Feb 15, 2017 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Cittadelle, piccole città. Bozzetti di società, di scambio tra generazioni, realtà produttive, scuole, uffici, negozi, luoghi d’arte. Ma… c’è un ma. Cittadelle in cui la prima regola a base della convivenza è l’amore scambievole tra tutti i suoi abitanti. Non per niente una di queste cittadelle del movimento dei Focolari, in Thailandia, si chiama “Regola d’oro”, quella presente in ogni cultura e credo religioso: fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te. “Città sul monte”, quindi, “città scuola”, “città futuro”, città “ideali”, ma reali, cui guardare come esempi concreti e tangibili di una società sanata da rivalità, competizioni, guerre, illegalità, odio. Incarnazioni di un sogno, dell’ideale di un mondo unito, “sospensioni luminose” di una umanità che guarda a un futuro di pace. Utopistico? Non sembrerebbe, aggirandosi tra i corridoi del Centro internazionale di Castel Gandolfo (Roma), dove per una settimana, dal 5 al 12 febbraio, si è data appuntamento una variopinta rappresentanza degli abitanti (un centinaio tra giovani e adulti) di queste piccole, ma significative realtà “cittadine” per il loro primo incontro internazionale.
Venticinque cittadelle (verrebbe da dire città-belle) a confronto. Realtà dalla personalità stagliata, ognuna con una propria storia, calata in un contesto sociale, con un numero variabile di abitanti e strutture, con sviluppi e sfide non replicabili da un posto all’altro. Ma accomunate da una medesima scintilla ispiratrice, da un identico filamento di “dna” che ne fa luoghi di testimonianza, in cui poter toccare con mano come diverrebbe il mondo se vivesse il Vangelo, dove “l’invisibile”, la presenza di Dio, diventa realtà agli occhi. Senza dimenticare i temi della governance, dell’organizzazione, della sostenibilità economica, il rapporto con il territorio circostante e il futuro verso cui orientarsi. Le presentazioni suonano come un giro del mondo: dal Messico (El Diamante) alle Filippine (Pace), dal Camerun (Fontem) all’Irlanda (a 40 Km da Dublino), dalla Germania (Ottmaring) alla Croazia (Faro), dagli Stati Uniti (Hyde Park) all’Italia (Loppiano). Insieme formano una rete sul mappamondo. Sottolineano Clara Zanolini e Vit Valtr, riferimento per tutte le cittadelle dei Focolari, a conclusione della settimana: «Un elemento fondamentale è che la strada per portare avanti oggi le Cittadelle è questa forma allargata di responsabilità (…). Non esiste un cliché: ognuna è completa in sé, con la propria fisionomia. E se anche in tante non ci sono chissà quali strutture, o scuole, o aziendine, ciò che dà valore è la presenza di Gesù fra i suoi abitanti». Caratteristica emergente è la crescente osmosi con il territorio circostante, sia professionale (vedi il progetto “Preset-Participation, Resilience and Employability through Sustainability, Entrepreneurship and Training” nella Cittadella Lia Brunet, in Argentina), che umana e spirituale (grande il contributo al dialogo ecumenico e interreligioso).
Determinante il ruolo dei giovani, particolarmente in alcune esperienze di management innovativo (come a Marienkron, in Olanda). Quali le prospettive, a conclusione di una settimana intensa e fruttuosa? Sempre Clara e Vit: «Ripartire dal dover essere delle Mariapoli (città di Maria) permanenti, e dare una testimonianza specifica, quella dell’Opera di Maria nella sua unità», attuando il dialogo corrispondente al proprio contesto, ecumenico, interreligioso, con ogni persona di buona volontà. «E c’è l’esigenza unanime di essere in rete: una cittadella in sintonia con le altre e in sinergia con la zona rispettiva. L’esperienza fatta in questi giorni dice quanto sia importante la reciprocità. Quanto l’esperienza di una possa essere di aiuto ad altre, dando spesso spunti importanti per una via di soluzione a una criticità». Non è quindi un’utopia, esiste un luogo. Anzi, almeno venticinque. (altro…)
Gen 25, 2017 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«A sei anni ho perso mio padre, è morto in guerra – racconta Ivona, della Croazia –. Questo è stato il periodo più difficile della mia vita che mi ha fatto chiudere in me stessa. Nel 2003 ho conosciuto il Movimento dei Focolari ed ho sperimentato l’atmosfera di gioia, l’amore, e ho trovato la forza per affrontare tutto e amare la vita anche quando è difficile. Quando avevo 13 anni il giorno prima di Capodanno ho perso conoscenza e sono finita in ospedale. Mentre aspettavo i risultati delle analisi improvvisamente nella mia mano ho trovato un piccolo rosario. Quando ci penso, oggi, credo che sia stato un segno di Dio per quanto avrei dovuto vivere. Mi è stata diagnosticata una forma emotiva di epilessia a causa dello shock che ho vissuto quando è morto mio padre. Per due mesi le mie notti sono trascorse nelle lacrime. Una sera quando stavo pregando il rosario, ho sentito che non ero sola, che Gesù capiva il mio dolore. In quel momento ho compreso il significato delle parole di Chiara Lubich quando si riferisce a Gesù nel momento del suo abbandono in croce: “… Il Suo è mio e nient’altro. E Suo è il Dolore universale e quindi mio … Ciò che mi fa male è mio … Mio il dolore delle anime accanto (è quello il mio Gesù)”. Da quel momento sono andata avanti nella vita con pace e gioia, ma soprattutto ho vissuto con Gesù. Attraverso la malattia, ho sperimentato che Gesù abbandonato ha illuminato ogni tenebra – come dice Chiara – e accompagnato ogni mia solitudine. Ho accettato la mia malattia e mi sento amata da Lui».
«Mi chiamo Zin del Myanmar e sono una Gen buddhista. Da settembre mi trovo nella Scuola Gen di Montet, in Svizzera. Quando dico che sono buddhista, la gente mi chiede com’è vivere con le altre Gen che sono tutte cristiane. Per me è facile accettare che seguiamo delle diverse religioni. Solo quando le altre Gen pregano o vanno alla messa, mi accorgo di essere diversa. Per il resto siamo uguali: delle sorelle che abitano nella stessa casa. Ci piace amarci a vicenda secondo come ognuna intende l’Amore: nel buddhismo è piuttosto compassione, gentilezza e dimenticanza di sé. Per i cristiani è ‘l’amore al prossimo’, ‘al nemico’, ‘l’amore reciproco’, ‘a Gesù abbandonato’. Pur costatando la diversità nel nostro modo di manifestare l’amore, “essendo l’amore” come meta comune, esperimentiamo l’unità». «Sono Lilia Mayrleny, della etnia Maya Kaqchikel del Guatemala, originaria del popolo di Patzun. Sono maestra di educazione infantile interculturale bilingue Kaqchikel (la mia lingua madre) e spagnolo (la mia seconda lingua). Il mio paese è multiculturale e multilingue. Multiculturale perché costituito da quattro culture: Maya, Garifuna, Xinca e ladino; e multilingue perché si parlano 22 lingue maya. Ho conosciuto il Movimento dei Focolari quando ero piccola negli incontri Gen 4. Cerco di portare l’ideale dell’unità nella vita quotidiana. Studio all’Università grazie ai miei genitori, che vivono con me la spiritualità del Focolare, e che mi hanno sostenuto per continuare i miei studi. Questa è una grande conquista, perché non tutte le donne della mia comunità possono continuare gli studi, per la cultura maschilista che esiste. Per noi della cultura Maya sono importanti la verità, la lealtà, il rispetto e l’amore. In alcuni momenti mi sono sentita molto sola e senza risposte ai miei “perché?”. Cercando, però, di vivere il Vangelo ho scoperto che il dolore, le tristezze, le delusioni, i dubbi, le situazioni impreviste o di debolezza, le prove della vita, perfino l’inganno, sono tanti volti che Gesù ha sofferto in croce abbandonato. Quando riesco a riconoscerlo e ad amarlo, le situazioni difficili si trasformano e mi nasce la pace». (altro…)
Gen 19, 2017 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
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Gen 11, 2017 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Abbiamo appena concluso un viaggio che da Bobo-Dioulasso ci ha portato dapprima a Dorì, città all’estremo nord del Burkina Faso e poi a Niamey, in Niger. L’obiettivo era rispondere alle attese delle comunità sorte attorno allo spirito dei Focolari di condividere le esperienze e i frutti di vita che cominciano a farsi strada anche in questi Paesi del Sahel». Così inizia il racconto di Aurora e Pascal, focolarini a Bobo Dioulasso, la seconda città del Burkina Faso, sede del Movimento per quella regione. Il Burkina, con i suoi oltre 17 milioni di abitanti (50% musulmani, 30% cristiani e 20% di religioni tradizionali) è uno dei Paesi più poveri del mondo, insieme al vicino Niger, anch’esso senza sbocco al mare. «Siamo arrivati alla città di Niamey, la capitale del Niger, dove siamo stati accolti con tanta gioia dalla comunità, a cominciare dal vescovo Mons. Laurent Lompo il quale è diventato sacerdote – come lui stesso ci tiene a dire – grazie alla partecipazione alla sua prima Mariapoli. Mons. Lompo. un pastore molto vicino alla sua gente e concreto nell’amore, ci ha raccontato tante esperienze di dialogo e amicizia con i musulmani che, in Niger, sono il 93 % della popolazione (10 milioni). Qui il rapporto dei cristiani con il mondo musulmano rappresenta una vera sfida, soprattutto dopo il 17 gennaio 2015 quando, a seguito degli attentati di Parigi alla rivista Charlie Hebdo, gli estremisti islamici hanno bruciato nel Paese più di 70 chiese cristiane».
«Mons. Lompo ci ha raccomandato di andare a trovare anche Hawa, una signora che in passato aveva partecipato agli incontri del Movimento ma che per motivi familiari era diventata musulmana. Sorpresa e commossa della nostra visita, ci ha parlato della sua famiglia, dei bei momenti vissuti in Mariapoli e sentendo che presto da quelle parti ci sarà ancora una Mariapoli, ha promesso che si preparerà a parteciparvi. Era bello vedere, in lei e in tanti altri musulmani che abbiamo incontrato, la gioia di poter rivivere nella città di Maria (Mariapoli) l’esperienza dell’amore reciproco. Una gioia che abbiamo poi condiviso con il vescovo». «Ci siamo infine trovati con la piccola comunità di Niamey: persone molto profonde e con la voglia di vivere il Vangelo e di portare avanti l’esperienza dell’unità. Questa nostra visita le ha ulteriormente incoraggiate in questa strada. Una di loro, a nome di tutti, diceva: «E vero che noi in Africa ci troviamo spesso a vivere delle situazioni difficili, ma con la spiritualità di Chiara Lubich impariamo ad amare l’altro facendo nostro il suo dolore. Quanto vorrei che questo ideale di fraternità invadesse la nostra piccola Chiesa e la società del nostro Paese»! Aurora De Oliveira e Pascal Pontien Ntawuyankira (altro…)