prima persona il mio contributo amando concretamente uno per uno, e coinvolgendo anche i giovani del Movimento. Con loro ci stiamo adoperando perché questi nostri amici si sentano innanzi tutto accettati e poi cercheremo di far qualcosa di bello con e per loro”. (altro…)