Movimento dei Focolari

Una “semplice” regola

Siamo convinti che, nonostante siano ancora presenti conflitti o minacce di guerra, nel mondo ci sono già tanti segni positivi che ci dicono che è possibile realizzare la pace. Ma voi mi chiedereste forse: “Cosa possiamo fare noi, ragazzi di varie religioni, per contribuire alla pace? Qual è la strada più breve, più sicura per raggiungerla?”. La Regola d’oro – Chi conosce un po’ le Religioni, che noi pratichiamo, dice che c’è una formula presente in quasi tutte le fedi del mondo. È chiamata: “Regola d’oro”. Essa dice: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. In pratica essa chiede il rispetto degli altri. E per avere il rispetto occorre amare, amarli. Amare tutti – Chiede, ad esempio, di amare tutti senza fare distinzioni tra l’antipatico o il simpatico, il bello o il brutto, il grande o il piccolo, quello della mia patria o lo straniero, il bianco o il nero, il giallo, l’americano, l’africano o il giapponese, il cristiano, il musulmano o il buddista. Tutti vanno amati nello stesso modo. Amare per primi – Questo amore vuole poi che si ami per primi, senza aspettare che l’altro ci faccia una gentilezza o un sorriso. Non bisogna attendere di essere amati, ma fare noi il primo passo. Amare come sé – E ancora occorre amare l’altro come se stessi, condividere i suoi dolori, i suoi successi, le sue gioie… Pensate: se anche tra i popoli si mettesse in pratica questa semplice regola, gli uomini amerebbero la patria degli altri come la propria e non ci sarebbero più guerre. Amare con i fatti – È un amore questo che ama concretamente, non solo a parole ma con i fatti. Se a scuola c’è un ragazzo che ha difficoltà nello studio, questo vorrebbe dire aiutarlo, studiare magari con lui. Amare il nemico – È un amore forte che è pronto ad amare anche il nemico, a pregare per lui, a vincere le offese con il perdono. Amarsi a vicenda – Quando poi questo amore è vissuto insieme da due o più persone, da due o più ragazzi, c’è l’amore vicendevole. Ed è questo il segreto, la via sicura per costruire la pace e l’unità, per realizzare la fraternità sulla terra. Questo amore che dà tanta gioia a chi lo mette in pratica, chiede anche impegno, fatica, coraggio, allenamento. Non si può costruire la pace senza sacrificio. Coraggio allora, carissimi ragazzi! Molto dipende da voi. Allenatevi oggi nell’amare, anche per il futuro che vi appartiene. L’augurio più bello che vi faccio è quello di trovare la felicità incominciando subito a vivere questo amore, nelle famiglie, nelle scuole, nei quartieri delle vostre città e di esserne portatori a tutti. Che tanti altri ragazzi e anche adulti, toccati dal vostro amore, possano dire: “Anch’io voglio vivere come voi”. Così facendo la pace e l’unità diverranno giorno dopo giorno realtà. (dal videomessaggio per la Conferenza dei Ragazzi per il Futuro – Giappone – luglio 2000)

La regola d’oro in politica, a partire dal consiglio comunale Junior

Ho 15 anni e sono di Ischia, un’isola del sud d’Italia. Qualche anno fa, una frana ha distrutto la casa della mia compagna di banco. Lei è finita sotto le macerie col papà e le sue sorelle. Per me è stato un dolore enorme e inspiegabile! Quello stesso giorno è avvenuta la strage di Nassiriya in Iraq dove, per un attentato, sono morte 19 persone in missione di pace. Queste tragedie hanno fatto crescere in me il desiderio di fare qualcosa per cambiare questo mondo. Così, quando la mia scuola ha aderito al progetto del Comune di istituire il Consiglio comunale dei ragazzi, l’ho colto al volo con la voglia di trasmettere, attraverso il dialogo, la vita nuova che nasce dal Vangelo. La Regola d’oro: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”, ad esempio, mi ha suggerito di non mettere i bastoni fra le ruote ad un mio compagno che come me voleva candidarsi a sindaco. Così, mi sono candidata come consigliere e l’ho aiutato a formare la lista e a preparare il programma, non prima però di aver ascoltato le idee di ciascuno sui problemi dell’isola. Durante la campagna elettorale per presentarci alla tv locale, oltre a superare il timore di parlare in pubblico, ho incoraggiato anche gli altri candidati e alla fine sono stata tra i più votati, anche dalle altre scuole. Importante è stato il primo consiglio comunale nella sala consiliare, con la presenza di alcuni membri del consiglio degli adulti. Siccome non era facile, né scontato, ancor di più ho scoperto l’importanza dell’ascoltarsi, del rispetto, del modo in cui esprimere le proprie idee, senza offendere gli altri. L’esperienza è appena cominciata e in me cresce la voglia di lavorare nel mio piccolo per una politica che non sia scontro, ma dialogo per costruire insieme il bene di tutti. (testimonianza raccontata durante il live-event Run4unity 2008)

Sportmeet negli atenei argentini

“ColoriAmo le città”: in tutti i continenti un’azione dei Ragazzi per l’Unità

Il programma è impegnativo: la “conquista” della città. Da qualche anno a questa parte i Ragazzi per l’unità, hanno deciso di  rimboccarsi le maniche nelle proprie città dove, si sa, si gioca la sfida della convivenza umana. Il motto è fatto di due parole in una: “ColoriAmo”. Il campo d’azione ha  una preferenza: gli angoli più grigi di città e paesi. L’obiettivo: colorarli  con la fantasia dell’amore, nei cinque continenti, con un metodo che ben si esprime in quel think globally, act locally che li fa, appunto, pensare globalmente e agire localmente, come richiede oggi la società. A Milano i ragazzi prendono di mira un campo Rom. In  Rwanda gli obiettivi sono un istituto di orfani, un reparto pediatrico di un ospedale, i malati di Aids. In California, in una scuola dove c’è aria di razzismo, fondano un Club per diffondere la cultura del rispetto della diversità. In India, insieme, ragazzi cristiani e indù  vanno in aiuto a coetanei disabili. Ma apriamo lo zoom su ciò che è successo ad un gruppo di ragazzi africani che avevano deciso di far visita alle detenute del carcere di Iringa, in Tanzania:

«La prima difficoltà era quella di convincere la vigilanza a farci entrare. La seconda era di riuscire a portare quei regali che avevamo messo in comune: frutta, sale, sapone… ma anche la ‘Parola di vita’, le nostre esperienze e canti. Abbiamo camminato tre chilometri prima di arrivare davanti ai militari di guardia all’ingresso. Erano armati e sul loro volto neanche l’ombra di un sorriso! Ricordandoci che anche in loro dovevamo riconoscere il volto di Gesù li abbiamo salutati, sorridendo noi per primi. “Non potete entrare tutti! E quelli che tra voi sceglieremo, comunque non potranno cantare là dentro”. In cambio, però, ci hanno permesso di portare i nostri regali.

Con le recluse abbiamo letto la Parola di vita e testimoniato come essa cambi la nostra esistenza. Mentre parlavamo dell’amore di Dio che è per tutti e che anche noi possiamo ricambiare, le guardie erano in silenzio ad ascoltarci. Alla fine la gioia delle prigioniere è scoppiata in canti e danze: era il loro modo per ringraziarci. Il personale della sorveglianza, senza parole, si chiedeva: “Ma chi sono questi ragazzi?”. Siamo tornati a casa felici con nuove forze per continuare a colorare la città». … Leggi il testo integrale Da Città Nuova n. 1- 2008 (altro…)

Il coraggio di essere e dirsi cristiani

 

E’ tutto falso?

Sono l’unica in classe a partecipare all’ora di religione. Spesso i miei compagni mi bombardano letteralmente di domande mettendo in discussione tanti punti della nostra fede. Dopo la pubblicazione del libro “Il codice da Vinci”, poi, soprattutto una compagna non perdeva occasione per ripetermi  che ciò in cui credo è tutto falso. Lo sapevo che non aveva ragione, ma ero incapace di risponderle con delle esatte motivazioni. Parlando di questo mio problema con le altre ragazze che come me vogliono vivere il Vangelo, abbiamo deciso di approfondire insieme la figura di Gesù, cercando di capire  come rispondere alle domande della mia compagna. E’ stata un’esperienza bellissima. Se prima era chiaro solamente che la mia compagna aveva torto, adesso ho degli argomenti per risponderle veramente. (L. – Spagna)

Andare o non andare?

Mi trovavo in chiesa con i miei compagni di scuola per il precetto pasquale. Durante la celebrazione tutto era ok, però al momento delal comunione ho incominciato a pensare se alzarmi o no dal banco. Tra i miei amici, infatti, essere cristiani non va certo di moda! Anzi, per loro i cristiani sono persone deboli, per cui mi vergognavo di farmi vedere in fila per la comunione. Temevo di essere preso in giro e questa paura continuava a ripetermi: “Non andare”. Ma poi mi sono fatto coraggio: era più importante seguire la mia fede, piuttosto che le idee dei miei compagni! Tornato al posto, mi sentivo sereno per come avevo agito e felice per aver ricevuto Gesù. Col fatto di conoscere altri ragazzi che vivono come me, grazie al loro amore e alla loro amicizia, ho acquistato più sicurezza in me stesso e in ciò che credo. (M. – Italia)