Movimento dei Focolari
La scelta esclusiva di Chiara Lubich

La scelta esclusiva di Chiara Lubich

20170916-02aIn Gesù Abbandonato si manifesta l’infinito amore di Dio che viene messo dal Padre nel cuore dei credenti per realizzare fin d’ora il suo disegno sull’umanità: l’unità. Amare Gesù Abbandonato significa allora rivivere in noi stessi la sua Pasqua, il passaggio continuo, per noi ancora in cammino, dalla morte alla vita, dall’assenza di Dio alla sua presenza, che caratterizza l’esistenza cristiana. Non si tratta di rassegnarsi o di voler soffrire come Gesù ha sofferto, ma piuttosto di ripercorrere la strada da lui aperta e di riconoscere – al di là delle apparenze – la sua presenza attiva in tutto ciò che non è Dio in noi e attorno a noi. È un dire di sì a Lui e come Lui, così che lo Spirito Santo possa irrompere nel nostro nulla voluto ed espandervi il dono dell’agape divina che ci apre alla vita futura, eterna, e ce ne rende partecipi. Gesù Abbandonato, al contempo, ci fa andare incontro all’umanità, proprio là dove essa maggiormente soffre e vive nell’oscurità. Gesù Abbandonato abbracciato e amato mette così amore dove c’è odio, vita dove c’è morte, comunione e unità dove c’è divisione. Amare Gesù Abbandonato è quindi speranza contro ogni speranza, vicinanza di Dio dove non c’è Dio, presenza di Dio dove c’è il silenzio di Dio. E questa speranza è certezza di un mondo e di una storia umana che non si chiudono su se stesse, ma si aprono al sempre nuovo incontro con Dio e, in Lui, si aprono al sempre nuovo incontro degli uomini tra di loro, in una comunione fraterna dalle dimensioni veramente universali”.   Da Pasquale Foresi LUCE CHE SI INCARNACittà Nuova 2014 pagg. 172-3   (altro…)

Maria, il nome femminile dell’Amore

Maria, il nome femminile dell’Amore

20170909-01Maria. I filologi lo interpretano in tanti modi, tutti belli; ma il significato suo più denso di bellezza è quel suo indicare particolarmente, inconfondibilmente, lei: l’unica tra le donne: Maria. Un nome che non si finisce mai di pronunziare; e che ogni volta dona gioia. Nella salutazione angelica, che solca la vicenda umana come una fontana di letizia, milioni di creature ogni giorno più volte così la chiamano. E così la chiamavano i genitori e i parenti e i vicini di casa a Nazareth. E così ad ogni ave torniamo tutti a chiamarla familiarmente, allo scopo di chiedere la sua intercessione in questo esperimento della vita che culmina nella morte, varco alla perenne vita. «Maria»: al pronunziare quel nome il cuore balza in petto come il bambino nel seno di Elisabetta, «ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo». «Maria», dicevano pastori e artigiani quando si affacciavano sul vano di quella sorta di spelonca che era l’abitazione della sacra famiglia nella collina di Nazareth, per chiederle un favore: ella era così servizievole con tutti, così ricca di risorse per ciascuno. E se non avevano nulla da domandarle, s’affacciavano per la gioia di salutarla: la gioia di dire quel nome che aduna tante cose belle, poiché riassume i misteri dell’amore. Il nome femminile dell’Amore. A distanza di secoli, noi, a mo’ dell’arcangelo e di Giuseppe, a mo’ di tutti i santi e di tanti peccatori, seguitiamo a chiamarla così: Maria; cinquanta, cento e più volte al giorno, senza scortare mai quel nome con titoli di nobiltà, epiteti di boria, patenti di primato. A noi piace — come piace a lei — di avvicinarla, non di distaccarla, per avvicinare lo Sposo, che con lei fa unità. La ressa delle strade, il turbine delle passioni, la traccia dello spirito sono venati, solcati da quel nome, su cui transita l’amore da terra a cielo. L’umiltà avvicina e l’amore unifica; ed è il più grande tributo. Noi ci sentiamo di casa nella Chiesa di Cristo, noi ci sentiamo di casa nella comunione dei santi, nello stesso ambito della SS. Trinità, anche perché c’è Maria; c’è la madre e dunque c’entrano i figli. Dov’è Maria è l’amore: e dove è l’amore è Dio. E dunque dire quel nome in ogni circostanza e ambiente è penetrare di colpo in un’atmosfera di divino, è accendere una stella nella notte; aprire una sorgiva di poesia in una plaga tecnologica; far fiorire di gigli una palude. È un restituire il calore della famiglia in un campo di lavori forzati. Maria ama: e nell’amore si nasconde. Il vero amore è contemplazione della persona amata. Anche in questo, imitando la giovinetta nazarena, si può essere contemplativi, stando nel mondo, in una stamberga di contadini o in un appartamento di città. L’amore in lei è stato così grande che ci ha dato Dio: Dio che è amore. Lei lo ha quasi strappato dal cielo per darlo alla terra; dal solo divino per farlo anche uomo, a servizio degli uomini. E veramente amare è farsi uno con l’Amato: e Maria si fece talmente uno con Dio che Dio si donò a lei, per donarsi, mediante lei, a tutti gli uomini. In definitiva si sta nel mondo, in posizioni diverse, con vestiti d’ogni sorta; ma, standoci come Maria, si prepara sempre e dappertutto la stanza per Gesù. (Igino Giordani, Maria modello perfetto, Città Nuova, Roma 2012, pp. 17-20) (altro…)

L’uomo prega con il Creato

L’uomo prega con il Creato

Luca 3Il pregare non consiste, propriamente, nel fatto di dedicare tempo, durante il giorno, alla meditazione o nel leggere qualche brano della Sacra Scrittura o di testi di santi, e nel cercare di pensare a Dio o a se stessi per una nostra riforma interiore. Questo non è il pregare nella sua essenza. Così pure la recita del rosario o delle preghiere del mattino e della sera. Sono espressioni senz’altro tutte atte a farci entrare in rapporto con Dio e ad estrinsecarne la realtà intima, ma che tuttavia non coincidono mai completamente con essa. Al limite, una persona può fare queste cose durante tutto il giorno e non aver mai pregato un minuto. Fra la preghiera e le preghiere passa infatti una differenza sostanziale che cercherò di illustrare iniziando dalla preghiera più inconscia, ma non per questo meno essenziale. Quando di notte i nostri occhi si alzano a guardare il cielo stellato, vedono un universo di sterminata bellezza che incanta e stupisce nella sua tacita obbedienza a una legge: la legge di vita e di armonia che fin dall’inizio lo ha costituito e che in ogni attimo lo sostiene; legge che da sola testimonia il Creatore. Se così è degli astri del cielo, così è delle piante e dei fiori, che ‘sanno’ quando sbocciare e fiorire, quando fruttificare e morire. Una profonda relazione lega dunque tutti gli esseri viventi a Dio; relazione che – oso dire – è profonda preghiera perché essi, con il loro solo esistere, inconsciamente lo riconoscono e lo seguono “narrandone la gloria”. (Sal 18,2). Ma questa recondita preghiera trova espressione – e la più alta, perché cosciente e libera – anche nell’uomo. È la preghiera che nasce quando questi, ancor prima di entrare in colloquio con Dio, lo riconosce come Padre che lo ha creato e lo sostiene nell’essere al pari di tutto l’universo. Il rapporto con Dio si staglia allora nella sua realtà di fondamento vitale e medicinale insieme. Un rapporto quindi che l’uomo è chiamato a stabilire quotidianamente con lui o a domandarglielo, così come alcuni maestri dello spirito, in un‘originale esegesi dell’invocazione del Padre Nostro: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, invitano a fare. Il pregare, per essere veramente tale, esige innanzitutto un rapporto con Gesù: andare con lo spirito al di là della nostra condizione umana, delle nostre occupazioni, delle nostre preghiere, pur belle e necessarie, e stabilire questo rapporto intimo, personale con lui. […] Vediamo allora i diversi modi in cui tale rapporto può svilupparsi. Inizio da una forma di preghiera, che apparentemente può non sembrare tale, è la preghiera di offerta. La vive chi, prostrato dalle sofferenze fisiche o spirituali, incapace di tutto, perfino di parlare, offre a Dio, anche se in uno spazio di un solo istante, tutta la sua esistenza. Per questo tale forma di preghiera può considerarsi come la più profonda, perché innesta l’anima in quel punto ove il contatto con Dio si fa immediato e diretto. Ma anche il lavoro può assumere la forma di una preghiera di offerta. Penso in particolare a coloro che durante il giorno sono sopraffatti dalla fatica fisica, tanto da essere quasi impossibilitati a raccogliere le forze necessarie per dedicarsi a pregare. Ebbene anch’essi, se al mattino con una semplice intenzione offriranno a Dio la loro giornata, avvertiranno di vivere in continua relazione con lui e alla sera, nel silenzio di un pur breve raccoglimento, troveranno l’unione con lui. È questo, in fondo, ciò cui l’umanità di oggi si mostra particolarmente sensibile, che cioè tutto l’universo e quanto in esso si compie si possa trasformare in una grande preghiera che incessantemente si leva a Dio. Pasquale Foresi, da “Luce che si incarna” – Ed. Città Nuova, Roma 2014, pagg. 31-32-33. (altro…)