Mar 24, 2013 | Chiesa, Spiritualità
«Fu la passione, liberamente incontrata, a provare a Dio e agli uomini l’amore onde Cristo ci ama, cioè ci vivifica. Soffrendo, provò la sua umanità. Amandoci, provò la sua divinità. Dopo di allora, sempre l’umano si divinizza se trasforma il dolore in amore. Questo il miracolo inaudito di un Dio che soffre, dalla nascita in una grotta a una vita randagia, a una morte orrenda… La via di Cristo, che egli ci insegna e la quale dobbiamo seguire se vogliamo ricevere vita di grazia, è vivere il Vangelo accogliendo i dolori e con essi conformarci con Lui. Ciò vuol dire che amare non è un’operazione di delizie. Dover dare anche quando proprio il dare procura amarezza, questo è amare come Cristo ci ha amati. Se uno, nell’amare, cerca soddisfazioni, vuol dire che pensa a sé, ama sé. Ama le creature, non per loro e meno ancora per Iddio, ma per sé. L’amore è dono e appartiene al sacrificio. Amore e dolore reagiscono l’uno sull’altro. Uno è la maggior sensibilizzazione per l’altro. Sempre naturalmente se si tratta di movimenti guidati dalla grazia divina. Che vuoi costruire progetti di stabilità sugli uomini, quando i loro umori mutano dalla sera al mattino, quando i tuoi umori, e talora la visione della vita, mutano per ragioni di digestione o dopo una lettura o conversazione? In te stesso, nei tuoi nervi, nella tua mutevolezza fisica, hai l’instabilità. Quando hai bisogno di agire, forse sei stanco, quando hai bisogno di dormire, forse sei insonne. E non puoi appoggiarti alle tue doti naturali, alla cultura e agli affetti perché mutano anch’essi, alternando la fiducia alla sfiducia, la luce all’ombra, la pace all’ira. E neppure gli uomini ti offrono una base, in famiglia trovi forse caratteri che non si confanno al tuo, esistenze chiuse in sé o aperte su altri orizzonti. Trovi la festa forse quando tu sei triste, lo scherno per la tua fede, l’incomprensione dei tuoi sacrifici, mutevolezze, incoerenze… Uscendo dalla famiglia, poi, la terra ti frana sotto i piedi. Il denaro ti può dare il pane per nutrirti, ma non la pace per placarti. Tra gli amici, tradimento e incomprensione, se sei povero ti sfuggono, se sei ricco ti tradiscono. Quando ne hai bisogno, non hanno forza né voglia di sorreggerti. E così la tua vita è un pensare la notte a cercare sostegni nel giorno, è un vedere il giorno oscurarsi la speranza sotto la notte di delusioni. E così il tempo passa. Troverai la verità solo in Dio, è la sola stabilità, il solo che non passa; e la ressa esterna e la fantasmagoria di paesaggi e personaggi che mutano, se c’è Dio, non ti sorprende e non ti prende, tu resti ancorato all’Eterno. Passa la scena del mondo, Dio resta». Igino Giordani, Il Fratello, (Città Nuova, aprile 2011, III edizione Figlie della Chiesa 1954) (altro…)
Mar 22, 2013 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Tra le sfide che la Chiesa cattolica si trova ad affrontare oggi, c’è la diminuzione delle vocazioni sacerdotali che rende arduo lo svolgimento delle mansioni tradizionalmente riservate al parroco. D’altra parte il Concilio vaticano II ha conferito grande dignità ai laici, ha aperto varchi all’azione concreta di fedeli che, nell’ambito parrocchiale, hanno affiancano e talora sostituiscono l’attività del sacerdote laddove possibile. Ecco alcune esperienze maturate in Austria in alcune parrocchie cattoliche, dove ci sono membri del Movimento parrocchiale dei Focolari: Traunkirchen, 80 km da Linz. Brigitte fa parte di un piccolo gruppo pastorale incaricato di una parrocchia. Si occupa di liturgia e del servizio ai malati. A questo gruppo è affidata l’intera gestione poiché il parroco non è presente e deve assicurare i servizi ecclesiastici in 5 parrocchie. Un ruolo non facile perché i gruppi pastorali sono una novità anche in Austria dove il primate di Vienna, Card. Schönborn, da pochi anni ha lanciato le “unità pastorali’ per dare più responsabilità ai laici. Così i sacerdoti sono più liberi per le mansioni di loro esclusiva competenza. Rif, una frazione della città di Hallein nella provincia di Salisburgo, periferia della grande città. Qui è stato necessario costruire una nuova chiesa perché la comunità cristiana è in crescita. Un sacerdote, una suora e un assistente pastorale si prendono cura di 3 parrocchie, in una “unità pastorale” che si intreccia in armonia. E pensare che una di esse è appena nata mentre le altre accolgono da secoli l’alta borghesia di Salisburgo. Gabi, a Vienna, è assistente pastorale e fa tutto ciò che è necessario per portare avanti la parrocchia. Fa parte del Consiglio pastorale ed ha portato un entusiasmo nuovo e contagioso organizzando gruppi dove si scambiano esperienze sulla parola di Dio.
Maria Rudorf, ha lasciato un lavoro stabile e interessante in un negozio per mettersi a disposizione di una comunità di sacerdoti. Con loro per tanti anni ha aiutato a portare avanti la parrocchia e adesso che i sacerdoti sono cambiati ed è arrivato uno di diversa nazionalità, lo aiuta ad integrarsi e ad entrare nella cultura europea. Persone impegnate, tasselli di una comunità cristiana che fanno la Chiesa viva. Qui non si ha l’impressione di una Chiesa in diminuzione, come dicono le statistiche, ma di una Chiesa che cresce, matura, che ha tanto da dare alla società e alla umanità di oggi. (altro…)
Mar 20, 2013 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità
Papa Francesco ha pronunciato parole forti durante la messa d’inizio del suo ministero petrino: Una di queste è servizio. Come è risuonata a te? «È risuonata esattamente come, quanti facciamo parte del Movimento dei Focolari, dovremmo vivere il nostro compito, qualsiasi esso sia. Un servizio davvero, ma un servizio d’amore. E colui che serve per amore, ricordava Chiara Lubich, si può anche dire che “regni”. Non si tratta di un servizio che abbassa o umilia, bensì dell’atteggiamento proprio di chi si dona completamente per amore. Chi si comporta così mette gli altri al proprio posto e li pone in condizione di essere quelli che devono essere. Da questo deriva che servizio e regalità si richiamano a vicenda». Un’altra parola di papa Francesco, per dire la quale ha alzato la voce, è stata prendersi cura dei poveri. C’è qualcosa da rivedere nel Movimento dei Focolari? «Non possiamo stare solo ad osservare papa Francesco. Sento che dobbiamo guardare dentro di noi, farci un esame di coscienza in modo da fare uso, con sobrietà, solo di quello che ci è veramente necessario, mettendo a disposizione degli altri quanto possiamo: tutto quello che possiamo dare. Allo stesso tempo mi è sembrato di percepire nelle parole del Papa l’eco di una povertà che non è solo materiale, ma che comprende chi si trova solo, chi si sente incompreso, chi è abbandonato, chi non conosce Dio ma ne ha bisogno e magari non lo sa. Di fronte a queste e altre povertà credo che ognuno di noi debba domandarsi: cosa posso fare io? Il Movimento dei Focolari sta sottoponendosi a un esame di coscienza, cercando di convertirsi a una nuova misura di amore, di donazione, di servizio. C’è sempre possibilità di crescita in questo senso». A cura di Victoria Gómez Leggi stralci dei messaggi di Maria Voce a Benedetto XVI e a Papa Francesco (altro…)
Mar 19, 2013 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Abbiamo ascoltato nel Vangelo che «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). In queste parole è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa […]. Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l’amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazareth, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù. Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio […] Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro […]. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio! E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce […]. Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi! […] Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza! […] Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. […] Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire! […]». Leggi il testo integrale (altro…)
Mar 17, 2013 | Chiesa, Spiritualità
L’elezione di papa Francesco è un grande segno in continuità con ciò che ha lasciato alla Chiesa Benedetto XVI, rinunciando al ministero di vescovo di Roma. In continuità, perché con la scelta del nome di Francesco, per la prima volta nella storia della Chiesa, il nuovo papa, evidentemente, ha voluto mettere il suo ministero nella luce profetica della testimonianza evangelica di Francesco d’Assisi. Il fatto che il papa si sia riferito alla fratellanza, fratellanza da vivere, è un segno forte di questa volontà di seguire lo spirito più autentico del Vangelo nel nostro tempo. Mi pare anche molto significativo il fatto che egli abbia voluto rivolgersi innanzitutto alla Chiesa di Roma come suo vescovo e pastore, e da qui estendere il suo saluto a tutte le Chiese e a tutte le persone di buona volontà. Anche il gesto di voler chiedere al popolo di Roma l’intercessione della sua preghiera per ricevere la benedizione da Dio, prima di impartire lui stesso la benedizione, ha un significato profondamente evangelico e ci richiama allo spirito del Vaticano II, che ha messo al centro della visione della Chiesa il “popolo di Dio”, la comunità dei credenti. Sottolineerei inoltre lo stile se così posso dire laico, per nulla clericale, con cui si è rivolto alla gente raccolta in piazza San Pietro con un semplice “buonasera” e poi con un “buonanotte e buon riposo”. Anche il richiamo alla fiducia reciproca è importante, perché dice un metodo di servizio pastorale e un annuncio: papa Bergoglio sembra cioè voler affrontare le grandi sfide che attendono il vescovo di Roma, per una riforma della curia e per un rilancio dell’evangelizzazione, come egli stesso ha detto, a partire da Roma e poi in tutto il mondo. Ha colpito altresì la sua promessa di volersi recare a pregare Maria per mettere il pontificato sotto il manto della madre del Bell’amore e della misericordia. Papa Bergoglio è un gesuita, e quindi ha esperienza diretta di un grande carisma che ha illuminato la vita della chiesa nella modernità. E si è voluto chiamare Francesco, che è il carismatico per eccellenza. Sembra voler così unificare il ministero di Pietro con l’amore e la profezia che la Chiesa sperimenta nella sua storia attraverso i carismi. Questo primo incontro con la sua Chiesa e la Chiesa universale è certamente un segno grande di speranza per i cattolici, ma anche per i cristiani e per tutta l’umanità. Come ci ha chiesto, ci uniamo anche noi nella preghiera per vivere nell’unità questo passo nuovo di speranza e di impegno che oggi ci è chiesto, perché il Vangelo possa essere lievito e sale nel nostro tempo. Di Piero Coda Fonte: Città Nuova online (altro…)
Mar 16, 2013 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Spiritualità
«…Sogno, nella nostra Chiesa, un clima più aderente al suo essere Sposa di Cristo; una Chiesa che si mostri al mondo più bella, più santa, più carismatica, più conforme al modello Maria, quindi mariana, più dinamica, più familiare, più intima, più configurata a Cristo suo Sposo. La sogno faro dell’umanità. E sogno in essa una santità di popolo, mai vista. Sogno che quel sorgere – che oggi si costata – nella coscienza di milioni di persone d’una fraternità vissuta, sempre più ampia sulla terra, diventi domani, con gli anni del 2000, una realtà generale, universale. Sogno con ciò un retrocedere delle guerre, delle lotte, della fame, dei mille mali del mondo. Sogno un dialogo d’amore sempre più intenso fra le Chiese così da far vedere ormai vicina la composizione dell’unica Chiesa. Sogno l’approfondirsi d’un dialogo vivo e attivo fra le persone delle più varie religioni legate fra loro dall’amore, “regola d’oro” presente in tutti i loro libri sacri. Sogno un avvicinamento e arricchimento reciproco fra le varie culture nel mondo, sicché diano origine a una cultura mondiale che porti in primo piano quei valori che sono sempre stati la vera ricchezza dei singoli popoli e che questi s’impongano come saggezza globale. Sogno che lo Spirito Santo continui a inondare le Chiese e potenzi i “semi del Verbo” al di là di esse, cosicché il mondo sia invaso dalle continue novità di luce, di vita, di opere che solo Lui sa suscitare. Affinché uomini e donne sempre più numerosi s’avviino verso strade rette, convergano al loro Creatore, dispongano anima e cuore al suo servizio. Sogno rapporti evangelici non solo fra i singoli, ma fra gruppi, movimenti, associazioni religiose e laiche; fra i popoli, fra gli stati, sicché si trovi logico amare la patria altrui come la propria. E’ logico il tendere a una comunione di beni universale: almeno come punto d’arrivo. Sogno un mondo unito nella varietà delle genti… Sogno perciò già un anticipo di cieli nuovi e terre nuove come è possibile qui in terra. Sogno molto, ma abbiamo un millennio per vederlo realizzato». (tratto da Chiara Lubich, Attualità leggere il proprio tempo (a cura di Michele Zanzucchi), Città Nuova Editrice, Roma 2013) (altro…)