Movimento dei Focolari
Argentina, giovani e solidarietà

Argentina, giovani e solidarietà

“Sabato scorso c’era una vera folla che scendeva dal treno: ho visto con i miei occhi questo ‘esercito’, tanti  Giovani per un mondo unito che arrivavano a La Plata.…  Li ho visti, poi,  nei vari quartieri, lavorando come matti, con amore e impegno, ed ho pensato: sì, è chiaro, questa è la vera rivoluzione!”. Così scrive Sofia dopo una intensa giornata di lavoro, offrendo aiuto e assistenza a chi ha subito i danni della grande inondazione del 3 di aprile: metà della città inondata, molti i morti e il dolore di perdere tutto. E, ancora una volta, sono i giovani che si mettono in prima linea per organizzare la rete di solidarietà che si è attivata in tutto il paese. “Eravamo più di 40 – racconta Pilar -. Ci siamo divisi in tre gruppi per poter offrire meglio il nostro aiuto. Una famiglia ha aperto le porte della sua casa per poter raccogliere materiale e distribuirlo nel quartiere. Ma avevano tutte le loro cose coperte di fango, così alcuni sono rimasti ad aiutarli, mentre altri preparavano cibi e vestiario per chi che ne aveva bisogno. Altri hanno iniziato a pulire le case dei vicini. Sono molto stanca, però super contenta di aver dato una mano”. “Siamo andati in una scuola per selezionare le donazioni e scaricare camion di materiali, materassi, acqua e detersivi. Parlando con la gente del quartiere, ci siamo resi conto della grande necessità di condividere quanto si sta vivendo. C’è chi ha perduto tutto! Un signore, che abbiamo aiutato a caricare la spazzatura sul camion, ci ha offerto l’unica cosa che aveva: acqua calda per il mate. Ha perso tutti i mobili, e l’acqua ha distrutto il materiale del suo locale di elettronica”. “Ho dedicato molto tempo ai bambini: racconti pieni di vita, di sentimento… Sguardi che attraversano l’anima, perché in mezzo al caos ed alla perdita delle cose materiali, la gente cerca affetto, cerca chi ascolti la loro esperienza. Ho dovuto fare da mamma a più di qualcuno di loro, dando da mangiare ai più piccoli, sorvegliando neonati di pochi mesi, mentre le mamme pulivano…”. In un’altra città, Luisa ed altri amici cominciano una  campagna “casa per casa” avvisando che avrebbero raccolto materiale, vestiario e che sarebbe stato aperto un conto in banca per raccogliere fondi.  Ma “non so se qualcuno depositerà qualcosa…” confida a qualcuno.  Joaquín, di nove anni, sta ascoltando la conversazione mentre guarda alla televisione le immagini dell’inondazione; si alza, va nella sua stanza, e ritorna per consegnare una busta a Luisa: “Qui ci sono i miei soldi”. La mamma, stupita, gli dice: “Ma questi erano per la tua bicicletta” (era un anno che Joaquín stava risparmiando per comprarla). Joaquín le risponde: “Mamma, loro ne hanno più bisogno di me”. Anche molte famiglie dei Focolari hanno subito considerevoli perdite economiche. Dopo i primi momenti di sorpresa e di dolore,  si sono unite alla grande corrente di solidarietà, aprendo le case ad altri, raccogliendo e distribuendo donazioni, aiutando come possibile. Guardando la gravità dei danni, tutto quello che si riesce a fare sembra poco. Uno dei Giovani per un Mondo Unito venuti col treno per aiutare, lo esprime in questo modo: “Sento che il mio contributo è piccolo, però ogni granello di sabbia vale. Forse non possiamo risolvere i problemi di tante famiglie, però possiamo unirci nella preghiera perché Dio Amore aiuti queste persone che debbono ricominciare da zero. Grazie a ciascuno!… Mi ha dato molta speranza, molta forza, il vederci uniti per, in qualche modo, «morire per la nostra gente!»”. A cura di Carlos Mana, Argentina (altro…)

Argentina, giovani e solidarietà

Filippine: estate alternativa

Dal 4 al 7 aprile, giovanissimi da varie isole delle Filippine, si sono riuniti a Tagaytay per un’avventura diversa dal solito. Hanno lasciato il confort delle loro case e preso le distanze dalla tecnologia, hanno affrontato la sfida di incontrare la diversità, e scelto di stare a contatto con la natura, mentre stringevano nuove amicizie da tutto il Paese. Col tema “L’altro da me… un altro me” hanno cercato di scoprire come vivere una giornata tutta guidata dall’amore. Durante l’attività di “ColoriAmo la città”, i giovani partecipanti al campo hanno svolto varie azioni sociali: visite negli orfanotrofi e nella prigione locale; trasferte in sperduti villaggi alla periferia di Tagaytay, dove hanno piantato un centinaio di nuovi alberi. Tutte occasioni per concretizzare il tema del campo, specialmente l’applicazione della frase del Vangelo: “Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avrete fatto a me” (Mt. 25,40). Momenti che hanno lasciato un segno importante nei ragazzi, come ha commentato uno di loro dopo aver aiutato in un ospedale alcune persone con lesioni cerebrali: “Ho capito quanto troppo spesso dia per scontate cose che in realtà sono un privilegio e i doni che ho ricevuto”. E un altro, dopo aver passato alcune ore con alcuni bambini orfani: “Nel poco tempo trascorso con loro, ho sentito di essere diventato come un padre per un bambino senza genitori”. Chi invece ha visitato i detenuti della prigione di Tagaytay City, è stato toccato dalle loro testimonianze, sul cercare di risollevare le proprie vite spezzate. I detenuti hanno anche messo in guardia i ragazzi dal commettere grandi errori che mandano dritto in prigione, distruggendo la vita propria e di altre persone. I ragazzi hanno partecipato anche a workshop di arte, teatro, danza, musica, giornalismo e sport. Hanno condiviso esperienze di vita, come quella della famiglia di Lito Bulan: di fronte a grandi difficoltà, come la malattia della moglie, ha affrontato la situazione con maggior amore e perseveranza, e così la figlia, che ha cercato di vivere “l’arte di amare”, dandosi da fare per mantenere intatta l’unità tra tutti. Lei ha raccontato che le prove nella vita servono da ‘filtro’ per un legame di amore in famiglia più forte e profondo. Durante il campo si è svolta una “Amazing Race” (corsa straordinaria): una gara per testare l’unità e la capacità di lavoro di squadra tra i 15 gruppi che si erano formati. Tra le 15 tappe, la più emozionante è stata la scivolata nel fango – una lezione sulla fiducia e il coraggio nella vita – e la corsa ad ostacoli, un vero e proprio test sulla perseveranza! L’ultimo giorno era dedicato alla preghiera, alla riflessione e al sacramento della riconciliazione. Un momento per ripensare ed integrare quanto appreso in questi 4 giorni avventurosi e significativi. Come in ogni youth camp (questo è il 5° anno consecutivo), è sempre difficile salutarsi, ma più forte è ripartire con la sfida di “amare il nostro prossimo e di colorare gli angoli bui delle nostre città”. Le pagine Facebook dei partecipanti nel giro di poco si sono riempite con foto e racconti che esprimono come questa sia stata “l’estate più indimenticabile” della loro vita! Adesso questi 300 giovani Filippini sono porti ad esportare l’esperienza vissuta allo Youth Camp nel loro ambiente quotidiano. (altro…)

Argentina, giovani e solidarietà

Bambini e Vangelo

«A scuola tanti miei compagni mi chiedono il temperino in prestito perché è un bel temperino che fa bene le punte alle matite. Io lo presto sempre, ma una mattina me lo avevano già chiesto tante volte e quando un mio compagno me lo ha chiesto di nuovo io ho risposto “NO!”, molto forte. Lui è tornato al suo posto un po’ triste e in quel momento mi sono ricordata: “Ma anche in lui c’è Gesù. Non posso dirgli di no!” L’ho richiamato e gli ho dato il mio temperino e gli ho fatto un bel sorriso. Ho visto che era contento, e anch’io ho sentito la gioia dentro. Una sera io, papà e mio fratello stavamo sul divano a vedere una partita di calcio. È  entrata la mamma ed ha detto: “Ma nessuno pensa a me che sono tornata stanca dal lavoro e devo pure preparare la cena? Chi mi aiuta ad apparecchiare???”. Io volevo vedere la partita, ma ho pensato: ‘Anche nella mamma c’è Gesù da amare!’. Mi sono alzata e sono andata in cucina ad apparecchiare. Ho fatto felice la mamma e poi la nostra squadra ha vinto 4 a 0!!!». (E.M. 8 anni, Italia) «A noi bambini piace collezionare e giocare con le carte dei Pokemon, di Yu-gi-oh e le figurine dei calciatori. Ce le portiamo sempre a scuola. Io ne ho 83 e alcune sono rare. Un giorno stavo tornando a casa con lo scuolabus e ho tirato fuori le carte di Yu-gi-oh. Un bambino che è mio amico e si chiama Lorenzo, mi ha chiesto se potevo regalargli una carta fortissima che si chiama falena brancoacciaio. All’inizio non volevo perché ci tenevo molto a quella carta, ma poi per fare un atto d’amore gliela ho regalata e lui era molto contento». (V.F. – 8 anni, Italia) «Un giorno sono tornato dalla piscina ed ero stanco. La mamma mi ha chiesto di mettere in ordine la mia stanza e a me non andava perché volevo riposarmi. Poi ho pensato che anche nella mamma c’è Gesù. Sono andato a sistemare e poi avevo nel cuore tanta gioia e non mi sono nemmeno stancato di più». (L.A. – 7 anni, Italia) (altro…)

Argentina, giovani e solidarietà

Muneeb Sohail

Il giovane pakistano raggiunto da una pallottola vagante durante gli scontri  a Karachi. “Andate avanti, decisi più che mai a vivere con radicalità il nostro grande Ideale, per offrire alla società che vi circonda l’amore che splende nei vostri cuori e che anche Muneeb avrebbe voluto donare a molti. Lui dal cielo continuerà senz’altro a vivere e a lavorare con voi e con tutto il Movimento per costruire, giorno dopo giorno, un popolo nuovo, unito, pacifico, solidale”. Con queste parole la presidente Maria Voce, incoraggiava i gen (giovani dei Focolari) del Pakistan a proseguire la corsa di Muneeb Sohail che il 17 gennaio scorso, mentre tornava da una lezione di inglese insieme ad un altro gen, è stato colpito a morte da una pallottola durante i gravi e violenti scontri, purtroppo frequenti a Karachi, metropoli del sud del Paese. Avrebbe compiuto vent’anni il prossimo maggio, Muneeb, che in famiglia aveva cominciato fin da piccolo a vivere ed apprezzare la spiritualità dell’unità. Aveva perduto il papà quando era ancora bambino, e, più grande, si prendeva cura lui stesso di trasmettere a giovani, ma anche a bambini più piccoli lo stile di vita che aveva scoperto. Per “approfondirlo e comprenderlo meglio” – diceva – era andato ad abitare, nella primavera del 2012 insieme ad altri gen, nei quali ha lasciato una traccia indelebile. Dicono di lui: “per me è stato un angelo, mi ha insegnato a vivere con Dio. Era un vero amico per noi ragazzi”; “quando l’ho incontrato per la prima volta subito ha condiviso con me le sue esperienze e la sua vita, e non perdeva occasione di amare concretamente”. Lo scorso 7 ottobre – un mese dopo la grande manifestazione internazionale a Budapest– nonostante le gravi tensioni che si respirano in città, si svolge anche a Karachi il Genfest, e Muneeb partecipa in prima persona alla preparazione ed al programma, aderendo e diffondendo l’ideale del Mondo Unito. Il 17 gennaio, salutando la mamma, Muneeb le dice: “Sono felice di dare la mia vita a Gesù”. Ora il testimone passa a tutti i gen del mondo, a tutti coloro che sostengono l’United World Project – UWP (Progetto Mondo Unito), e a chiunque si senta chiamato a costruire ponti di pace e fraternità ovunque (altro…)