Nov 22, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
“Che futuro avrò come giovane nella mia terra?” Il grido di Nasreen, giovane palestinese, cade nel cuore degli altri giovani presenti, nel silenzio profondo di un ascolto che vuole lenire le sue ferite ancora aperte da anni di guerra e instabilità sociale. Emina aveva sette anni quando scoppiò la guerra a Sarajevo. La sua vita è cambiata in pochi istanti, ma la sua voglia di crescere e reagire sono state più forti. E Alberto della Spagna: «La mia vita è cambiata da quando sono andato in Giordania per fare un’esperienza nel campo profughi. Non sono più lo stesso». Sono giovani decisi a rilanciare tutte le sfide per costruire a partire dalla propria vita un tessuto sociale di pace.
Trentadue i partecipanti al progetto “Host Spot”, titolo scelto per mettere insieme il concetto europeo di “approccio Hotspot” – termine UE per indicare i punti chiave di arrivo, con l’obiettivo di trasferire i rifugiati dalle zone di guerra e filtrare le persone che hanno attraversato il Mediterraneo – e la parola SPOT, una breve presentazione o pubblicità in televisione, per indicare il lavoro di produzione di documentari brevi che prevede il progetto. Si è tenuto dal 28 ottobre al 2 novembre 2017 ad Alessandria di Egitto, promosso da diverse ONG e Associazioni, tra le quali Associazione Internazionale New Humanity (Italia), Starkmacher EV (Germania), Caritas Jordan (Giordania), VACA (Palestina), Jesuit Cultural Center (Alessandria), Associazione bNET (Italia) FUNDACIÓN IGINO GIORDANI (Spagna), Focolari Trust (Irlanda), Új Város Alapítvány (Ungheria) e Non dalla guerra (Italia). Partiti dall’esperienza di ritrovarsi presso il campo profughi in Giordania nell’agosto del 2016, i giovani hanno proseguito il loro percorso con altri due appuntamenti, in Germania, dove hanno approfondito alcune tecniche di comunicazione e infine, ultima tappa, in Egitto.
I giovani, provenienti da Ungheria, Bosnia, Palestina, Egitto, Spagna, Irlanda, Italia e Giordania hanno trascorso dieci giornate insieme concludendo questo originale progetto, promosso dalla Comunità Europea, per creare legami, gettare ponti tra il mondo dell’associazionismo giovanile su tematiche che hanno come fine il perseguimento del valore della pace. Attraverso workshop, lezioni di approfondimento sulla questione mediorientale, sul dialogo fra le varie culture e sull’importanza dei media nella comunicazione di tematiche sulle migrazioni, in un mondo dove uno su due rifugiati è un bambino, i protagonisti di questa edizione di Host Spot hanno intrapreso un cammino deciso per diffondere una cultura di pace, innanzitutto con un percorso di formazione sulle problematiche attuali e seminari di informazione sui meccanismi che regolano il mondo dei media. Un’esperienza che ha visto i giovani protagonisti tirare le fila delle attività già intraprese e vedere insieme come proseguire con decisione questa preziosa collaborazione fra le associazioni sviluppando progetti e mettendo in campo nuove sinergie.
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Nov 4, 2017 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
La pace è scienza, è civiltà, è luce: come la guerra è ignoranza, è istinto è buio. Aspettarsi, come s’è fatto, dalla carneficina una civiltà migliore, cioè dal bene il male, dal nero il bianco, è lo stesso che pretendere dalla ghigliottina il miglioramento pedagogico delle teste che recide. La scienza, volta ad escogitare strumenti di eccidio, renderà la prossima guerra di una efferatezza raffinata, metodica, squisitamente stupida. La paura regola i vicendevoli rapporti degli uomini. Sotto gli stimoli della paura paesi stremati tengono in piedi eserciti sproporzionatamente grandi e costosi […]. Ci sarebbe una soluzione: sostituire alla paura vicendevole la fiducia reciproca, alla diffidenza l’amicizia. Ma la soluzione è troppo … facile: perciò così difficile. E getterebbe sul lastrico varie oligarchie. Ai giovinetti impulsivi e saccenti, ai deputati e uomini pubblici, ai giornalisti improvvisati e ai roditori di banca, alle signorine insipide e alle zitelle dei comitati, a tutti gli speculatori alti e bassi, ai generali e ai professori, che sostengono la guerra … io imporrei un rimedio per rinsavire: li caccerei per dieci minuti in una trincea sotto un bombardamento debilitante, ossessionante, in cui la ragione si smarrisca e tutta la natura si ribelli – se uno ne esce sano capirà la guerra e la maledirà. Questa onorata società di ministri, deputati, giornalisti che spiegano a noi che la facemmo il significato della guerra, dovrebbe capire una buona volta che quelle disquisizioni a noi danno il senso della nausea; noi vogliamo dimenticare … Noi vogliamo la pace, la serenità e vogliamo che la violenza a cui si scatenarono si plachi. Si chiede troppo? Igino Giordani, da “Rivolta Cattolica”, Edizioni Gobettiane, 2016, Roma, pp.10-13 Centro Igino Giordani (altro…)
Ott 12, 2017 | Centro internazionale, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
La crisi venutasi a creare attorno agli esperimenti balistici della Corea del Nord e alla reazione dell’Amministrazione degli Stati Uniti hanno generato il timore di una possibilità concreta di conflitto nucleare. L’antico adagio latino ‘per mantenere la pace prepara la guerra’ oggi non ha più senso. Le conseguenze di un conflitto, ancor più con uso di armi nucleari, avrebbero conseguenze devastanti per l’intero pianeta. La pace deve essere raggiunta a tutti i costi dove si è incrinata e mantenuta dove la si è ottenuta. Nei membri del Movimento dei Focolari cresce la coscienza del ruolo che ciascuno, come singolo e comunità, ha in questo processo. Oltre alle preghiere non mancano coinvolgimenti di diverso tipo a questo sforzo comune, spesso ispirato da iniziative di altre organizzazioni o movimenti con cui i Focolari collaborano. In tal senso non possiamo non ricordare quanto l’amicizia spirituale fra Chiara Lubich e Nikkyo Niwano, fondatore del movimento buddhista giapponese Rissho Kosei kai, abbia fatto per contribuire alla causa della pace e per formare a questo le nuove generazioni. “Sebbene ci siano difficoltà, la nostra collaborazione farà sperare che sia possibile lavorare tutti insieme per la pace”, scriveva Niwano a Chiara. In occasione del 50mo anniversario della nascita dei Focolari, il fondatore del movimento buddhista ed il figlio Nichico reiteravano questo impegno comune per “rendere la nostra famiglia umana più unita”. La Rissho Kosei kai si è fatta sentire anche in questi giorni con un comunicato ufficiale con il quale la Presidente designata, Rev. Sig.ra Kosho Niwano, ha raggiunto leaders mondiali, sia politici che religiosi, rinnovando l’impegno del suo movimento a non lasciare nulla di intentato perché la pace sia preservata nella penisola coreana. L’appello si ispira al pensiero del fondatore Niwano che, in occasione del suo intervento all’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1978, in un clima di piena Guerra Fredda si era rivolto ai leaders degli USA e dell’URSS. “Invece di rischiare con le armi, per favore rischiate per la pace e per il disarmo” aveva detto. Niwano, come molti leaders religiosi del suo tempo, fra questi Paolo VI e Giovanni Paolo II, e anche Chiara Lubich, aveva intuito il ruolo che le religioni possono avere nel contribuire a realizzare e a mantenere la pace mondiale. Il messaggio inviato dalla Sig.ra Niwano anche a Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, viene dalla figlia di un popolo che ha sofferto in maniera indicibile durante l’ultimo conflitto mondiale, e mette i leaders politici del mondo di fronte al pericolo degli effetti di sanzioni che potrebbero causare reazioni imprevedibili. Anche in occidente si stanno sensibilizzando le coscienze al pericolo di una escalation nucleare. In occasione del ricordo della Giornata di Preghiera per la pace, indetta da Giovanni Paolo II nel 1986, il Comitato per una Civiltà dell’Amore ha organizzato una riflessione dal titolo “Progetto di pacificazione dell’area coreana”. Si tratta di un convegno che si terrà presso il Sacro Convento di Assisi (Italia) il prossimo 28 ottobre. Leggi il comunicato originale (altro…)
Set 21, 2017 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«Domenica 20 agosto 2017, ore 5.00. Da lontano sento la chiamata del Muezzin alla preghiera. Il termometro mostra già 30º. Sono in una minuscola baita di legno nel piccolo Villaggio della pace a Scutari, in Albania. Costruito dalla Chiesa cattolica per i profughi, durante la seconda guerra balcanica alla fine del 1999, ora ospita il nostro campo go4peace» Comincia così il racconto-diario di Meinolf Wacker, giovane sacerdote tedesco, da più di 20 anni impegnato, insieme ad altri sacerdoti del Movimento dei Focolari, a organizzare nei Balcani – terra martoriata da guerre e divisioni – “scuole di pace” per centinaia di giovani. Il primo pensiero del mattino va alla serata conclusa poche ore prima e al grande concerto proposto dai giovani nella piazza della cattedrale di Scutari. A conclusione della quale Mark, che viene dall’Irlanda, si è fatto portavoce del loro appello: “Siamo qui dal Nord e dal Sud, dall’Occidente e dall’Est dell’Europa. La pace è una meta da raggiungere, dobbiamo vedere nell’altro un fratello o una sorella. Se ci amiamo, la pace sarà il frutto. Richiede passione, pazienza e tenacia. Vogliamo diventare una generazione piena di passione per la pace”.
I componenti della band che si è esibita la sera prima vengono dall’Albania, dal Camerun, dalla Slovenia, dalla Spagna e dalla Germania, dopo non poche peripezie. I tedeschi, ad esempio, una volta arrivati a Sarajevo, hanno attraversato le zone montuose del Montenegro su un pullmino a noleggio, quasi 40 ore di viaggio. Neanche il tempo di riprendere fiato e subito la suddivisione in piccoli gruppi per conoscersi. Ogni giorno, un motto da vivere. “Non smettere di dare!”, per esempio. Ma anche uno sguardo sulla natura poteva ispirare un nuovo motto, come vedere una mucca sdraiata sul prato che si prende tutto il tempo per ruminare. In un mondo pieno di frenesia occorre fermarsi ogni tanto, e “ruminare” interiormente quanto Dio ci ha suggerito. «All’inizio del campo – scrive Meinolf – ci siamo fermati sul famoso Ponte di Mezzo, nella cittadina di Mes. Uniti, mano nella mano, tutti i partecipanti, musulmani, evangelici, cattolici o di altre visioni del mondo, ci siamo affidati al mistero di Dio, in silenzio. Durante la settimana si sono svolti 31 workshop che hanno dato ai giovani l’occasione di venire in contatto con la gente del posto. Ogni giorno più di cento bambini ci aspettavano a Fermentim, alla periferia di Scutari, dove lavora stabilmente una comunità di suore». Qui i ragazzi producono portachiavi e lavorano alla tinteggiatura e alla pavimentazione dell’asilo e della casa di una famiglia.
«Altre tappe sono state il Museo della Cattedrale di Santo Stefano, a Scutari, dove si ricordano i 38 martiri uccisi dal regime comunista dal 1945 al 1974, il Museo della memoria con gli orrori commessi in quegli anni, e la visita a una moschea. In un workshop interreligioso si è parlato dei rapporti tra le religioni nei Balcani. Abbiamo piantato anche degli alberi, verniciato alcune casette del villaggio, incontrato i bambini affidati alle suore di Madre Teresa. La giornata terminava sempre con una cena festosa nel villaggio». «Insieme a Christoph e Tobias dell’agenzia 18frames Film+Media Produktion di Amburgo avevamo progettato la campagna “Yourope” per coinvolgere i giovani europei a “mettere la propria faccia” per mostrare un’Europa senza barriere. Un videoclip realizzato durante il campo, con i nostri volti, su sfondo nero, termina con l’invito a mandarci altri brevi video con la stessa frase iniziale: I show my face… Armela ha preso una piccola mascotte della mia macchina – un’alce – se l’è messa sulle spalle e si è ripresa: I show my face because I am from Albania, studying in Austria, sitting in a French car with a German driver and a young friend from Sweden. In pochi giorni più di 50 mila persone avevano visto il clip». Raccontano due partecipanti: «Quando un anno fa ho saputo che il campo si sarebbe tenuto a Scutari, ero critica. Provengo dall’Albania e conosco la mentalità del mio Paese. Durante la preparazione ho aiutato come potevo. I primi due giorni sono andati bene. Ma quando sono cominciati i workshop, regnava una grande confusione. “Ben arrivati nel caos”! ho pensato. Poi però tutto è andato diversamente da come immaginavo. In occasione del concerto finale dovevo spiegare la campagna “Yourope”. Negli occhi del pubblico si vedeva una gioia vera! L’amore è stato più forte degli ostacoli!». «Le messe serali non erano vuoti rituali, ma fede vissuta, profonda, che mi ha travolto. Le spiegazioni sul senso del dolore e sull’incontro con Gesù nella sofferenza mi hanno dato molto, e ancora per lungo tempo ho continuato a ruminarle». Vedi il Video clip (altro…)
Set 7, 2017 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Lo scorso 26 agosto, il Parco delle Nazioni di Córdoba (Argentina) è gremito di ragazzi e bambini, come sempre in occasione delle manifestazioni indette per il “Día del Niño”, la Festa del Bambino, ogni terza domenica di agosto. Il Parco è il luogo ideale per organizzare giochi, tornei, passeggiate. Quest’anno, una folla festosa suscita la curiosità dei passanti: l’inaugurazione di un piccolo monumento con un grande significato. Si tratta di un colorato dado girevole, poggiato su un piedestallo: il Dado della Pace. Giochi, una gimcana, musica e una merenda precedono l’atto ufficiale di inaugurazione, alla presenza, tra altri, di rappresentanti del Comitato interreligioso per la Pace (il Comipaz), della Chiesa Armena e di quella evangelica, della comunità ebrea e di quella musulmana. In rappresentanza dei Focolari prendono la parola Fernanda Otero, Francisco Drab e Amelia Milagros López Loforte. Conclude il saluto del vescovo ausiliare, Mons. Ricardo Seirutti, che benedice il monumento. Impossibile resistere alla tentazione di avvicinarsi e farlo girare. Ogni faccia una proposta, che a dispetto dei colori e dell’atmosfera allegra e giocosa richiede di essere messa in pratica con serietà e impegno. E forse anche fatica. Il dado propone infatti sei azioni da vivere nella quotidianità, espressioni della “regola d’oro” presente in tutte le religioni: “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”: “Amo a todos, Soy el primero en amar, Amo al enemigo, Perdono al otro…..” (amare tutti, amare per primi, amare il nemico, perdonare…) sono gesti concreti ispirati a uno stile di vita coraggioso e controcorrente, per costruire una società più empatica e solidale. L’inaugurazione non è un fatto isolato, ma il coronamento di tanti mesi di contatti e di lavoro sul campo, durante i quali i giovani dei Focolari, con il sostegno di molti adulti, hanno portato con entusiasmo il Dado in diversi quartieri della città come strumento di educazione alla pace attraverso il gioco e il teatro. Nei quartieri periferici di Ciudad Evita, San Roque, Cabildo, Müller, Argüello – zone periferiche, dove la gente convive con la violenza e i diritti sono spesso violati – e con i bambini della Fondazione Sierra Dorada a San Marcos Sierras (a 60 km dalla capitale), hanno lavorato fianco a fianco con le comunità e le organizzazioni di quartiere, desiderose di una maggior presa di coscienza sulle problematiche locali e di azioni dirette a un’educazione sociale maggiormente incisiva ed efficace. Il progetto, sostenuto dal Movimento dei Focolari, l’organismo di Difesa dei diritti dei bambini e degli adolescenti della Provincia di Córdoba, il Programma Living Peace e il Comitato Interreligioso per la Pace, insieme ad altre organizzazioni ed enti pubblici e privati, si prefigge di diffondere la pace in tutti gli ambiti della società a partire da una «buona pratica» ideata per i bambini, ma valida anche per gli adulti, in tutti gli ambiti. Iniziative analoghe si moltiplicano in tanti altri Paesi (ad esempio in Italia, Spagna, Egitto, Ungheria e Brasile), in cui l’ormai celebre “cubo” è diventato il protagonista di svariate iniziative pedagogiche e di seminari di studio. In Argentina, oltre a Córdoba, un Dado della Pace si trova in un altro luogo pubblico a Concepción, nella provincia di Tucumán. Nella stessa Córdoba, tre giorni prima, l’iniziativa del Dado era stata dichiarata di interesse culturale dal Consiglio Comunale. Piccolo “monumento” che si trasforma ovunque in vita. (altro…)