Apr 22, 2015 | Centro internazionale, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Quartier generale delle Nazione Unite: migliaia di persone lavorano lì, personalità importanti e capi di stato – chi non ha mai sognato di andarci un giorno? Ermanno Perotti, 25 anni, studente di economia dello sviluppo a Firenze/Italia, è lì, non come uno dei tanti visitatori che seguono le loro guide nei lunghi corridoi. Accompagna Maria Voce, la presidente del Movimento dei Focolari, invitata tra i leader religiosi che intervengono nel Dibattito ad Alto Livello su “Promozione della tolleranza e della riconciliazione: favorendo società pacifiche, accoglienti e contrastando l’estremismo violento”. L’impressione di Perotti è condivisa da tanti: «Ogni rappresentante di uno stato dà il suo contributo, tante parole belle e iniziative positive, ma sembrano quasi isolati, ognuno lo vede come una piattaforma per promuovere i propri pensieri». «La cosa che mi dà un po’ di fastidio è proprio la mancanza di ascolto. Quello che mi attrae, invece, è vedere lo sforzo di riempire questa mancanza con un ascolto e un dialogo vero». Con questa prospettiva, che ha ereditato dalla vita dei giovani dei Focolari, ha colto il fascino di impegnarsi in politica, per stimolare rapporti più veri. Su come prevenire la violenza e l’estremismo, quasi tutti gli interlocutori erano d’accordo che non c’è altra strada che il dialogo tra le culture. «Mi piacerebbe fare una scuola di dialogo proprio all’ONU» dice Perotti. Il 90% dei relatori, infatti, sottolinea il bisogno di formazione, e molti hanno parlato della necessità di dare voce alle donne e di combattere la povertà.

Ermanno Perotti
Molti hanno anche espresso la speranza nei giovani: si dovrebbe partire da loro, dicono. Perotti non è del tutto d’accordo: «Sono sempre gli adulti che parlano dei giovani, dove sono i giovani che parlano dei giovani?» si chiede. Vede la sua generazione già preparata ad un futuro multiculturale: «Sono cresciuto sempre così: in aula siamo di 10 nazionalità e 4 religioni diverse. Possiamo mostrare al mondo come viviamo quotidianamente e spontaneamente». Il 22 aprile è il giorno della tavola rotonda alle Nazioni Unite. Ermanno Perotti la prende con calma: «Mi sono detto prima, anche con Maria Voce, di vivere questi giorni anzitutto come una esperienza di Dio». Anche oggi, all’ONU, sarà un’esperienza di Dio. Come alcuni speaker hanno detto, “alla fine tutto si concentra nella regola d’oro, ‘amare il prossimo’. Così anche andare lì con la presidente, alla fine è semplice perché si va per amare e per essere un corpo con tutti gli altri giovani nel mondo». Susanne Janssen, New York Live streaming dalle 15 ora italiana su : http://webtv.un.org/live/ (altro…)
Apr 21, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Preghiamo, un’ora ciascuno, singolarmente o in gruppo, cristiani e non, per tutta la giornata del 21 aprile»: è questa la proposta lanciata dai giovani del Movimento dei Focolari che ha avuto in poche ore centinaia di adesioni. Riportiamo integralmente il testo della proposta presente sulla pagina della staffetta e invitiamo quanti lo desiderano ad unirsi. «Carissimi,di fronte a tale sciagura accaduta ancora una volta nello stesso mare non si può che raggelare, da lasciare attoniti e sgomenti.Una reazione studiata, programmata e condivisa, personale e collettiva si afferma dunque necessaria, oggi più che mai. Accanto ad un processo partecipativo concreto ed imminente di richieste e azioni comunitarie e politiche, abbiamo sentito chiaramente che il cuore ci gridava forte per prima cosa di unirci in un solo spirito per le anime dei nostri fratelli migranti che hanno perso la vita e per le loro famiglie e i loro paesi. Perchè questa unione con fede profonda possa purificare il dolore e il male perpetrato in questo mare e per chiedere la rettitudine nelle decisioni dei governanti. Vi proponiamo, oltre che a farlo fin da subito, in particolare per MARTEDÌ 21 APRILE una “STAFFETTA di PREGHIERA” di una giornata intera. Nella pagina di google ciascuno può segnare, se vuole, l’ora in cui si potrà unire in preghiera, organizzandosi insieme se l’orario lo permette o da soli, in modo da garantire in ogni attimo questa presenza unisona costante (può essere pregare nel proprio credo religioso, pregare in dialogo con altre religioni, una messa a suffragio, profondo silenzio, una riflessione, un lungo canto,..). Liberi di condividere l’iniziativa con quanti volete, e’ solo un primo passo, ma tanto potente e necessario segno di dignità e amore per questi uomini, donne e bambini morti tragicamente». Intanto a Catania l’appuntamento sarà al molo di Levante “per tutti coloro che sono in viaggio, per tutti coloro hanno bisogno di un porto dove essere accolti, per chiedere di essere persone capaci di stare vicini ai bisogno di tutti, dai migranti agli italiani, perché in fondo, ciascuno di noi è migrante in questo mondo”. Fonte: Città Nuova online
Apr 21, 2015 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Oggi comincia il dibattito dell’ONU sulla “Promozione della tolleranza e della riconciliazione: favorendo società pacifiche, accoglienti e contrastando l’estremismo violento”. Tra i leader religiosi invitati a contribuire c’è Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari. Tre domande prima di entrare nella sede centrale delle Nazione Unite: Come si sente prima di partecipare a questo evento ad alto livello con rappresentanti dei 193 stati membri? «Sono abbastanza tranquilla. A volte a queste organizzazioni manca proprio la testimonianza di quanto già si fa nel mondo per la pace. Ho l’impressione che spesso quanti vi lavorano si sentano soli e abbiano bisogno che qualcuno sia con loro sul campo, lavorando per gli stessi scopi. Con un ideale così grande, come quello che ci ha dato Chiara Lubich, non lavoriamo soltanto per la riconciliazione e per la giustizia sociale, ma questi sono dei passi per arrivare all’unità». Guardando il mondo, oggi qualcuno pensa che le religioni portino più la divisione che la pace… «Certamente nessuna religione è fautrice della guerra. La parola religione vuole dire legame, è un legame fra gli uomini. Come può una religione generare la guerra? La guerra nasce nel cuore degli uomini, e gli uomini, a qualsiasi religione appartengano, possono essere buoni o cattivi. La religione è presa tante volte come un pretesto per giustificare motivi molto più terreni e antiumani: il desiderio di potenza, di sopraffare i più deboli, di vendere i propri prodotti, comprese le armi. La radice delle guerre non è sicuramente nelle religioni, ma in queste altre motivazioni che in fondo sono sempre frutto dell’egoismo». Con gli scontri che ci sono adesso per esempio nel Medio Oriente o in Nigeria, lei è ancora ottimista che la pace sia possibile? «Non posso non essere ottimista perché Gesù è la pace. E siccome noi seguiamo Gesù, dobbiamo credere che la pace è possibile. È vero che Lui stesso ha detto ‘Sono venuto per portare la spada’, vuol dire prendere anche posizioni decise. Credo che quello che le religioni possano aiutare a fare è risvegliare la coscienza dell’umanità: la pace non è solamente un bene fra i tanti beni ma, senza la pace, tutti gli altri beni non servono a niente. Si può lavorare per la pace se ci mettiamo tutti insieme, sia il ricco che il povero, sia il potente che il meno potente, il religioso che quello che non si riconosce in nessuna religione. Dobbiamo lavorare per queste relazioni di pace nella famiglia umana, dove siamo veramente tutti uguali, e dobbiamo testimoniare questa uguaglianza». Il Dibattito ad Alto Livello al Palazzo di Vetro di New York avviene su iniziativa del Presidente dell’Assemblea Generale Sam Kutesa, del Segretario Generale Ban Ki-moon e dell’Alto Rappresentante dell’Alleanza delle Civiltà Nassir Abdulaziz Al-Nasser. Il 21 aprile si parlerà delle strategie per raggiungere società che includano tutti. Il 22 aprile i leader di varie religioni sono invitati a testimoniare il potenziale per costruire tolleranza e riconciliazione. Susanne Janssen, New York Live streaming della web TV delle Nazione Unite: http://webtv.un.org/live/ (altro…)
Apr 20, 2015 | Focolari nel Mondo, Senza categoria
Uno sguardo vivo, un sorriso dolce che, velandosi di tristezza, permane anche quando racconta le tragiche vicende nel Paese diventato ora la sua patria di elezione. Ghada, cosa ti ha spinto a tornare in Siria? «A 20 anni ho lasciato famiglia e patria per seguire Dio. Nel settembre 2013, quando ho deciso di tornare in Siria, lo slancio era lo stesso, intatto. Non mi spaventava l’idea che avrei potuto anche morire. Di più mi attraeva l’andare a vivere accanto alle persone che anni prima avevo conosciuto e far sentire loro che non sono abbandonate. Mi ha spinto il desiderio di condividere la loro vita, le loro paure, la precarietà del loro quotidiano. Qui infatti le bombe fioccano quando meno te l’aspetti». Ma non c’è nessun preavviso ai bombardamenti per potersi proteggere in qualche modo? «Non ci sono sirene che annuncino i raid e neppure ci si può basare su una strategia che faccia supporre quando e dove i razzi colpiranno. D’altra parte è ormai il 5° anno di guerra e non si può restare barricati per sempre. Ci si può fermare un giorno, un mese ma poi, anche se tuonano i mortai, la vita deve continuare: i bambini vanno a scuola e i genitori a lavorare per mantenere la famiglia. Tutto va avanti, nella precarietà e nel rischio più assoluti. Avevo vissuto lo stesso dramma quando ero in focolare in Libano, ma qui è tutto più aggravato, tutto più difficile. Qui si respira terrore e violenza da ogni angolo».
Tu eri già stata in Siria nel passato. Puoi dirci qualcosa del cambiamento che hai trovato? «Quando ero in focolare in Libano, mi recavo ad Aleppo, a Homs e anche a Damasco perché già allora tante persone desideravano mantenersi in contatto coi Focolari. Per la sensibilità e la profondità interiore del popolo siriano, era spontaneo stringere rapporti significativi. Si condividevano i valori cristiani, qui tanto sentiti. Pur nella pluralità di Chiese e riti diversi, tipica di questa terra, c’era e c’è ancora grande armonia tra tutti. Quando nel ’94 si è progettato il focolare ad Aleppo, sono stata mandata ad aprirlo con altre due focolarine. Ci sono rimasta per 9 anni. Per la Siria erano tempi di prosperità: il Paese non aveva debito pubblico e il PIL era in continua ascesa. Di sera anche noi ragazze potevamo uscire liberamente. Ora c’è la bufera. Ma il peggio è l’assenza della prospettiva che questa guerra possa cessare. Sono tornata per dire, con gli altri focolarini, che siamo in Siria, che non l’abbiamo dimenticata, che Gesù ci ha plasmati un’unica famiglia e per questo vogliamo correre gli stessi rischi. Anche noi infatti, come tutti, andiamo al lavoro, in chiesa, al mercato, senza sapere se torneremo a casa. Siamo lì per l’amore che ci lega e la comunità in Siria sa che siamo disposti anche a dare la vita per loro. Come lo sono anche loro per noi. Questa reciprocità è davvero eccezionale. Fanno a gara per farci stare bene, per condividere con noi tutto quello che hanno». Voi focolarine siete a Damasco, una città affascinante, ricca di arte, di storia, una famosa meta turistica. Come si vive lì, oggi? «In città, ma anche nei villaggi, ogni giorno si sfida la morte. I trasporti sono spesso in tilt per mancanza di gasolio e continui posti di blocco. Si sa quando si esce ma non si sa quando si arriverà. Nelle case l’elettricità manca per ore, come pure l’acqua. Si rischia l’esasperazione. Tanto che l’esodo – per chi può lasciare il Paese – è in continua ascesa. Si calcola che l’emigrazione, anch’essa non priva di rischi gravissimi, abbia superato i 6 milioni di persone. Ma la religiosità è sempre molto sentita. Alla Via Crucis del venerdì santo, pur consapevoli che le bombe potevano esplodere da un momento all’altro, i cristiani erano tutti alla processione, portando con sé anche i bambini. Recentemente i ragazzi che seguiamo hanno parlato via skype con un gruppo di coetanei portoghesi. Questi volevano organizzarsi per mandare aiuti e chiedevano di che cosa avessero più bisogno. E loro, pur avendo necessità di tante cose materiali, continuavano a ripetere: «Pregate per noi, pregate per la pace, pregate che si fermi questa spirale di odio».
Il vostro restare in Siria è una scelta forte, coraggiosa… «Non ci sentiamo degli eroi. Come non siamo qui a titolo personale. Prima di partire avevo potuto incontrare papa Francesco: nel suo incoraggiamento ho sentito tutto l’amore della Chiesa che si fa vicina a questo popolo così provato. Ci sentiamo sostenuti anche dall’amore di tutto il Movimento dei Focolari sparso nel mondo. Ne abbiamo bisogno per continuare a sperare, impotenti di fronte alla supremazia degli interessi economici e al proliferare del mercato internazionale di armi. La nostra mission è partecipare e condividere le vicende quotidiane della gente. Festeggiamo insieme le ricorrenze, creiamo momenti distensivi fra adulti e bambini per cercare di alleviare lo stress. Organizziamo momenti di spiritualità, preghiamo insieme per la pace. A Natale i nostri giovani hanno organizzato un concerto: vi hanno partecipato 300 persone, fra cui anche amici musulmani. Recentemente abbiamo festeggiato un matrimonio. Nella famiglia erano stati uccisi due figli e per via del lutto la ragazza non poteva uscire da casa vestita da sposa. Allora è uscita dal focolare, accompagnata in chiesa da tutte noi. Cerchiamo di inserirci nelle iniziative della Chiesa locale e con le altre espressioni ecclesiali che sono qui ci aiutiamo a prosciugare le sofferenze e le privazioni della gente. Per continuare insieme a sperare e a credere, sostenendo ogni sforzo per l’avvento della pace». (altro…)
Apr 20, 2015 | Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nel distretto di Rotorua (Nuova Zelanda) lo spessore della crosta terrestre è di soli 4 km. Qui si possono ammirare spettacolari geyser zampillanti e, addirittura nella città, fumanti pozzanghere con tanto di bollicine che ne agitano la superficie. Dal suolo esce un calore che arriva anche a 120°C. È qui che i colonizzatori inglesi avevano tentato di ricreare i bagni romani. Ancora oggi l’attività termale è al centro dell’interesse turistico per Rotorua, una città immersa nel verde e circondata da colline. Sulle rive del lago omonimo sorge il Keswick Christian Camp, una struttura estiva. Lì, per il meeting promosso dai Focolari, si sono date appuntamento 156 persone provenienti da varie città delle due isole principali che compongono la Nuova Zelanda. Obiettivo: trascorrere tre giorni insieme, lontano dalla routine, per approfondire la spiritualità dell’unità.
Maori, filippini, cinesi, coreani, olandesi, anglosassoni, italiani, maltesi, singaporiani, taiwanesi, futunesi, francesi, tokelauani, indiani, pakistani…: una sorprendente varietà etnica nel bozzetto di umanità venuto a crearsi. Nonostante tale diversità, fin dal primo momento si respirava un clima di famiglia. Oltre a momenti di spiritualità e di attività ricreative, il programma prevedeva ampi spazi per favorire la conoscenza reciproca e lo scambio fra tutti. Molto toccante il racconto della famiglia Pitcaithly, di Christchurch, la seconda città del Paese, recentemente devastata da due forti terremoti. Una tragedia che ha unito la popolazione in un coro di solidarietà con lo slogan “Kia kaha, stay strong Christchurch!”, cui hanno contribuito anche offerte raccolte dai Focolari in varie parti del mondo. Da Gisborne, la città che ha il privilegio di vedere per prima il sole che sorge, si è presentata l’attività di “Fish & Chips Club”. Fra le finalità, raccogliere fondi a favore di attività formative per i giovani, portata avanti da persone di varie Chiese cristiane con altre di convinzioni non religiose: insieme si cerca di fare qualcosa di utile per gli altri. Nonostante la pluralità, giovani e adulti si riuniscono una volta al mese per riflettere sul Vangelo e condividere le esperienze che scaturiscono dal cercare di metterlo in pratica. Un modo davvero significativo per crescere come persone e trarre forza per portare avanti le diverse attività artigianali e sportive di un club dove ognuno può essere sé stesso e dove si cerca di sottolineare non tanto ciò che distingue, ma i valori che si possono condividere. A
nche se la Nuova Zelanda può apparire una terra benestante e accogliente, una famiglia indiana-pakistana ha raccontato quanto è stato difficile il loro inserimento in questa società. Martis, papà di due figli, lavorava in una casa di cura per anziani e la moglie Antoneta in una piccola azienda di lavorazione della carne. Ad un tratto ambedue hanno perso il lavoro. La ricerca di una nuova occupazione si protraeva senza risultato, tanto da decidere il ritorno in patria. A soli dieci giorni dalla scadenza del visto, da una città vicina qualcuno è riuscito a procurare un’intervista di lavoro per Martins e quindi la possibilità di rinnovare il permesso di residenza. Grande la gioia di tutti e di questa famiglia che ha dato una forte testimonianza dell’amore di Dio che si manifesta attraverso la comunità. Teresa, riassumendo la voce dei giovani presenti, ha detto: «L’esperienza di questi giorni ci ha dato la carica per tornare nelle nostre rispettive città e ricominciare daccapo». Anne, una signora anziana Maori, tanto stimata dalla sua tribù, ha concluso: «Aroha te mea nui o te ao Katoa»; che nella sua lingua significa: «L’amore è il dono più grande di tutto il mondo». (altro…)
Apr 18, 2015 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Non si può dire qui chi è stato Igino Giordani per il Movimento dei Focolari. Basti pensare che egli è un cofondatore del Movimento stesso. Ora essere fondatori o anche cofondatori di un’Opera che la Chiesa riconosce sua, comporta un’azione così molteplice e complessa della grazia di Dio, impulsi così vari e validi dello Spirito Santo, comportamenti, da parte del soggetto, così decisivi per l’Opera ed il più delle volte imprevisti perché suggeriti dall’Alto, richiesta di sofferenze spesso penetranti e prolungate nel tempo, elargizioni di grazie di luce e di amore, non ordinarie, che è meglio affidare alla storia della Chiesa e dei Movimenti spirituali che l’abbelliscono di secolo in secolo, la rivelazione di questa figura. Si può dire qualcosa, anche se non è facile, di Igino Giordani focolarino. Il focolarino fa ogni cosa, prega, lavora, soffre, per arrivare a questo traguardo: esser perfetto nell’amore. Ebbene ci sembra proprio di dover affermare che Giordani ha raggiunto questa mèta. Per quanto noi possiamo giudicare, egli è stato perfetto nell’amore. Ha impersonato quindi il nome di battaglia col quale era chiamato nel Movimento: Foco, fuoco, e cioè quel amore verso Dio e il prossimo, soprannaturale e naturale, che sta alla base ed al vertice della vita cristiana, contribuendo in maniera unica a mantener viva in mezzo a tutti noi la realtà della “parola di vita” che gli era stata indicata al suo ingresso nel Movimento: “Amatevi a vicenda come io ho amato voi”. Quelli che hanno conosciuto a fondo Igino Giordani, sono concordi nel costatare e nell’affermare che egli ha vissuto le beatitudini. “Puro di cuore” in maniera eccezionale, ha aperto a persone coniugate di ambo i sessi, di varie parti del mondo, la possibilità d’una originale consacrazione a Dio, pur nello stato matrimoniale, mediante una verginità spirituale, effetto della più ardente carità. Questa purezza di cuore gli affinò i sentimenti più sacri e li potenziò. Aveva un tenerissimo amore per la sua sposa. Ed alla fine della vita commuoveva ed impressionava l’intensità dell’affetto verso i suoi quattro figlioli. Così per i suoi nipoti. Era un padre perfetto, un nonno perfetto e un uomo tutto di Dio. E’ stato “povero in spirito” con un distacco completo non solo da tutto ciò che possedeva, ma soprattutto da tutto ciò che era. Era carico di misericordia. Vicino a lui anche il più misero peccatore si sentiva perdonato ed il più povero si sentiva re. Una delle caratteristiche più spiccate, come documenta anche la sua storia di uomo politico, è stata quella di “operatore di pace”. Ed era arrivato a possedere tale mitezza da far capire come il Vangelo dica che chi ha questa virtù possiede la terra: egli con la più nobile gentilezza, con quel modo di trattare, con quelle parole tutte sue che aveva per ognuno, conquistava tutti quelli che avvicinava. Chiunque si sentiva a suo agio, considerato con dignità, anche i giovani riuscivano a stabilire con lui un rapporto da pari a pari. E si costatava come, soprattutto negli ultimi anni, irradiasse, parlando, qualcosa di soprannaturale. “Aveva fame e sete della giustizia” per la quale ha combattuto tutta la vita. Ed ha subìto persecuzioni per il nome di Dio, per cui oggi lo crediamo in possesso del Suo Regno. Ma molte altre parole del Vangelo fanno ricordare la sua figura. Da lui si comprende cosa significhi quella conversione che Gesù chiede, per cui occorre farsi bambini. Cristiano di prim’ordine, dotto, apologeta, apostolo, quando gli è parso d’incontrare una polla d’acqua genuina, che sgorgava dalla Chiesa, ha saputo “vendere tutto” per seguire Gesù che lo chiamava a dissetarsi di quell’acqua. Avendo molto sofferto per quell’emarginazione spirituale in cui gli sembrava di scorgere ai suoi tempi il laicato, ambiva con tutto il suo grande cuore ad abbattere pareti divisorie fra persone che stavano nello stato di perfezione ed altri – aggiungeva scherzando – in quello di imperfezione. In pratica, egli era sensibilissimo ai segni dei tempi, anzi era lui stesso un segno dei tempi, di questi tempi in cui lo Spirito Santo chiama tutto il popolo di Dio alla santità. Quando Igino Giordani aveva incontrato il Movimento era formato soltanto da persone vergini. È stato lui a spalancarlo ai coniugati, che al suo seguito hanno avvertito la fame di santità e di consacrazione, mandando ad effetto quel progetto, prima soltanto intravisto, d’una convivenza di vergini e coniugati, per quanto è a questi consentito, sull’immagine della famiglia di Nazareth. Giordani è stato uno dei più grandi doni che il cielo abbia fatto al Movimento dei Focolari». (tratto da: Chiara Lubich, Igino Giordani focolarino, «Città Nuova» n. 9-10 maggio 1980) (altro…)