Mag 29, 2017 | Famiglie, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
«Il vento di ieri accarezzava i capelli ed il viso di ragazzi e adulti di una umanità colorata in tanti modi per dire sì alla vita e no ai mercanti di morte: dopo anni di isolamento, tanti gruppi e organizzazioni di vario genere si ritrovavano insieme per ripartire con la speranza per una fraternità visibile». Così è scritto nel comunicato rilasciato il giorno dopo dai promotori della marcia promossa dai Focolari, Amnesty International, Oxfam, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo, con il sostegno del missionario comboniano Alex Zanotelli. La campagna contro la vendita di armi da parte dell’Italia verso i paesi in guerra è partita il 7 maggio 2017 dalla Sardegna (Italia) e l’iniziativa è stata inserita all’interno dell’appuntamento mondiale “Run4Unity”, promossa dai Ragazzi per l’unità, manifestazione che si svolge ogni anno la prima domenica di maggio in tutto il pianeta durante la Settimana Mondo Unito. Arnaldo Scarpa, del Movimento dei Focolari di Iglesias, portavoce del comitato “Riconversione RWM” insieme a Cinzia Guaita, ci racconta come è nata questa iniziativa: «Da molti anni nel territorio di Domusnovas e Iglesias esiste una fabbrica il cui scopo iniziale era quello di produrre esplosivi che servivano per le miniere di questa zona. Purtroppo le miniere sono state dismesse e la fabbrica è stata riconvertita per la produzione di materiale bellico, utilizzando fondi pubblici. È stata poi acquistata e trasformata dalla RWM, una multinazionale tedesca che produce armi che vengono esportate in Arabia Saudita. Dal nostro Paese, l’Italia, partono quindi armi destinate alla “terza guerra mondiale a pezzi”. Le leggi di entrambi i paesi, Italia e Germania, sono molto chiare; la legge 185/90 vieta infatti al governo italiano di vendere armi a paesi in guerra o che non rispettano i diritti umani. Vi è una continua ascesa dell’export italiano in particolare sui paesi nordafricani e mediorientali (59%). Nel 2016 la produzione della RWM è salita fino a quasi 22.000, con un balzo del 1.466%». Ma a Domusnovas, come in tante zone dell’isola, il principale problema è quello occupazionale. «Abbiamo capito – continua Arnaldo – che anche le nostre coscienze si possono addormentare, confuse dal silenzio generale, intontite dalla tragedia della disoccupazione. Ma noi, impegnati a vivere la fraternità, ci sentiamo vicini ai lavoratori, ma anche ai bambini, giovani, adulti dello Yemen, che il frutto di questo lavoro uccide. Questa nostra iniziativa forse è quella che ha richiesto più coraggio nella nostra vita, per tanti motivi, ma è incoraggiante già il fatto che ci sono tante persone con noi, che hanno formazione e idee diverse».
Frutto di questa iniziativa è stato la nascita del comitato “Riconversione RWM”, per tenere alta l’attenzione sul tema e per impedire un ampliamento della fabbrica. L’area è una zona di interesse naturalistico, ambientalistico e archeologico. Il problema è anche etico: c’è chi ha fatto la scelta di non accettare di lavorare in questa fabbrica, nonostante fosse disoccupato, e anche chi, lavorando all’interno di essa, si sta ponendo gravi problemi di coscienza. Il prossimo passo è quindi quello di porre le basi per un lavoro comune sul progetto di riconversione della fabbrica e di differente sviluppo del territorio. Sono stati avviati importanti contatti con imprenditori, progettisti, docenti universitari, giuristi, enti e associazioni, rappresentanze dei lavoratori ma è essenziale che ci sia anche una precisa scelta politica a tutti i livelli istituzionali. Per firmare la petizione al Presidente della Repubblica Italiana cliccare qui Per approfondimenti, leggi anche: Per disarmare la fabbrica Obbedienti alla coscienza Comunicato Stampa (altro…)
Mag 29, 2017 | Parola di Vita
Nei giorni successivi alla crocifissione di Gesù, i suoi discepoli si sono chiusi in casa, spaventati e disorientati. Essi lo avevano seguito sulle vie della Palestina, mentre annunciava a tutti che Dio è Padre ed ama teneramente ogni persona! Gesù era stato mandato dal Padre non solo per testimoniare con la vita questa grande novità, ma anche per aprire all’umanità la strada per incontrare Dio; un Dio che è Trinità, comunità d’amore in se stesso e vuole accogliere in questo abbraccio le sue creature. Durante la sua missione, tanti hanno visto, udito e sperimentato la bontà e gli effetti dei suoi gesti e delle sue parole di accoglienza, perdono, speranza … Poi, ecco la condanna e la crocifissione. E’ in questo contesto che il vangelo di Giovanni ci racconta come Gesù, risorto il terzo giorno, appare ai suoi e li invia a proseguire la sua missione: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Come se dicesse loro: “Ricordate come ho condiviso con voi la mia vita? Come ho saziato la vostra fame e sete di giustizia e di pace? Come ho sanato i cuori e i corpi di tanti emarginati e scartati della società? Come ho difeso la dignità dei poveri, delle vedove, degli stranieri? Continuate ora voi: annunciate a tutti il Vangelo che avete ricevuto, annunciate che Dio desidera farsi incontrare da tutti e che voi siete tutti fratelli e sorelle”. Ogni persona, creata ad immagine di Dio Amore, ha già in cuore il desiderio dell’incontro; tutte le culture e tutte le società tendono a costruire relazioni di convivenza. Ma quanta fatica, quante contraddizioni, quante difficoltà per raggiungere questa meta! Questa profonda aspirazione si scontra ogni giorno con le nostre fragilità, le nostre chiusure e paure, le diffidenze e i giudizi reciproci. Eppure il Signore, con fiducia, continua oggi a rivolgere lo stesso invito: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Come vivere questo mese un invito così audace? La missione di suscitare la fraternità in una umanità spesso lacerata non è una battaglia persa prima ancora di cominciare? Da soli non potremmo mai farcela ed è per questo che Gesù ci ha dato un dono specialissimo, lo Spirito Santo, che ci sostiene nell’impegno ad amare ogni persona, fosse anche un nemico. “Lo Spirito Santo, che viene donato nel Battesimo […], essendo spirito di amore e di unità, faceva di tutti i credenti una cosa sola con il Risorto e tra di loro superando tutte le differenze di razza, di cultura e di classe sociale […]. E’ con il nostro egoismo che si costruiscono le barriere con cui ci isoliamo ed escludiamo chi è diverso da noi. […] Cercheremo dunque, ascoltando la voce dello Spirito Santo, di crescere in questa comunione […] superando i germi di divisione che portiamo dentro di noi.” (Chiara Lubich, Parola di vita/gennaio 1994 – Un cuor solo e un’anima sola, in Citta Nuova, XXXVII, [1993/24], pg. 34) Con l’aiuto dello Spirito Santo, ricordiamo e viviamo anche noi, questo mese, le parole dell’amore in ogni piccola o grande occasione di rapporto con gli altri: accogliere, ascoltare, compatire, dialogare, incoraggiare, includere, prendersi cura, perdonare, valorizzare…: vivremo così l’invito di Gesù a continuare la sua missione e saremo canali di quella vita che Lui ci ha donato. E’ quanto ha sperimentato un gruppo di monaci buddisti, durante un soggiorno nella cittadella internazionale di Loppiano, in Italia, dove i suoi 800 abitanti cercano di vivere con fedeltà il Vangelo. Essi sono stati profondamente toccati dall’amore evangelico, che non conoscevano. Uno di loro racconta: “Mettevo le mie scarpe sporche fuori della porta: al mattino le trovavo pulite. Mettevo il mio vestito sporco fuori della porta: al mattino lo trovavo pulito e stirato. Sapevano che avevo freddo, perché sono del Sud-Est asiatico: alzavano il riscaldamento e mi davano coperte… Un giorno ho chiesto: ‘Perché fate questo?’ ‘Perché ti amiamo, perché ti vogliamo bene’ è stata la risposta”1 Questa esperienza ha aperto la strada per un vero dialogo fra buddisti e cristiani. Letizia Magri __________________ 1 Cf. C. Lubich, La mia esperienza nel campo interreligioso: punti della spiritualità aperti alle religioni, Aachen(Germania), 13 novembre 1998, pg. 3. (altro…)
Mag 28, 2017 | Focolari nel Mondo
«Mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi» (Atti degli Apostoli). L’evento noto come Ascensione, cioè la trasfigurazione e il passaggio di Gesù nel mondo della gloria, conclude la permanenza visibile di Dio fra gli uomini. È preludio della Pentecoste e segna l’inizio della storia della Chiesa. L’episodio, descritto dai Vangeli di Marco e Luca e negli Atti degli Apostoli, è una festività molto antica attestata già dal IV secolo. Per la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti, l’Ascensione si colloca di norma 40 giorni dopo la Pasqua (nel calendario gregoriano si è festeggiata giovedì 25 maggio). Nella Chiesa ortodossa è una delle 12 grandi feste, che quest’anno coincide con quella cattolica. (altro…)
Mag 28, 2017 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Le tasse a rate «Eravamo in attesa del terzo figlio. Quel poco di risparmio che avevamo era sparito nei cambi bancari non favorevoli e le banche cominciavano a non dare più prestiti. Un giorno, come fulmine a ciel sereno, ci arriva la notizia di dover pagare una ingente somma di tasse. Dove prendere i soldi che appena ci bastavano per sopravvivere? In questa difficile situazione ci siamo affidati a Dio, al Padre che non abbandona i suoi figli. Poi siamo andati a chiedere in Comune di poter pagare a rate e… sorpresa! Siamo stati gli unici ai quali è stata concessa questa possibilità». X. A.- Croazia Rappresentante di libri
«Lavoravo come rappresentante di libri. Alla mia prima esposizione non vendetti niente. Così pure la seconda volta. La terza fu ancora più dura: non c’era spazio nella sala dell’incontro e dovetti accontentarmi di un posto infelice al piano di sotto, lontano dal passaggio delle persone durante gli intervalli. Non c’era l’ascensore, e ho dovuto trasportare gli scatoloni a mano, sudando per il caldo feroce. Intanto dicevo a me stessa: «Ma chi te lo fa fare?». Passando davanti alla cappella, mi affacciai per sfogarmi con Gesù, che sembrò dirmi dal tabernacolo: «Cosa stai facendo?». «La volontà di Dio – mi venne da rispondere – mi sto impegnando a lavorare». «Allora stai tranquilla, adesso ci penso io». Per l’esposizione dovetti usare delle sedie in mancanza dei tavoli. Passò un prete, adocchiò un volume di una grande enciclopedia dei santi ed esclamò: «Non è possibile! Sono anni che la vado cercando!». L’ha acquistata e da allora ho sempre venduto». Marta – Italia Far da padre «Prima che io nascessi mio padre ha abbandonato mia madre. Soffrivo per questa assenza e non gli perdonavo di essere andato via. Verso i 17 anni sono andato a cercarlo, sperando di riallacciare un rapporto inesistente. Purtroppo in lui non ho trovato che indifferenza e anche la convivenza con sua moglie era difficile. Nello stesso periodo ho incontrato alcuni giovani che vivevano il Vangelo e, attraverso di loro, ho conosciuto meglio Dio. Più tardi, durante gli studi universitari, ho cominciato a lavorare in un progetto sociale a contatto con bambini abbandonati. Il dolore vissuto mi aveva reso più sensibile a quello degli altri, nei quali ora cercavo di amare Gesù sofferente. A poco a poco sono diventato un punto di riferimento per tanti di quei piccoli, al punto che mi chiamavano papà. Quanto al rapporto con mio padre, ancora oggi è una sfida: mi sforzo di vederlo con occhi nuovi, prendendo io l’iniziativa». J. L. – Brasile (altro…)
Mag 27, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Nell’ultimo anno, gli Stati Uniti hanno vissuto uno scontro ideologico senza precedenti. Prima delle elezioni di novembre, c’era grande preoccupazione sulla direzione che il Paese avrebbe preso. Un’ondata di emozioni contrastanti ha percorso gli Stati da Nord a Sud, generando divisioni tra tanti, anche dentro le comunità dei Focolari, sparse negli Stati Uniti. Per molti si trattava di prendere una decisione straziante, difficile. Le opinioni erano molto forti e divergenti. Già dal 2015 il Movimento dei Focolari aveva promosso dei workshop, basati sul libretto: “5 passi per un dialogo politico positivo”, per presentare una modalità costruttiva di confronto. Essi sono: 1) Credere che sia possibile avere una visione positiva della politica; 2) Praticare e perfezionare una comunicazione basata sull’amore; 3) Capire se è o non è il caso di fare un compromesso; 4) Riconoscere la sofferenza come una pedana di lancio per amare; e 5) Edificare la polis con azioni costruttive. John Chesser (Iowa): «In gruppi di due, sceglievamo un argomento su cui avevamo posizioni opposte. Uno dei due condivideva la propria opinione e l’altro doveva ripeterla prima di dire a sua volta il proprio parere. I risultati erano interessanti. Le persone cominciavano non solo ad apprezzare il punto di vista dell’altro, ma anche a riconsiderare la propria opinione. Non abbiamo risolto i problemi del mondo, ma abbiamo acquisito gli strumenti per provare a dialogare tra noi». Con l’avvicinarsi delle elezioni di novembre 2016, la tensione tra gli schieramenti opposti aumentava di giorno in giorno, nella vita quotidiana, nei luoghi di lavoro e sui social. Marilyn Boesch (Maryland): «Ero agitata. Mi sono fatta un esame di coscienza. Volevo essere una persona che porta l’unità e costruisce ponti, e non che accetta passivamente le divisioni che si presentano». Marijo Dulay (New York): «Dopo alcuni errori, ho prestato maggiore attenzione ai commenti che postavo su Facebook, per non urtare quelli che la pensavano diversamente da me». Simona Lucchi (Georgia): «Le mie prediche e urla non portavano a niente di buono. E di certo non cambiavano l’opinione degli altri. Così mi sono fermata e ho cominciato ad ascoltare le ragioni degli altri. Ho capito che anche con chi non la pensa come me qualcosa in comune c’è sempre».
Nella confusione del momento, questa modalità di dialogo trova applicazione anche in ambito accademico. A New York La Fordham Law School, nel cuore di Manhattan, è un Istituto che mira a promuovere un dialogo aperto, positivo e costruttivo su temi legati alla religione e al diritto. In questo contesto Ana Días, direttice dell’Istituto, presenta il workshop. «In tanti erano lì per capire se, in mezzo a tale polarizzazione, fosse ancora possibile un dialogo». Dopo la presentazione dei “5 punti”, i partecipanti lavorano su quanto appreso, scoprendo di poter parlare di temi scottanti senza per forza degenerare in discussioni infuocate. Anche i più radicali si mettono alla prova. Due mesi dopo, l’insediamento della nuova presidenza riaccende gli animi. Anche alla Georgetown Law School di Washington gli studenti si dividono in fazioni contrapposte. Amy Uelmen, autrice del libro “Five Steps to Positive Political Dialogue: Insights and Examples”, propone a colleghi e studenti un metodo. «Ci siamo accorti che spesso nelle conversazioni ci sono stereotipi, incomprensioni, informazioni sbagliate: abbiamo deciso di essere aperti a correggerci e a risolvere le difficoltà che nascono dallo scontro tra idee contrapposte».
Questi sforzi proseguono in Arkansas, uno stato tradizionalmente conservatore. Anche qui l’elezione del nuovo Presidente provoca entusiasmo da un lato e rabbia dall’altro. Austin Kellerman conduce un telegiornale nella capitale. Insieme ai colleghi lancia in TV un appello alla città per ritrovare l’unità. «Volevamo offrire alla nostra comunità un’occasione per ritrovarsi più unita. Uno dei nostri giornalisti più esperti ha preparato un approfondimento nell’edizione principale. “There is no them, no us. There is we”. Non c’è un loro e un noi. Siamo tutti un popolo. Ovviamente, questo non ha risolto le cose, e nemmeno ha cambiato le opinioni della gente. Ma ha offerto la possibilità di riflettere oltre il proprio punto di vista. Noi cerchiamo di mantenere aperto il dialogo e di rappresentare con onestà tutte le posizioni». (altro…)