Movimento dei Focolari
Staffetta di preghiera per il Mediterraneo

Staffetta di preghiera per il Mediterraneo

20150521-02.jpg«Preghiamo, un’ora ciascuno, singolarmente o in gruppo, cristiani e non, per tutta la giornata del 21 aprile»: è questa la proposta lanciata dai giovani del Movimento dei Focolari che ha avuto in poche ore centinaia di adesioni. Riportiamo integralmente il testo della proposta presente sulla pagina della staffetta e invitiamo quanti lo desiderano ad unirsi. «Carissimi,di fronte a tale sciagura accaduta ancora una volta nello stesso mare non si può che raggelare, da lasciare attoniti e sgomenti.Una reazione studiata, programmata e condivisa, personale e collettiva si afferma dunque necessaria, oggi più che mai. Accanto ad un processo partecipativo concreto ed imminente di richieste e azioni comunitarie e politiche, abbiamo sentito chiaramente che il cuore ci gridava forte per prima cosa di unirci in un solo spirito per le anime dei nostri fratelli migranti che hanno perso la vita e per le loro famiglie e i loro paesi. Perchè questa unione con fede profonda possa purificare il dolore e il male perpetrato in questo mare e per chiedere la rettitudine nelle decisioni dei governanti. Vi proponiamo, oltre che a farlo fin da subito, in particolare per MARTEDÌ 21 APRILE una “STAFFETTA di PREGHIERA” di una giornata intera. Nella pagina di google ciascuno può segnare, se vuole, l’ora in cui si potrà unire in preghiera, organizzandosi insieme se l’orario lo permette o da soli, in modo da garantire in ogni attimo questa presenza unisona costante (può essere pregare nel proprio credo religioso, pregare in dialogo con altre religioni, una messa a suffragio, profondo silenzio, una riflessione, un lungo canto,..). Liberi di condividere l’iniziativa con quanti volete, e’ solo un primo passo, ma tanto potente e necessario segno di dignità e amore per questi uomini, donne e bambini morti tragicamente». Intanto a Catania l’appuntamento sarà al molo di Levante “per tutti coloro che sono in viaggio, per tutti coloro hanno bisogno di un porto dove essere accolti, per chiedere di essere persone capaci di stare vicini ai bisogno di tutti, dai migranti agli italiani, perché in fondo, ciascuno di noi è migrante in questo mondo”. Fonte: Città Nuova online

Maria Voce alle Nazioni Unite

Maria Voce alle Nazioni Unite

20150421-01Oggi comincia il dibattito dell’ONU sulla “Promozione della tolleranza e della riconciliazione: favorendo società pacifiche, accoglienti e contrastando l’estremismo violento”. Tra i leader religiosi invitati a contribuire c’è Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari. Tre domande prima di entrare nella sede centrale delle Nazione Unite: Come si sente prima di partecipare a questo evento ad alto livello con rappresentanti dei 193 stati membri? «Sono abbastanza tranquilla. A volte a queste organizzazioni manca proprio la testimonianza di quanto già si fa nel mondo per la pace. Ho l’impressione che spesso quanti vi lavorano si sentano soli e abbiano bisogno che qualcuno sia con loro sul campo, lavorando per gli stessi scopi. Con un ideale così grande, come quello che ci ha dato Chiara Lubich, non lavoriamo soltanto per la riconciliazione e per la giustizia sociale, ma questi sono dei passi per arrivare all’unità». Guardando il mondo, oggi qualcuno pensa che le religioni portino più la divisione che la pace… «Certamente nessuna religione è fautrice della guerra. La parola religione vuole dire legame, è un legame fra gli uomini. Come può una religione generare la guerra? La guerra nasce nel cuore degli uomini, e gli uomini, a qualsiasi religione appartengano, possono essere buoni o cattivi. La religione è presa tante volte come un pretesto per giustificare motivi molto più terreni e antiumani: il desiderio di potenza, di sopraffare i più deboli, di vendere i propri prodotti, comprese le armi. La radice delle guerre non è sicuramente nelle religioni, ma in queste altre motivazioni che in fondo sono sempre frutto dell’egoismo». Con gli scontri che ci sono adesso per esempio nel Medio Oriente o in Nigeria, lei è ancora ottimista che la pace sia possibile? «Non posso non essere ottimista perché Gesù è la pace. E siccome noi seguiamo Gesù, dobbiamo credere che la pace è possibile. È vero che Lui stesso ha detto ‘Sono venuto per portare la spada’, vuol dire prendere anche posizioni decise. Credo che quello che le religioni possano aiutare a fare è risvegliare la coscienza dell’umanità: la pace non è solamente un bene fra i tanti beni ma, senza la pace, tutti gli altri beni non servono a niente. Si può lavorare per la pace se ci mettiamo tutti insieme, sia il ricco che il povero, sia il potente che il meno potente, il religioso che quello che non si riconosce in nessuna religione. Dobbiamo lavorare per queste relazioni di pace nella famiglia umana, dove siamo veramente tutti uguali, e dobbiamo testimoniare questa uguaglianza». Il Dibattito ad Alto Livello al Palazzo di Vetro di New York avviene su iniziativa del Presidente dell’Assemblea Generale Sam Kutesa, del Segretario Generale Ban Ki-moon e dell’Alto Rappresentante dell’Alleanza delle Civiltà Nassir Abdulaziz Al-Nasser. Il 21 aprile si parlerà delle strategie per raggiungere società che includano tutti. Il 22 aprile i leader di varie religioni sono invitati a testimoniare il potenziale per costruire tolleranza e riconciliazione. Susanne Janssen, New York Live streaming della web TV delle Nazione Unite: http://webtv.un.org/live/ (altro…)

Perchè ho chiesto di tornare in Siria

Perchè ho chiesto di tornare in Siria

20150421-01Uno sguardo vivo, un sorriso dolce che, velandosi di tristezza, permane anche quando racconta le tragiche vicende nel Paese diventato ora la sua patria di elezione. Ghada, cosa ti ha spinto a tornare in Siria? «A 20 anni ho lasciato famiglia e patria per seguire Dio. Nel settembre 2013, quando ho deciso di tornare in Siria, lo slancio era lo stesso, intatto. Non mi spaventava l’idea che avrei potuto anche morire. Di più mi attraeva l’andare a vivere accanto alle persone che anni prima avevo conosciuto e far sentire loro che non sono abbandonate. Mi ha spinto il desiderio di condividere la loro vita, le loro paure, la precarietà del loro quotidiano. Qui infatti le bombe fioccano quando meno te l’aspetti». Ma non c’è nessun preavviso ai bombardamenti per potersi proteggere in qualche modo? «Non ci sono sirene che annuncino i raid e neppure ci si può basare su una strategia che faccia supporre quando e dove i razzi colpiranno. D’altra parte è ormai il 5° anno di guerra e non si può restare barricati per sempre. Ci si può fermare un giorno, un mese ma poi, anche se tuonano i mortai, la vita deve continuare: i bambini vanno a scuola e i genitori a lavorare per mantenere la famiglia. Tutto va avanti, nella precarietà e nel rischio più assoluti. Avevo vissuto lo stesso dramma quando ero in focolare in Libano, ma qui è tutto più aggravato, tutto più difficile. Qui si respira terrore e violenza da ogni angolo». 20150421-02Tu eri già stata in Siria nel passato. Puoi dirci qualcosa del cambiamento che hai trovato? «Quando ero in focolare in Libano, mi recavo ad Aleppo, a Homs e anche a Damasco perché già allora tante persone desideravano mantenersi in contatto coi Focolari. Per la sensibilità e la profondità interiore del popolo siriano, era spontaneo stringere rapporti significativi. Si condividevano i valori cristiani, qui tanto sentiti. Pur nella pluralità di Chiese e riti diversi, tipica di questa terra, c’era e c’è ancora grande armonia tra tutti. Quando nel ’94 si è progettato il focolare ad Aleppo, sono stata mandata ad aprirlo con altre due focolarine. Ci sono rimasta per 9 anni. Per la Siria erano tempi di prosperità: il Paese non aveva debito pubblico e il PIL era in continua ascesa. Di sera anche noi ragazze potevamo uscire liberamente. Ora c’è la bufera. Ma il peggio è l’assenza della prospettiva che questa guerra possa cessare. Sono tornata per dire, con gli altri focolarini, che siamo in Siria, che non l’abbiamo dimenticata, che Gesù ci ha plasmati un’unica famiglia e per questo vogliamo correre gli stessi rischi. Anche noi infatti, come tutti, andiamo al lavoro, in chiesa, al mercato, senza sapere se torneremo a casa. Siamo lì per l’amore che ci lega e la comunità in Siria sa che siamo disposti anche a dare la vita per loro. Come lo sono anche loro per noi. Questa reciprocità è davvero eccezionale. Fanno a gara per farci stare bene, per condividere con noi tutto quello che hanno». Voi focolarine siete a Damasco, una città affascinante, ricca di arte, di storia, una famosa meta turistica. Come si vive lì, oggi? «In città, ma anche nei villaggi, ogni giorno si sfida la morte. I trasporti sono spesso in tilt per mancanza di gasolio e continui posti di blocco. Si sa quando si esce ma non si sa quando si arriverà. Nelle case l’elettricità manca per ore, come pure l’acqua. Si rischia l’esasperazione. Tanto che l’esodo – per chi può lasciare il Paese – è in continua ascesa. Si calcola che l’emigrazione, anch’essa non priva di rischi gravissimi, abbia superato i 6 milioni di persone. Ma la religiosità è sempre molto sentita. Alla Via Crucis del venerdì santo, pur consapevoli che le bombe potevano esplodere da un momento all’altro, i cristiani erano tutti alla processione, portando con sé anche i bambini. Recentemente i ragazzi che seguiamo hanno parlato via skype con un gruppo di coetanei portoghesi. Questi volevano organizzarsi per mandare aiuti e chiedevano di che cosa avessero più bisogno. E loro, pur avendo necessità di tante cose materiali, continuavano a ripetere: «Pregate per noi, pregate per la pace, pregate che si fermi questa spirale di odio». 20150421-03Il vostro restare in Siria è una scelta forte, coraggiosa… «Non ci sentiamo degli eroi. Come non siamo qui a titolo personale. Prima di partire avevo potuto incontrare papa Francesco: nel suo incoraggiamento ho sentito tutto l’amore della Chiesa che si fa vicina a questo popolo così provato. Ci sentiamo sostenuti anche dall’amore di tutto il Movimento dei Focolari sparso nel mondo. Ne abbiamo bisogno per continuare a sperare, impotenti di fronte alla supremazia degli interessi economici e al proliferare del mercato internazionale di armi. La nostra mission è partecipare e condividere le vicende quotidiane della gente. Festeggiamo insieme le ricorrenze, creiamo momenti distensivi fra adulti e bambini per cercare di alleviare lo stress. Organizziamo momenti di spiritualità, preghiamo insieme per la pace. A Natale i nostri giovani hanno organizzato un concerto: vi hanno partecipato 300 persone, fra cui anche amici musulmani. Recentemente abbiamo festeggiato un matrimonio. Nella famiglia erano stati uccisi due figli e per via del lutto la ragazza non poteva uscire da casa vestita da sposa. Allora è uscita dal focolare, accompagnata in chiesa da tutte noi. Cerchiamo di inserirci nelle iniziative della Chiesa locale e con le altre espressioni ecclesiali che sono qui ci aiutiamo a prosciugare le sofferenze e le privazioni della gente. Per continuare insieme a sperare e a credere, sostenendo ogni sforzo per l’avvento della pace». (altro…)

Igino Giordani: per­fetto nell’amore

Igino Giordani: per­fetto nell’amore

20150518-a«Non si può dire qui chi è sta­to Igino Giordani per il Mo­vimento dei Focolari. Basti pensare che egli è un co­fondatore del Movimento stesso. Ora essere fondatori o anche cofondatori di un’Opera che la Chie­sa riconosce sua, comporta un’azione così molteplice e complessa della gra­zia di Dio, impulsi così vari e validi dello Spirito Santo, comportamenti, da parte del soggetto, così decisivi per l’Opera ed il più delle volte imprevi­sti perché suggeriti dall’Alto, richiesta di sofferenze spesso penetranti e pro­lungate nel tempo, elargizioni di gra­zie di luce e di amore, non ordinarie, che è meglio affidare alla storia della Chiesa e dei Movimenti spirituali che l’abbelliscono di secolo in secolo, la rivelazione di questa figura. Si può dire qualcosa, anche se non è facile, di Igino Giordani focolarino. Il focolarino fa ogni cosa, prega, la­vora, soffre, per arrivare a questo tra­guardo: esser perfetto nell’amore. Ebbene ci sembra proprio di do­ver affermare che Giordani ha rag­giunto questa mèta. Per quanto noi possiamo giudicare, egli è stato per­fetto nell’amore. Ha impersonato quindi il nome di battaglia col quale era chiamato nel Movimento: Foco, fuoco, e cioè quel­ amore verso Dio e il prossimo, so­prannaturale e naturale, che sta alla base ed al vertice della vita cristia­na, contribuendo in maniera unica a mantener viva in mezzo a tutti noi la realtà della “parola di vita” che gli era stata indicata al suo ingresso nel Movimento: “Amatevi a vicenda co­me io ho amato voi”. Quelli che hanno conosciuto a fondo Igi­no Giordani, sono concordi nel costatare e nell’affermare che egli ha vissuto le beatitudini. “Puro di cuore” in ma­niera eccezionale, ha aper­to a persone coniugate di ambo i ses­si, di varie parti del mondo, la pos­sibilità d’una originale consacrazione a Dio, pur nello stato matrimoniale, mediante una verginità spirituale, ef­fetto della più ardente carità. Questa purezza di cuore gli affinò i sentimenti più sacri e li potenziò. Aveva un tene­rissimo amore per la sua sposa. Ed alla fine della vita commuoveva ed im­pressionava l’intensità dell’affetto ver­so i suoi quattro figlioli. Così per i suoi nipoti. Era un padre perfetto, un nonno perfetto e un uomo tutto di Dio. E’ stato “povero in spirito” con un distacco completo non solo da tut­to ciò che possedeva, ma soprattutto da tutto ciò che era. Era carico di misericordia. Vicino a lui anche il più misero peccatore si sentiva perdonato ed il più povero si sentiva re. Una delle caratteristiche più spicca­te, come documenta anche la sua sto­ria di uomo politico, è stata quella di “operatore di pace”. Ed era arrivato a possedere tale mi­tezza da far capire come il Vangelo dica che chi ha questa virtù possiede la terra: egli con la più nobile genti­lezza, con quel modo di trattare, con quelle parole tutte sue che aveva per ognuno, conquistava tutti quelli che avvicinava. Chiunque si sentiva a suo agio, considerato con dignità, anche i giovani riuscivano a stabilire con lui un rapporto da pari a pari. E si co­statava come, soprattutto negli ultimi anni, irradiasse, parlando, qualcosa di soprannaturale. “Aveva fame e sete della giusti­zia” per la quale ha combattuto tut­ta la vita. Ed ha subìto persecuzioni per il no­me di Dio, per cui oggi lo crediamo in possesso del Suo Regno. Ma molte altre parole del Vangelo fanno ricordare la sua figura. Da lui si comprende co­sa significhi quella con­versione che Gesù chiede, per cui oc­corre farsi bambini. Cristiano di prim’ordine, dotto, apo­logeta, apostolo, quando gli è parso d’incontrare una polla d’acqua genui­na, che sgorgava dalla Chiesa, ha sa­puto “vendere tutto” per seguire Ge­sù che lo chiamava a dissetarsi di quell’acqua. Avendo molto sofferto per quell’e­marginazione spirituale in cui gli sem­brava di scorgere ai suoi tempi il lai­cato, ambiva con tutto il suo grande cuore ad abbattere pareti divisorie fra persone che stavano nel­lo stato di perfezione ed altri – ag­giungeva scherzando – in quello di imperfezione. In pratica, egli era sensibilissimo ai segni dei tempi, anzi era lui stesso un segno dei tempi, di questi tempi in cui lo Spirito Santo chiama tutto il popolo di Dio alla santità. Quando Igino Giordani aveva incontrato il Mo­vimento era formato soltanto da persone vergini. È stato lui a spalancarlo ai coniu­gati, che al suo seguito hanno avver­tito la fame di santità e di consacra­zione, mandando ad effetto quel pro­getto, prima soltanto intravisto, d’una convivenza di vergini e coniugati, per quanto è a questi consentito, sull’immagine della famiglia di Nazareth. Giordani è stato uno dei più grandi doni che il cielo ab­bia fatto al Movimento dei Focolari». (tratto da: Chiara Lubich, Igino Giordani focolarino, «Città Nuova» n. 9-10 maggio 1980) (altro…)