31 Ago 2017 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Óbidos, sulla riva sinistra del Rio Amazonas, circa 1.100 chilometri (per via fluviale) dalla capitale Belem, è una città di quasi 50 mila abitanti. Un solo ospedale, retto dai Frati Francescani della Divina Provvidenza, assolutamente insufficiente per assistere i casi più gravi. Dopo un appello della Conferenza Episcopale brasiliana, un folto gruppo di medici, infermieri e gente comune, da alcuni anni, durante le ferie, si mette in viaggio per portare cure e vicinanza alla popolazione, specialmente nelle comunità rivierasche. È l’ormai noto Progetto Amazzonia. Giunti a luglio a Óbidos, i “missionari” di quest’anno, una quarantina di persone provenienti da varie parti del Brasile, dopo una preparazione di vari mesi e l’invio – per via aerea e fluviale – di 15 scatoloni di medicine, materiale odontoiatrico e giocattoli, raccolti durante la recente Run4Unity di Belém, hanno trovato la collaborazione e l’ospitalità delle famiglie del posto. A partire dal sindaco, che ospita quattro persone, mette a disposizione una barca e un pullman con cui recarsi sia nelle comunità dell’interno che quelle “ribeirinhas” (tre comunità che non ricevono mai cure mediche e raramente vanno in città) e paga una cuoca per i giorni di permanenza. La prima comunità incontrata (2000 persone) abita in un’area accanto a un “lixão” (immondezzaio). Qui il gruppo si ferma tre giorni. Ben più dei numeri (8 giorni, 611 visite mediche e 221 visite odontoiatriche) parlano i commenti dei protagonisti, medici e gente del posto. Una signora, visitata per un forte mal di testa, torna anche nei giorni successivi per respirare un’atmosfera che lei definisce “di paradiso”. Al termine della “cura” il mal di testa è quasi scomparso. Eliane viene da São Paulo: «Prima di venire mi ero documentata su internet. Ma qui è tutto un’altra cosa, una lezione che porterò con me per tutta la vita. Dopo il trauma vissuto – riferendosi alla recente perdita del marito – pensavo che sarei rimasta indifferente a qualsiasi altro dolore. Invece ora ho tante idee e una gran voglia di aiutare!».
Tiago è un ragazzo di Óbidos che per la seconda volta partecipa al Progetto. Non potendo acquistare un paio di occhiali, viene organizzata una colletta: «Vedere tanta generosità mi fa venire la voglia di fare qualcosa anch’io!». Ana Carla (medico): «Mi sono resa conto che la nostra realtà non è la peggiore! Ascoltare da diverse mamme che il loro figlio non era mai stato visitato da un medico mi ha fatto pensare: magari non riesco a risolvere il problema, ma posso amare, dare ascolto, conforto, una medicina. È già qualcosa. Non mi sento stanca, la mia stanchezza sta nel chiedere: “Cosa mangia il tuo bambino?” e sentirmi rispondere: “farina”». Amanda è studentessa di medicina: «Ora vedo la medicina con uno sguardo diverso: davanti c’è il malato e non semplicemente la sua malattia. Non si può rimanere tranquilli solo prescrivendo una medicina, dobbiamo curare la persona». Ereh è un ragazzo di Óbidos: «Per noi è difficile vivere in questa situazione. Mateus e io facciamo volontariato con i bambini». Solange (Belém): «Quando ho sentito parlare del Progetto, mi sono interessata e ho chiesto alla mia famiglia di poter partecipare. Ho ricevuto solo critiche, ma arrivata qui ho trovato un ambiente di famiglia che non mi aspettavo. Vedere i giovani che, nel mese di luglio, rinunciano alle vacanze mi ha sorpreso». Anche Marcos è studente di medicina: «Mi sono trovato nell’impossibilità di risolvere situazioni gravi, non avevo i mezzi per curare, ma soltanto per risollevare. Dobbiamo avere il coraggio di sporcarci le mani e aiutare i giovani che sono rimasti impietriti dentro le loro città. Non solo la droga addormenta, ma tanti altri vizi: rimanere chiusi in se stessi, nel proprio egoismo». Victor (Santarém): “Ringrazio a nome dell’Amazzonia tutti voi che avete lasciato la vostra zona per venire nelle nostre periferie». Il Progetto ora continua con la diffusione e raccolta di materiali utili e denaro, perché il prossimo anno si possa fare ancora di più. (altro…)
29 Ago 2017 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nuova fioritura «Come cristiani avevamo deciso, mia moglie e io, di adottare due sorelline. Purtroppo, a causa di amicizie sbagliate, entrambe sono finite nel giro della droga. Da allora è iniziato per noi un calvario: aborti, figli indesiderati, problemi con la giustizia. Ci siamo impegnati a essere per loro, ancor più di prima, uno spazio di accoglienza e di pace. Ora la più grande sta riprendendosi e oltre alla sua bambina vuole prendersi cura, con noi, anche del bambino della sorella, che è ancora dentro il tunnel della droga. Noi siamo spettatori di una delicatissima rifioritura». (M e D. H. – Svizzera) L’innocente assolto «Di professione sono avvocato. Diversi mesi fa ho preso le difese di un sudanese accusato di essere uno scafista e per di più parte integrante di un’associazione a delinquere. Era stato trovato alla guida di un barcone che trasportava 119 migranti, tra cui donne e bambini. Nei colloqui avuti con lui in carcere mi si è chiarito che si trattava di un profugo come gli altri ma, essendo stati abbandonati dallo scafista, aveva avuto il coraggio di mettersi alla guida del natante nonostante l’inesperienza, pur di salvare sé stesso insieme gli altri. Purtroppo non era stato creduto. Facendomi carico della sofferenza di questo giovane, mi sono proposto di dimostrarne l’innocenza al di là del fatto che a causa della sua condizione di indigenza non mi avrebbe potuto pagare. Certo, avrei potuto usufruire del patrocinio dello Stato, il quale però non sempre effettua i pagamenti o, se li effettua, non sono adeguati. Ma lui era un mio fratello. Durante il processo ho fatto del mio meglio per difenderlo. Fino a ottenere la sua assoluzione». (S. – Italia) La “congiura” «Come altre volte, papà aveva bevuto più del dovuto e c’era tensione in casa. Poiché nessuno parlava, mi son fatta coraggio e, fissandolo negli occhi, gli ho detto il dolore e lo smarrimento provocati in noi da questa sua debolezza. Dopo di me anche gli altri fratelli sono intervenuti. Le cose sono cambiate; in famiglia è nata una specie di congiura e ora papà fa di tutto per essere fedele al suo proposito di non bere. Far finta di niente non era stata una soluzione: per aiutarlo era stato necessario dirgli, per amore, la verità. E insieme ci siamo riusciti». (N.N. – America del Sud) La riconoscenza di un figlio «Più passa il tempo più cresce la mia riconoscenza verso mamma. Dopo che papà ci ha abbandonati, lei ha continuato a lavorare duramente senza far mancare nulla a noi quattro figli. Un giorno è andata al funerale del cognato ed è tornata a casa con un bambino di otto mesi tra le braccia. Sua sorella non era nelle condizioni di occuparsene. Siamo cresciuti così. Penso che il bene che ora anima le famiglie di noi figli sia un frutto della grandezza di nostra madre, che non ha badato a sé stessa ma è sempre stata in donazione». (C. A. – Polonia) (altro…)
27 Ago 2017 | Centro internazionale, Cultura, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Dopo aver illustrato i punti dell’arte di amare, secondo l’espressione cara a Chiara Lubich, Maria Voce si chiede: «Ma come fare a vivere quest’arte che non si basa su sentimenti o buoni propositi, ma che viene praticata nella misura voluta da Gesù, cioè fino a dare la vita. Esiste una chiave, un segreto, che ci fa sempre più capaci di vivere con tale misura?». E parla del “momento culmine” della passione di Gesù, quando si sente abbandonato dal Padre (Mt 27,46), eppure si affida nelle sue mani (Lc 23,46), superando «quell’immenso dolore, e con ciò ha riportato gli uomini in seno al Padre e nella comunione tra di loro». «Come possiamo vivere questo mistero di Gesù abbandonato-risorto? Come riuscire a progredire quando nel cammino ecumenico ci scontriamo sulla questione della verità?», si domanda ancora la presidente. «”Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: – scrive l’apostolo Paolo ai Filippesi – egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,5-7). In questo atteggiamento possiamo trasmettere in modo credibile la verità di Cristo. Cristo si è svuotato di tutto, come dono d’amore». E cita Papa Francesco a conclusione della Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, il 25 gennaio scorso: “Se viviamo questo morire a noi stessi per Gesù, il nostro vecchio stile di vita viene relegato al passato e, come è accaduto a san Paolo, entriamo in una nuova forma di esistenza e di comunione”. «Chiara Lubich chiama questa nuova forma di esistenza e di comunione: “Gesù in mezzo a noi”. Questa espressione si riferisce alla promessa di Gesù di essere presente in mezzo a chi si trova riuniti nel suo nome, che significa nel suo amore (Mt 18,20). Questa presenza del Risorto tra i suoi è decisiva per l’ecumenismo». Dal 1996, dopo un incontro con un migliaio di anglicani e cattolici, Chiara comincia a parlare dell’ecumenismo “del popolo”. È su quello spirito che nasce il cammino di “Insieme per l’Europa”, comunione e collaborazione tra ormai più di 300 movimenti e comunità di diverse Chiese. «Senza una vera riconciliazione – afferma Maria Voce – non si progredisce nel cammino verso l’unità. E questa riconciliazione caratterizza fino ad oggi la comunione tra i movimenti». Infine, conclude la presidente: «Sulla scia di quanto è avvenuto a Lund il 31 ottobre 2016 – continua –, quando Papa Francesco, assieme al Presidente della Federazione Luterana Mondiale il vescovo Dr Munib Younan, hanno voluto commemorare insieme l’inizio dei 500 anni della Riforma, ho avvertito di dover dare una nuova spinta all’impegno ecumenico che caratterizza il nostro Movimento». È nata così nella cittadella vicina ad Augsburg “La Dichiarazione di Ottmaring” che «vuole aiutarci a pensare ecumenicamente: ricordare che qualunque fratello che incontro, che sia della mia Chiesa o che sia di un’altra Chiesa, appartiene al corpo di Cristo, a quel corpo per il quale Cristo ha dato la vita. Questo è un impegno assoluto che prendiamo come Movimento dei Focolari e che possiamo far penetrare nell’oggi in ogni dimensione della vita umana. L’ecumenismo è una necessità dei tempi. Deve andare avanti. Perché risponde al bisogno di Dio che tutti hanno, pur inconsapevolmente. Se le persone avranno l’occasione di incontrarsi con Gesù presente tra i cristiani che si amano, nascerà in loro la fede, cambieranno il modo di comportarsi, cercheranno la pace e soluzioni di giustizia, e si impegneranno per la solidarietà tra i popoli. Solo se saremo uniti tra cristiani, il mondo potrà incontrare Dio». Leggi il discorso integrale (altro…)
26 Ago 2017 | Centro internazionale, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Nel mondo di oggi, così globalizzato e interdipendente, il dialogo appare l’unica via per la sopravvivenza dell’umanità. O ci si combatte gli uni gli altri fino alla reciproca distruzione o si dialoga; infatti solo l’apertura all’altro e il dialogo creano vita e portano alla vita, perché fondano ogni azione sull’essersi riconosciuti fratelli, figli di Dio. E lo Spirito Santo, così mi pare di cogliere, sta spingendo un po’ ovunque le nostre Chiese in questa direzione: dialogare per ritrovare l’unità infranta nei secoli, per dare come cristiani una testimonianza comune davanti al mondo secondo la preghiera di Gesù: “Padre, che tutti siano uno, affinché il mondo creda” (cfr. Gv 17)». Esordisce così Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, nel suo articolato intervento. Parte dalla sua testimonianza ecumenica personale fino all’incontro con la spiritualità dell’unità: «Negli anni ’60, attraverso l’esperienza di Chiara Lubich, che era entrata in contatto con alcuni cristiani membri della “Fraternità di vita comune” della Germania», si apre per il Movimento il dialogo ecumenico. Nasce, nel 1965, la cittadella di Ottmaring (Germania), dove convivono cattolici ed evangelici». Durante il Concilio Vaticano II, Chiara entra in contatto con alcuni Osservatori di altre Chiese. Iniziano così le cosiddette “Settimane ecumeniche”, in cui, annualmente, tra cristiani di varie Chiese comunichiamo reciprocamente le esperienze della Parola vissuta, mettendo l’accento soprattutto sul Comandamento nuovo di Gesù: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Nello storico incontro del 13 giugno 1967 tra il Patriarca ecumenico Athenagoras I e Chiara Lubich, Maria Voce si trova ad Istanbul, in Turchia, come responsabile del Movimento locale. «È stato il primo di 25 incontri che Chiara avrà con quella grande figura carismatica. Athenagoras si dichiara “suo discepolo” e desidera un focolare a Costantinopoli». Seguiranno altri importanti incontri ecumenici. «Cristiani delle più varie Chiese hanno voluto condividere la spiritualità dell’unità e diversi si sono sentiti chiamati alle varie vocazioni specifiche del Movimento, pur rimanendo ciascuno e ciascuna ben inseriti nella propria Chiesa». Infatti, ricorda Maria Voce, «il dialogo non si fa tra le culture, bensì tra le persone. O meglio, si vive in dialogo». E ancora: «Il fondamento del dialogo è Dio, Dio che è amore e padre di tutti noi e che ci fa tutti figli nel Figlio, tutti fratelli, tutti un’unica famiglia. Fin dall’inizio Chiara ha fatto della preghiera di Gesù “Che tutti siano uno” – che possiamo tradurre in “fare dell’intera umanità un’unica famiglia” – il motto della sua vita e ha invitato milioni di persone, nel mondo intero, ad impegnarsi a vivere per realizzarla». Per i Focolari, dunque, «il dialogo è uno stile di vita, una cultura nuova, che il Movimento può e vuole offrire agli uomini e alle donne di oggi». E che deve essere «sostenuto e sostanziato dalla misericordia, dalla compassione, dalla carità». Maria Voce cita Chiara Lubich che, nel 1970, scrive: “Se noi non abbiamo la carità, non avremo la luce di Dio e il dialogo, qualsiasi dialogo, può divenire sterile, infruttuoso»[i]. E, sempre Chiara Lubich: «Chi mi sta vicino è stato creato in dono per me ed io sono stata creata in dono per chi mi sta vicino. Sulla terra tutto è in rapporto d’amore con tutto: ogni cosa con ogni cosa. Occorre però essere l’Amore per trovare il filo d’oro fra gli esseri»[ii]. La presidente dei Focolari, quindi, illustra la cosiddetta “arte di amare”, che si riassume in pochi punti: amare tutti, amare sempre, amare per primi, “farsi uno” con l’altro (cfr. 1Cor 9,22). «In tale maniera il prossimo si sente compreso, accettato, sollevato». (Prima parte) [i] C. LUBICH, Discorso ai focolarini,1970. Testo non pubblicato cit. in Vera Araújo, Il quinto dialogo del Movimento dei Focolari. Cosa è, cosa vuole, cosa fa, 7 [ii] C. LUBICH, Scritti Spirituali 1, “L’attrattiva del tempo moderno”, Città Nuova, Roma 1978, 140. (altro…)
24 Ago 2017 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
In seguito al terremoto dello scorso anno nell’Italia centrale, tanti si sono adoperati per essere vicini a quanti sono stati colpiti da questa tragedia. Una catastrofe di tale portata, infatti, mette a dura prova non solo le case, ma tutto il tessuto sociale e la capacità di resistenza personale e familiare, lasciando il segno su un’ intera generazione. Il Movimento dei Focolari si è dotato di un organismo stabile che conta sulla collaborazione di due ONLUS: AMU, AFN e di altre associazioni (AIPEC, B&F Foundation, Abbraccio Planetario, Dialoghi in Architettura e le comunità del Movimento in Italia) che, a fronte delle emergenze, offrono competenza e organizzazione per convogliare gli aiuti in azioni efficaci. «Il primo obiettivo che ci siamo dati è stato quello di attivare una modalità di raccordo e di conoscenza reciproca delle varie iniziative per aiutarci a mantenere alta l’attenzione e a non dimenticare – spiega Cesare Borin, del “Coordinamento emergenze” dei Focolari –. Gli aiuti economici che sono arrivati fin dall’inizio, hanno rappresentato solo uno dei tanti modi, con i quali si è concretizzata la solidarietà che ha visto coinvolte tante persone del Movimento, per essere vicini a chi ha perso tutto in questa situazione drammatica». Il progetto si compone di due azioni complementari:
“RImPRESA Aziende”, che consiste nel fornire materie prime, macchinari e piccole infrastrutture ad aziende e, dove possibile, rafforzare tra le aziende pratiche e processi virtuosi ispirati ai principi etici dell’economia civile, favorendo così il gemellaggio con altre imprese sul territorio nazionale. Nell’ambito di questa fase progettuale, sono state individuate e visitate 60 piccole aziende delle 4 regioni coinvolte ed attualmente si stanno ultimando le forniture di attrezzature e materiale a sostegno di 25 aziende agricole e artigianali, selezionate in base ad una valutazione concordata della protezione civile; La seconda azione del progetto: “RImPRESA GAS” promuove l’acquisto dei prodotti delle aziende colpite dal sisma attraverso la creazione di Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), favorendo di fatto la ripresa del turismo locale. Attualmente le aziende soprattutto del settore agroalimentare sono 13, circa 90 le iscrizioni totali, per un totale di 17.000 euro circa di ordinativi. La risposta alle necessità delle persone è stata tempestiva, come quelle, ad esempio, di alcune famiglie di Amatrice che avevano chiesto un container in lamiera. Così a marzo sono stati consegnati 10 container per altrettante famiglie di Amatrice e dintorni, per un costo totale di 19.000 euro. In collaborazione con la Caritas Italiana si sta inoltre organizzando, per la fine di agosto 2017, un campo estivo con base a Torrita di Amatrice. Le attività perdureranno per i mesi di luglio ed agosto, prevedendo l’ animazione di un centro estivo per bambini, attività ludico ricreative per ragazzi dei dintorni ed animazione nel centro anziani di Borbona. «Le persone di questi bellissimi territori – conclude Borin – non ci chiedono ‘ricostruiteci la casa’, ma ci chiedono con forza ‘non lasciateci soli’! Tra le lezioni apprese potremmo aggiungere l’importanza di non marginalizzare o soffocare il contributo della società civile. Accanto all’intervento competente delle agenzie di emergenza dello Stato, abbiamo bisogno di una più vasta e programmata inclusione delle componenti sociali attive, proprio per la loro capacità di attivare la catena di fraternità. E questo, come ci fa intuire la nostra piccola esperienza, forse renderà anche più efficace il lavoro delle istituzioni e la capacità di far ripartire i processi produttivi». Contatti: emergenzaterremoto.italia@focolare.org Leggi anche: Intervista a Cesare Borin (altro…)