Movimento dei Focolari
Repubblica Dominicana, il sogno di un’orchestra

Repubblica Dominicana, il sogno di un’orchestra

DSC09942.JPG«Potrei andare nella Repubblica Dominicana ad insegnare musica per un paio di settimane alla scuola “Café con Leche”, avevo detto a voce alta e quasi senza pensare che il mio commento sarebbe stato preso così sul serio. E questo viaggio inaspettato si è trasformato in una delle più ricche esperienze che abbia mai vissuto – racconta Diane Gregory, già membro della band internazionale Gen Verde e adesso negli USA –. Non ho avuto quasi il tempo per prepararmi ed ero già sull’ aereo per Santo Domingo. Faceva freddo, quel mattino del 9 aprile scorso. C’era la neve mentre partivo dall’aeroporto JFK di New York verso l’isola caraibica, che mi ha accolto col suo clima tropicale e il mare turchese. Lungo il viaggio che ci portava nella zona coloniale della capitale dove sarei stata ospitata, guardavo le belle spiagge con gli alberi di cocco, i mezzi pubblici stracarichi di persone tutte pigiate, i sobborghi poveri lungo la via… La mattina seguente ero sulla “Guaguita” (un pulmino da 9 posti che portava 23 persone!), con Kathi, una giovane tedesca anche lei venuta a dare il suo contributo alla scuola. Scendiamo presso la località “El Café” che ha la sua dignità, nonostante il suo aspetto impoverito. Ci hanno subito avvertito della violenza che c’è, ma rasserenato circa la nostra sicurezza perché “sanno che siete venute per la scuola”. Ci troviamo, infatti, in un contesto dove violenza, disoccupazione, abbandono, sono pane quotidiano. Marisol,Diane,gen che aiutano.JPGLa scuola “Café con Leche”, una delle tante opere sociali del Movimento dei Focolari, ci sorprende per il suo calore, vitalità, colore. Le aule non sono come quelle cui ero abituata negli Stati Uniti, ma più creative e appena capaci di contenere i 570 studenti, da 6 a 14 anni. E pensare che solo 20 anni fa la scuola iniziò in un capannone di legno con solo 20 allievi! Ora, con l’aiuto di tanti, è sorto un edificio che accoglie i ragazzi e che dà loro educazione e un buon pasto giornaliero. Ma non solo: nella scuola c’è un atmosfera difficile da descrivere, un’armonia di rapporti che offre agli studenti un ambiente sano per studiare e crescere. dieci giorni che vi ho trascorso, sono stati più che dinamici. Insieme a Marisol Jiménez, fondatrice e preside della scuola, c’è stato un continuo fiorire di idee attuate, poi, nelle classi: lezioni di sassofono, di pianoforte; un coro, giochi ed esercizi musicali, lezioni per leggere la musica; abbiamo costruito strumenti di percussione, messo su scenette, ballato, e persino svolto lezioni di “macramè”, un arte che ho imparato da piccola e che consiste in fare dei“nodi”per creare collane o altri oggetti. Il sogno di Marisol, però, è quello di formare una banda musicale: gli strumenti musicali sono già arrivati dalla Svizzera, gli studenti hanno tanta voglia di imparare (hanno il ritmo nel sangue e tanto entusiasmo!). Per realizzare questo sogno ci vogliono i fondi per assumere gli insegnanti di musica … che speriamo arrivino! “Café con leche”, cioè caffelatte, che ricorda la bella tonalità del colore della pelle – né caffè né latte –, stragrande maggioranza della popolazione dominicana, ora per me non è soltanto quel luogo speciale di cui ho tanto sentito parlare o letto sui giornali. Oggi è diventato un’esperienza viva: la scuola, gli studenti, gli insegnanti, tutti per me hanno un nome, un volto, una storia. Sono partita con la convinzione che tutto è possibile quando “cogliamo il momento” e diamo tutto di noi stessi». (altro…)

Progetto Latina Mae Sot

Tutto è partito da una semplice merendina buttata nel cestino e dalla sorpresa dei bambini nel sapere che ci sono persone che non hanno nemmeno da mangiare: “Maestra, cosa sono i bambini poveri?”, domandano. Così nell’ottobre del 2013 gli allievi della scuola dell’infanzia e della scuola primaria dell’I.C. “G. Giuliano” di Latina riescono a raccogliere un carico da inviare ai loro coetanei di un orfanotrofio di Mae Sot, nel nord della Thailandia. Poi, nell’aprile del 2014, partono altri 30 scatoloni pieni di giocattoli. I costruttori di questo ponte di solidarietà sono sempre loro: i bambini di Latina e quelli di Mae Sot. Ma il ponte non si spezza, anzi continua! Il ponte Latina-Mae Sot è sempre più una realtà concreta, che inizia ad aprire i suoi orizzonti verso altre periferie. Infatti nel 2016 abbiamo iniziato a sostenere anche altre realtà, presenti in Vietnam, dove arriviamo con immutato entusiasmo. Grazie a tutti i bambini, ragazzi, insegnanti, genitori della nostra scuola una realtà tanto lontana geograficamente parlando, è sempre più vicina nei cuori di tutti noi, dimostrandoci che, senza aspettarci troppo dall’alto, un mondo migliore è possibile…partendo dal nostro piccolo. Video del  viaggio dei Focolari a Mae Sot nel 2014 https://www.youtube.com/watch?v=d_jVpNjD1-g https://www.youtube.com/watch?v=5Ye7Au–vIc&feature=youtu.be Questo video racconta quello che abbiamo fatto nel 2016. Leggi anche: Thailandia chiama e Latina risponde Da Latina alla Thailandia, il sogno continua

Repubblica Dominicana, il sogno di un’orchestra

India. Udisha è molto di più

20141212-01«Non un semplice doposcuola, o una mera opportunità di lavoro. Udisha è molto di più, un vero e proprio punto di riferimento per i bambini, le famiglie e l’intera comunità». Lo scrive Susanna Svaluto Moreolo, giovane volontaria italiana, la prima dall’Italia a prestare servizio presso questo progetto del Movimento dei Focolari a Goregaon, uno degli slum di Mumbai, 400mila abitanti, a 40 minuti di treno dal centro città. Udisha, in urdu “Il raggio di sole che porta una nuova alba” coinvolge ogni anno oltre 100 bambini, ragazzi e giovani (dai 4 ai 22 anni) e molte madri: sono 60 quelle inserite nei progetti di microcredito. È un progetto nato sulla base della spiritualità dell’unità, secondo la convinzione di Chiara Lubich che nel Vangelo vissuto è insita la più grande forza di trasformazione sociale. Concretamente, si tratta di attività di doposcuola, counseling, terapia occupazionale per i bambini e ragazzi; si contribuisce al pagamento delle tasse scolastiche; produzione e vendita di borse per l’attività di microcredito; giornate di convivialità e incontri organizzati con i genitori, e supporto economico per le famiglie. «Ciò che più mi ha colpito – continua Susanna, studentessa – è la consapevolezza, soprattutto da parte dei ragazzi, dell’opportunità che il progetto offre loro come studenti e come persone e, conseguentemente, il loro impegno e la loro attiva partecipazione al progetto stesso. I ragazzi trovano in Udisha una vera e propria seconda casa, delle persone con cui confidarsi e sul cui aiuto sanno di poter contare. Molto importante, sotto questo punto di vista, è la presenza di un counselor che fornisce un supporto psicoeducativo ai ragazzi e ai genitori». 20141212-02I volontari svolgono la loro vita quotidiana a Udisha, e l’impressione è che il progetto ricopra «un ruolo centrale per coloro che ne fanno parte. Lo si coglie da come i bambini lavorano in gruppo tra loro e da come i più grandi sono responsabili verso i più piccoli, dalle madri che vengono a Udisha almeno tre volte al giorno per accompagnare i bambini, portare loro il pranzo e riprenderli, per poi tornare nuovamente per lavorare al progetto delle borse che le coinvolge direttamente. Significativo è anche il fatto che tra le insegnanti del doposcuola ci siano anche delle ragazze che in passato sono state destinatarie del progetto e che continuano a farne parte come volontarie». Un’esperienza in cui ciascuno può mettere al servizio degli altri ciò che sa fare meglio, nel caso di Susanna ad esempio, la danza: «Ho avuto modo di insegnare danza sia ai ragazzi che alle mamme, preparando con loro un’esibizione in occasione della festa dell’indipendenza. Questo mi ha coinvolto particolarmente, perché mi ha permesso di confrontarmi con delle donne, che hanno aderito con entusiasmo all’attività, facendomi comprendere l’importanza di creare degli spazi di svago, che consentano loro di dedicarsi del tempo e di evadere un po’ dalla routine quotidiana». Un’impressione prima di lasciare il subcontinente indiano? «Credo che l’esperienza a Udisha rappresenti una bellissima opportunità perché permette di vivere appieno la realtà indiana: l’ospitalità, la dignità, il cibo, l’aspetto religioso e il rispetto reciproco per le diverse religioni e culture, i rituali, i weekend passati con una famiglia indù e in generale con le famiglie di Udisha… rispetto alle paure che avevo prima di partire tutti questi aspetti hanno fatto sì che quelle paure venissero dimenticate». (altro…)