Chiara Lubich e l’amore nella Chiesa

Chiara Lubich con l’Arcivescovo di Canterbury Donald Coggan (1977)

Pfarrer Hess
Evangelii Gaudium, un commento di Maria Voce
Cosa intende Papa Francesco per “Chiesa-comunione”? Si può ravvisare nei 4 punti dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium sul No alla guerra tra di noi. La frase-chiave che lo spiega, – afferma Maria Voce – è contenuta nel punto 99: “Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa”. Questa richiesta – continua la presidente dei Focolari nel suo commento – è fatta «ai cristiani, a coloro che si trovano in tutte le comunità, e quindi alla Chiesa». Una richiesta che essi diano nelle varie comunità in cui si trovano, «una testimonianza di amore reciproco, di comunione fraterna». Ma di quali comunità parla il Papa? Secondo Maria Voce si potrebbe pensare in prima battuta a dei gruppi particolari, ma vi ravvisa invece uno sguardo più ampio: «possono cioè essere anche cristiani – commenta – che si trovano in comunità non cristiane o in comunità dove ancora si deve cominciare l’annuncio del Vangelo; o che si trovano riuniti insieme in un convento, in un’associazione, in una famiglia». Perché questa richiesta? «Lo spiegano le sue due ultime parole: “Che diventi (questa comunione fraterna) attraente e luminosa”. Sotto c’è sempre l’ansia dell’evangelizzazione, che sia una “prima” evangelizzazione o che sia “nuova”: la comunione fraterna fra i cristiani deve essere capace di attrarre con la sua semplice testimonianza». Una visione che viene resa in modo concreto: il Papa «invita a cominciare. Cominciamo col pregare per quella persona che in questo momento ci sta antipatica, che non vorremmo amare. Invita a fare un primo passo, anche minimo, anche semplicemente quello di ricordarlo nella preghiera. Ciò aiuta a superare ogni ostacolo vivendo la comunione fraterna… ciò rende possibile anche a coloro che sono distrutti da odi e rancori, che hanno sofferto per inimicizie e tradimenti, un “gioioso ritorno”». Gioia come caratteristica che, fin dal titolo, pervade tutta l’esortazione apostolica: «il Vangelo – commenta Maria Voce – si testimonia nella gioia». Quali possono esserne gli impedimenti? Maria Voce ritorna al paragrafo precedente: l’ostacolo «è la mondanità spirituale che “consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale” (93). Egoismo, quindi, guardare a sé stessi invece che a Dio, e agli altri; cercare la sicurezza nelle cose di questa terra, nel denaro, nel potere, nelle raccomandazioni, piuttosto che nell’affidarsi completamente a Dio». Essa «impedisce alla radice ai cristiani di avere fra loro una comunione fraterna». «Il Papa stigmatizza particolarmente le contese e le invidie, le gelosie che possono nascere fra cristiani, specialmente se sono all’interno di comunità religiose o di comunità di persone in qualche modo impegnate nella via della testimonianza del Vangelo». Dalle parole del Papa, deduce la presidente dei Focolari, non è possibile pensare di evangelizzare in questo modo: «Non c’è alcuna possibilità di fecondità, se da queste comunità cristiane non parte una testimonianza autentica di amore fraterno». Infine, una confidenza: «Mi è tornato alla mente un pensiero di Chiara Lubich: “A noi – diceva a degli animatori parrocchiali nel 2005 – il Signore ha donato un carisma per il mondo di oggi, il carisma dell’unità. Sono sicura che esso può aiutare anche le comunità parrocchiali a rinnovarsi, a diventare quello che dovrebbero essere: Chiesa viva, dove tutti trovano Gesù. Sentiamo allora la responsabilità d’aver ricevuto un tale dono di Dio e abbiamo il coraggio di diffondere la spiritualità dell’unità, specialmente ora che Giovanni Paolo II l’ha lanciata per tuttala Chiesa come ‘spiritualità di comunione’ (NMI 43)”». Anche oggi quindi, l’invito ad «essere coscienti che siamo portatori di un carisma e possiamo contribuire a tessere legami di comunione fraterna in tutte le comunità dove ci troviamo, sia all’interno del nostro Movimento e sia fuori». Fonte: Città Nuova online (altro…)
Maria Voce, donne, Chiesa e pari dignità
A chiederle se le dispiace di non poter essere un sacerdote, lei che è una delle donne più influenti della Chiesa, si fa una risata sommessa: «Guardi, conosco pastore evangeliche legate al Movimento, amiche e donne eccezionali che fanno molto bene nelle loro chiese, però io non ho mai pensato che la possibilità di diventare sacerdote aumentasse la dignità della donna. Sarebbe solo un servizio in più. Perché il punto è un altro: come donne, quello cui dobbiamo tendere, mi sembra, è vedere riconosciuta la pari dignità, la pari opportunità nella Chiesa cattolica. Servizio e non servitù, come dice lo stesso Papa Francesco…». Maria Voce guida dal 2008 i Focolari, due milioni e mezzo di aderenti in 182 Paesi, l’unico movimento guidato per statuto da una donna. È succeduta alla fondatrice, Chiara Lubich, che la chiamava «Emmaus» ed è sepolta poco distante, nella piccola cappella del centro mondiale di Rocca di Papa, con la vetrata che guarda tra i pini la sua casa e, di fronte alla lapide, un mosaico a rappresentare Maria come Madre della Chiesa. Il 7 dicembre saranno passati 70 anni dalla «consacrazione a Dio» di Chiara. Una donna laica che anticipò diversi temi del Concilio. «La Chiesa come apertura, comunione, amore reciproco…». Quale è oggi il ruolo delle donne nella Chiesa, e quanto sono ascoltate? «Il ruolo è quello di ogni essere umano, uomo o donna, che appartiene alla Chiesa come corpo mistico di Cristo. Come venga considerato da altri, invece, è una cosa un po’ diversa. Mi pare che le donne non abbiano ancora molta voce in capitolo. Tante volte si riconoscono loro i valori di umiltà, docilità, flessibilità, però un po’ ci si approfitta di questo. Il Santo Padre, del resto, ha detto che gli fa pena vedere la donna in servitù, non la donna a servizio: il servizio è una parola chiave del suo pontificato, ma in quanto servizio d’amore. Non nel senso di servizio perché sei considerata inferiore e quindi sottomessa. In questo credo ci sia ancora da fare». Il Papa ha detto che bisogna pensare una «teologia della donna». Che significa, per lei? «Io non sono una teologa. Ma il Papa ha dato il titolo: “Maria è più grande degli apostoli”. È bello che lo dica, è molto forte. Però da questo deve venire fuori la complementarietà. La partecipazione anche al magistero, in un certo senso…». In che senso? «Chiara pensava Maria come il cielo azzurro che contiene il sole, la luna e le stelle. In questa visione, se il sole è Dio e le stelle i santi, Maria è il cielo che li contiene, che contiene anche Dio: per volontà proprio di Dio che si è incarnato nel suo seno. La donna nella Chiesa è questo, deve avere questa funzione, che può esistere solo nella complementarietà con il carisma petrino. Non può esserci soltanto Pietro a guidarela Chiesa, ma ci deve essere Pietro con gli apostoli e sostenuto e circondato dall’abbraccio di questa donna-madre che è Maria». Gian Guido Vecchi Fonte:Corriere della Sera, 30.11.2013
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Una fanciulla di nome Maria
«La rivoluzione sociale, all’inizio di una nuova era, cominciò da una fanciulla quindicenne. Ma una rivoluzione integrale, tale cioè che comprendesse non solo il corpo, ma anche lo spirito, non solo il tempo, ma anche l’eternità. Questa fanciulla si chiamava Maria. Un’ebrea d’un villaggio squalificato, da cui si credeva che non potesse uscire nulla di bene: Nazareth. Al principio del grande mutamento ci fu dunque una donna. Viveva in un tugurio, conosceva la miseria delle famiglie stipate in grotte e viventi tra sacrifici. Partecipava la profonda, impetuosa sete e fame di giustizia sociale del suo popolo. Nel seno di questa fanciulla germogliò l’artefice della rivoluzione sociale. Il figlio di Dio stava per nascere uomo, quale figlio di Maria. La purezza perfetta si stava incarnando col sangue puro di quella stessa purezza, nella persona di lei tutto era degno, e non poteva esserci in lei ombra di colpa originale. Ora questa fanciulla, che in se stessa già significava la più sbalorditiva rivoluzione, essendo la più umile delle creature era stata scelta alla più alta delle mansioni, ed essendo la più ignota delle donne doveva divenire la donna più invocata dalle generazioni. Ancella umile e, nello stesso tempo cuore forte. Si appoggia alla potenza di Dio. È la donna perfetta: la donna completa. Senza macchia e senza paura. Pronta al sacrificio, ma sicura della giustizia, tutta amore e perciò tutta libertà. La sua bellezza ha avvolto la donna di luce nuova, che nella sua scia si è rilevata. La Madonna ha innalzato nei secoli la donna, ha messo in una luce divinizzante la funzione della madre. La sua maternità dolce è così universale che in ogni tempo i popoli l’hanno chiamata Nostra Donna – Nostra Signora. Dopo che il Padre mise tra noi la Madre, la convivenza prese un’aria di casa, e lo starci è una festa. Poiché la degenerazione dell’umanità cominciò con una donna, quando il Creatore volle purificare gli uomini scelse ancora una donna, e da lei ricominciò. Scelse Maria di Nazareth, una donna senza macchia». Igino Giordani in: Le Feste, Società Editrice Internazionale, 1954. (altro…)
Un messaggio di unità da Gerusalemme
Portare nella propria diocesi e nella propria Chiesa la ricchezza dell’esperienza fatta: questo l’intento dei 33 vescovi ortodossi, di antiche Chiese orientali, anglicani, metodisti, luterani e cattolici di diversi riti, al termine del 32° Convegno ecumenico promosso dal Movimento dei Focolari e svoltosi a Gerusalemme dal 18 al 22 novembre. Ad esplorare il tema del convegno “La reciprocità dell’amore tra i discepoli di Cristo” hanno contribuito approfondimenti teologici e spirituali, ma anche un fraterno e sincero scambio di esperienze tra i vescovi. Momento centrale dell’incontro: un patto stretto tra loro di tendere costantemente a vivere rapporti improntati al Comandamento Nuovo: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”, perché“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete l’amore gli uni per gli altri” (Gv 13,31-35). Il luogo scelto, molto significativo: la chiesetta “In Gallicantu” che costeggia il sentiero che porta dal Cenacolo al torrente Cedron, secondo la tradizione percorso da Gesù dopo l’ultima cena. Legato, quindi, a quel suo comandamento dell’Amore e alla preghiera al Padre per l’unità dei suoi. Il Patriarca latino S. B. Faoud Twal, ha salutato un gruppo di vescovi durante la preparazione del Convegno. Di rilievo anche l’incontro con il Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III. Egli ha considerato la venuta dei vescovi a Gerusalemme una benedizione. “Per i cristiani della Terra Santa – ha sottolineato – è un incoraggiamento incontrare vescovi uniti, pur di diverse Chiese. È anche un sostegno forte per noi, perché segno palese che non siamo dimenticati. Voi non solo parlate di dialogo ma siete un dialogo vivo”. Si sono approfonditi i due recenti documenti varati in ambito ecumenico: “La Chiesa: verso una visione comune” della commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese, e il documento della commissione congiunta delle Chiese luterana e cattolica: “Dal conflitto alla comunione”, in vista del giubileo dei 500 anni della Riforma. I vescovi sono stati informati anche dell’esperienza di comunione e collaborazione nella rete di Insieme per l’Europa che vede il convergere di circa 300 movimenti e comunità cristiane di varie Chiese attorno ad attività comuni, nel rispetto delle rispettive peculiarità. Insieme per l’Europa è ritenuta da specialisti una reale speranza perché espressione del cosiddetto ecumenismo della vita, che il Concilio ha ritenuto la base di ogni altro tipo di ecumenismo. Il 21 novembre: i vescovi hanno reso partecipi della loro esperienza di comunione, ormai decennale, i 120 presenti, tra cui personalità religiose, rappresentanti di movimenti e comunità delle varie Chiese presenti in Terra Santa. Sono venuti a conoscenza a loro volta di iniziative costruttive, promosse spesso da laici, per migliorare i rapporti tra le Chiese e con le comunità non cristiane del loro Paese. Ogni giorno la visita a qualche luogo sacro, ha reso presente la vita di Gesù. In particolare a Betlemme, dove si era radunata anche la comunità locale del Movimento dei Focolari, che – come ha affermato Helmut Sievers – “ha fatto sperimentare a tutti la luminosa presenza del Salvatore nel mondo d’oggi”.
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