Il Centro Mariapoli “La Sorgente” si trova ad Ain Aar, in un luogo di montagna, a 20 chilometri a Nord di Beirut. Come fu nel 2006, l’anno del conflitto militare durato 34 giorni tra Israele e Hezbollah, anche in questi giorni le persone in fuga dalle bombe che stanno devastando il Sud del Paese, arrivano qui, in questa regione a maggioranza cristiana, e chiedono ospitalità. “E’ normale bussare alla porta del Centro Mariapoli e trovare le porte spalancate”, racconta R. della comunità libanese dei Focolari. “Potevamo non accoglierli? Cosa ne sarebbe stato dell’ideale di fratellanza del quale ci nutriamo e che dovrebbe essere la nostra caratteristica?”. Un’esperienza simile era stata vissuta nel 2006. Anche allora, il Libano fu attraversato da grandi spostamenti di famiglie e anche allora, il Focolare aveva accolto nel suo Centro Mariapoli, più di un centinaio di amici, famiglie con marito e moglie, nonni, giovani e bambini. “Ci siamo conosciuti così, e tra noi è nato un rapporto da fratelli che ci faceva condividere gioie e dolori, speranze e difficoltà, bisogni e preghiera. In un rapporto semplice e schietto, tessuto nella quotidianità è nata e cresciuta una vera esperienza di fratellanza, senza filtri o pregiudizi”.
Nessuno si aspettava che la situazione precipitasse così, da un momento all’altro. “I libanesi si stavano preparando al rientro a scuola con uno sguardo di speranza verso questo nuovo anno”, racconta R. “Eppure una burrasca inaspettata si è scatenata, implacabile, minacciosa, micidiale”, con “conseguenze terribili su una popolazione in sete di pace, di giustizia, di strade di dialogo”. In pochi giorni, anzi ore, azioni belliche hanno colpito quartieri popolari e il popolo è sprofondato in “un vero incubo”. L’Unicef fa sapere che secondo il Ministero della Salute Pubblica, al 25 settembre, quasi 600 persone sono state uccise in Libano, tra cui più di 50 bambini e 94 donne, e circa 1.700 altre sono rimaste ferite dal 23 settembre. Gli sfollamenti di massa continuano, raggiungendo circa 201.000 sfollati interni (IDP), secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim).
Da domenica anche il Centro Mariapoli “La Sorgente” si è gremito di ospiti “arrivati con le loro paure, il trauma vissuto nei loro villaggi o quartieri presi di mira”. Hanno percorso in macchina 120 chilometri, impiegando dalle 5 alle 8 ore. Le strade sono affollate di auto in fuga dal Sud. Lasciano i villaggi prima di raggiungere le grandi città di Tiro e Sidone. Attorno a loro, vedono la distruzione dei recenti bombardamenti. Attualmente sono 128 le persone ospiti al Centro Mariapoli di Ain Aar. Alcuni provengono dal Sud, altri dalle periferie popolari di Beirut colpite dagli ultimi attentati. Non è facile: “La loro presenza solleva interrogativi nella comunità cristiana della regione”, raccontano i focolarini. “Ci si chiede: tra loro ci sono membri di Hezbollah che potrebbero minacciare la pace nella regione? Ma il senso di solidarietà è più forte del sospetto”. R. aggiunge: “Dove potevano chiedere asilo anche questa volta? Dove potevano andare, sapendo di essere accolti senza riserve?”. Per la comunità dei focolari, inizia una nuova avventura. L’accoglienza viene fatta in coordinamento con le autorità locali, religiosi e civili.
Scatta – come d’altronde in queste ore in tutto il Paese – una “gara” di solidarietà. Dal parroco, ai fedeli della parrocchia, ai volontari. C’è chi si prende cura dei ragazzi organizzando per loro attività e partite di calcio. Chi si occupa degli aiuti necessari per l’accoglienza. “Le persone arrivano scioccate, preoccupate per il loro futuro, con negli occhi lo spettacolo apocalittico delle case distrutte, dei campi bruciati, ma anche di notizie di conoscenti, parenti, vicini, amici o allievi che sono stati uccisi negli attacchi e non rivedranno mai più. Insieme ci stringiamo calandoci a vivere nell’attimo presente, con la fede che ci ha permesso durante secoli di attraversare le avversità”.
Il Centro “La Sorgente” punta ad essere, insieme a tanti luoghi disseminati nel Paese, vere “oasi di pace”. “La speranza, l’augurio più profondo è che presto si possa tornare a casa. Tanto sangue versato deve far fiorire il deserto dei cuori. Speriamo che questo calvario che stiamo vivendo, apra una breccia nella coscienza dei potenti e di tutti sull’evidenza che la guerra è una sconfitta per tutti, come ripete Papa Francesco. Ma soprattutto crediamo e speriamo che da questo crogiolo di dolore possa emergere dal Libano un messaggio di fratellanza possibile per l’intera Regione”.
Maria Chiara Biagioni Fonte: AgenSir Foto: Focolari Libano
Il Seminario, alla sua seconda edizione dopo la prima realizzata nel 2017 presso l’Università Federale di Paraiba a Joao Pessoa, ha riunito 15 lavori accademici realizzati da ricercatori di sei università, attorno alla Cattedra Chiara Lubich di Fraternità e Umanesimo presso l’Università Cattolica di Pernambuco (Unicap). Sono stati due giorni di presentazioni e dialogo, introdotti da un caloroso saluto del Vice-Rettore prof. Delmar Araújo Cardoso, e seguiti da una diretta streaming per un’audience complessiva di circa 350 persone.
L’evento, realizzato con il sostegno del Centro Chiara Lubich, si è svolto prevalentemente in lingua portoghese ed è stato apprezzato in modo particolare per l’apertura a una dimensione internazionale; per il consistente e qualificato contributo di relatori; per la prospettiva interdisciplinare che ha riunito, attorno al tema del linguaggio, relazioni non solo nell’ambito della linguistica ma anche del diritto, della pedagogia, della comunicazione, della sociologia, dell’architettura.
Ne emergeva, in estrema sintesi, come un linguaggio ispirato dall’amore, di cui Chiara Lubich ha saputo realizzare un modello efficace, può contribuire a costruire un mondo di pace e fraternità.
Anna Maria Rossi
(1) La Scuola Abbà è un Centro di vita e di studio voluto e fondato da Chiara Lubich nel 1990. E’ composto da membri del Movimento dei Focolari, uniti nel nome di Gesù ed esperti in varie discipline, il cui scopo è l’enucleazione e l’elaborazione della dottrina contenuta nel carisma dell’unità.
Link al II Seminario Linguistico, Filologia e Letteratura:
“Siamo convinti che la cooperazione del mondo cristiano sia essenziale. La celebrazione comune della Pasqua del 2025 da parte di tutti i cristiani, insieme agli eventi dell’anniversario del Primo Concilio di Nicea, possa servire come punto di partenza significativo per assumere insieme le sfide dell’umanità e promuovere azioni congiunte. Ci auguriamo di poter organizzare un incontro di rappresentanti del mondo cristiano, con la vostra presenza, nel luogo in cui originariamente si tenne il concilio di Nicea”.
È con queste parole che il gruppo ecumenico “Pasqua Together 2025” (PT2025), che riunisce realtà e comunità di diverse confessioni cristiane, si è recato prima ad Istanbul (Turchia), in udienza dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, poi in Vaticano da Papa Francesco, rispettivamente il 14 e il 19 settembre scorsi.
Ai due leader cristiani il gruppo ha chiesto che la celebrazione comune della Risurrezione il prossimo anno non sia un’eccezione, ma diventi consuetudine per tutte le Chiese cristiane: un passo ulteriore verso l’unità, in preparazione al prossimo Secondo Millennio della Redenzione nel 2033, in cui ricorreranno i 2000 anni della risurrezione di Cristo.
“Pasqua Together 2025” è nato proprio in vista della prossima eccezionale ricorrenza che, nel 2025, vedrà la data della Pasqua coincidere sui calendari Gregoriano e Giuliano: cristiani delle chiese d’Occidente e ortodossi, quindi, la celebreranno nello stesso giorno. Inoltre, si ricorderanno i 1700 anni del Concilio Ecumenico di Nicea che ha promulgato il Simbolo della fede (il Credo) e trattato il tema della data della Pasqua.
Il gruppo è composto da rappresentanti di diverse chiese cristiane e movimenti politici e sociali cristiani, come l’Assemblea Interparlamentare Ortodossa (I.A.O.) che ne è stata la promotrice; il progetto “Insieme per l’Europa”, il movimento “Jesus Christ 2033” e il “Centro Uno” del Movimento dei Focolari. Da due anni il gruppo sta percorrendo una strada comune che li ha portati a firmare una dichiarazione congiunta che sancisce l’impegno a lavorare affinché tutte le chiese cristiane arrivino a celebrare insieme l’evento pasquale. Oltre al Patriarca di Costantinopoli e al Santo Padre, il documento è stato precedentemente consegnato al Segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, il Rev. Jerry Pillay e al già Segretario generale della Alleanza Evangelica Mondiale, il Vescovo Thomas Schirrmacher. Contatti con altri leader cristiani sono in preparazione.
Il Patriarca Bartolomeo I ha annunciato che una commissione congiunta composta da quattro membri ortodossi e quattro cattolici-romani sta già lavorando alla stesura del programma per la celebrazione del 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico proprio ad Iznick – il nome turco dell’antica Nicea – dove si è già recata per esaminarne la fattibilità. Ha informato che il sindaco della città è favorevole e pronto a collaborare. Naturalmente l’invito è stato esteso a Papa Francesco e questo sarebbe il loro tredicesimo incontro.
Il Patriarca ha anche sottolineato che la data della Pasqua non è una questione di dogma o di fede, ma è frutto di un calcolo astronomico.
Anche Papa Francesco, nel suo intervento ha ribadito che “la Pasqua non accade per nostra iniziativa o per un calendario o un altro. L’evento Pasquale è avvenuto perché Dio “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Non dimentichiamo il primato di Dio, il suo ‘primerear’, il suo aver fatto il primo passo. Non chiudiamoci nei nostri schemi, nei nostri progetti, nei nostri calendari, nella “nostra” Pasqua. La Pasqua è di Cristo!”
Anche il Papa invita a condividere, progettare e “camminare insieme” e lancia un invito: quello di “ripartire, come gli apostoli, da Gerusalemme, luogo dal quale l’annuncio stesso della Risurrezione si è diffuso nel mondo”. Il Papa esorta a tornare lì “a pregare il Principe della Pace perché ci doni, oggi, la sua pace”.
Un invito che fa eco a quanto già aveva espresso il Patriarca ecumenico Bartolomeo I che aveva esortato il gruppo PT2025 a promuovere azioni per difendere i diritti umani e una convivenza pacifica per tutti i popoli, pregando così: “Imploriamo il Signore di illuminare i cuori dei responsabili e di guidarli sulla via della giustizia e dell’amore, affinché possiamo sanare queste divisioni e ristabilire l’unità che è al centro della nostra fede”.