Movimento dei Focolari
Assemblea 2026: il cammino di preparazione sta iniziando

Assemblea 2026: il cammino di preparazione sta iniziando

Ogni cinque anni si svolge l’Assemblea generale dell’Opera di Maria, il Movimento dei Focolari. 

La prossima si svolgerà dal 1° al 21 marzo 2026.  

Un’occasione per rispondere alla vocazione dei Focolari: vivere per l’unità. Si tratta di uno degli eventi più importanti: durante l’Assemblea verranno scelti i nuovi dirigenti dei Focolari ed i lavori offriranno l’opportunità per dialogare su idee, proposte e mozioni che saranno le linee guida del Movimento per il prossimo quinquennio.  

Il cammino di preparazione sta iniziando: siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo. 

Margaret Karram, Presidente dei Focolari, attraverso questo video messaggio ci spiega come possiamo prepararci in maniera sinodale.  

Per capire meglio che cosa è l’Assemblea, come si svolgerà e come prepararsi a questo importante appuntamento, ecco un video con infografica.

Fratellanza

Fratellanza

Vieni fratello esule, abbracciamoci. Dovunque tu sia, comunque ti chiami, qualsiasi cosa tu faccia, mi sei fratello. Che importa a me se la natura e le convenzioni sociali s’impegnano a staccarti da me, con nomi, specificazioni, restrizioni, leggi?

Il cuore non si frena, la volontà non soffre limiti, e con uno sforzo d’amore possiamo valicare tutte queste spartizioni e riunirci in famiglia.

Non mi riconosci? La natura ti depose altrove, altrimenti fatto, dentro altri confini, sei forse tedesco, rumeno, cinese, indiano… Sei forse giallo, olivastro, nero, bronzeo, cupreo… ma che importa.

Sei d’una patria diversa ma che vale? Quando questo piccolo globo tuttora incandescente si consolidò, nessuno poteva immaginare che per quelle escrescenze fortuite degli esseri si sarebbero ammazzati a lungo.

E anche oggi, di fronte ai nostri ordinamenti politici, ti pare che la natura ci chieda il permesso mai nell’esprimersi attraverso i vulcani, i terremoti, le alluvioni? E ti pare che si preoccupi delle nostre disparità, apparenze e gerarchie?

Fratello ignoto, ama la tua terra, il tuo frammento della comune scorza che ci regge, ma non odiare la mia. Sotto tutti gli orpelli, sotto le classificazioni sociali per quanto codificati, tu sei l’anima che Dio creò sorella alla mia, a quella d’ogni altro (unico è il Padre), e sei come ogni altro un uomo che soffre e forse fai soffrire, che hai bisogno più che facoltà, che oscilli, ti stanchi, hai fame, hai sete, hai sonno, come me, come tutti.

Sei un povero pellegrino inseguente un miraggio. Ti credi centro dell’universo, e non sei che atomo di questa umanità che si muove affannosamente tra dolori più che tra gioie, da millenni verso millenni.

Sei un nonnulla fratello, dunque uniamo le nostre forze anziché cercare lo scontro. Non inorgoglire, non separarti, non accentuare i marchi di differenziazione escogitati dall’uomo.

Non frignavi nascendo come me? Non gemerai morendo come me? L’anima tornerà, qualunque sia l’involucro terreno, nuda, eguale. Tu vieni. Da oltre tutti i mari, climi, tutte le leggi, da oltre qualsiasi scompartimento sociale, politico, intellettuale, da oltre tutti i limiti (l’uomo non sa che circoscrivere, suddividere, isolare) tu vieni, fratello.

In te riconosco il Signore. Lìberati, e sin d’ora fratelli che siamo, abbracciamoci.

Igino Giordani
in: Rivolta cattolica, Città Nuova, 1997 (ed. Piero Gobetti, Torino, 1925)

A cura di Elena Merli

Foto: © CM – CSC Audiovisivi

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione» (Lc 10,33).

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione» (Lc 10,33).

Martine è sul treno della metropolitana di una grande città europea; tutti i passeggeri sono concentrati sul proprio cellulare. Connessi virtualmente, ma realmente intrappolati nell’isolamento. Si domanda: «Ma non siamo più capaci di guardarci negli occhi?». 

È esperienza comune, soprattutto nelle società ricche di beni materiali, ma sempre più povere di rapporti umani. Invece il Vangelo torna sempre con la sua proposta originale, creativa, capace di “fare nuove tutte le cose”[1].

Nel lungo dialogo con il dottore della Legge che gli chiede cosa fare per ereditare la vita eterna[2], Gesù risponde con la famosa parabola del buon Samaritano: un sacerdote e un levita, figure di rilievo nella società del tempo, vedono un uomo aggredito dai briganti, sul margine della strada, ma passano oltre. 

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione».

Al dottore della Legge, che conosce bene il comandamento divino dell’amore al prossimo[3], Gesù propone come modello uno straniero, considerato scismatico e nemico: egli vede il viandante ferito, ma si lascia prendere dalla compassione, un sentimento che nasce da dentro, dal profondo del cuore umano. Perciò interrompe il suo viaggio, gli si avvicina e se ne prende cura.

Gesù sa che ogni persona umana è ferita dal peccato e proprio questa è la sua missione: guarire i cuori con la misericordia e il perdono gratuito di Dio, perché siano a loro volta capaci di vicinanza e condivisione.

«[…] Per imparare a essere misericordiosi come il Padre, perfetti come lui, occorre guardare Gesù, rivelazione piena dell’amore del Padre. […] l’amore è il valore assoluto che dà senso a tutto il resto […] che trova la sua espressione più alta nella misericordia. Misericordia che aiuta a vedere sempre nuove le persone con le quali viviamo ogni giorno in famiglia, a scuola, al lavoro, senza ricordarci più dei loro difetti, degli sbagli; che ci fa non giudicare, ma perdonare i torti subiti. Anzi dimenticarli»[4].

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione».

La risposta finale e decisiva si esprime con un invito chiaro: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso»[5]. È quello che Gesù ripete a chiunque accoglie la sua Parola: farsi prossimi, prendendo l’iniziativa di “toccare” le ferite delle persone incontrate ogni giorno sulle strade della vita.

Per vivere la prossimità evangelica, prima di tutto chiediamo a Gesù di guarirci dalla cecità dei pregiudizi e dell’indifferenza, che ci impedisce di vedere oltre noi stessi.

Poi impariamo dal Samaritano la capacità di compassione, che lo spinge a mettere in gioco la sua stessa vita. Imitiamo la sua prontezza a fare il primo passo verso l’altro e la disponibilità ad ascoltarlo, a fare nostro il suo dolore, liberi dai giudizi e dall’ansia di “perdere tempo”.  

È l’esperienza di una giovane coreana: «Ho cercato di aiutare un’adolescente che non era della mia cultura e che non conoscevo bene. Eppure, anche se non sapevo cosa e come fare, ho preso il coraggio di provarci. E con sorpresa ho notato, che – offrendo quell’aiuto – io stessa mi sono ritrovata “guarita” nelle mie ferite interiori».

Questa Parola ci offre la chiave d’oro per realizzare l’umanesimo cristiano: ci rende consapevoli della comune umanità, in cui si riflette l’immagine di Dio, e ci insegna a superare con coraggio la categoria della “vicinanza” fisica e culturale. In questa prospettiva, è possibile allargare i confini del “noi” fino all’orizzonte del “tutti” e ritrovare i fondamenti stessi della vita sociale.

A cura di Letizia Magri e del team della Parola di Vita


Foto © John-Lockwood – Unsplash

[1] Cf. Ap 21,5.
[2] Cf. Lc 10, 25-37.
[3] Dt 6,5; Lv 19,18.
[4] C. Lubich, Parola di Vita giugno 2002, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma, 2017, p.659.
[5] Lc 10,37.

Uno sguardo che cura

Uno sguardo che cura

Quotidianamente osserviamo intorno a noi tante sofferenze che possono farci sentire impotenti, se non si aprono squarci di umanità. A volte, però, la risposta viaggia su WhatsApp, come è accaduto a una piccola comunità cittadina dell’Italia che vuole vivere l’unità: “…nell’ospedale dove lavoro c’è un giovane, straniero, che è completamente solo e sta morendo. Forse qualcuno potrebbe passare qualche minuto con lui, per dare un po’ di dignità a questa situazione?” È una scossa: le risposte si susseguono rapide. Il messaggio di chi è stato presente nelle ultime ore dice: “Al suo capezzale abbiamo visto subito che l’assistenza è puntuale, attenta e amorevole e che quindi non avevamo nulla da fare di concreto se non stare lì. Né lui, ormai in coma, poteva giovare della nostra presenza”.
Inutile? In quelle poche ore una piccola comunità, dentro e fuori dall’Ospedale, ha accompagnato e dato senso. Chissà se una mamma lo potrà piangere nel suo Paese. Sicuramente il suo “passaggio” non è stato vano per chi ha potuto voler bene a quel giovane, non più sconosciuto. La compassione è un sentimento che nasce da dentro, dal profondo del cuore umano. Rende capaci di interrompe il proprio viaggio pieno di impegni e appuntamenti frenetici della giornata e prendere l’iniziativa per avvicinarsi e offrire uno sguardo di cura, senza paura di “toccare” le ferite.
Lo spiega con incisiva semplicità Chiara Lubich: Immaginiamo di essere nella sua situazione e trattiamolo come vorremmo esser trattati noi al posto suo. Lui ha fame? Ho fame io – pensiamo. E diamogli da mangiare. Subisce ingiustizia? Sono io che la subisco! E diciamogli parole di conforto e condividiamo le sue pene e non diamoci pace finché non sarà illuminato e sollevato. Vedremo lentamente cambiare il mondo attorno a noi1.
Ce lo conferma anche la saggezza africana con un proverbio ivoriano: “Chi accoglie uno straniero ospita un messaggero”.
Questa Idea ci offre una chiave per realizzare l’umanesimo più autentico: ci rende consapevoli della comune umanità, in cui si riflette la dignità connaturata ad ogni uomo e ogni donna, e ci insegna a superare con coraggio la categoria della “vicinanza” fisica e culturale. In questa prospettiva, è possibile allargare i confini del “noi” fino all’orizzonte del “tutti” e ritrovare i fondamenti stessi della vita sociale. Ed è importante curare noi stessi, con l’aiuto degli amici con cui camminiamo insieme, quando ci sembra di soccombere alle sofferenze che ci circondano. Ricordando che -come dice lo psichiatra psicoterapeuta Roberto Almada- “se i buoni abbandonano la battaglia a causa della stanchezza, la nostra comune umanità correrà il maggiore dei rischi: l’impoverimento valoriale”2.


1. Chiara Lubich, L’arte di amare, Città Nuova, p. 60
2. R. Almada, Il burnout del buon samaritano, Effatà editrice, 2016

Foto: © Alexandra_Koch en Pixabay


L’IDEA DEL MESE è attualmente prodotta dal “Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose” del Movimento dei Focolari. Si tratta di un’iniziativa nata nel 2014 in Uruguay per condividere con gli amici non credenti i valori della Parola di Vita, cioè la frase della Scrittura che i membri del Movimento si impegnano a mettere in atto nella vita quotidiana. Attualmente L’IDEA DEL MESE viene tradotta in 12 lingue e distribuita in più di 25 paesi, con adattamenti del testo alle diverse sensibilità culturali. dialogue4unity.focolare.org

Cristiani protagonisti di dialogo 

Cristiani protagonisti di dialogo 

Il 29 giugno 1967 papa Paolo VI aveva invitato il Patriarca Athenagoras a inviare a Roma qualche rappresentante. Da allora i responsabili delle due Chiese si scambiano visite: il 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, viene a Roma una delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, e qualche volta è venuto il Patriarca stesso, mentre il 30 novembre, giorno di Sant’Andrea, va al Patriarcato una delegazione del Vaticano a nome del Papa. San Pietro, vescovo di Roma, e Sant’Andrea, secondo la Tradizione, fondatore della sede episcopale di Costantinopoli, erano fratelli, queste visite sono un richiamo per queste due Chiese che si vedono sorelle a impegnarsi per la riconciliazione e rafforzare i vincoli di solidarietà. 

In questa festa che ha quindi anche un valore nel cammino di unità tra le Chiese,  pubblichiamo un video con alcune impressioni raccolte a conclusione del Convegno dal titolo Called to hope – Key players of dialogue (Chiamati alla speranza, protagonisti del dialogo) promosso dal Centro Uno, la segreteria internazionale per l’unità dei cristiani del Movimento dei Focolari, al quale hanno partecipato 250 persone di 40 Paesi e 20 Chiese cristiane, con oltre 4000 nel mondo che hanno seguito l’evento via streaming.

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