Africa dell’Est – Sports4Peace
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Sport e Pace. Un binomio vincente fin dall’antichità, da quando, in occasione dei giochi che si celebravano in onore di Zeus, vigeva la “tregua olimpica”, una sospensione di tutte le inimicizie pubbliche e private, per tutelare gli atleti e gli spettatori che attraversavano territori nemici per recarsi a Olimpia. La Giornata internazionale che si celebra oggi, nello stesso giorno che, nel 1896, vide l’apertura, nuovamente in Grecia, del primi Giochi Olimpici dell’era moderna, riafferma l’attualità e il valore di questo accostamento. Paolo Cipolli, responsabile di Sportmeet, rete internazionale di sportivi e operatori dello sport che dal 2002 contribuisce alla elaborazione di una cultura sportiva orientata alla pace, allo sviluppo e alla fraternità universale, ne è convinto. «Lo sport, definito da alcuni sociologi come “mimesi della guerra” o “guerra senza spari”, anche nelle sue forme a maggior contenuto agonistico può costituire un elemento di pacificazione. Attraverso un processo di catarsi, di purificazione dello scontro, l’elemento del confronto, regolato nella forma del gioco, costituisce un grande potenziale relazionale». I recenti Giochi invernali lo dimostrano. «Quello che è accaduto a PyengChang è davvero sorprendente: all’inizio la scelta di una località vicina al confine fra le due Coree, proprio in un periodo di fortissima escalation di tensione, sembrava nefasta. Eppure il miracolo dello sport è avvenuto e le Olimpiadi si sono rivelate non solo una straordinaria occasione per sovvertire le previsioni di fallimento, ma anche una sorprendente occasione per riavvicinare le due nazioni. Un miracolo che ha spiazzato la politica internazionale. Era già accaduto. Più volte, nella storia recente, lo sport si è rivelato occasione di distensione. Ricordo la famosa partita di ping pong fra Cina e Stati Uniti, nel 1971». Sportmeet, nata in seno al Movimento dei Focolari, sta diffondendo nel mondo dello sport i valori della crescita integrale della persona e della pace. Con quali obiettivi? «Ci muove il desiderio di portare anche in questo campo la nostra eredità spirituale, l’ideale dell’unità di Chiara Lubich. Occorre sostenere le esperienze positive esistenti, riconoscendo quanto di buono la storia dello sport ha già prodotto. E poi crescere nella consapevolezza che lo sport abbia in sé ancora grandi possibilità di sviluppare sentimenti di fraternità. Di recente abbiamo avuto l’opportunità di promuovere e partecipare alla prima edizione della “Via Pacis Half Marathon” di Roma. Continueremo ad impegnarci, in rete con le diverse comunità religiose e con alcune istituzioni sportive, in vista della seconda edizione, il prossimo 23 settembre». La realtà del limite, la matrice comune a disagi, difficoltà, barriere sociali, ma anche fisiche o psicologiche attraversa ogni giorno la nostra vita, singolarmente e collettivamente. Quale risposta può offrire la pratica sportiva? «L’esperienza sportiva offre un contributo alla comprensione del limite, anche oltre il suo campo specifico. Lo sport per sua natura è terreno di confronto con il limite. Promuovendo la partecipazione abitua alle differenze, facilitando percorsi di integrazione e di superamento delle barriere sociali, etniche, religiose o politiche». Prossimi appuntamenti? «Su questi temi stiamo organizzando un congresso internazionale, dal 20 al 22 aprile, a Roma, aperto ad operatori dello sport e non solo, per conoscere e promuovere tante buone prassi. Nella giornata centrale, il 21 aprile, nel contesto del “Villaggio per la Terra” all’interno della centralissima Villa Borghese, sperimenteremo un’interazione con i partecipanti al congresso di Eco-One “Nature breaks limits”, con una lettura multidisciplinare del limite. Sarà un congresso itinerante, tra il quartiere Corviale, periferia geografica e sociale della città, e il centro di Roma. Un’occasione per leggere le difficoltà, le fragilità e i “confini” alla nostra realizzazione come limiti da riconoscere e grazie ai quali possiamo essere più umani». Chiara Favotti (altro…)
Quando lo sport abbatte le barriere – Sport breaks limits. Al centro del convegno che si svolgerà a Roma dal 20 al 22 aprile, il ruolo dello sport davanti al limite e alle barriere di ogni genere: fisiche, psicologiche, relazionali, culturali, sociali, ambientali. L’esperienza sportiva è per sua natura luogo di confronto con il limite. Perché lo sport si rivela terreno efficace per fare pace con i propri limiti e per includere, integrare ed abbattere le barriere? Dove sta la sua magia? Intendiamo, com’è nella mission di Sportmeet, affrontare questo importante argomento attraverso riflessioni culturali, testimonianze e laboratori pratici, dialogando con i protagonisti di esperienze significative attive, in particolare, nella città di Roma. Sei interessato? Vuoi iscriverti? Per informazioni vedi: Sportmeet (altro…)
Domenica 17 settembre da Piazza San Pietro partirà di corsa la “Rome Half Marathon Via Pacis”, mezza maratona multi religiosa per promuovere pace, integrazione, inclusione, solidarietà. Promossa da Roma Capitale e dal Pontificio Consiglio della Cultura, Dicastero della Santa Sede, in collaborazione con la FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera) e con il patrocinio del CONI e del CIP, è un evento aperto a tutti, per dire basta alla violenza, al razzismo, alle discriminazioni di qualsiasi genere e provenienza. Due i percorsi podistici (21 e 5 km), con 5 tappe (Basilica di San Pietro, Sinagoga, Moschea, Chiesa valdese e Chiesa ortodossa) per sottolineare la partecipazione di diverse confessioni e comunità religiose. Anche Sportmeet, la rete mondiale di sportivi, operatori e professionisti dello sport del Movimento dei Focolari, sarà presente con un’unica squadra: “Sportmeet for a United World”. Per chi volesse partecipare con Sportmeet scrivere a: info@sportmeet.org (anche per l’eventuale soggiorno a Roma). (altro…)
Il Palau Robert de Barcellona, con i suoi giardini, una sorta di rifugio verde al riparo dai viali caotici della città, ha ospitato a partire dal 13 luglio scorso una settantina di persone, provenienti da diversi luoghi della Spagna, dall’Italia e dalla Croazia, convenute al Simposio Internazionale “Scuole Inclusive: innovazione sociale, infanzia e sport” organizzato dal Laboratorio de Investigación Prosocial Aplicada (LIPA), dall’Universitat Autònoma de Barcelona e dalla rete internazionale Sportmeet. Insegnanti, fisioterapisti, sportivi a confronto su progetti di inclusione, modelli di intervento e confronto con la disabilità in un’ottica di inclusione sociale, nella convinzione che non vi sia alcuna parte della vita che non sia degna di essere vissuta. La vita stessa ha bisogno di spazi di debolezza per sperimentare attraverso di essa la propria capacità di recupero. Nei giorni successivi, il Centro Mariapoli “Loreto” di Castell d’Aro (Girona) ha ospitato la Summer School, uno spazio di confronto e apprendimento sul tema dello sport inclusivo. Una ventina i partecipanti, sotto la guida esperta di Eugenio Jimènez e del prof. Javier Lamoneda, che hanno sperimentato, attraverso dei giochi, cosa significhi “mettersi nella pelle della persona con disabilità”. L’esperienza sportiva, di per sé occasione di confronto quotidiano con il limite, offre spunti di riflessione sul rapporto della vita stessa con gli ostacoli, la sofferenza, il disagio. Attraverso delle riflessioni, Paolo Crepaz di Sportmeet ha portato i partecipanti a interrogarsi sul concetto di limite, come barriera, ostacolo, sofferenza o disagio in termini generali, nell’ottica (rovesciata, rispetto al sentire comune) secondo cui la presenza stessa di un limite potrebbe diventare una potenzialità, l’occasione per “tendere costantemente e per abitudine presa alla fratellanza universale” (Chiara Lubich).
Sorprende la capacità che ha l’attività sportiva di affrontare e superare ostacoli, di includere e integrare, abbattere barriere a ogni latitudine e in tutti i contesti sociali. Ad esempio, quanto può fare un pallone per unire, in un assolato cortile estivo o all’interno di un campo profughi? I partecipanti si confrontano in un clima di fiducia e stima reciproca. Javier Lamoneda Prieto, professore di Educazione Fisica a Jerez de la Frontera (Cádiz, Spagna) condivide la sua esperienza: “Sembra si sia forgiata, in questi giorni, una squadra che vuol fare dell’attività fisica una risorsa per l’incontro fra diversi attori e professionisti dello sport, tracciando principalmente due settori d’attuazione: accademico e sociale. Per la prima volta si è sviluppato un programma formativo insieme a una Università pubblica”. Roberto Nicolis, operatore socio-sportivo di Verona (Italia): “Il limite che io sperimento spesso è quello della distanza che separa le persone le une delle altre, l’handicap, appunto. Ridurre questa distanza attraverso la condivisione, la conoscenza e le esperienze ci fa sentire più vicini”. Roberto Macri, Presidente della Fondazione Opera Santa Rita a Prato: “Avete creato soprattutto un’occasione di riflessione su noi stessi e i valori che danno un senso al nostro impegno. Non solo al nostro impegno professionale o di volontariato, ma più in generale a ciò che può dare un senso più profondo al nostro essere uomini e donne”. (altro…)