Nov 1, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
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«Cari fratelli e sorelle abitanti tutti di Loppiano, buonasera. Con voi saluto anche tutte le persone che oggi popolano la cittadella voluta da Chiara Lubich, ispirata al Vangelo della fraternità – quella fraternità universale – e coloro che da ogni angolo del mondo sono collegati e partecipano alla festa per i primi 50 anni della sua fondazione. Loppiano è una realtà che vive al servizio della Chiesa e del mondo, per la quale ringraziare il Signore; una cittadella che è testimonianza viva e efficace di comunione tra persone di diverse nazioni, culture e vocazioni, avendo anzitutto cura nel quotidiano, di mantenere tra voi la mutua e continua carità. Sono contento che abbiate scelto per questa vostra ricorrenza il giorno in cui in tutta la Chiesa si festeggia San Francesco di Assisi, testimone e artefice di pace e fraternità. È una felice coincidenza anche per me, davvero. Gli abitanti di Loppiano, quelli che vivono stabilmente e quelli che vi trascorrono un periodo di esperienza e di formazione, vogliono diventare esperti nell’accoglienza reciproca e nel dialogo, operatori di pace, generatori di fraternità. Proseguite con rinnovato slancio su questa strada, vi auguro che sappiate restare fedeli e possiate incarnare sempre meglio il disegno profetico di questa cittadella fiorita dal carisma dell’unità proprio 50 anni fa. Vivere questo in sintonia profonda con il messaggio del Concilio Vaticano II che allora si stava celebrando, il disegno cioè di testimoniare, nell’amore reciproco verso tutti, la luce e la sapienza del Vangelo. Loppiano scuola di vita, dunque, in cui vi è un unico maestro: Gesù. Si, una città scuola di vita per far ri-sperare il mondo, per testimoniare che il Vangelo è davvero il lievito e il sale della civiltà nuova dell’amore. Ma per questo, attingendo alla linfa spirituale del Vangelo, occorre immaginare e sperimentare una nuova cultura in tutti i campi della vita sociale: dalla famiglia alla politica, all’economia. Cioè la cultura delle relazioni. Principio della sapienza è il sincero desiderio di istruzione, la cura dell’istruzione è amore. Non è un caso che a Loppiano abbia sede, da qualche anno, l’Istituto Universitario Sophia eretto dalla Santa Sede. C’è un urgente bisogno, infatti, di giovani, di uomini e donne che, oltre ad essere opportunamente preparati nelle varie discipline, siano al tempo stesso, impregnati della sapienza che sgorga dall’amore di Dio. Cari amici, di cuore auguro, a Loppiano e a tutti voi, di guardare avanti e guardare avanti sempre, guardare avanti e di puntare in alto con fiducia, coraggio e fantasia. Niente mediocrità. Vi affido a Maria Theotokos, Madre di Dio, che vi accoglie tutti nel santuario al cuore della cittadella. E a voi chiedo di pregare per me. Vi saluto e vi benedico. Arrivederci».
Servizio della Radio Vaticana: Loppiano compie 50 anni. Il Papa: è testimonianza viva di fraternità (altro…)
Nov 1, 2014 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità

Foto © Giancarlo Nuzzolo
Sono 415 le e i Volontari presenti alle Assemblee delle due diramazioni del Movimento dei Focolari, in rappresentanza dei 23mila membri in tutto il mondo. Si sono radunati a Castel Gandolfo (Roma) dal 22 al 26 ottobre scorso. Viene in evidenza la loro specifica vocazione: mentre condividono le difficoltà di tutti, sono chiamati ad irradiare la luce dello Spirito in azioni concrete, preparandosi costantemente ad affrontare le sfide del presente, in ogni campo. In bilancio il percorso compiuto negli ultimi sei anni, sia nella crescita spirituale che nelle opere sociali intraprese e nell’impegno a diffondere la cultura della fraternità nei diversi ambiti umani. Oltre le 223 volontarie e i 162 volontari dei cinque continenti, con 17 lingue in traduzione simultanea, è presente anche un folto gruppo di invitati. Tra loro persone di varie Chiese. «È importante la vostra presenza che ci fa essere ecumenici, universali in senso pieno» – ha affermato in apertura Maria Ghislandi, responsabile internazionale uscente. 
Foto © Giancarlo Nuzzolo
Il 23 ottobre – proprio durante lo svolgimento dei lavori – è l’anniversario dei fatti d’Ungheria: nell’ottobre 1956, in seguito alla repressione sovietica, l’appello di Pio XII di riportare Dio nel mondo. In risposta a questo appello, dall’ispirazione di Chiara Lubich nascono nel seno del Movimento dei Focolari, i “Volontari di Dio”. Maria Voce li definisce «una realtà concreta e matura», evidenziando come – in quanto portano l’Ideale dell’unità nelle fabbriche, negli uffici, nelle famiglie, nella società con le sue sofferenze, i suoi dolori, con le guerre – i Volontari richiamino l’Eucarestia, nel suo essere amore che si incarna. Li ha invitati poi ad essere, insieme a tutto il Movimento dei Focolari, capaci di portare messaggi di verità e di speranza, come ha detto il Papa all’ultimo Sinodo. 
Maria Ghislandi, Maria Voce, Paolo Mottironi, Jesús Morán Foto. © Giancarlo Nuzzolo
Il copresidente Jesús Morán ha ricordato che la peculiarità e bellezza dei Volontari consiste nel ‘mediare’ la luce del Carisma affinché entri in tutte le strutture. Lo dimostrano le esperienze di persone di diversi continenti e professioni, situate nei più svariati contesti e campi di lavoro: funzione pubblica, imprenditoria, giustizia, relazioni pubbliche, immigrazione e accoglienza, mondo dell’educazione, legalità. E aggiunge: «Tutti siamo coinvolti nell’uscire, ma voi, con la vostra vocazione, siete all’avanguardia nel portare la dimensione dell’uomo-mondo che deve nascere». Quanto dicono nell’ora successiva volontarie e volontari provenienti dalla Siria e da altri Paesi del Medio Oriente testimonia che questo tipo di “uomo-mondo”, che crede nella rivoluzione che opera il carisma dell’unità, in qualsiasi situazione, esiste già. 
Paolo Mottironi, Patience Mollè Lobè – Foto © Giancarlo Nuzzolo
Nei 5 giorni, spazio ai lavori di gruppo che hanno raccolto istanze arrivate dalle zone, con l’obiettivo di formulare proposte, suggerimenti, raccomandazioni da presentare all’Assemblea in plenaria, in continuità con il lavoro svolto nel mese di settembre dall’Assemblea generale dei Focolari. Due le tematiche sulle quali si concentrano i lavori: vocazione/formazione, con l’impegno nel sociale, la realtà di Umanità Nuova, i dialoghi col mondo ecumenico, interreligioso, con la non credenza e la cultura, le comunità locali. L’Assemblea dei Volontari ha rieletto per un secondo mandato Paolo Mottironi, 50 anni, italiano, sposato con due figli, funzionario dello Stato. Le Volontarie hanno scelto Patience Félicité Mollè Lobè, 57 anni, camerunese, vedova, ingegnere civile e impegnata in politica. «Vedo in tutto quello che ho vissuto – confida Patience – che Dio mi preparava ad un piano d’amore che io non conoscevo». E conclude Paolo Mottironi: «Stiamo scrivendo il libro della nostra storia, con un capitolo nuovo che continua sulle pagine precedenti. Aiutateci ad essere sempre di più un servizio». (altro…)
Ott 25, 2014 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Quando ci siamo sposati avevamo tanti progetti, e tra questi il desiderio più grande era quello di avere un figlio. È stata una grande delusione scoprire che c’erano problemi che impedivano il concepimento. Io non l’accettavo, anzi ero convinta che una soluzione c’era e che avremmo presto risolto con l’aiuto della medicina, che ci dava buone speranze. Avevo 22 anni, quindi non ci è stato subito proposto di ricorrere alle tecniche di fecondazione in vitro (FIVET), ma di fare inizialmente delle cure meno invasive. In quel tempo, in attesa che qualcosa accadesse, ho cercato l’aiuto e il consiglio di un sacerdote della mia parrocchia che mi ha aiutata a considerare il vero valore della vita, dono prezioso che Dio ha voluto affidare alla responsabilità dell’uomo. La sofferenza che vivevo era causata dal mio forte desiderio di maternità da realizzare al più presto. C’era in me un conflitto sulla scelta della strada da seguire. Da una parte c’era il parere di alcuni medici che proponevano la FIVET come la soluzione giusta. L’altra strada era fidarci di Dio. Così abbiamo deciso con molta fatica di fermarci e non fare più nulla. La fecondazione omologa, infatti, pensiamo che smentisca alcuni aspetti importanti della verità dell’uomo. Noi crediamo che la vita è dono di Dio e non un “prodotto” da fabbricare in un laboratorio, senza la donazione d’amore tra gli sposi. Infatti, con questa tecnica il figlio non viene concepito nella loro carne, ma in una provetta. Avevo sempre considerato l’adozione come una esperienza bellissima, un grande atto d’amore, ma il mio forte desiderio di vivere la gravidanza mi portava a non prendere in considerazione questa via. La sofferenza mi ha aperto gli occhi per vedere oltre e capire che, come dice S. Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio, che “ la vita coniugale non perde il suo valore ma si può essere fecondi al di là della capacità procreativa, si può realizzare la paternità e la maternità in maniera splendida in tante forme di relazioni, di solidarietà verso chi ha bisogno”. Nasce, allora, in me l’idea di adottare un bambino e quando questa è stata condivisa con mio marito e accolta, ecco che avevamo appena “concepito” in maniera affettiva il figlio che Dio voleva donarci. Nell’autunno del 2004 abbiamo presentato al Tribunale per i minorenni la nostra dichiarazione di disponibilità all’adozione nazionale ed internazionale. Inizia l’attesa, il nostro bambino non era ancora nato ma era già nel nostro cuore, nei nostri pensieri. Non esisteva ancora, ma già pregavamo per lui. Samuele è nato in Vietnam e, il 19 aprile 2007, l’associazione a cui ci eravamo rivolti, ci comunicò che c’era un bimbo abbinato a noi. È stato l’inizio di una grande emozione che non è facile descrivere. Abbiamo subito condiviso questa gioia con familiari e amici; eravamo così felici che avremmo voluto gridarlo al mondo intero. Avevamo solo una sua fotografia che per noi genitori adottivi è come la prima ecografia, in cui vedi tuo figlio ma non puoi ancora abbracciarlo. Dopo aver affrontato un viaggio all’interno delle nostre emozioni, si trattava ora di affrontare il viaggio reale, salire a bordo di un aereo che ci avrebbe portato dall’altra parte del mondo per raggiungere nostro figlio. Il 29 maggio 2007 lo abbracciammo per la prima volta, e fu una gioia incontenibile. Questo giorno viene ricordato ogni anno come un secondo compleanno perché Dio ha benedetto la nostra famiglia con il dono di Samuele. Vogliamo ringraziare il Signore per tutti i doni che ci ha fatto: Dorotea, adottata nel 2012, e Michele, che abbiamo accolto in affidamento». (G. e G. – Italia) (altro…)
Ott 21, 2014 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Rispondere, insieme a tutto il Movimento dei Focolari, alle richieste della Chiesa e dell’umanità; sperimentare vie nuove per andare incontro a tutti, pienamente coscienti della propria identità e del contributo specifico che si è chiamati a dare: «Le periferie sono anche i nostri ammalati, gli anziani, quelli che hanno lasciato il ministero…; periferia è la Chiesa stessa quando è lontana da quella che Dio vuole». Questo, in sintesi, quanto emerso dai “cinque intensi giorni ricchi di comunione e di grande gioia”, come racconta uno dei presenti descrivendo l’esperienza vissuta al centro di Castelgandolfo con l’Assemblea dei sacerdoti focolarini. Il percorso prevedeva, dopo l’approvazione del regolamento e del programma, una giornata di ritiro e la relazione dei sei anni trascorsi e le nuove prospettive; quindi, i lavori per gruppi tematici e l’elezione del nuovo responsabile centrale. L’ultimo giorno è stato dedicato agli orientamenti per i prossimi sei anni, e al dialogo con la presidente dei Focolari, Maria Voce, e il copresidente, lo spagnolo Jesús Morán. Le meditazioni del mattino, con brani scelti di Chiara Lubich, sono stati momenti di approfondimento sullo specifico dei sacerdoti e diaconi focolarini. Si ricorda la figura di don Silvano Cola che ha aiutato Chiara a fondare questa branca del Movimento, quando ancora non era definita. Nel 1965, ad un primo incontro per sacerdoti diocesani focolarini, Chiara dà la sua visione del sacerdote focolarino, come di qualcuno che abbia sempre in cuore la preghiera di Gesù “Padre, che tutti siano uno”, e che «non si dà pace finché questo nella sua parrocchia non è fatto […]. Quindi bisognerebbe […] non rassegnarsi soltanto ai buoni che vanno in chiesa, ma tentarle tutte per avvicinare tutti […] bisogna muoversi, non si può star fermi». Chiara parla di focolari proiettati verso la Chiesa, come fermento d’unità, e spiega che il «focolare sacerdotale è come il sale che deve disfarsi nella diocesi per far diventare la minestra tutta salata, cioè la diocesi tutta “salata”. Ma se questo sale resta a sé stante è contro la propria vocazione». Nella presentazione della relazione dei sei anni trascorsi, si analizzano le priorità emerse nell’Assemblea precedente, fra le quali il rapporto con le nuove generazioni, la vita di famiglia con i sacerdoti anziani e malati, l’irradiazione della spiritualità di comunione nella Chiesa. Il dialogo che segue testimonia l’impegno e pone domande principalmente su tre aspetti: formazione, vita in comune, necessità di vivere “in uscita”. Ricordano le parole-chiave degli orientamenti scaturiti dall’Assemblea generale del Movimento: in uscita, insieme, opportunamente preparati, in forte sintonia con quanto augurato da papa Francesco nell’udienza del 26 settembre ai Focolari. Quindi, nei lavori di gruppi e nella plenaria, viene tracciato il cammino dei prossimi sei anni.
Con tutto questo in cuore si vota e la scelta converge su Antonio Bacelar, del Portogallo, il quale accetta «con la grazia di Dio, pronto a dare la vita per ciascuno di voi». È un momento di forte emozione. Don Antonio confida: «Ho nell’anima di scoprire sempre più il nostro sacerdozio mariano. Ci sono tanti “come sarà?”. Lasciamoci guidare da Dio, da Gesù tra noi e troveremo la strada. Umanamente mi viene da spaventarmi ma con voi sarà un’avventura straordinaria». In conclusione si ricorda un passaggio di santa Teresa d’Avila che lo stesso Bacelar aveva riportato il giorno prima: «Se noi siamo nell’amore, faremo tanto, in breve tempo, senza fatica». (altro…)
Ott 20, 2014 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Dieudonné ed Emerthe Gatsinga del Rwanda
«Siamo andati a tenere un corso a Goma, in Congo (RDC). Una coppia ci ha raccontato che, dovendo scappare per l’eruzione del vulcano, lui ha venduto velocemente l’arredamento della casa, ignaro che in una poltrona erano nascosti i risparmi della moglie! E non sono sporadici questi fraintesi causati dalla mancanza di comunicazione nella coppia». A parlare sono gli sposi Dieudonné Gatsinga, ginecologo, ed Emerthe, economista, che vivono a Kigali in Rwanda. Sono stati invitati al Sinodo straordinario sulla famiglia, in quanto responsabili delle giovani famiglie del Movimento dei Focolari nel loro Paese e in Burundi, Kenya e Uganda. Da giovani si sono incontrati in un gruppo impegnato a vivere con radicalità il Vangelo, attingendo alla spiritualità dei Focolari. «Abbiamo fatto nostro questo ideale, anche come coppia – racconta Emerthe –. Sposandoci ci siamo promessi di non essere chiusi in noi stessi ma di donarci agli altri. Da allora sono trascorsi 26 anni. Abbiamo 8 figli di cui 4 adottati in seguito al genocidio in Rwanda. Non è stato facile prendersi cura di 8 figli in un momento di forte criticità sociale ed economica per il nostro Paese e con esperienze tanto dolorose alle spalle. Ma Dio ci ha aiutati ed ora sono tutti cresciuti: due di loro ci hanno già resi nonni di tre bambini». Insieme gestiscono una clinica con una ventina di posti letto. «A causa del mio lavoro – racconta Dieudonné – sono spesso a contatto con mamme che di fronte ad una gravidanza difficile vorrebbero abortire. Anche se le mie giornate sono sempre pienissime, sento che davanti a queste persone devo trovare tutto il tempo necessario per ascoltarle fino in fondo, rassicurarle, parlare loro della sacralità della vita. Sono padrino di tanti bambini, nati per questa mia condivisione». Nella loro regione i problemi della famiglia non mancano. Per tanti anni le donne, vissute nella sottomissione, ora desidererebbero affermare se stesse. «Oggi anche in Africa – sottolinea Emerthe – tante ragazze hanno accesso ad un alto grado di istruzione e non tollerano più di essere totalmente sottomesse all’uomo. Ma gli uomini non sono ancora pronti ad un rapporto paritetico e non sanno come affrontare serenamente questo cambiamento e continuano rassegnati a camminare su due livelli». «Quando incontriamo le giovani famiglie – racconta Dieudonné – portiamo loro la buona novella del matrimonio cristiano. Ricordiamo le promesse fatte il giorno del matrimonio e cioè di essere di due una sola cosa, di camminare insieme seguendo quattro direttrici: la comunicazione profonda nella coppia, la condivisione dell’economia familiare, la compartecipazione nell’educazione dei figli, la preghiera in famiglia. Questo annuncio, portato attraverso l’esperienza del vissuto evangelico, fa rifiorire la speranza in una relazione più condivisa, più gioiosa, sia per i due sposi che per i figli. Ricordo un uomo che all’insaputa della moglie aveva costruito una casa. Voleva dimostrare alla moglie di saper fare qualcosa. Lei però – poiché non si parlavano – era all’oscuro di questo proposito e continuava a giudicarlo. Quando hanno scoperto questa visione del matrimonio, si sono ritrovati e riconciliati». «È una gioia vedere che quei giovani che hanno fatto un percorso di fede consapevole – sottolinea Emerthe –, decidono per il matrimonio cristiano, scegliendo una festa nuziale sobria, in genere sostenuta dalla comunità. Quando accade che, nonostante la preparazione cristiana, non riescono a rinunciare al precedente stile di vita, cerchiamo di tenere aperto il rapporto. E quando si sentono pronti per celebrare il sacramento, viene loro naturale reinserirsi nella comunità e tornare a camminare assieme». Video: Voci dal sinodo nella famiglia la forza della fede (altro…)
Ott 19, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità

1975 – Chiara Lubich in audienza da Paolo VI
Lei ha avuto occasione di essere ricevuta più volte in udienza da Paolo VI. Qual è stata l’impressione che le è rimasta nel ricordo? La più forte impressione – risponde Chiara Lubich – l’ho riportata durante la prima udienza. Ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad una persona che amava in modo del tutto particolare. Il Papa parlava parole di quella sapienza che supera tutti gli ostacoli giuridici tuttora vigenti; comprendeva, accoglieva nella sua anima tutta la complessa opera che gli presentavo. Mi incoraggiò a dir tutto, perché lì “tutto era possibile”. Ricordo che sentii una perfetta sintonia fra ciò che il Papa mi diceva e ciò che mi sembrava fosse venuto da Dio per l’edificazione di quest’opera. E l’impressione fu così forte d’aver avuto quasi la sensazione che quello studio, dove il Papa riceve, fosse senza soffitto e cielo e terra si congiungessero. (…) Qual è apparsa a lei – durante questi colloqui – la tensione che stimola l’azione del Papa? Certamente lo sforzo di adeguarsi a quella sua particolarissima vocazione all’amare più degli altri, che gli è richiesta da Gesù e gli conferisce, oltre il primato d’autorità, il primato della carità. Il «mi ami più di costoro» chiesto da Gesù a Pietro forma il tormento, lo studio continuo di Paolo VI. Ha detto una volta che chi non si accontenta, durante le udienze pubbliche, di guardare lo spettacolo esteriore può arrivare a carpire un segreto che lì è presente. Questo segreto, causa di gioia e di tormento per il Papa, è racchiuso in quella sillaba “più”: «mi ami più». (…) Qual è secondo lei l’atteggiamento caratteristico del Santo Padre verso la gente? Paolo VI ama tutti senza paura e perciò crea già fra credenti o meno una certa unità. Si dona a tutti in maniera impressionante. Moltissimi protestanti, delle più varie denominazioni, sono rimasti colpiti dall’atteggiamento del Papa, da quell’amore che lo consuma, da quel farsi – come dice l’Apostolo – tutto a tutti. (…) È il Papa del dialogo con tutto il mondo,è il papa che vede tutta l’umanità potenzialmente come una sola famiglia. La sua presenza è così soprannaturale e calda, profondamente umana, vicina a tutti, dimentica di sé, umile come il “servo dei servi di Dio”. (…) Qual è la risposta che lei darebbe a chi giudica Paolo VI contraddittorio e incerto nelle scelte del suo pontificato? (…) Nel Santo Padre come in nessuno è presente ed agisce lo Spirito Santo. Ora, lo Spirito Santo, anima della Chiesa, suscita in essa varie tensioni, che sono segno di vita, come quella tra pluralismo e verità, personalità e socialità, libertà e grazia, scienza e carità, primato e collegialità. (…) Queste tensioni possono apparire paradossi a volte sconcertanti. Chi invece guarda la Chiesa dal di dentro vede che lo Spirito Santo tutto armonizza magnificamente nell’unità del Corpo mistico. La stessa cosa si può dire di ciò che lo Spirito Santo opera nel Santo Padre. Il Papa (…) è fedele al deposito della Rivelazione come nessuno, e nel medesimo modo, a ciò che lo Spirito Santo ispira per il bene della Chiesa oggi. Se, ad esempio, nell’“Humanae vitae”, si avverte la fedeltà del Papa allo Spirito Santo nella Tradizione, nel dialogo col mondo si tocca con mano la sua fedeltà al medesimo Spirito che evidenzia i “segni dei tempi”. (…) Occorre ricordare che la “barca di Pietro” non porta la pacifica Chiesa trionfante, ma quella terrena, ed è sbattuta da tutti i venti di questo mondo. Il Papa deve prendere le sue decisioni in nome di Cristo che rappresenta, in mezzo ad un concerto massacrante di voci che premono quasi sempre in senso contrario alla religione. Perciò la prudenza non è mai troppa. Paolo VI non è incerto, ma prudente. Lo dimostra il fatto che è estremamente coraggioso, per esempio, nell’affrontare l’impopolarità pur di rimanere nell’amicizia di Cristo e dei suoi, che non sono del mondo. Prudenza, coraggio, amore universale sono le più preziose qualità per chi deve governare, servendo, l’umanità. Leggi anche: Comunicato stampa: La gratitudine del Movimento dei Focolari per PaoloVI (altro…)