10 Apr 2012 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
David è uno studente di economia a Quito, Ecuador. La famiglia ha un’azienda di divise da lavoro e lui è coinvolto nella gestione. Ottenere una consistente fornitura in un’altra città è un affare insperato, ma, alla prima riunione, il direttore dell’ente in questione, chiede una tangente. La madre di David rifiuta e così iniziano le difficoltà: frequenti viaggi, continue richieste, controlli meticolosi. Salgono i costi ma la produzione e il servizio sono di qualità e tutto va a buon fine. Eppure si chiedono:”Cosa Dio vuole da noi in questa città?”. Tra le altre cose, vengono a conoscenza delle difficoltà di una famiglia del posto e assicurano una borsa di studio per uno dei bambini. L’azienda cresce nel fatturato e nella considerazione generale per il rispetto delle norme e dei valori. Il progetto è entrare a far parte delle imprese dell’Economia di Comunione, mentre David tra pochi mesi giungerà alla laurea. Altre testimonianze fanno vedere gente mite ma ferma sui principi in cui credono, coraggiosa e radicata nel Vangelo. Qui in un palazzetto dello sport a Bogotà si è radunato, da venerdì 5 aprile alla Pasqua, oltre un migliaio di persone, rappresentanti delle comunità del Movimento della Colombia, Costa Rica, Ecuador, Panama, Perù e Venezuela. Presenti anche Mons. Ruiz, segretario del Pontifico consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e il nunzio mons. Cavalli che sono intervenuti al convegno offrendo contributi di valore. I tre giorni d’incontro ruotano attorno al tema “La Parola vissuta ci fa uno” ed è l’occasione per fare il punto sulla presenza dei Focolari in contesti assai variegati, ma spesso segnati da disgregazione, violenza, corruzione, impunità. Sembrano inutili gocce di acqua azzurra in oceani inquinati, ma sorprende la determinazione di queste persone, nutrite di Vangelo e di spiritualità dell’unità. «Sin dai primi tempi – indica Chiara Lubich in un video che apre i lavori – la Parola vissuta è stata centrale nella nostra vita. È via di santità aperta a tutti. E Maria è il modello, perché ha vissuto la Parola in modo incomparabile». Cristopher, del Panama, un diciassettenne dei Focolari, è stato ucciso con una pugnalata al petto, vittima di una rapina. Lascia una scia di luce e tanti coetanei stanno seguendo il suo esempio. Interpellato da un fuoco di fila di domande, Giancarlo Faletti indica la necessità di tenere accesa la fiamma dell’amore reciproco e dell’unità e di portarla in ogni ambiente. Invita a raccogliere le sfide complesse del mondo d’oggi, anche in questa parte d’America. Suggerisce di attingere insieme al Vangelo, ma anche di essere preparati e aggiornati sui temi d’attualità per dare ragione della propria condotta e della propria cultura. È un appassionante preludio al dialogo con la presidente Maria Voce, che, come sempre, segue gli appuntamenti in collegamento video dal Guatemala. Ma, prima della riflessione, la ricreazione e le tradizioni artistiche dei sei Paesi conquistano il palco e il gradimento dei presenti: che ritmi, che danze, che abiti! Maria Voce compare sul grande schermo e parte un’ovazione come fosse qui. «Perché dobbiamo obbedire a Gesù e non a Maria?», le chiede serafica Sharik, sette anni. «Maria – replica la presidente – vuole che obbediamo a Gesù, come ha indicato alle nozze di Cana. Questo è il suo desiderio, per cui, obbedendo a Gesù, obbediamo a Maria». È la prima di nove domande, che culminano con una richiesta ardita: stai conoscendo le Americhe, cosa può offrire il carisma dell’unità ai nostri popoli?
«Ho visitato il Nord America – premette Maria Voce -, popoli giovani, arditi, amanti della libertà, sempre in cerca di nuove soluzioni e di nuove frontiere. Qui in America Centrale sto invece scoprendo la sua storia: ricca, antica, esistente ben prima dell’arrivo degli spagnoli. Ci sono radici profonde che percorrono secoli e secoli di questi popoli che, in queste terre, convivono». E ancora: «Non c’è solo da risolvere le disuguaglianze economiche. Mi sembra che questo continente possa diventare una società armonizzata di popoli che fanno dono reciproco delle proprie radici, delle proprie vicende storiche e culturali per mostrare al mondo la testimonianza di una convivenza che recupera tutto il passato». Infine un augurio: «C’è da camminare su questa strada, mi fido di ciascuno di voi. Gesù tra noi ci aiuterà a procedere passo dopo passo». Giorni di riflessione e di festa. Insomma è Pasqua! Proprio in quella mattina Alberto Lo Presti, direttore del Centro Igino Giordani, parla di Giordani stesso. Figura poliedrica, anticipatrice dei tempi odierni e cofondatore dei Focolari. È lui che, per primo, mise in luce le novità portate dalla Lubich e le implicazioni culturali, civili e sociali. Anche ora è capace di portare dalla contemplazione all’azione, di far convergere sul “qui e ora”, di far atterrare propositi e impegni di questi giorni nei Paesi dei presenti. Giancarlo Faletti chiude la “tre giorni”. Lo fa in spagnolo, ringraziando per l’indimenticabile esperienza di comunione. «Il Risorto ci ha portato i doni dello Spirito e voi mi avete fatto entrare nella vita dei vostri Paesi. Il cuore ci arde in petto, come ai discepoli di Emmaus. Andiamo verso tutti, incendiamo ogni cuore. Felice Pasqua!». Di Paolo Lòriga, inviato (altro…)
10 Apr 2012 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Mons. Octavio Ruiz
«Sono contento di essere in Colombia proprio in questi giorni e di poter partecipare al vostro incontro», ha esordito mons. Octavio Ruiz, di passaggio nel Paese d’origine, di stanza in Vaticano quale segretario del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, l’organismo creato da Benedetto XVI nel 2010. E proprio in virtù del recente incarico mons. Ruiz è stato invitato a tenere una lezione sulla nuova evangelizzazione dagli organizzatori del convegno internazionale dei Focolari, che ha visto riunire oltre un migliaio di persone provenienti daColombia, Costa Rica, Ecuador, Panama, Perù, Venezuela. Presente all’appuntamento di tre giorni il copresidente dei Focolari Giancarlo Faletti. Il segretario del Pontificio consiglio ha messo in luce le dimensioni dell’evangelizzazione, dell’inculturazione e dell’impegno anche attraverso le opere sociali, particolarmente presenti qua in Centro e Sud America. «La caratteristica della nuova evangelizzazione sta nella freschezza che viene dalla Parola», ha sottolineato il presule, mettendo in luce che «servono uomini nuovi, con cuori nuovi, con nuova convinzione, con forza interiore e ardore». Per le molteplici frontiere che si sono aperte in seguito alla secolarizzazione, «viene sempre più in evidenza il ruolo fondamentale che sono chiamati a svolgere i laici e, tra essi, le famiglie». Nell’augurio finale, mons. Ruiz ha detto ai presenti che, «seguendo il carisma di Chiara Lubich, potete contribuire a realizzare la nuova evangelizzazione. Tutti voi siete protagonisti». Le testimonianze presentate durante i tre giorni dei lavori hanno sottolineato proprio la centralità della Parola vissuta e la propensione a stare sulla frontiera da parte delle persone che vivono il carisma dell’unità. A chiudere il convegno dei Focolari è intervenuto il nunzio in Colombia, mons. Aldo Cavalli, italiano della provincia di Bergamo, che ha celebrato la solenne Messa di Pasqua. Nell’omelia ha ricordato l’urgenza della nuova evangelizzazione e ha sottolineato la recente riflessione di Benedetto XVI riguardo alla vita cristiana dei primi tempi, in cui i discepoli di Gesù si trovavano a vivere in un tempo di politeismo assoluto, con tante divinità e tante verità. Eppure la Buona Novella s’è fatta rapidamente strada. Quale la formula vincente?, si è chiesto il diplomatico della Santa Sede. Per papa Ratzinger, la risposta è lampante: «Perché i discepoli vivevano così bene e annunziavano così bene, che chi li incontrava restava colpito e intuiva che Gesù era la verità». Molto somiglia oggi al contesto di allora. Le doti dei discepoli non mutano. «Per essere un buon discepolo – chiarisce mons. Cavalli – devo comprendere Gesù attraverso la Parola, devo esserne convinto per essere poi capace di annunciarlo. Se non ho capito la morte di Gesù, come posso annunciare la Pasqua?». Domande e prospettive di cui fare tesoro una volta tornati nei Paesi di provenienza per accentuare una presenza comunitaria capace di testimoniare la famiglia di un Dio che è Amore. Di Paolo Lòriga, inviato (altro…)
5 Apr 2012 | Centro internazionale, Spiritualità
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«Dopo la risurrezione, Gesù è rimasto ancora 40 giorni sulla terra con i suoi. Non sarà perché voleva mostrarci il suo desiderio di restare fra gli uomini e condividere con loro impegni, difficoltà, gioie, dolori, vittorie, sconfitte…? E se è così, il nostro amore reciproco sempre rinnovato, che gli permette di risorgere continuamente in noi e tra noi, non sarà il modo migliore di vivere in una Pasqua perenne? Dal Guatemala, dove si vivono molto intensamente i misteri della Settimana Santa, giunga a tutti gli amici del Focolare nel mondo il mio più caloroso augurio perché ciò sia!»
Emmaus (Maria Voce)
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3 Apr 2012 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«La cittadella diventerà ancora di più un punto di riferimento per i vostri coetanei se i giovani del Movimento manifesteranno la loro amicizia con Chiara Luce Badano, che ha vissuto la spiritualità dell’unità sino alla santità». Giancarlo Faletti parla in mezzo ai giovani, stipati pur di essergli vicino. Da poco è terminata la celebrazione della messa della domenica della Palme che celebra, come di consueto, la Giornata mondiale della gioventù. Anche in Messico è conosciuta la diciottenne beata italiana. Se per la cittadella si aprono nuovi orizzonti, per le comunità dei Focolari in Messico la giornata d’incontro ha regalato non minori prospettive per il futuro. Un appuntamento atteso, quello di oggi, iniziato nel più post-moderno dei modi, un’icona di un tablet su cui Giancarlo ha fatto pressione con l’indice. Così ha avuto inizio il suo viaggio in tutte le regioni del Paese. Niente di miseramente virtuale, però, perché su ogni prato della cittadella lo aspettavano rappresentanze delle diverse comunità, con costumi dai colori sgargianti, canzoni e carta geografica alle spalle. Danze, cori, abiti dalle fogge più diverse si sono alternati anche sul palco sotto la grande tenda bianca che ospitava oltre 1.200 persone, venute anche da Torrion (16 ore di pullman), per non perdere il culmine del ricco programma, ovvero il dialogo con Giancarlo, prima, e quello, successivo, con la presidente Maria Voce, in collegamento skype dal Guatemala.
Le domande hanno spaziato sui grandi argomenti d’attualità e sulla vita del Movimento, ma la prima questione posta alla presidente da Gabriel, un piccoletto di Guadalajara sovrastato da un sombrero nero, ha drizzato l’animo di tutti: Come fare a essere santo? Maria Voce gli ha risposto come in un colloquio tu a tu: «Devi puntare a non essere santo, ma ad essere Gesù. Gesù era figlio di Dio, era tutto amore. Allora devi amare, devi imparare tutti i punti dell’arte di amare. Più ami, più sarai santo». Gabriel ha annuito convinto. A tutti la presidente, nei saluti finali, ha confidato: «Vi ripeto il mio grazie. L’augurio è che la vostra vita di testimonianza del carisma dell’unità trasformi sempre più gli ambienti in cui vivete per contribuire come Movimento a rinnovare il Messico». Il silenzio nella sala era profondo, le teste annuivano. La nuova frontiera li aspettava. Poi l’esplosione del folclore. Ma descriverlo è arduo. Meglio venire in Messico. di Paolo Lòriga, inviato
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26 Mar 2012 | Centro internazionale, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Tra i quattro dialoghi della Chiesa cattolica – nella stessa Chiesa, tra Chiese diverse, tra fedeli di religioni diverse e con persone di buona volontà ma senza un credo religioso – il primo dialogo è quello più tipico della regione del Centroamerica. Anche qui in Guatemala, come testimonia il semplice ma caloroso incontro che si è svolto al Centro Mariapoli di Ciudad de Guatemala in un sabato assolato, lo scorso 24 marzo. Vi partecipano i rappresentanti di una decina di movimenti, che solitamente hanno il loro punto d’incontro nella “Comisión de Movimientos Laicales y Nuevas Comunidades”, organismo della Conferenza episcopale guatemalteca che riunisce i rappresentanti dei movimenti e delle nuove comunità. i sono i Neocatecumenali e i Cursillos, la Comunità di Sant’Egidio, il Rinnovamento nello Spirito e altre comunità carismatiche, oltre a gruppi di ispirazione domenicana e francescana e il Movimiento de Restauracion Matrimonial. È presente il vescovo che segue questa commissione, mons. Victor Hugo Palma Paúl, vescovo di Escuintla, sulla costa pacifica, zona di contrasti e povertà. È lui ad accogliere Maria Voce e Giancarlo Faletti con una triplice nota: «Primo, i movimenti nella Chiesa cattolica sono una presenza mariana dello Spirito, nati per il bisogno di rispondere a una mancanza di fede nella popolazione. Secondo, rispondiamo all’invito di Benedetto XVI di accogliere ed appoggiare i movimenti e le nuove comunità, come “scuole della Parola”; i Focolari sono una delle scuole più vive. Terzo, il vostro è un carisma che accende, accoglie e riscalda la vita cristiana, mettendo l’accento sull’unità».
Dopo una breve ma calorosa presentazione dei singoli presenti, Maria Voce ha raccontato, su invito della segretaria generale della commissione, la genesi dell’amore per la Parola tipico dei Focolari. Ha detto tra l’altro: «Essere insieme agli altri movimenti e comunità per noi non è solo una gioia, ma è anche una necessità. Sapere che ogni carisma ha una sua Parola evangelica specifica per l’umanità, di cui oggi c’è bisogno, ci dice che abbiamo bisogno gli uni degli altri». E ancora: «I carismi si riconoscono perché sanno aprirsi agli altri carismi». Ha quindi accennato al nostro concetto di nuova evangelizzazione: «Anche il Guatemala, che pur è evangelizzato da secoli, ha oggi bisogno che il cristianesimo diventi più vitale, che sia più formativo della persona umana e che incida nella vita delle singole persone e della società nel suo complesso». di Michele Zanzucchi, dal Guatemala (altro…)
24 Mar 2012 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Non è una terra facile da vivere, l’America Centrale. Terra di contrasti, di colori, di vita sociale ricca e complessa. Terra d’insicurezza, anche. Tre amici focolarini provenienti da San Salvador in auto, poco dopo il passaggio della frontiera guatemalteca, sono stati assaltati da una delle tante bande armate che rendono le strade insicure da queste parti: minacce con le pistole, tutti a terra, nessun si muova, fuori i portafogli, via orologi, computer e telefonini. È andata bene, gli hanno lasciato almeno i documenti e la macchina… «Un po’ di paura, ma grazie a Dio non è andata poi così male – spiega uno di loro, Edmar che abita a San Salvador –, poteva anche andarci male. Ho cercato di fare il punto mentalmente, con la faccia a terra, un esame di coscienza, e ho fatto una sorta di auto-unzione degli infermi. Poi ho pensato che Dio mi aveva dato una vita così straordinaria che anche se ci avessero ucciso avrei potuto tracciare un bilancio positivo. Ma l’amico sposato accanto a me, con tanti figli piccoli, no, quello doveva restare in vita! Oggi il sole splende di nuovo, e Dio ci ha visitato. Siamo allegri». Aggiunge addirittura Gregorio del Nicaragua: «Ho pensato che dovevo dare la vita per quelle persone che mi stavano legando le mani». Commenta Maria Voce, ascoltando il racconto: «Forse quello è stato l’ultimo momento di una parte della vostra vita. Dio vuole farvi ripartire, convertirvi di nuovo al suo amore e andare avanti. Anzi, possiamo ora ricominciare una vita nuova tutti insieme». Sono una quarantina le focolarine e i focolarini presenti nel Centro Mariapoli di Ciudad de Guatemala, da Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua (ma con origini anche argentine, ecuadoregne, messicane, colombiane, italiane…). È il “cuore” del Movimento dei focolari di questa terra, ma anche un suo spaccato fedele: etnie, censo, professione, sensibilità politica, sociale, economica. C’è chi era dalla parte dei rivoluzionari e chi del governo, chi viene da un ambiente maya katchiquel e chi è ladino, chi era ricco e chi povero.
Gente che ha amato ed ama Dio, fino a dargli la vita, da vergine o da sposato, e che ha amato ed ama il suo popolo, anzi i suoi popoli. C’è chi è gravemente ammalato, e che si ritrova a centellinare ogni momento «non per “fare” ma per “vivere”, per indirizzare la propria vita alla sola cosa che conta, l’amore per Dio e per gli altri». C’è chi ha figli a iosa e una nidiata di nipoti, e che cerca ancora «il Dio dell’amore e non della giustizia vendicativa», perché «da queste parti bisogna essere rivoluzionari per seguire Gesù. Dio dà molto, ma esige anche tanto». Maria Voce, udendo tutte queste vicende personali e comunitarie, avanza l’idea della promozione di una “cultura della fiducia” e non del sospetto. Ciò vale ovviamente per il movimento: «Si tratta di avere fiducia assoluta nell’altro, nel fratello: l’altro vuole quello che io voglio, cioè l’unità. Quel che ognuno fa non lo fa per farsi ammirare, farsi valere o primeggiare. Lo fa per l’unità. Ognuno lavora in modo diverso ma, diversamente da me, lavora anch’egli per l’unità. Affidarsi a Dio e fidarsi dell’altro è quindi imperativo. Vuol dire credere che Dio sta lavorando: non gli servono persone perfette, ma quelle persone di cui lui ha bisogno». «Promuovere questa “cultura della fiducia” – confida una giovane honduregna – vale quindi in chi si riconosce nello spirito dell’unità; ma, a ben guardare, vale anche per tutta la società centroamericana, in cui la fiducia dell’altro, proprio per via dell’insicurezza generalizzata, sembra un lusso, un rischio eccessivo: bisogna al contrario diffidare dell’altro, bisogna sospettare di chiunque bussa alla porta o chiede un favore». Bisogna arrivare a comportarsi come Gregorio, che pregava per i suoi assalitori… Maria Voce e Giancarlo Faletti, rispondendo alle domande dei presenti, hanno pure sottolineato l’importanza di una profonda inculturazione del carisma dell’unità nelle culture mesoamericane, così come in ogni cultura; inculturazione che passa non tanto e non solo dallo studio che gli europei, iniziatori del Movimento, possono fare di questa o quella cultura, quanto attraverso le persone locali toccate dallo stesso carisma, che lo esprimeranno vissuto ed elaborato a confronto con la loro tradizione. Così è la fiducia che prende il posto del sospetto, che scalza ogni spirito colonialista. (altro…)