Apr 27, 2015 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Chi arriva per la prima volta a Santa Cruz de la Sierra, trova un contesto inatteso: la natura esuberante ed accogliente, una lingua sconosciuta, la cultura locale così diversa, la povertà con tutte le sue conseguenze, semplicità e generosità senza limiti delle persone. In occasione della Settimana Santa, un gruppo di giovani e famiglie dei Focolari hanno scelto di trascorrerla proprio a Santa Cruz, insieme a tanti amici Nahua. La Chiesa locale, infatti, per le enormi necessità pastorali, concede un permesso speciale durante i giorni santi ai laici, preparati adeguatamente, per esercitare come ministri a discrezione dei parroci. Ma lasciamo la parola ai protagonisti della vicenda: «Il sole è appena spuntato all’orizzonte e l’autobus s’arrampica sulle stradine di montagna della Sierra Madre orientale, portando con sé 43 persone. Il viaggio si prevede lungo ed emozionante; la stanchezza non si avverte perché è tanta la gioia. Alla fine della strada ci sono dei fratelli, famiglie e amici di 33 comunità nahuas pronti a vivere insieme a noi la Settimana Santa. Otto ore dopo la partenza da Città del Messico veniamo accolti a Santa Cruz da una popolazione umile e generosa che abita nel cuore della huasteca hidalguense (“Fiore che non appassisce”): una regione umida e con temperature elevate, ricoperta da alberi di cedro, ebano e mogano. Là, in una parrocchia della “Misión Javeriana”, ci dividiamo in sette gruppi per stare con la gente e aiutare – insieme ai catechisti locali – nei servizi liturgici in altrettante comunità, dove il seme della spiritualità dell’unità è arrivato ormai da alcuni anni. L
’incontro è molto commovente: la fede, la vita e il pane cominciano ad essere condivisi. Si raccontano alcune testimonianze di vita evangelica, si scambiano piccoli e grandi doni. Dopo la celebrazione della “lavanda dei piedi”, uno dei giovani partecipanti esclama: “È fantastico sentirsi cristiano!”. Una ragazza dice di aver partecipato a tante missioni ma “con Gesù tra noi è diverso; infatti, è Lui che attira le persone ed è per questo che vogliamo partecipare ai raduni e alle celebrazioni liturgiche”. Tra i tanti incontri personali, uno che ci tocca particolarmente: visitiamo un anziano solo, immobile da molto tempo. La sua situazione di igiene è estrema. Lo laviamo e ripuliamo la sua piccolissima stanza; l’aiutiamo a prepararsi a ricevere Gesù Eucaristia e glielo portiamo. Il giorno dopo muore. Dopo una Settimana Santa vissuta intensamente e dopo aver sperimentato la mutua donazione nella semplicità e generosità, arriva l’ora di tornare a Città del Messico. Durante il viaggio, alcuni ricordano le parole di Chiara Lubich pronunciate nella Basilica di Guadalupe nel giugno del 1997: “L’inculturazione esige uno scambio di doni”. Visto l’entusiasmo dei giovani “misioneros” e dei membri delle comunità visitate, nasce la speranza che la “Misión”a Santa Cruz non resti un evento isolato, ma segni l’inizio di un processo di donazione crescente dei Focolari in Messico». (altro…)
Apr 17, 2015 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Nel 2014 l’impresa per cui lavoravo – racconta Rosette – mi ha assegnata alla regione del Kurdistan iracheno (KRI). Per facilitare l’inserimento lavorativo di mio marito Eric, anch’egli con un ottimo curriculum, abbiamo pensato di sistemarci a Dubai, un ricco emirato arabo dove si vive in modo piacevole con tutti i comfort. A causa di questa ricchezza molti stranieri vengono a Dubai per perseguire una vita migliore per sé stessi e per le loro famiglie, anche se questo significa lasciare i propri cari nei Paesi d’origine. In uno dei miei viaggi in Kurdistan, pur essendo in aeroporto con due ore di anticipo, sono stata cancellata dalla lista dei passeggeri. Ero agitata perché significava prendere un aereo più piccolo che partiva soltanto all’una di notte. Mancava ancora tanto tempo all’imbarco, ma ugualmente sono andata al nuovo terminal: non si sa mai. Qui stranamente vedo già tante persone, fra cui molte che dormono sul pavimento. Chiedo loro quanto si doveva aspettare. Una signora mi dice: “Dipende: può essere subito ma può richiedere giorni”. Infatti lei era lì da quasi due giorni a causa di un errore di ortografia sul suo visto. E non la facevano uscire. Per avviare una conversazione le chiedo se avesse da mangiare: “Sì, ho ancora qualche cracker e un po’ d’acqua”. La invito per un pasto con me e dopo molte resistenze finalmente accetta. Mentre stiamo chiacchierando, la chiama il suo datore di lavoro per controllare come stava e per sapere se aveva soldi per rimanere lì. Lei non aveva denaro. Aveva inviato tutto il suo stipendio al figlio affinché pagasse le tasse universitarie. Finita la telefonata mi racconta la sua storia: separata dal marito, i due figli vivono con la nonna al paese d’origine. È venuta a lavorare a Dubai perché anche la figlia sta finendo la scuola superiore e occorrono soldi per l’università. Poco dopo sento annunciare il mio volo. Ma chissà lei fino a quando dovrà aspettare. La incoraggio a prendere i soldi che le sto dando. Le prometto che avrei pregato per la sua famiglia. La sua è solo una delle tante storie di come vivono gli immigrati. Alcune famiglie sono a Dubai perché nella loro terra c’è la guerra (palestinesi, siriani, iracheni): Dubai si presenta come un rifugio sicuro dove poter vivere una vita normale. Per loro il lavoro è tutto, inizio e fine, perché senza lavoro non avranno visto e senza il visto non potranno rimanere a Dubai. Specialmente per quelli che sono qui da soli, a lungo andare la distanza fisica e la solitudine di un paese straniero arrivano spesso ad offuscare anche la più pura delle intenzioni. Conosciamo persone che hanno avviato relazioni extra coniugali, distruggendo così quella stessa famiglia per la quale sono venuti qui, riducendosi a fornire ai propri cari non già la loro presenza ma solo il denaro. Purtroppo la maggioranza di queste persone accetta tale soluzione come un fatto ineluttabile, anche se il prezzo è molto alto da pagare. Questo stesso “prezzo” è venuto a bussare anche da noi. I miei frequenti viaggi in Dubai mi portavano ad essere sempre meno con Eric. Così abbiamo deciso di trasferirci in Kurdistan, anche se questo significava rinunciare al buon lavoro che Eric aveva a Dubai. Inizialmente la mia azienda ha accettato, ma nel corso di ulteriori colloqui e alcuni episodi violenti in Kurdistan, ci è stato detto che l’azienda non poteva garantire la sicurezza di Eric e quindi che lui non poteva trasferirsi lì. Uno dei miei responsabili mi ha ventilato: “…vi abituerete ad essere separati…”. Di fronte a questa prospettiva abbiamo deciso immediatamente di dare le dimissioni. In nessun caso dovevamo vivere separati, anche se questo significava rinunciare ad un lavoro ben pagato e ad una carriera per la quale avevo tanto studiato. Confesso che è stata una scelta per niente facile. Nel cuore però tutti e due sentivamo che era quella giusta. Il mio ultimo giorno di lavoro è stato il 31 dicembre 2014. Lo scorso gennaio il Papa è venuto nelle Filippine, e nell’incontro con le famiglie ha affermato con forza il valore della famiglia: “Dobbiamo essere forti nel dire no a qualsiasi intento di colonizzazione ideologica che vuole distruggere la famiglia”. Sembrava detto su misura per noi, a conferma della scelta controcorrente che avevamo fatto». (altro…)
Apr 10, 2015 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
https://vimeo.com/131228522 Cesar, un diciottenne del Ghana, è stato salvato quando ormai stava annegando, avendo bevuto acqua e carburante. Da quella traversata sono state tratte in salvo 72 persone, mentre 32 non ce l’hanno fatta. Maria, nigeriana incinta di sette mesi, riceve una telefonata del padre mentre era per strada col marito e il figlioletto. Diceva loro di non tornare a casa perché la chiesa era stata bruciata e la madre uccisa. Sono scappati con quello che avevano e, arrivati in Libia, avendo soldi per un solo passaggio per l’Italia, è partita solo lei. Il marito ed il piccolo sono rimasti dall’altra parte del Mediterraneo in attesa di un prossimo imbarco. «Sono squarci di vita che spezzano il cuore. Ricordando le parole di Gesù “ero forestiero e mi avete ospitato”, vorremmo essere braccia e cuore per ciascuno di questi profughi». È il racconto di Carla e David di Firenze (Italia), che come famiglia si sono aperti all’accoglienza dei migranti. «Nell’estate del 2013, abbiamo partecipato in Brasile alla Giornata Mondiale della Gioventù insieme ai nostri tre figli. Cogliendo l’occasione, abbiamo trascorso un periodo di missione a Salvador Bahia. Un’esperienza forte che ci ha dilatato il cuore alla condivisione con tante persone nel bisogno. Tornati a casa, abbiamo deciso di riservare all’accoglienza dei migranti parte del B&B che gestiamo. Da quel momento la missione è venuta da noi! Dall’inizio, sono passate 756 persone provenienti da Siria, Pakistan, Nepal, Bangladesh e alcuni paesi dell’Africa. Qualcuno si ferma solo per rifocillarsi e partire per altre mete europee, altri rimangono più a lungo. Ed è qui che i rapporti si stringono fino a diventare più che fraterni.
Una famiglia eritrea, ora in viaggio per la Norvegia, è stata da noi due mesi: lui musulmano, lei cristiana, sei figli lasciati liberi dal padre nella scelta della religione. Appena arrivati la mamma col figlio più piccolo sono stati in ospedale perché disidratati, poi è stata la volta del papà per un’infezione. Ricordiamo la loro gioia per avergli messo in mano il cellulare col quale avvertire i parenti che erano tutti sani e salvi. La domenica siamo stati a messa insieme e proprio in quella minuscola chiesetta alla periferia di Firenze c’era il Card. Betori in visita pastorale. La sua omelia era tutta incentrata sull’accoglienza. Alla fine li ha abbracciati e benedetti tutti. Tre ragazze: una del Mali e una della Libia, entrambe musulmane, giunte assieme ad una giovane fuggita dalla Nigeria dopo aver visto uccidere i genitori perché cristiani. Tra esse si è subito instaurato un rapporto di sorelle e con noi come tra genitori e figlie. Una domenica facevamo insieme una passeggiata e Mersi era molto triste perché proprio in quel giorno la TV aveva annunciato una nuova strage in Nigeria. Finalmente la telefonata: la sorellina era riuscita a scappare in Libia con un amico del padre. La ragazza libica si è subito messa in contatto con la sua famiglia e la bimba – cristiana – è stata ospitata da loro – musulmani.
Un altro affresco: Joy e Lorenz, che ha visto uccidere il padre perché cristiano. Io, David, come operatore sociale, posso salire sull’autobus all’arrivo dei profughi. Lo faccio a rischio malattie, ma so che il primo approccio è fondamentale ed è in quel momento che si riesce a individuare i gruppi che, nel frattempo, si sono creati fra loro. Ho visto che Joy era incinta, così li ho invitati a venire da noi. Anche quando la Prefettura li ha spostati abbiamo continuato ad andare a trovarli; e alla nascita del bimbo, abbiamo portato carrozzina e vestitini che le Famiglie Nuove dei Focolari avevano raccolto per loro. Joy e Lorenz ci hanno chiesto di fare i padrini del piccolo John. Ora questa famiglia è stata mandata in Puglia. Il distacco è stato forte ma il rapporto continua. Ci chiamano mamma e babbo. Quando avranno il permesso di soggiorno definitivo desiderano tornare a vivere vicino a noi». (altro…)
Mar 19, 2015 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Da Ulan Bator, capitale della Mongolia, a Daejeon in Corea del Sud, sono oltre 10 ore di aereo, eppure queste due città fanno parte della stessa diocesi. Fatta eccezione per la capitale, la densità della popolazione in Mongolia è di 2 abitanti per km², i cristiani sono il 2%, in una terra dalla millenaria tradizione buddhista (53%) e di diffuso ateismo (29%). La chiesa locale, nel chiedersi come prendersi cura anche di questi pochi cristiani, ha chiesto aiuto alle Famiglie Nuove del Movimento dei Focolari, trovando la disponibilità di alcune famiglie coreane che, con l’annuncio del Vangelo, portano la testimonianza della spiritualità dell’unità vissuta in famiglia. Nelle parrocchie di Ulan Bator c’è un centro sociale che accoglie bambini e ragazzi per il doposcuola, una fattoria comunitaria e una clinica gratuita. È qui che si svolge prevalentemente la “missione” dei Focolari. Vediamo in cosa consiste. Dalla Corea due o tre coppie per volta si recano periodicamente in Mongolia per visitare le parrocchie e incontrare le famiglie. Le tematiche sono prevalentemente quelle familiari, con riferimento al Vangelo applicato alla vita quotidiana, che anche qui diventa fonte di cambiamento per la vita di coppia e di famiglia. Qualche volta incontrano anche i giovani. «Una volta abbiamo portato delle medicine», racconta Cedam. «Indicibile la gioia della suora quando le abbiamo dato il pacchetto: erano proprio quelle che le servivano e le sue erano finite. In Mongolia per quasi metà dell’anno è inverno. Per mesi la temperatura arriva a –40°C, per cui si capisce la difficoltà, ammesso che se ne abbiano i mezzi, di uscire di casa per procurarsi il necessario. Quando si avvicina la data della partenza per la Mongolia, le altre famiglie in Corea si danno da fare per mettere insieme cose utili da portare. Una volta avevamo pensato di portare dei palloni da calcio e da pallacanestro affinché i ragazzi potessero giocare nella grande pianura, ma bisognava comperarli e poi c’era la difficoltà dello spazio in aereo… Una famiglia aveva messo nel suo negozio un salvadanaio proprio per le famiglie mongole così, oltre ai palloni, abbiamo potuto comperare anche l’apparecchio per gonfiarli». «Il vescovo ci fa da autista – prosegue Andrea –, ci accoglie nel vescovado, ci accompagna nelle parrocchie e ci incoraggia a donare a piene mani le nostre esperienze come famiglia cristiana. E vediamo che le famiglie hanno sete proprio di queste. Quando la volta dopo ritorniamo, esse ci accolgono con un affetto sempre più grande. Anche loro vogliono raccontare come hanno vissuto il Vangelo. In un’omelia, presenti le suore di varie congregazioni, il vescovo ha detto che siamo stati inviati da Dio anche noi come missionari e chiamandoci ciascuno per nome ci ha definito: my friends. Quando lasciamo la Mongolia, ogni volta sentiamo che lasciamo lì anche i nostri cuori. Perché ogni volta si ripete con loro l’esperienza delle prime comunità cristiane». (altro…)
Feb 16, 2015 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
I timbri sui documenti ci sono tutti: ora è figlio a tutti gli effetti. Un figlio su cui riversare quella piena d’amore che i genitori adottivi da sempre hanno in serbo. Anni di attesa e traversate sull’oceano non li hanno fermati. Dopo un primo fugace incontro in cui figlio-genitori si sono ‘riconosciuti’, trascorsa una breve convivenza in hotel all’estero, finalmente sono a casa. Un’esperienza esaltante, unica, quella di veder concluso l’iter adottivo che però, più che una conclusione, ha tutte le sembianze di un inizio. In salita. Superato il primo impatto, mille interrogativi assalgono i neo diplomati genitori adottivi, che spesso si trovano spiazzati. Per loro nasce a Grazzanise (Caserta) “Famiglie di cuore”. Nato da un’idea di Azione per Famiglie Nuove onlus (AFN) e col contributo dell’Istituto Banco di Napoli Fondazione, il progetto prevede l’attivarsi a Napoli di uno sportello di consulenza gratuita per le famiglie adottive della Regione Campania che offre consulenze di esperti o semplicemente la possibilità di confrontarsi con altre famiglie. Si attiveranno altresì dei corsi gratuiti nei quali le lezioni teoriche si alterneranno a incontri sociali per favorire lo scambio di esperienze fra famiglie e la loro messa in rete anche con altre associazioni presenti sul territorio. L’adozione continua a rimanere una sfida aperta, anche perché a tutt’oggi ancora troppi minori in stato di abbandono continuano a permanere negli istituti, nel nord come nel sud del mondo. Sfida che Chiara Lubich, già nel lontano 1967 aveva voluto raccogliere invitando le famiglie che la seguivano a “svuotare gli orfanotrofi”. Ed è così che una miriade di famiglie, con o senza figli, hanno aperto casa e cuore a chi una famiglia non l’aveva, favorendo il rimarginarsi, in quel bambino che è stato accolto come figlio, della spaccatura subita con l’abbandono. «Con questa iniziativa – spiegano i coniugi Gravante, responsabili della sede AFN onlus Campania – si intende dotare le famiglie di quegli strumenti che, potenziando le loro risorse, le aiutino a crescere come famiglie-mondo, capaci cioè di aprirsi alla diversità che il figlio venuto da lontano inevitabilmente porta con sé. Diversità di patrimonio genetico e di cultura. È un percorso affascinante ma impegnativo, come lo è il ripercorrere insieme al bambino l’abisso del suo vissuto e aiutarlo a riappacificarsi con esso». Ad AFN, come ad ogni altro ente autorizzato per le adozioni internazionali, è richiesto di seguire la famiglia per i primi tre anni del post-adozione, ma spesso questa tempistica non è sufficiente. Il processo di integrazione del bambino nella nuova famiglia e il suo inserimento nelle strutture sociali del territorio, possono richiedere molto più tempo. Le famiglie adottive, lungi dal lasciarle sole, hanno bisogno del rapporto con altre famiglie come loro, per riuscire ogni giorno a riscoprire la valenza della scelta fatta e ritrovare l’iniziale entusiasmo di progettare il futuro, in un percorso frutto della condivisione. E di condivisione e solidarietà ha parlato al lancio del progetto anche Andrea Turatti, Presidente AFN, sottolineando come questo binomio sia proprio la realtà che anima l’associazione: «Siamo contenti di poter offrire, grazie anche alla generosa partecipazione dell’Istituto Banco di Napoli, questa opportunità per il territorio campano. Un territorio che merita. Infatti, degli 850 bambini che hanno trovato una famiglia attraverso AFN, ben 180 sono stati accolti in Campania. Ed è la maturità di questo territorio che ha consentito di far partire un progetto che vogliamo esportare anche nel resto d’Italia, e non solo, quale contributo ad una società solidale. Il 27 febbraio ci sarà infatti ad Ascoli il lancio del medesimo progetto per le famiglie adottive delle Marche». Per informazioni: Depliant AFN AFN – Azione per Famiglie Nuove onlus www.afnonlus.org Sede territoriale Campania Via S. Leucio, 71 – 81046 GRAZZANISE (Caserta) Tel. 0823.991772 adozioni.caserta@afnonlus.org C.F. 92012120587 (altro…)
Feb 9, 2015 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sr Tina Ventimiglia, Francescana dei Poveri, e Resi e Alessandra, volontarie dell’associazione Randi che nell’impegno a vivere la spiritualità dell’unità, trovano forme impensate per l’incontro e l’accompagnamento. E il riscatto. Il ruolo della prevenzione: creare opportunità di sviluppo nel sud del mondo. L’8 febbraio, in concomitanza con la memoria liturgica di s. Giuseppina Bakhita, suora sudanese, che da bambina fece la drammatica esperienza della schiavitù, si è celebrata la prima giornata mondiale contro la tratta. Una giornata per rompere il silenzio su questa “vergognosa piaga indegna di una società civile”. Così l’ha definita papa Francesco all’Angelus, col cuore gonfio di angoscia per la moltitudine di “uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro e di piacere e spesso torturati e mutilati”, nell’auspicio che “quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuoverne le cause”. È emblematico che a sollevare la questione su questa ‘moderna’ e inaccettabile forma di schiavitù siano proprio le i religiosi che con la loro presenza nei vari punti del pianeta – primi e a volte unici ‘buoni samaritani’ – sanno farsi prossimi a persone cui con violenza è tolta la libertà personale impossessandosi di tutto il suo essere rendendola schiava. Significativa l’esperienza di Tina Ventimiglia, suora Francescana dei Poveri, che con la sua comunità da dodici anni si sta facendo carico, a Pistoia (Italia), di ragazze provenienti dalla strada. “L’immigrazione clandestina e forzata – racconta – mostra spesso un volto femminile, vittima dei cosiddetti protettori. Questi volti il cui sguardo timoroso, diffidente o sprezzante – di chi non sa più fidarsi di nessuno – ci interpellano fortemente. Alla luce dell’insegnamento della nostra fondatrice e del carisma di Chiara Lubich, non le vediamo realtà da sfuggire, scartare, rimuovere, o peggio da condannare, ma ‘piaghe” di Cristo da sanare. Il male non si deve ‘combattere’ ma ‘attraversare’ con l’esercizio di farsi ‘vuoto’ per accogliere la persona così com’è, degna di amore indipendentemente dalla situazione in cui si trova. L’amore non fa calcoli, ama senza misura, e continua ad amare anche quando non viene accolto o capito. Ed è ancora l’amore a farci comprendere i gesti concreti che si possono fare come il percorso sanitario, o giudiziario per restituire attraverso i documenti la propria identità. Come anche l’accompagnamento nella rielaborazione del vissuto e scoprire così le risorse interiori per riprendere a vivere, facendo sentire la persona degna di amore e capace di amare. Senza tralasciare l’offerta di una rete relazionale sana che consenta loro di integrarsi nel territorio con l’inserimento lavorativo e la successiva autonomia abitativa”.
“Randi – racconta Alessandra – è la bambina che 22anni fa Rebecca è venuta a partorire nell’ospedale dove lavoravo. Immigrata clandestinamente a Livorno, non sapeva nulla di italiano ma ugualmente si captava tutta la sua angoscia poiché, non avendo documenti di soggiorno, temeva che le avrebbero tolta la bambina. Accolta senza ragionamenti e pregiudizi, siamo riuscite a trovare una soluzione. Dopo pochissimo tempo più di 70 ragazze in situazioni anche più drammatiche, sapevano di poter contare sulla nostra associazione, che abbiamo chiamato Randi”. “Di che cosa ci occupiamo? – incalza Resi – Spesso siamo di fronte a situazioni di vera e propria schiavitù a fini economici. E’ questo un business che muove un mercato di 24 miliardi di euro e coinvolge, nel mondo tra i 27 e i 50 milioni di esseri umani, soprattutto donne e bambini. Una vera e propria tratta che crea paura, isolamento, incapacità di difesa alcuna. Circa la metà del fenomeno riguarda giovani donne costrette alla prostituzione. Riuscire ad avvicinare queste persone incatenate, cui viene impedito qualunque contatto con il mondo esterno non è davvero facile. A volte la svolta avviene grazie ad un incidente, ad un ricovero ospedaliero, un incontro su un treno. Nel contatto, la spiritualità dell’unità ci aiuta a trasmettere loro che si possono finalmente fidare di qualcuno. E qui avviene il miracolo perché forse per la prima volta non viene chiesto loro nulla in cambio”. Sanare le ferite: la grande scommessa del Vangelo. Ma anche, fin dove è possibile, prevenirle. È in questo versante che sono impegnate le schiere di religiosi e religiose che, portatisi in terre lontane, insieme alla buona novella si adoperano a far crescere la dignità delle persone. È quanto stanno facendo anche i Focolari nel sud del mondo, dove, in 53 paesi dei 4 continenti, sono attivi oltre cento interventi di sviluppo cui sono inseriti 15.000 bambini e le loro famiglie, per creare con essi concrete opportunità di sviluppo da spendere nella propria terra, nella libertà. (altro…)