Dic 8, 2015 | Chiesa, Spiritualità
Abbiamo ancora negli occhi le immagini giunte dalla sofferta Bangui, capitale della Repubblica Centro Africana, dove papa Francesco, dimostrando grande coraggio, ha voluto aprire la prima “Porta della Misericordia”. In quel 29 novembre, così si esprimeva: «Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa terra. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra. Bangui diviene la capitale spirituale della preghiera per la misericordia del Padre». E in riferimento alla data scelta dell’8 dicembre, il Papa spiega nella Bolla che «Questa festa liturgica indica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra storia. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cfr Ef 1,4), perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono. La misericordia sarà sempre più grande di ogni peccato, e nessuno può porre un limite all’amore di Dio che perdona». «Nella festa dell’Immacolata Concezione – continua Francesco – avrò la gioia di aprire la Porta Santa. Sarà in questa occasione una Porta della Misericordia, dove chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza». Ma non c’è solo la sorprendente novità di aprire la prima “porta santa” nella lontana Bangui, perché Francesco desidera che se ne aprano tante, in tutto il mondo, per dare a tutti i cristiani la possibilità di attraversarla con gli stessi effetti di rinnovamento interiore di chi lo farà a Roma, centro della cristianità. Infatti il Papa prosegue nella “Bolla” indicando che «la domenica successiva, la Terza di Avvento, si aprirà la Porta Santa nella Cattedrale di Roma, la Basilica di San Giovanni in Laterano. Successivamente, si aprirà la Porta Santa nelle altre Basiliche Papali. Nella stessa domenica stabilisco che in ogni Chiesa particolare, nella Cattedrale che è la Chiesa Madre per tutti i fedeli, oppure nella Concattedrale o in una chiesa di speciale significato, si apra per tutto l’Anno Santo una uguale Porta della Misericordia». La vorrebbe anche nei Santuari, nelle mete di tanti pellegrini, e in tutti quei «luoghi sacri che spesso sono toccati nel cuore dalla grazia e che trovano la via della conversione». Ogni Paese, quindi, sarà direttamente coinvolto «a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rinnovamento spirituale». Il Giubileo, pertanto, sarà celebrato a Roma «così come nelle Chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa». Leggi il testo completo: Bolla (altro…)
Dic 5, 2015 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Cosa ti ha spinto a diventare sacerdote? Chiede una tredicenne a Don Marco, nel corso di un’intervista informale sui tanti “fioretti” che hanno costellato i suoi anni di vita e di sacerdozio. «A me non interessava tanto diventare sacerdote. Ho chiesto solo un consiglio a delle persone che conoscevano il mondo, più di me, che erano più adulti, per capire di cosa c’era più bisogno, oggi, nell’umanità. Potevo essere un insegnante, ingegnere, mi piaceva fare anche l’architetto, o viaggiare. Mi piacevano tante cose. E a scuola andavo bene. Erano gli anni del boom economico e avevo tutte le possibilità. Ero indeciso perché avevo una borsa di studio all’università, ma volevo essere utile. Ho preso così appuntamento con il Vescovo. Volevo chiedergli cosa ne pensasse, cosa serviva di più all’umanità. Lui era così indaffarato che non ha avuto il tempo di parlare con me, sono stato da solo per ore, tanto che ho pensato: “sicuramente l’umanità non ha bisogno di me, ma forse neanche la chiesa ha bisogno di me, ma chi te l’ha detto che sei così importante? Forse non valgo niente… però amo Gesù, lo amerò sempre, anche se dovessi essere inutile”. Quando finalmente il Vescovo ha trovato il tempo di parlare con me e mi ha chiesto cosa volessi, non volevo più niente! E allora gli ho detto che forse potevo collaborare… Lui era sorpreso, indeciso, ma alla fine mi ha detto: “Ieri ho posto la prima pietra di una chiesa. Quando questa chiesa fra sei anni sarà finita, non c’è nessun sacerdote. Vuoi fare tu il parroco di quella chiesa?”. Ma la mia esperienza era stata di una scelta di Dio prima, cioè non di fare il sacerdote, ma di seguire Dio e di amare Gesù, anche dovessi essere inutile, tanto Gesù qualcosa te la fa fare sicuramente». (Don Marco – Italia) (altro…)
Dic 2, 2015 | Chiara Lubich, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità

Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e il card. Kurt Koch – (C) CSC Audiovisivi
Le ultime due giornate dell’incontro ecumenico dei vescovi amici dei Focolari hanno avuto come centro il Patriarcato greco-ortodosso, sede del Patriarca Bartolomeo I, per partecipare alla festa di sant’Andrea. Siamo nel quartiere Fanar, in greco, Fener, in turco, che si affaccia sul Corno d’oro. La parola Fanar risale all’epoca bizantina e deriva dalla parola greca “lanterna”, uno strumento utile per la navigazione. Da 1700 anni il Patriarcato è punto di riferimento per gli ortodossi che oggi sono circa 300 milioni di persone in tutto il mondo. Il termine ortodosso è stato adottato agli inizi del IV secolo dopo Cristo per distinguere i veri cristiani, con una retta dottrina, dagli eretici che seguivano il monofisismo, varie dottrine teologiche che negano la duplice natura, divina e umana, del Cristo. Lo scisma si consumò nel 1054, ma, in realtà è una storia molto più complessa e la separazione non avvenne in un unico momento ma in un lungo asse temporale che ebbe il suo culmine nel 1204 al tempo della IV Crociata quando la Costantinopoli cristiana fu saccheggiata dai propri fratelli nella fede diretti in Terra Santa. È domenica 29 novembre pomeriggio, la gente arriva alla spicciolata, alcune donne con il velo colorato, un foulard, per coprire il capo. Non sono solo ortodossi di Istanbul ma anche greci, russi. La mattina era stata uggiosa e con una leggera pioggia, ora, si è alzato un po’ di vento ed è uscito il sole. Fa impressione vedere schierati 35 vescovi di 16 chiese diverse dentro la Chiesa di San Giorgio, dal 1600 elevata a chiesa cattedrale del patriarcato Ecumenico. È la prima volta che partecipo ad una liturgia ortodossa. Il coinvolgimento avviene con tutti i sensi. Gli occhi sono estasiati dai vivi colori delle icone, dagli interni dorati, dall’alternarsi di buio e di luce, dal fuoco delle candele. È un fiume di luce, riflessi, bagliori. L’udito è stimolato dalle cantilene in greco antico, dai canti, dall’eco del turibolo che conducono nel mistero della preghiera. L’olfatto è provocato dall’incenso che penetra nel profondo, inebria, profuma l’anima. Il gusto è provato dall’Eucaristia e dal pane “antidòro”, che vuol dire “al posto dell’Eucaristia”. È un pezzo di pane benedetto che viene distribuito alla fine della celebrazione. Il tatto si consuma nel bacio ripetuto alle icone, nel toccare con le dita le urne dei santi, nel saluto al Patriarca. Lo scopo sia dei vespri della domenica pomeriggio, sia della lunga liturgia, quattro ore, di lunedì 30 novembre, festa di sant’Andrea è non di recitare delle preghiere, ma di diventare preghiera, come diceva Origene: «Tutta la nostra vita dovrebbe essere una preghiera estesa e ininterrotta». Nel prendere la parola, il Patriarca Bartolomeo mette in parallelo Andrea, il fratello di Pietro, il “primo chiamato” e Chiara Lubich, la “prima chiamata” al carisma dell’unità. «Non abbiamo il diritto di scoraggiarci – ha concluso – di fronte al rumore di tanti orrori che vengono perpetrati lungo le vie del mondo, abbiamo invece il dovere di annunciare a tutti che solo il dialogo, la comprensione, l’atteggiamento positivo che proviene dalla nostra fede in Cristo può vincere. Il santo apostolo Andrea non ha avuto dubbi nell’incontrare il Maestro, e neppure Chiara ha avuto dubbi nell’affidarsi a Lui. Così anche noi, consci tutti delle nostre responsabilità, non abbiamo dubbi della via su cui siamo incamminati, nell’incontro tra le nostre Chiese, nell’incontro con le fedi, nell’incontro con la umanità che soffre, perché solo l’Amore può vincere, e le porte degli Inferi non prevarranno su di esso». È un riconoscimento pubblico del ruolo avuto da Chiara nel cammino ecumenico. Un carisma che ha stimolato anche Bartolomeo I molto attivo nel campo dell’ecumenismo con i suoi recenti viaggi in Italia, Inghilterra, Belgio, Bulgaria. Gli chiediamo il motivo del suo incessante lavoro per l’unità. «Perché è la volontà del Signore ‒ risponde Bartolomeo I ‒, Gesù stesso ha pregato il Padre per l’unità di tutti i credenti. La sua preghiera, la sua volontà è un comandamento per noi. Noi dobbiamo pregare e lavorare per la realizzazione di questa divina volontà. L’unità sarebbe così anche un contributo per la pace nel mondo, per la fratellanza tra le nazioni. E oggi il mondo ne ha bisogno più che mai”. Dall’inviato Aurelio Molè (altro…)
Dic 2, 2015 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Ecumenismo della carità, della verità, pratico, spirituale sono le quattro dimensioni del cammino ecumenico secondo papa Francesco. Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, con un ampio, profondo, dettagliato intervento delinea l’obiettivo della piena unità delle chiese come prospettiva del dialogo ecumenico. Secondo papa Francesco, in linea con i suoi predecessori, “le divisioni sono uno scandalo, l’impegno ecumenico deve mirare infine alla celebrazione comune dell’Eucaristia e l’unità si realizza sempre nella diversità riconciliata”. L’unità è un processo avviato, è un cammino, la sua profonda convinzione ecumenica si basa sul fatto che: “L’unità non verrà come un miracolo alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino”. Al primo posto il Papa non mette il dialogo teologico ma l’incontro fraterno nelle parole e nei gesti, nutrito di carità, fratellanza, amicizia, tramite l’incontro diretto di cristiani di diverse chiese perché “la verità è un incontro, un incontro tra persone. La verità non si fa in laboratorio, si fa nella vita, cercando Gesù per trovarlo”. Il dialogo teologico è importante ma lo intende come uno “scambio di doni”, che non è “un mero esercizio teorico”, ma permette “di conoscere a fondo le reciproche tradizioni per comprenderle e, talora, anche per apprendere da esse”. Soprattutto si può collaborare in modo pratico: pregare insieme, lavorare insieme, cercare la pace, custodire il creato, aiutare i poveri, difendere la libertà religiosa, il matrimonio e la famiglia. Ma l’unità non è frutto di uno sforzo comune, “è primariamente un dono di Dio per il quale dobbiamo incessantemente pregare”. Ecco allora l’ecumenismo spirituale e i cristiani devono pregare gli uni per gli altri. Sono molti oggi i cristiani perseguitati. Perché il Papa mette molto in evidenza l’importanza dell’ecumenismo del sangue? “Dobbiamo essere consapevoli che l’80 % degli uomini perseguitati nel nome della fede nel mondo sono cristiani. Ci sono più persecuzioni oggi che nei primi secoli del cristianesimo. È un fatto che deve provocare una grande solidarietà tra tutte le chiese perché i martiri non sono perseguitati perché cattolici, armeni, ortodossi, anglicani, pentecostali, luterani, ma perché sono cristiani. Il loro sangue non divide ma unisce. I martiri vivono già la prima comunione in cielo che noi dobbiamo ritrovare sulla terra. Loro ci aiuteranno per il cammino dell’unità”. Dopo 50 anni di preparazione, nel 2016 si svolgerà il Sinodo panortodosso. Che riflessi potrà avere sul movimento ecumenico? “Se le chiese ortodosse ritroveranno un po’ più di unità tra di loro questo sarà un grande aiuto anche per l’ecumenismo e aiuterà anche nel cammino per poter celebrare l’Eucaristia insieme tra cattolici e ortodossi. Sono convinto che il Patriarca Ecumenico Bartolomeo sta dando tutto il suo cuore per questo Sinodo Panortodosso. Come Chiesa cattolica vogliamo aiutare per quanto possiamo e preghiamo intensamente”. Si è concluso il 34° convegno ecumenico dei vescovi promosso dal Movimento dei Focolari. Che apporto possono dare all’unità tra le chiese questo tipo di incontri? “Il ministero del vescovo è un ministero di unità nella propria chiesa e l’unità tra le chiese è, allo stesso tempo, un grande obbligo per tutti i cristiani perché è la volontà del nostro Signore. E tutti i vescovi vogliono essere obbedienti alla volontà di Dio. Incontri come questo possono aiutare a ritrovare l’unità di cui abbiamo molti diversi concetti nelle varie chiese. Cercare un consenso, dialogare è l’impegno più importante in questa stagione dell’ecumenismo. E sono molto grato ai Focolari per questo impegno nell’ecumenismo”. Dall’inviato Aurelio Molè (altro…)
Dic 1, 2015 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa Terra. Una terra che soffre da diversi anni la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra. Bangui diviene la capitale spirituale della preghiera per la misericordia del Padre. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Per Bangui, per tutta la Repubblica Centrafricana, per tutto il mondo, per i Paesi che soffrono la guerra chiediamo la pace!». Sono le parole con cui papa Francesco ha preceduto l’apertura della Porta Santa della cattedrale di Bangui, il 29 novembre, attraversandola, subito dopo, da solo, con un gesto intenso e carico di significati. Mentre il Papa è ancora sul volo di ritorno, abbiamo raggiunto telefonicamente a Bangui Geneviève Sanzé, originaria della Repubblica Centrafricana, membro del Pontificio Consiglio per i laici, e che presta attualmente il suo servizio presso il Centro internazionale dei Focolari, in Italia. « Nessuno poteva immaginare quello che è successo nel popolo, ci ha riportato la gioia, la pace!», esordisce. Eppure le attese erano alte, sia da parte cristiana che musulmana: «Ora viene l’uomo di Dio, si diceva. È la chance suprema che Dio ci manda». Un viaggio rischioso, per motivi di sicurezza, ma «nonostante fossero tutti preoccupati e sia stato scoraggiato in tutti modi, il Papa è voluto proprio venire». «E il popolo sente che è venuto per loro, non per un compito o un evento speciale, ma come un padre che vuole incoraggiare – spiega Geneviève -. È stato dai cristiani, cattolici e protestanti, ma anche dai musulmani. Tutti abbiamo preparato il suo arrivo con entusiasmo, anche se cristiani da una parte, musulmani dall’altra, e il Papa è andato da tutti. Tanti pensavano che fosse meglio che annullasse la visita alla moschea, nel quartiere dove nessun cristiano può entrare. Invece è andato lo stesso. E anche lì è stato straordinario».
Papa Francesco, nella messa allo stadio ha invitato i «cari Centrafricani» a «guardare verso il futuro e, forti del cammino già percorso, decidere risolutamente di compiere una nuova tappa nella storia cristiana del vostro Paese» ed esortando ciascuno ad essere «artigiano del rinnovamento umano e spirituale». Il giorno prima aveva ricordato «l’amore per i nemici, che premunisce contro la tentazione della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine», e ancora che «dovunque, anche e soprattutto là dove regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è Amore». Con queste parole nel cuore, Geneviève racconta di un episodio cui ha assistito con i propri occhi: «Durante la messa è entrato un musulmano, chiaramente riconoscibile, con un cartello con su scritto “Dio è grande”. I cristiani lo hanno applaudito e, andando verso di lui, lo hanno abbracciato. Vogliono vivere quello che il Papa chiede, questa responsabilità nell’amore e nella misericordia; questa porta aperta che ci riporta tutti in quella grazia. E lo hanno dimostrato con quel gesto». «Quando sono arrivata ho trovato cuori duri. Vedere in due giorni il cambiamento che c’è stato nel popolo è stato straordinario. Il gesto del Papa, poi, dell’apertura della Porta Santa, non è stato solo un atto, ma una vita che lui stesso ha testimoniato, nella misericordia con cui è andato verso tutti: ha portato questo amore di Dio a tutti».
«Il discorso della sindaco di Bangui (e presidente dello stato di transizione) – spiega ancora Geneviève – ha messo davanti al Papa tutti i peccati del nostro Paese, non ha tolto la sua responsabilità; ha chiesto perdono a Dio, chiedendo al Papa che, con la sua benedizione, invochi la grazia del perdono sulla nazione. Trovarsi in cattedrale, sapendo tutto quello che è successo, e vedere che proprio qui papa Francesco apre la porta della misericordia, è stato per me veramente eccezionale. Non ha detto tanto, ma ha saputo mettere il dito nel punto più debole, lanciando lì un appello a tutte le nazioni che fabbricano le armi. E ha chiamato Bangui la capitale spirituale del mondo. Sentire che un paese che ha versato così tanto sangue innocente viene chiamato capitale spirituale, è stato vedere Dio che viene incontro». (altro…)
Nov 30, 2015 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Il Santuario Cattolico di Munyonyo dove i primi martiri cristiani del Paese sono stati uccisi
«Tre giorni in Uganda per celebrare la ricorrenza dei Martiri Ugandesi: il Papa è arrivato il 27 novembre, ricevuto dal Presidente dell’Uganda Museveni e dalle autorità religiose guidate dall’Arcivescovo di Kampala Mons. Lwanga e dall’Arcivescovo anglicano Ntagali. Tappa al Santuario Cattolico di Munyonyo dove i primi martiri cristiani del Paese sono stati uccisi nel 1886», riporta Simon, che lavora nel settore vendite di New Vision, gruppo editoriale ugandese, e che – finiti i turni di lavoro – corre in strada o nei luoghi dove si attende il passaggio di Papa Francesco. E poi Namugongo. Lì il papa ha visitato prima il Santuario protestante e incontrato il Reverendo Stanley Ntagali, e mezzo chilometro più avanti, il Santuario cattolico. «Una folla di gente, piena di gioia, aspettava lungo la strada, col cuore colmo d’amore, intonando canti per il Santo Padre», racconta ancora Simon. «C’erano ululati, bandiere, suono di trombe. Alcune donne nella folla piangevano di gioia». «Nel suo appello il Papa ha riconosciuto i martiri anglicani e i martiri cattolici, che hanno dato la loro vita all’opera di Dio, e la cui morte per Cristo testimonia l’ecumenismo del sangue. Sono testimonianze della propria fede in Gesù, anche a costo della vita, molti giovanissimi», commenta Simon. «I martiri dell’Uganda sono i primi martiri dell’Africa moderna e sono dei testimoni, tutti laici, di una fede semplice, ma molto forte», spiega padre Lombardi. Al loro esempio si ispira Francesco parlando ai giovani, e invitandoli a «trasformare nella vita tutte le cose negative in cose positive», «l’odio in amore», «la guerra in pace». Tra le impressioni raccolte da Simon tra i suoi coetanei c’è quella di Alinda: «Con Gesù possiamo superare ogni ostacolo, e trasformare il negativo della nostra vita, come l’oppressione, o le malattie come l’Aids. Non dobbiamo avere paura di chiedere aiuto, anche attraverso la preghiera».
«Estendere l’aiuto ai bisognosi, cooperare con tutti per il bene comune, e difendere il dono di Dio che è la vita per costruire una società più giusta sono tra i messaggi lanciati dal Papa. Ha inoltre sottolineato l’importanza dello Spirito Santo e dei Martiri Ugandesi nella storia della Chiesa di Cristo. Il Pontefice ha ribadito il bisogno di essere umili, miti e buoni per portare gioia e pace e per non lasciarsi prendere dai desideri mondani», scrive Simon. «Non siamo perfetti, ma possiamo perdonarci e ricominciare sempre», confida Tony, particolarmente colpito dalle parole del Papa sulla famiglia. Dopo la messa celebrata a Namugongo, il Papa ha incontrato i giovani a Kololo. Il suo discorso a braccio è stato preceduto da due toccanti testimonianze di giovani: una ragazza malata di Aids fin dalla nascita e un giovane che è stato arruolato come bambino soldato. La sofferenza trasformata in speranza dalla fede in Gesù è il cuore del messaggio di Francesco. «Nello stesso giorno il Papa ha visitato la casa per persone svantaggiate a Nalukolongo, dove ci si prende cura dei bisognosi, bambini, giovani e anziani. Ci sono persone che soffrono per handicap o complicazioni di vario tipo, e non hanno chi possa curarli. Erano felici di ricevere il Papa, che ha sottolineato l’importanza del prendersi cura di chi è in necessità, perché hanno bisogno del nostro amore. Non c’è nessun altro che possa amarli al nostro posto, ha detto il Papa». Ai sacerdoti e ai religiosi lancia una sfida: continuare a far dell’Uganda la “perla dell’Africa”, seguendo l’esempio dei martiri. Infine, conclude Simon, «il Papa è ripartito domenica 29, per andare nella Repubblica Centrafricana, lasciando un messaggio di amore, unità e soprattutto perdono, da vivere nelle nostre famiglie, comunità, posti di lavoro, con i vicini, dappertutto». (altro…)