Mag 24, 2014 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Il dialogo può portare ad una azione benefica congiunta, sostiene Re Abdallah II di Giordania. Queste semplici ma incisive parole riflettono la grande statura umana e spirituale del sovrano e dell’intera famiglia hashemita. Lui davvero ci crede nel dialogo e non sta misurando sforzi per metterlo in pratica in questa parte del globo che da decenni ormai di sfide ne ha tante e dove non è per niente scontato mantenere alta la bandiera della convivenza pacifica e della tolleranza.
Accogliere papa Francesco è un’ulteriore dimostrazione concreta di chi vuole allacciare rapporti o rinforzarli, di chi vuole decisamente lavorare insieme per la concordia e la pace. Ed è impressionante quanto questo piccolo Stato, a stragrande maggioranza musulmana, sta adoperandosi perché la più alta personalità cattolica possa sentirsi a casa. Nelle vie di Amman da giorni si possono notare megaposters con i volti sorridenti di Francesco e Abdallah II che si stringono la mano. Accanto un espressivo “maan” che vuol dire “insieme”. Il Nunzio Apostolico, mons. Giorgio Lingua, alcuni giorni fa ci confermava entusiasta che si sente che la famiglia reale fa tutto con calore, col cuore. Possiamo sottolineare che non c’è niente di artificiale, ma è ovvio che il Paese ne guadagnerà sia in visibilità sia economicamente, se solo pensiamo alla maggiore promozione del turismo. Ma questo vuol dire intelligenza e non falsità. Papa Francesco non poteva fare a meno di cominciare qua il suo pellegrinaggio in Terra Santa! Così avevano fatto Paolo VI nel 1964 accolto dall’allora giovane Re Hussein, Giovanni Paolo II nel 2000, Benedetto XVI nel 2009, entrambi accolti invece da Re Abdallah II. Certo non sono giorni rosei in questa regione ormai segnata dall’instabilità. Il conflitto nella vicina Siria è una scossa per i paesi limitrofi in tutti i sensi. Basta pensare al milione e passa di profughi siriani, oppure le migliaia di iracheni che negli ultimi anni hanno trovato qui un rifugio sicuro. Ma accogliere tutta questa gente in un paese che è tra quelli che più soffrono per la scarsità di acqua ci dà un’idea dell’animo generoso dei giordani. Senza parlare del lavoro già scarso per i nativi, figuriamoci adesso con la popolazione che è incrementata, secondo le stime, almeno del 30% in soli 2 anni.

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La chiesa locale da alcuni mesi cura nei minimi particolari il programma del Papa del sabato 24 Maggio. Dopo l’arrivo all’aeroporto, la celebrazione della messa nello Stadio di Amman e in seguito il pellegrinaggio di papa Bergoglio sulle rive del Giordano, luogo del battesimo di Gesù. Lì è atteso l’incontro con alcune decine di persone diversamente abili, volontari, rifugiati. La domenica mattina il Papa lascia il Paese per continuare il pellegrinaggio a Gerusalemme. All’aeroporto abbiamo visto una anziana che arrivava da Baghdad, insieme a tanti altri cristiani che accorrono dai paesi vicini. Quella signora aveva difficoltà a camminare, una salute non proprio vigorosa, condizioni sufficienti per fare a meno di un viaggio così impegnativo. Invece trasmetteva una fede enorme, come di chi sente l’importanza di rimettere la propria vita, il proprio popolo, il futuro di questa regione ai piedi del vicario di Cristo, il solo che può infondere nuova speranza in giorni migliori di convivenza pacifica fra tutti». Fonte: Movimento dei Focolari in Giordania Leggi anche: Francesco elogia cristiani e musulmani Un’occasione per gli ebrei di conoscere i cattolici oggi (altro…)
Mag 24, 2014 | Focolari nel Mondo
«A Betania Oltre il Giordano sarà una donna musulmana a raccontare al Papa l’esperienza dei profughi della Siria. E dopo di lei parlerà anche un cristiano iracheno. Sì, perché – anche se non ne parla più nessuno – qui in Giordania ci sono ancora 500mila profughi iracheni. E anche il loro è un Paese in cui si continua a morire, proprio come in Siria».
Nella Terra Santa che aspetta il Papa c’è una vigilia che non ha decisamente tempo per palchi e bandiere: quella di chi è stato costretto dalla guerra a lasciare la propria terra. A raccontarla è Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania: un laico focolarino di 40 anni, che da tre ormai ha a che fare quotidianamente con le storie e le tragedie di chi scappa dalla Siria. Proprio in questi giorni che precedono l’arrivo del Papa è già arrivato ad Amman il presidente di Caritas Internationalis, il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, insieme al comitato esecutivo dell’organismo che raggruppa gli organismi caritativi delle conferenze episcopali di tutto il mondo. Insieme stanno facendo il punto sugli interventi in atto per l’emergenza Siria, ma anche sulle ferite drammatiche che restano aperte. In Giordania fin dal 2012 la Caritas è attiva con il campo profughi di Mafraq a cui si è successivamente affiancato anche quello di Zarqa.
«Quanti sono i profughi siriani in Giordania? Le cifre del governo parlano ormai di 1.350.000 persone – ci risponde Suleiman – Ma non potete capire fino in fondo che cosa significhi per noi giordani questa storia se non tenete presente anche tutto il resto. Perché nel mio Paese prima erano già arrivati i profughi palestinesi nel 1967. Poi è stata la volta dei libanesi negli anni Ottanta e degli iracheni negli anni Novanta. E lo sapete che negli ultimi due anni anche gli egiziani con visto di lavoro sono raddoppiati? Sì, c’era un accordo tra i nostri due Paesi, così molti di quelli che sono scappati da Il Cairo a causa delle violenze sono venuti comunque qui». Anche per questo nella delegazione di circa quattrocento persone che incontreranno il Papa a Betania Oltre il Giordano – il sito archeologico dove si ricorda il battesimo di Gesù -, ci saranno anche i poveri e i disabili della Giordania. È infatti quasi impossibile, ormai, tracciare dei confini tra le diverse sofferenze: «Si dice: voi giordani non avete avuto la guerra, ed è vero – continua ancora il direttore di Caritas Giordania – Ma tutte le devastazioni create dai conflitti nei Paesi vicini hanno avuto ripercussioni pesanti qui da noi. Penso per esempio alle scuole dove oggi abbiamo cinquanta alunni per classe o alle difficoltà enormi a garantire l’acqua o l’elettricità per tutti. Anche la Giordania sta soffrendo. E ci chiediamo: qual è il futuro del nostro Paese?».

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Anche per questo a Betania Oltre il Giordano si attende dal Papa soprattutto una parola di speranza. L’incontro con i poveri avverrà in una chiesa che è ancora un cantiere: in questo sito che il regno di Giordania ha voluto valorizzare per i pellegrinaggi cristiani, concedendo a ogni confessione la possibilità di costruire una nuova chiesa; quella latina – la cui prima pietra fu posta da Benedetto XVI nel 2009 – è ferma alla struttura muraria essenziale. Già nel mese di gennaio, però, il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal ha presieduto qui la liturgia dell’annuale pellegrinaggio al Giordano dei cristiani locali nella festa del Battesimo di Gesù. Un cantiere che probabilmente diventerà un simbolo anche della ricostruzione umana che i poveri e i profughi cercano oggi in questa durissima periferia del mondo. «Tanti tra i cristiani della Siria che accogliamo qui ci chiedono: “Ma Dio c’è ancora?” – racconta Suleiman -. È una domanda in cui c’è tutta la loro disperazione. E anche la nostra fatica oggi nel dare una risposta». Fonte: Vatican Insider Guarda anche: Servizio sulla Caritas – Giordania http://vimeo.com/74919106 (altro…)