20 Apr 2018 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Está chegando a hora! Os adolescentes do Movimento Juvenil pela Unidade estão a mil na preparação das Olimpíadas que serão realizadas em Guaporé, no Rio Grande do Sul. Muito esporte, fraternidade, convivência e amizade em um único fim de semana! Faça sua inscrição como atleta ou voluntário! https://olimpiadasmjpurs.wixsite.com/2018 
20 Apr 2018 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Os limites dividem povos, culturas e países. Mas e se mudarmos a nossa perspectiva? Se arriscarmos superar os nossos limites e abraçarmos as diferenças, construindo pontes entre nós? Só juntos podemos criar um mundo mais unido! Só juntos superamos limites! Os Jovens para um Mundo Unido convidam: Supera os teus no 1 de Maio Juntos Superamos Limites – Beyond All Borders e experimenta já a mudança de perspectiva! Esta iniciativa dos Jovens Para o Mundo Unido reúne jovens de norte a sul do país, que através de momentos artísticos, testemunhos e laboratórios de fraternidade querem mostrar que o mundo unido é cada vez mais uma realidade. https://youtu.be/y2oryHdyvqY Mais informações no Convite Local Cidadela Arco-Íris das 10h00 às 18h00 Inscrições online aqui Comunicado de Imprensa
19 Apr 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
«Sono passati 18 anni, ma l’onda di quell’evento ancora muove tutti noi che vi abbiamo partecipato. Qualche mese prima, nel dicembre del ‘99, ero arrivato a Roma. Cominciava per me un periodo in cui avrei lavorato, come grafico, al Centro gen internazionale, in preparazione al Genfest. Non potevo ancora immaginare quali sorprese mi avrebbe riservato quell’anno! Un giorno di febbraio, mentre mi trovavo solo con la mia chitarra, pensavo a Chiara “Luce” Badano: era una gen come noi, morta dieci anni prima, e nei suoi ultimi momenti di vita aveva offerto il suo dolore per la riuscita del Genfest. Mi venne l’ispirazione, tuttora non so spiegarmi come, di una canzone dedicata proprio a lei: “Corri, corri, dimmi che non c’è nulla da temere. Corri, corri, brilla, brilla che la tua luce ora è in me”. Non potevo che intitolarla: “Luz”, luce. Il giorno dopo, a Loppiano, era in programma il primo di una serie di appuntamenti con il gruppo che doveva curare le musiche. Si trattava di scegliere le quattro canzoni ufficiali del Genfest. Un po’ teso, proposi anche quella, cantandola davanti a tutti. “Luce” venne scelta, e da allora in poi, fino a oggi, è stata cantata e tradotta in diverse lingue, divenendo il simbolo di un’esperienza fatta propria da tantissimi giovani, dietro l’esempio di Chiara Badano, che nel 2010 è stata proclamata beata. Tempo dopo i suoi genitori, Maria Teresa e Ruggero, mi hanno detto, abbracciandomi: “Hai trovato il modo migliore per farla conoscere, perché chi canta prega due volte!”.
Quel Genfest, il primo organizzato completamente da noi giovani, era una vera sfida, un’esperienza di unità tra noi e di maturità. Arrivato il momento della scelta di un logo, feci una proposta, il segno di un’onda che sarebbe rimasta incessante nel tempo. E, altro grande regalo, anche quel logo venne scelto! Tutto era pronto il 17 agosto. Di buon mattino eravamo già sul palco per il sound check e gli ultimi preparativi. Prima dell’inizio, 25 mila persone erano in attesa di entrare nello Stadio. Tre, due, uno…con una percussione dai ritmi diversi e un suono sottile e incessante, come un battito cardiaco, finalmente ebbe inizio quello che stavamo preparando da mesi. Un programma ricco, per mostrare ai giovani di tutto il mondo che l’unità era possibile. Intorno alle 18,30 era il mio turno, con una canzone che avevo composto in Costa Rica quattro anni prima (“Basta un sorriso”).
La storia di Chiara “Luce” Badano, presentata come un esempio di santità a soli 18 anni, mentre scorrevano le immagini del suo volto luminoso e sorridente sul grande schermo, venne accolta in un silenzio assoluto. Sembrava di vivere un attimo di eternità. Subito dopo, i primi accordi di “Luce”. Infine il momento più atteso, la proposta di Chiara Lubich: “L’idea di un mondo più unito, per cui molti giovani oggi si battono, non sarà solo utopia, ma diverrà, nel tempo, una grande realtà. E il tempo futuro è soprattutto nelle vostre mani”. Quindi il lancio del “Progetto Africa”. Ma non era finita, ancora ci aspettava il grande appuntamento della GMG, il 19 e 20 agosto, nella vicina spianata di Tor Vergata, con Giovanni Paolo II. Un’altra giornata storica, con due milioni di giovani, a cui nemmeno il caldo del giorno e il freddo della notte avevano spento la gioia di stare insieme. Indimenticabile la consegna del Papa: “Non abbiate paura di essere i santi del Terzo millennio”. Prima di ritornare nel Costa Rica, nel dicembre di quell’anno, ho avuto la possibilità di salutare personalmente Chiara Lubich e di lasciarle un ricordo di quella magica esperienza che avevo vissuto quell’anno: un piccolo libretto. Ma i regali per me non erano finiti: dopo tanti anni, ho incontrato una ragazza austriaca che come me aveva partecipato a quel Genfest, Tina. Ora è diventata mia moglie!».
Sandro Rojas Badilla
Ascolta: “Basta un sorriso” Ascolta: “Luz” Foto: Sandro Rojas Badilla (altro…)
12 Apr 2018 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
«Da circa tre anni noi Giovani per un Mondo Unito di Roma collaboriamo con le educatrici, l’amministrazione penitenziaria e il “Comitato G9”, un gruppo di otto detenuti dell’omonimo reparto del carcere di Rebibbia che, pur non avendo figli, sono impegnati per favorire occasioni d’incontro fra gli altri detenuti e le rispettive famiglie». A raccontare questa avventura è Raffaele Natalucci, giovane ventinovenne di Roma. «Tre volte l’anno allestiamo degli stand dove genitori e figli hanno uno spazio per stare insieme, giocare e disegnare con i più piccoli. Durante gli eventi organizzati nell’area verde, il cortile interno del carcere, partecipano circa trecento persone, tra detenuti e famiglie, e numerosi volontari provenienti dall’esterno. Durante uno di questi eventi abbiamo raccolto la testimonianza di un detenuto: “La privazione della libertà ti estranea dalla realtà. A forza di stare in cella, tra quattro muri, anche la vista si abbassa. Chi ha beneficiato di permessi premio racconta che faceva fatica a guardare lontano, verso l’orizzonte. La possibilità di svolgere lavori all’interno del carcere per me vuol dire molto. Prima impiegavo le mie capacità in attività illegali, ma quello che facevo era come un gelato d’estate, si scioglieva al sole. Invece lavorare, organizzare manifestazioni sportive o iniziative a favore degli altri detenuti vale cento volte il salario”». Continua Raffaele: «Come Giovani per un Mondo Unito stiamo vivendo un’esperienza umana molto forte: l’ordine della polizia penitenziaria di lasciare ogni oggetto personale prima di entrare risuona, ogni volta, come un invito ad abbandonare anche i pregiudizi, andando oltre le barriere tra il mondo esterno e il carcere, per costruire un rapporto autentico con le persone detenute, a tal punto che ormai ci chiamiamo il “Comitato esterno”. Abbiamo avviato un “Progetto sulla legalità” con una serie di incontri tematici all’interno del carcere. In piena sintonia con le educatrici, i detenuti e con l’aiuto di esperti, abbiamo scelto di approfondire alcuni temi, come le relazioni interpersonali, l’integrazione tra culture, la “legalità del noi”, la riscoperta delle proprie attitudini e il reinserimento professionale». «In occasione della festa del papà, il 19 marzo, abbiamo invitato lo psicologo Ezio Aceti a parlare di “genitorialità” a circa settanta detenuti nel teatro dell’istituto penitenziario. Un intervento focalizzato sulle aspettative e sui bisogni del bambino. “Prendere atto dei pensieri dell’altro, raccontarsi nella verità, mostrare una immagine positiva – ha spiegato Aceti – sono i presupposti necessari affinché l’incontro tra detenuti e figli possa dare frutti”. Durante il dibattito un detenuto ha chiesto: “Cosa può dire a sua figlia un padre condannato all’ergastolo?”.“Che suo papà ha sbagliato, ma ce la sta mettendo tutta” è stata la risposta. “Se sua figlia vedrà nel padre la coerenza ed il coraggio di rialzarsi, avrà questa immagine del suo papà”. E ancora: “Genitorialità è mantenere vivo un legame. Occorre trasmettere ai figli un sentimento di appartenenza. In questo modo vivranno un’esperienza positiva e si ricorderanno del papà in carcere”. Lo psicologo ha infine esortato i detenuti: “Educare un figlio non vuol dire non sbagliare, ma mettercela tutta nonostante gli errori. Questo insegnerà ai figli la tolleranza. Potete essere dei buoni papà anche se avete sbagliato. In fondo tutti sentiamo lo scoraggiamento, ma dentro il nostro cuore un’altra voce ci dice: rialzati, ricomincia. Non è importante quante volte avete sbagliato, ma quante volte vi rialzerete. Il miracolo è che a forza di rialzarsi un cambiamento ci sarà”». (altro…)
4 Apr 2018 | Chiesa, Nuove Generazioni, Spiritualità
“Sarete presi sul serio”, ha assicurato il Papa. Quante volte i giovani in questa società non si sentono considerati, ascoltati davvero, e presi sul serio? “Forse non ci prendono sul serio perché hanno paura che la nostra mancanza di esperienza possa portarci a sbagliare tutto. Magari è vero che dobbiamo ancora imparare, ma d’altro canto noi abbiamo qualcosa che gli adulti non hanno, che è l’essere giovani oggi, qui ed ora, un’esperienza diversa da quella che hanno vissuto loro. Abbiamo bisogno della loro esperienza certamente, ma abbiamo questo plus che loro non hanno. Da parte sua anche il giovane non deve cadere nella critica improduttiva agli adulti, cercare di distruggere l’altro, mentre piuttosto si può coltivare un dialogo intergenerazionale fino in fondo e senza giudicare. Giovani e adulti hanno specificità che offrono la possibilità di un arricchimento reciproco fruttuoso: la persona adulta ringiovanisce e il giovane matura”. Quindi oltre all’esperienza del dialogo con giovani di altre Chiese, fedi e convinzioni, avete fatto anche quella del dialogo con fra generazioni … “In realtà le due dimensioni non sono separate, e la dimensione religiosa non va scissa dalla nostra umanità, dalla nostra realtà quotidiana, è uno sbaglio scindere la vita spirituale da quella normale, invece la trascendenza fa parte dell’uomo, capire che siamo limitati e cercare le risposte andando oltre noi stessi è una questione antropologica, tipica del nostro essere umano. Il dialogo intergenerazionale è un fatto perché ci sono persone di età differenti, l’umanità si rinnova, e dentro questo fatto c’è anche l’aspetto spirituale che è proprio di tutte le età, dei grandi come dei piccoli. I
l Papa ha voluto che questo sinodo sui giovani fosse anche un sinodo per i giovani, con i giovani e dei giovani. Vi siete davvero sentiti protagonisti in questi giorni? “Sì molto, e ci siamo commossi di questa apertura totale in primis del Papa e poi della Chiesa. I suoi rappresentanti che erano lì per seguirci non si sono intromessi: il Cardinale Lorenzo Baldisseri e il Monsignor Fabio Fabene erano lì per ascoltarci. In loro ho visto la figura di Maria che fa silenzio pieno e fa spazio perché nasca la Parola, un dipinto sullo sfondo, una presenza silenziosa che fa emergere la Parola. Erano lì ad ascoltare sia durante i lavori che nei momenti di svago al di fuori del programma, e quando chiedevamo qualcosa ci rispondevano, altrimenti restavano in silenzio. Nel loro viso vedevamo il riflesso delle cose su cui erano d’accordo e di quelle che facevano loro male e questo ci aiutava a trovare quell’equilibrio che ci ha detto il Papa il primo giorno: parlate con faccia tosta ma siate umili e se sbagliate chiedete scusa. Questo c’è stato nei momenti della elaborazione del documento finale, qualcuno ha usato un linguaggio forse troppo critico, ma pian piano abbiamo trovato questo equilibrio, anche perché avevamo la loro presenza che ci aiutava. Quindi certamente si è sentito anche il sostegno della Chiesa gerarchica, degli adulti. Non tutto è stato perfetto ma questo fa parte delle cose”. Cosa ti ha colpito a lavoro ultimato? “Una volta che il documento finale è stato approvato ho sentito giovani di diversi Paesi – uno delle isole Samoa, un asiatico, un africano, un europeo e un latinoamericano – dire che questo documento riflette quello che il giovane oggi è. Sono le stesse cose che pensano i miei amici, sono le stesse domande che ci facciamo, e questo mi ha fatto molto piacere perché era questo il senso del nostro incontro: quello di poter toccare tematiche che altrimenti non sarebbero state affrontate. È vero che non tutti erano d’accordo su tutto, perché ci sono delle sfumature diverse in ogni regione, però le problematiche e le domande principali, il vivere e questa ricerca di senso nella sua profondità è rispecchiata nel documento con tutte le contraddizioni che ci sono state: alcuni la pensano in una certa maniera, altri la pensano nel modo completamente opposto, ma la ricerca e le aspirazioni sono le stesse. Quindi mi ha fatto piacere vedere che questo lavoro di 5 giorni e di 300 giovani di tutto il mondo e di tutte le realtà, riflette in essenza quello che il giovane è oggi, sia in Medio Oriente che in Asia, in Africa. Abbiamo la consapevolezza che questo è un momento storico per la Chiesa, non solo perché è la prima volta che si apre all’ascolto dei giovani in questo modo ma anche perché d’ora in poi non si potrà più procedere senza tener conto di questo incontro e di quello che è emerso. È un inizio e siamo contenti di averne fatto parte”. Leggi il documento integrale (altro…)