


Italia: al Comune di Asti il premio “Chiara Lubich per la fraternità”
Asti, comune piemontese famoso nel mondo per i suoi vini, e antico insediamento pre-romano, vanta un altro primato: quello di essere il primo comune italiano ad aver inserito nello Statuto Comunale il principio di Fraternità tra i principi ispiratori: «Il Comune di Asti considera il valore della Fraternità quale condizione dell’agire politico, nella condivisa consapevolezza che la diversità è una ricchezza e che ogni persona eletta in questa istituzione è soggetto a cui riconoscere pari dignità e rispetto ed è quindi chiamata ad anteporre il bene della comunità agli interessi di parte, sia personali, che di gruppo e di partito». È il testo votato all’unanimità il 19 febbraio 2015 e che ha meritato al Comune il premio, ritirato a Roma dal sindaco Fabrizio Brignolo lo scorso 22 gennaio. Come si manifesta nella pratica cittadina l’ispirazione a questo principio? Al conferimento del Premio il sindaco di Asti ha ricordato come la comunità astigiana sia molto attiva in progetti che declinano in maniera concreta il valore della fraternità: il tema dell’accoglienza dei profughi con progetti individuali; un sistema di servizi sociali che mira a coinvolgere i destinatari in progetti di recupero dell’autonomia lavorativa e sociale, per fare alcuni esempi. Tutto semplice allora nella vita politica del Comune? Nient’affatto. «È pur vero che non verranno azzerate le nostre diversità politiche, ideali e culturali – afferma un consigliere comunale – è pur vero che non mancheranno ancora nel nostro dibattito politico-amministrativo, momenti di tensione e di conflittualità. Ma è altrettanto vero che, da oggi, abbiamo un richiamo e uno strumento prezioso in più, che ci stimola a ricercare un terreno di condivisione, su cui esercitare un sereno approccio di fraterna costruzione. È certamente una sfida difficile che, con fiducia, accogliamo e con coraggio intendiamo vincere». Il premio dell’associazione Città per la Fraternità è stato consegnato lo scorso 22 gennaio dalla presidente Milvia Monachesi, sindaco di Castelgandolfo, insieme ad Alba Sgariglia e João Manuel Motta del Centro Chiara Lubich del Movimento dei Focolari, nel corso del convegno “Si può normare la fraternità?”, moderato dal giornalista Gianni Bianco, nella Sala capitolare del Pio Sodalizio dei Piceni (rivedi la diretta). Importanti gli interventi del prof. Filippo Pizzolato (Università Bicocca, Milano) e di Tiziano Vecchiato (direttore scientifico della fondazione Zancan, Padova), e la tavola rotonda con esperienze a confronto dei Comuni che hanno inserito il Principio di fraternità nel loro statuto: Asti, Bra, Grottaferrata e Rocca di Papa. Ecco i destinatari del Premio:
- Menzione d’onore speciale alla Città di Rocca di Papa, da cui è partito il progetto di città unite per la Fraternità, per il progetto: «Dal buio alla luce: “i mercoledì al borgo”» con la missione di “illuminare le eccellenze e riunire i cuori e le menti” degli abitanti – italiani e di altre nazionalità – di Rocca di Papa.
- Menzione d’onore al Comune di Tolentino per il Progetto “Tolentino città per la fraternità” e la realizzazione della “Cena della fraternità”, tradizionale appuntamento con la collaborazione delle associazioni di volontariato e della cittadinanza, il cui ricavato è stato destinato per situazioni territoriali di povertà.
- Menzione d’onore al Comune di Grottaferrata per l’inserimento nello Statuto comunale del valore della Fraternità quale condizione dell’agire politico, approvato con voto unanime del Consiglio Comunale il 27 aprile 2015.
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Giovani controcorrente
«Sono africano e sto studiando nel Nord Italia. Qualche tempo fa avevo letto su una rivista un articolo, in cui l’autore diceva che una “notte” sta pervadendo la cultura occidentale in tutti i suoi ambiti, portando a una perdita degli autentici valori cristiani. Sinceramente non avevo capito molto il senso di questo scritto, finché non mi capitò un fatto che mi fece aprire gli occhi. Era sabato pomeriggio. Alcuni ragazzi, miei vicini di casa, mi propongono di uscire con loro e di trascorrere una serata insieme. Vogliono fare qualcosa di diverso. Siamo in sei o sette. Per iniziare, andiamo a ballare in un locale. All’inizio mi diverto, mi dicono che ho la musica nel sangue, che so ballare bene. Ben presto però mi accorgo che intorno a me alcuni ballano senza alcun rispetto né per se stessi né per gli altri. Non ballano per puro divertimento, ma per lanciare messaggi ambigui. Dentro di me avverto una voce sottile, che mi chiede di andare controcorrente e di ballare con dignità e per amore. Dopo qualche ora, i miei compagni propongono di cambiare locale. Mi fido di loro, in fin dei conti sono miei amici, e accetto. Entriamo in un altro locale. Il tempo di rendermi conto dove sono, tra musica ad altissimo volume, luci psichedeliche e un odore acre che entra forte nel naso, e rimango subito sconvolto. Questa non è una normale discoteca, qui delle ragazze si prostituiscono. Sono molto deluso e arrabbiato. Senza dire una parola mi giro ed esco dal locale. Uno dei miei amici mi insegue. Mi insulta, mi dà del ritardato. Non gli rispondo. Passano pochi minuti, ne esce un altro, questa volta non per insultarmi, ma per darmi ragione. Infine un altro amico si sfila dal locale e anche lui mi dà ragione. Rimango sorpreso, avevo creato una catena di controcorrente. Senza aver parlato né degli ideali cristiani in cui credo, né di Dio, gli altri mi avevano visto e avevano capito. Passa qualche mese. Non pensavo più da un pezzo a quell’episodio. Un giorno un ragazzo, che era stato con noi quella sera, viene da me, mi dice di essersi pentito e di non voler più frequentare quel tipo di locali. Rimango sbalordito. Evidentemente Gesù stava lavorando il suo cuore. Questa esperienza mi ha aiutato a capire più radicalmente la necessità di rischiare e di dire “no” a certe proposte del mondo, perché è la nostra testimonianza che colpisce le persone, anche se a volte non ce ne accorgiamo». (Yves, Camerun) Da “Una buona notizia, gente che crede gente che muove”, Chiara Favotti, Ed. Città Nuova 2012 (altro…)

Roma – Incontro con Maria Teresa e Ruggero Badano, genitori della beata Chiara Luce

Dopo la laurea a Sophia
Sophia e l’inserimento nel mondo del lavoro: una relazione più o meno difficile rispetto ad altri percorsi accademici? Otto anni dopo l’inaugurazione dell’ Istituto Universitario Sophia (IUS), è stata l’italiana Licia Paglione, che insegna Metodologia della Ricerca sociale, a svolgere una prima indagine a partire da questi interrogativi. Alcune osservazioni tratte dal report di ricerca. Il target era costituito dai primi 80 laureati presso lo IUS, coloro cioè che hanno frequentato e concluso un corso di Laurea biennale conseguendo il titolo entro l’anno 2014. Nei primi due mesi del 2015 tale gruppo è stato invitato a rispondere ad un questionario semi-strutturato, elaborato per conoscere alcune informazioni essenziali, relative alle traiettorie professionali e di vita intraprese al termine degli studi a Sophia. Sul totale dei giovani laureati hanno risposto in 61 (75% del totale) provenienti da 30 Paesi del mondo; la loro collaborazione ha permesso di mettere a fuoco il valore che lo studio a Sophia ha avuto nella ricerca di un lavoro. Anzitutto il percorso di studi si è concluso nel periodo previsto di due anni nel 91% dei casi; l’81% dei laureati ha trovato occupazione entro 6 mesi dalla laurea, il 96% entro un anno. Oggi hanno un’attività lavorativa stabile il 51% dei laureati, un’occupazione temporanea il 26% di essi; nel 62% dei casi si tratta di un lavoro a tempo pieno, nel 26% di un lavoro part time, mentre per il 13% dei casi rappresenta una seconda attività. La maggioranza dei laureati (63%) svolge attualmente incarichi in ambiti di responsabilità nelle imprese, nelle amministrazioni pubbliche, nelle università e in altre agenzie culturali, nel no-profit: il 28% sono liberi professionisti, imprenditori, consulenti; il 7% sono dirigenti e funzionari di grado elevato, il 28% lavorano nell’ambito scientifico-culturale della formazione e della ricerca. L’efficacia del percorso formativo, rispetto all’attuale collocazione lavorativa, pare confermata: più di due terzi dei laureati (68%) pensa che il percorso offerto dallo IUS sia coerente con il lavoro che svolge. Tale efficacia viene messa in relazione con alcune specifiche capacità trasversali, che i laureati ritengono di aver conseguito o rafforzato nel periodo degli studi a Sophia. Descrivono in particolare la capacità di interagire in un contesto “plurale” sotto il profilo culturale e disciplinare, di trattare un problema integrando prospettive e competenze diverse, di gestire situazioni di conflitto lavorando in sinergia con altri attori sociali e culturali, promuovendo soluzioni innovative. Da notare, infine, che nessuno dei laureati si è pentito del percorso scelto: il 72% sarebbe favorevole a ripercorrerlo in toto, mentre il 28% lo rifarebbe suggerendo alcune modifiche. Tra queste, viene in rilievo la carenza di stage e tirocini accessibili nel corso del biennio. Priorità presa di mira dagli Uffici dell’Istituto competenti. “Interessante anche l’analisi dei punti di forza – commenta Licia Paglione – : studiare a Sophia significa soprattutto coinvolgimento in un percorso di scoperta e maturazione della propria identità ‘in relazione’, un percorso che comprende e valorizza le risorse intellettuali e allo stesso tempo investe la dimensione psicologica e affettiva, spirituale e operativa, e spinge ciascuno all’impegno”. (altro…)

Youth for a United World initiative in the Philippines
Negros Oriental State University is located in Dumaguete City, in the central part of the Philippines. It would be just like any other university in town if not for the Youth for a United World who are enrolled among its students. With the desire to share with their fellow students the precious pearl that they had found, they came up with the idea of registering the Y4UW (Youth for a United World) officially in the university as a bona fide association whose membership is open to all students. It is now constituted with a core group of about 10 officers and a membership of about 25 students. The officers receive a monthly formation from the local leaders of the Youth for a United World and the New Humanities. They hold a monthly General Assembly at which all the members meet to listen to the “Word of Life”, share their experiences and discuss other business. When they launched the #OpenYourBorders initiative, 250 students together with the President and the Vice President of the University got to know more about Y4UW. Last November 29 to December 3, the Negros Oriental State University celebrated its Foundation Day. The Y4UW association came up with the idea of putting up a booth which they called “The Room”. This was inspired by real-life escape games which are a type of physical adventure games in which players are locked in a room with other participants and they have to use the elements of the room to solve a series of puzzles, find clues, and escape the room within a set time limit. It was a great success. A good number of young people flocked into “The Room” to play the game. It was a good opportunity to meet many young people for the first time and to explain to them the life and the ideal of the Youth for a United World. The gen and the other members of the association wrote: “We were happy to hear common praises like ‘Wow, what a clever idea!’ or ‘I want to be a part of this group!’ Hearing things like that just made all the struggles and challenges worthwhile. We hope to do it again in the very near future.”