23 Mar 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni

Michelle Sopala
Quando ripenso al Genfest 1995 non ricordo solo l’evento in sé, le danze, i volti, l’emozione, le fortissime esperienze dei partecipanti (indimenticabili!). Prima ancora di quei due giorni vissuti al Palaeur di Roma, i miei pensieri tornano all’intensa esperienza di unità costruita durante i mesi precedenti, e in particolare nelle due ultime settimane. Non ricordo i dettagli, ma la sostanza sì! Strano, lo so, ma ogni volta che ci incontravamo per prepararci, il risultato, ricordo, era un’unione più profonda e più forte con Dio. Prima di cominciare, cercavamo di ricordare la prospettica con cui stavamo lavorando. Non eravamo lì solo per divertirci (anche se era tutto davvero divertente!), ma perché credevamo che il nostro potesse essere un contributo al mondo unito, quello che tutti noi sognavamo… Un mondo in cui tutte le relazioni fossero basate sull’amore e il rispetto reciproco, in cui si potessero superare tutte le divisioni. Solo dopo questa premessa ci mettevamo al lavoro. Per prima cosa sono uscite le idee. Poi, da quelle, sono uscite una canzone, una danza, un rap… Ogni piccolo pezzo nasceva offrendo e perdendo ognuno la propria idea, cercando di essere pieni di amore e vuoti di se stessi per capire veramente gli altri. Questo comportava fatica, energie, anche dolore, ma per qualche ragione ci riempiva di una gioia e felicità tutte particolari. Davamo tutto di noi, pronti a perderlo. Era il nostro patto, anche perché, per quanto lavorassimo duramente, non sapevamo se il nostro pezzo sarebbe stato scelto dal comitato organizzatore. E se anche fosse stato scelto, all’ultimo minuto poteva anche essere cancellato. Ma, detto questo, noi andavamo avanti… a tutta velocità!
E ora sul Genfest! Anche se, nel suo complesso, è stato un evento di quelli che ti cambiano la vita, non posso nasconderlo: per me il momento clou fu l’incontro con Chiara Lubich. Non so se anche gli altri 12 mila giovani dell’arena ebbero la stessa sensazione, ma in quel momento fu come se Chiara stesse parlando solo con me. Quando Noel le rivolse l’ultima domanda, “Chiara, dal profondo del tuo cuore, cosa vorresti dire a noi giovani?”, la sua risposta risuonò come una chiamata alle armi, e ancora mi risuona nelle orecchie. Con una intuizione geniale e una comprensione profonda di ciò cui anelano i giovani, Chiara rispose: «Vi ripeto quello che ha detto una volta santa Caterina da Siena, quella grandissima santa, quella donna meravigliosa, parlando ai suoi discepoli: “Non accontentatevi delle piccole cose, perché egli, Dio, le vuole grandi”. È quello che vi dico io: giovani, non accontentatevi delle briciole. Avete una vita sola, puntate in alto, non accontentatevi delle piccole gioie, cercate quelle grandi, cercate la pienezza della gioia». Bene o male, da allora questa è stata la mia esperienza. L’“unità”? È una parola profonda che ancora, dopo 23 anni, sto scoprendo. E la “pienezza della gioia”? Sì! Quella l’ho trovata! Oh! … e a proposito, la nostra performance venne scelta. Guardala (di Nick Cianfaroni). Spero ti piaccia! Michelle Sopala
https://youtu.be/LX6rNkyGjoE (altro…)
22 Mar 2018 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Jonathan Michelon
Jonathan, come si svolgono i lavori? «Ci sono sessioni in plenaria e di gruppo. I gruppi sono una ventina, divisi per lingua: inglese, francese, spagnolo e italiano. Ogni gruppo ha un redattore e un facilitatore. I partecipanti devono rispondere insieme alle 15 domande proposte dal documento del Sinodo. Alla fine, sarà prodotto un documento che verrà poi consegnato ai Padri Sinodali». Di cosa trattano le domande? «La prima parte è dedicata alle sfide e alle opportunità delle giovani generazioni nel mondo di oggi. Quindi, la formazione della personalità, la relazione con gli altri popoli, le sfide interreligiose, le differenze viste come opportunità, i giovani e il futuro, i loro sogni, il rapporto con la tecnologia, la ricerca del significato della vita, la relazione tra vita quotidiano e il sacro». E la seconda parte delle domande? «Si è parlato della fede, della vocazione, il senso della specifica missione del giovane nel mondo, del discernimento e dell’accompagnamento vocazionale. Poi, il loro rapporto con Gesù, come è percepita dai giovani la figura di Gesù nel terzo millennio. Un’ultima parte era dedicata alle attività formative e pastorali della Chiesa, il rapporto dei giovani con la Chiesa e le loro esperienze».
Da dove provengono i giovani del tuo gruppo? «Dall’Europa (Slovenia, Germania, Grecia, Polonia) ma anche dai continenti, addirittura dalle isole Samoa americane, nell’oceano Pacifico. Un giovane sikh ha condiviso la sua esperienza di fede e il rapporto con i sacerdoti del loro tempio, che sono sempre pronti a dare a tutti una parola di pace. C’è anche una giovane anglicana dello Zimbabwe e che studia per diventare sacerdote. C’è molta saggezza, e il confronto è arricchente». Ci sono esperienze che ti hanno colpito? «Una, in particolare, è quella di un giovane medico polacco, legato al cammino neocatecumenale che, con la moglie, ha fondato un’associazione che si occupa della cura dei moribondi. Stimolato dalla meditazione del primo giorno, sul senso profondo del dolore, basata sull’esperienza di Chiara Luce Badano, ha raccontato quello che vivono. Con gli altri dell’associazione vanno dai malati, li assistono e li invitano ad offrire il loro dolore per tutti. Così, queste persone lasciano la terra “pieni di vita” perché, come lui dice, “la morte è il più bel periodo della vita, perché ci avviciniamo a Dio, a Chi amiamo di più”». Ai giovani dei Focolari è stata affidata l’animazione della messa e le meditazioni quotidiane… «Sì, alcuni giovani della Scuola Gen di Loppiano e dei Centri Gen a Roma hanno formato un coro, il quale sta ora diventando un gruppo inclusivo: invitano chi ha i talenti a partecipare all’animazione della messa. Ieri, si è unito un violinista. Davvero una bella esperienza». Quindi, i giovani sono felici di questa esperienza? «Ci stiamo rendendo conto che stiamo vivendo un momento storico nella Chiesa cattolica. È la prima volta, in 2000 anni, che si fa un sinodo per i giovani con i giovani! Ma per loro è naturale contribuire così alla Chiesa. La Chiesa è loro. Si comportano con il Cardinale e anche con Papa Francesco come con i loro migliori amici: danno loro la mano, li abbracciano… È molto bello». E per te? «Per me è un’esperienza unica, ti rendi conto della vastità della Chiesa e della sua incidenza nel mondo. Qui, hai il mondo, l’universalità della Chiesa». Fonte: Loppiano online
https://twitter.com/twitter/statuses/976421224095076352 (altro…)
20 Mar 2018 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Con una lettera di ringraziamento indirizzata ai gen4 di tutto il mondo è stato pubblicato il bilancio di “Hanno sloggiato Gesù”, l’iniziativa che vede impegnati ogni anno i bambini del Movimento dei Focolari durante il periodo natalizio. Grazie alle offerte raccolte dalla presentazione dei “bambinelli” in gesso raffiguranti Gesù, durante lo scorso periodo di Natale i gen4, aiutati dagli adulti e in alcuni casi anche dalle istituzioni cittadine, hanno raccolto 3.627,60 euro, che sono stati destinati a otto progetti in Brasile, Messico, Colombia, Venezuela, Perù, Argentina, Burundi, Uganda e Siria. A questa cifra è stata aggiunta una donazione destinata a cure mediche, alimentazione e materiale scolastico per quattro progetti in Repubblica Centro Africana, Cameroun, Egitto e Iraq. Al di là delle cifre, è da evidenziare la “cultura del dare” della quale i gen4 si nutrono. (altro…)
12 Mar 2018 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale
«Sono stata anch’io, con mio marito, al congresso per coppie di volontari. 600 persone, 14 lingue. Uno spaccato di società, con partecipanti dai 5 continenti. Ma cominciamo… dall’inizio. Il giorno prima do uno sguardo al programma. Sapevo che, il 3 marzo, il congresso avrebbe visto la felice concomitanza con l’evento dedicato al decimo anniversario della morte di Chiara Lubich. Ma gli altri giorni? La vita di famiglia e di coppia, scandagliata da diverse sfaccettature, sarebbe stata al centro di vari momenti di approfondimento, con la guida di esperti. Siamo sposati da quasi vent’anni e abbiamo due figli di 18 e 16 anni. Superato il “tunnel” delle notti in bianco, dei pannolini e degli asili, finita la fase delle scuole elementari e medie, delle cartine geografiche da disegnare e della storia antica da ripetere, stiamo veleggiando nella loro adolescenza di figli e nella nostra di genitori alla ricerca di un presente sereno e di un futuro che si sgrana giorno per giorno. Un intreccio di affetti, difficoltà e gimcane, stupore davanti alle novità, dolore per gli eventi tristi, a volte avvilimenti e maniche rimboccate per ricominciare, ma anche gioie, passione sociale, gusto per il bello, apertura alle novità e agli imprevisti, corse a ostacoli tra i mille impegni di tutti. Una famiglia normale, insomma. Leggo il programma e mi avvilisco un po’. L’insistenza sui temi della “coppia” mi causa un senso di soffocamento: e il mondo? La realtà del nostro tempo? L’arte, la cultura, le relazioni sociali? Saremo concentrati a guardare solo “dentro”, ad analizzarci ancora e ancora, dopo tanti anni? Sono una volontaria, abituata a guardare “fuori” più che “dentro”, a sognare in grande, ad agire a stretto contatto con la realtà e le fatiche di tutti, cercando di offrire un contributo, come Chiara Lubich ci ha insegnato, per un mondo più unito. Il primo giorno fatico un po’ a “rodare”. Oltretutto mio marito non c’è per impegni di lavoro. E la sera, lo confesso, scappo volentieri all’inaugurazione di una mostra al Vittoriano, nel centro di Roma. È la mia cura per “ossigenare” la mente. Un po’ disillusa affronto il secondo giorno, questa volta in coppia. Provo a fare un “reset” dei miei pensieri e mi metto in gioco, con tutta me stessa. Scopro che mio marito sta facendo lo stesso sforzo. Questo atteggiamento mutato ci fa cogliere gli interventi che si susseguono con occhi nuovi. È come se per la prima volta ricevessimo delle chiavi di lettura per rinnovare dal di dentro il “nostro” sì, pronunciato tanti anni fa, e la nostra famiglia, il mattoncino con cui anche noi componiamo la società, in questo momento storico. Non posso essere una brava mamma e una professionista e dare il mio piccolo contributo se non a partire dal rapporto con il mio primo e unico compagno di vita, dalla rinnovata unità tra noi. Come sta in piedi una casa se le sue fondamenta non sono profonde, solide, forti, sane?
Il terzo giorno rinnoviamo tutti insieme, solennemente, il nostro “sì” per sempre, nella cornice del Santuario del Divino Amore. Non un atto formale, ma sostanziale e libero, con 598 testimoni. Nel pomeriggio, mentre gradualmente si riempie la sala che accoglierà l’evento del decennale, mi siedo per caso accanto a due dei partecipanti. Una coppia, al congresso come noi. Non li avevo mai visti ancora. Poche battute di presentazione. Vengo a sapere che da due anni hanno perso un figlio. Esce una sua foto: un ragazzo splendido, occhi chiari, barba castana. Aveva solo 25 anni, era nel fiore della giovinezza. Gli occhi si velano di lacrime. In quella mamma scorgo le sembianze della Madre, raffigurata da Michelangelo nella celebre Pietà. Ecco cos’è una famiglia. Un baluardo, una roccia. Eroiche fondamenta della società, senza le quali tutto può crollare. Occorreva fermarsi e focalizzarsi sulla coppia. Certo che occorreva». Chiara Favotti (altro…)