Ott 27, 2015 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Tutti i presenti sono stati molto toccati dal sentire questo affetto fraterno che lega il Santo Padre Francesco a Sua Santità il Patriarca Bartolomeo. Il Papa riconosce l’impegno del Patriarca in questo cammino di unità, che definisce comune. Non solo, ma afferma molto coraggiosamente che in questo cammino comune questo riconoscimento costituisce un passo avanti». Lei conosce molto bene il Patriarca, ha vissuto e vive intensamente questo momento di una lunga storia di vicinanza del Movimento dei Focolari con la Chiesa ortodossa e con i Patriarchi. Qual è il suo punto di vista su questa figura e quindi sul significato di questo riconoscimento? «Il Patriarca Bartolomeo è l’erede del grande Patriarca Athenagoras, che aveva veramente questa passione per l’unità, che in lui era quasi una visione profetica ma che non è riuscito a realizzare. Ma questa stessa passione si è trasmessa in particolare al Patriarca Bartolomeo che non manca occasione per sollecitare l’unità nel seno delle Chiese ortodosse proprio per poter parlare insieme, con una voce già in un certo senso sinodale, prima di tutto con la Chiesa di Roma per la quale ha un amore e una stima particolare, così come per Papa Francesco. In tanti modi ci tiene a sottolineare quanto è vivo questo cammino insieme. Mi sembra che siamo veramente in un momento felice perché c’è una spinta che viene dai due capi delle nostre due Chiese e che non può non portare frutto. Ci saranno anche delle resistenze, come ha detto Papa Francesco alla conclusione del Sinodo, però alla fine c’è lo Spirito Santo che aiuta, che spinge sicuramente verso l’unità delle Chiese. Pensiamo che sia un momento felice e che questo riconoscimento sia un passo importante, concreto, in questo cammino». Nel suo discorso, il Patriarca ha detto proprio cos’è l’unità che è diversa da unione, che è diversa da unicità, e ha sottolineato quello che un po’ si chiede all’uomo di oggi: formare una cultura dell’unità nella diversità, diversità come ricchezza, che è un concetto molto presente nel carisma vissuto da Chiara Lubich. Ci può spiegare un po’ meglio come? «Chiara ci ha sempre ricordato che il cammino delle Chiese è guidato dallo Spirito Santo e che quindi Lui ha sicuramente fatto maturare in ogni Chiesa dei doni che servono all’unità delle Chiese e di tutta la cristianità e che possono servire se vengono messi in comune. Questi doni non appiattiscono ma rispettano le diversità, proprio perché si riconosce in queste diversità una grande ricchezza che non fa altro che rendere più bella la Chiesa, così come Gesù la voleva. Quindi, non un’uniformità, ma una unità nella diversità. Chiara ci diceva che modello altissimo è l’unità che lega la Santissima Trinità, dove il Padre è tale perché non è il Figlio, il Figlio è tale perché non è il Padre ma l’amore che c’è tra il Padre e il Figlio genera addirittura lo Spirito Santo che è terzo in questa dimensione trinitaria, ma è anche primo perché lega il Padre e il Figlio. E può avvenire questo perché ognuna delle tre Persone della Santissima Trinità si perde completamente nell’altra. Anche nel cammino delle chiese si richiede proprio questo, cioè che ognuna sia capace di perdersi completamente nelle altre chiese; che vuol dire donare fino in fondo tutta la propria ricchezza e lasciarsi arricchire anche dalla ricchezza delle altre. Quindi saper essere amore, per costruire quella Chiesa di Cristo in cui ogni cristiano, a qualsiasi comunità ecclesiale appartenga, si senta veramente partecipe del corpo di Cristo». Da questo riconoscimento ci sono prospettive che nascono, che si possono aprire? «Si parlava proprio con il Patriarca di una eventuale possibilità di istituire all’Istituto Universitario Sophia una cattedra che insieme, da parte cattolica e da parte ortodossa, studi le grandi figure di Chiara Lubich e del patriarca Athenagoras e cerchi di cogliere quel contributo che queste figure, nell’incontro dei loro rispettivi carismi, hanno apportato e possono apportare in questo cammino di unità». (Da Radio Vaticana) (altro…)
Ott 27, 2015 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
© CSC Audiovisivi
Ripercorre i rapporti tra le due chiese “sorelle” Bartolomeo I, nella sua lectio magistralis dopo il conferimento del titolo di dottore in Cultura dell’Unità da parte dell’Istituto Universitario Sophia, il 26 ottobre. Rapporti segnati da secoli di incomprensioni e da tempo avviati nel cammino verso l’unità, con la revoca delle reciproche scomuniche e i passi guidati da figure di spicco come Paolo VI e Athenagoras I, di cui Bartolomeo raccoglie oggi l’eredità. È in cammino con Papa Francesco, che di recente ha richiamato proprio il valore della “sinodalità” come elemento chiave per guidare la Chiesa di Cristo, e sono varie le occasioni in cui si è espressa la loro sintonia spirituale. Nel suo messaggio, letto dal card. Betori, Papa Francesco si rivolge “all’amato fratello Bartolomeo” per sottolineare il “cammino comune delle nostre chiese verso la piena e visibile unità, alla quale – scrive – tendiamo con dedizione e perseveranza”. Un messaggio che ha toccato profondamente il cuore del Patriarca, che si è detto “felicissimo” e ha confidato di “tornare a Istanbul più forte, più sicuro”, per il fatto di avere a Roma “un fratello che desidera lavorare con noi e pregare per accelerare l’unità delle nostre chiese”, e al quale risponde inviando il “Bacio di pace” e invocando la preghiera ad multos annos per Papa Francesco. © CSC Audiovisivi
Si respira la storia, quella che ha visto “la mancanza del riconoscimento dell’altro come cristiano”, fino ai “protagonisti della nuova primavera della Chiesa: coloro che dell’unità faranno il centro della propria azione pastorale per il bene di tutti”, con il solo desiderio di “far avanzare le vie di Dio”; e si respira il futuro, quello in cui sia la Chiesa che le istituzioni umane capiranno che “le diversità sono dono e non contrapposizione, ricchezza e non squilibrio, vita e non morte”, come ha detto il Patriarca nel suo discorso. Siamo nella cittadella del Movimento dei Focolari a Loppiano, dove ha sede l’Istituto Universitario Sophia, che con la solenne cerimonia inaugura il suo 8° anno accademico. Per l’eccezionale evento – la presenza di Sua Santità Bartolomeo I – sono presenti, oltre a migliaia di persone, varie delegazioni della Chiesa ortodossa, rappresentanti della Chiesa cattolica, autorità civili, docenti di vari atenei gemellati con Sophia, una comunità musulmana e si registrano oltre 4mila accessi alla diretta internet. © CSC Audiovisivi
Nel riconoscimento attribuito al Patriarca di Costantinopoli, si esprime la gratitudine “per quella tessitura paziente, coraggiosa e operosa di una Cultura dell’Unità”, di cui è “protagonista amato e ascoltato, sulla scena internazionale, nel dialogo in vista della piena unità tra le Chiese, nell’incontro tra diverse tradizioni ed esperienze religiose, nella cooperazione tra donne e uomini di tutte le convinzioni che camminano sui sentieri della fraternità”, così il prof. Piero Coda, Preside dell’Istituto. In un’intervista a margine afferma inoltre – spiegando la cultura dell’unità – che non si tratta di un’utopia, ma di una “ispirazione, attraverso la quale Chiara Lubich ha compreso che il carisma dell’unità, che le era stato donato da Dio, poteva diventare anche espressione culturale: occorrono sempre delle mediazioni, dei paradigmi, come dice papa Francesco, una rivoluzione culturale, per saper incanalare l’esistenza verso nuove frontiere, per questo è nato l’Istituto Universitario Sophia”. Maria Voce, presidente dei Focolari, a nome di tutto il Movimento, esprime, nel suo messaggio al Patriarca la gioia e l’onore di averlo accolto nella cittadella di Loppiano, sottolineando il ruolo di spicco che i Focolari gli attribuiscono come personalità spirituale e intellettuale e il valore della sua testimonianza e dei suoi “richiami alla giustizia e alla salvaguardia dell’ambiente come casa comune dei popoli”. “Il dialogo è la nostra comune priorità”, continua Maria Voce, col desiderio di “proseguire il cammino in piena armonia di ideali e testimonianza di vita”. E una prossima tappa, ricordata da Bartolomeo I in un’intervista a conclusione della cerimonia, sarà a novembre, a Istanbul, dove converranno i vescovi di varie chiese amici dei Focolari: “Lì avremo l’occasione – afferma – per esprimere la nostra volontà di lavorare per l’unità delle nostre Chiese. Noi siamo felici, siamo pronti ad accoglierli e ricambiare il bacio della pace tra Oriente e Occidente”. Unità nella diversità è una delle “parole nuove” che sono state dette e che il preside Piero Coda sottolinea ancora con forza: “il Vangelo non è uniformità, ma valorizzazione delle differenze. Esse sono unità proprio nella misura in cui, scaturendo dall’unica sorgente, si mettono in relazione tra di loro, cioè sanno scoprire reciprocamente i doni di cui ciascuno è portatore. Per cui la diversità è il fiore dell’unità quando è vissuta come relazione, cioè come fraternità, come comunione”. “Ed è proprio dall’accettazione delle diversità – conclude il Patriarca – attraverso il dialogo dell’amore, il reciproco rispetto, l’accoglienza dell’Altro e la nostra disponibilità ad accogliere ed essere accolti, che potremo diventare per il mondo icone di Cristo e come lui, nell’unità, essere anche diversità”.
Rivedi la diretta streaming Messaggio di Papa Francesco Comunicato Stampa (altro…)
Ott 27, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo
Nella loro “carta etica” si definiscono come coloro che stanno «nelle contraddizioni e nelle difficoltà del tempo presente facendosi carico e condividendo le sofferenze del mondo del lavoro…nell’ottica della fratellanza universale». In questa tensione si possono cogliere i segni di quella necessaria “nuova scuola di pensiero” indicata da Pasquale Foresi (“è la vita che fa capire”), cofondatore del Movimento dei Focolari, che affermava: «il lavoro non è soltanto un mezzo per vivere, ma è qualcosa d’inerente al nostro essere uomini, e quindi anche un mezzo per conoscere la realtà, per capire la vita». Un metodo visto all’opera con il racconto dell’esperienza dei dipendenti della ex CGlobal di Pisa coinvolti in una delle solite ristrutturazioni e delocalizzazioni di imprese e la storia del fondo sindacale “legami di solidarietà” di Pomigliano d’Arco, a Napoli, nato grazie alla parrocchia San Felice in Pincis, come mutuo aiuto di una comunità che rischia di frantumarsi davanti alla carenza di occupazione dettata dalla divisione internazionale del lavoro guidata dalle società multinazionali. Un quadro completato dall’esposizione di Alberto Botto, segretario generale del sindacato Luz y Fuerza di Rosario in Argentina, sulla resistenza delle organizzazioni dei lavoratori davanti al potere delle dittature militari e delle ricette liberiste di privatizzazione che hanno rischiato di dissolvere il loro Paese. Di fronte al paradigma “dell’economia che uccide”, citando il Papa, proprio coloro che hanno deciso di agire nel sindacato “per sete di giustizia” stanno sperimentando, in questi anni, la fragilità e i limiti delle loro forme organizzative davanti alla mercificazione della vita intera. La tre giorni ha, perciò, voluto creare un luogo “disarmato” dove ognuno potesse offrire le ragioni profonde del proprio impegno. Una reciprocità che ha visto momenti di esigente dialogo con Maurizio Landini e Marco Bentivogli, segretari nazionali di due sindacati dei metalmeccanici italiani (Fiom Cgil e Fim Cisl), nonché con Giorgio Cremaschi dell’area critica e radicale. Il programma ha visto il confronto con Cecilia Brighi, per anni per il sindacato nell’organizzazione internazionale del lavoro, e con i docenti Antonio Maria Baggio, Barbara Sena e Alberto Lo Presti che ha presentato l’attualità di un testo fondamentale riedito da Città Nuova (“Questione operaia e cristianesimo”, di Von Ketteler). I lavori del seminario, guidati da Antonella Galluzzi e Stefano Biondi referenti di “made in The World”, e seguiti dai responsabili del dialogo culturale del Movimento dei Focolari, Caterina Mulatero e Joao Manuel Motta, hanno visto la partecipazione della presidente del Movimento, Maria Voce, che ha osservato: «non è vero che manca il lavoro. Dio non ci ha lasciato senza lavoro, basta guardarsi intorno e vedere quante urgenze e necessità ha la comunità civile! Quello che sembra mancare è il denaro. Dov’è finito? Con la corruzione e l’avidità di profitti senza limiti si è creata una frattura tra il lavoro e il denaro, il suo uso». Per questo motivo bisogna «prendersi insieme le piaghe dell’umanità» con la nostra “competenza” che è « la fraternità universale, riconciliare l’uomo con l’uomo». I partecipanti sono partiti con il forte desiderio di condividere quanto hanno vissuto per promuovere spazi di dialogo con altri sindacati. «Abbiamo capito che non siamo soli – ha affermato uno dei sindacalisti argentini –, e che è molto importante rimanere uniti per dare un anima alla lotta sindacale e per portarla a tutti». (altro…)